Primo firmatario: Gruppo: MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE Data firma: 17/09/1992
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario
Gruppo
Data firma
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
09/17/1992
Destinatari
Ministero destinatario:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:
PRESENTATO IL 17/09/1992
La Camera, premesso che: la volontà del Movimento Sociale Italiano per la costruzione della Europa ha trovato coerente dimostrazione nella votazione di tutti gli strumenti europeistici, dal Trattato di Roma allo SME e agli atti successivi, superando posizioni del tutto insufficienti ma ricercando di ottenere una funzione e un ruolo europeo in un nuovo ordine che sino ad oggi è mancato; il Movimento Sociale Italiano ha sempre auspicato una unità europea che fosse pilota della integrazione non solo economica e delle necessarie aggregazioni, rafforzando i legami interni attraverso il completamento del Mercato unico e di una articolata Unione economica e monetaria; per questo ha richiesto le revisioni istituzionali per poteri più incisivi alla Commissione Esecutiva e al Parlamento Europeo e una proiezione politica diversa, in correlazione alle mutate condizioni dell'Europa Orientale e alle nuove strategie; il traguardo dell'unione politica deve raggiungersi attraverso una Confederazione degli Stati europei, perché mai come oggi le vicende del nostro continente passano attraverso il rispetto e la esaltazione della Storia, delle tradizioni delle nazionalità, così come attraverso il coordinamento degli interessi economici sociali e finanziari dei singoli Paesi europei; l'attuazione di tale finalità si persegue tenendo conto dei nuovi confini, delle nuove realtà e aspirazioni di tutti i popoli nel rivedere trattati ingiusti, a loro imposti e recuperare così la propria sovranità e indipendenza, in modo da giungere agli appuntamenti definitivi europei nelle condizioni di parità; riconfermando l'indispensabile quadro per la Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, insistendo nella validità delle già sperimentate forme di associazioni regionali, con convenzioni speciali tra i paesi dell'Europa Occidentale e i paesi dell'Europa Centro-Orientale, per impostare sin da ora e per l'avvenire il più vasto e completo accordo internazionale europeo con i paesi dell'Europa dell'Est; su un piano istituzionale il Movimento Sociale Italiano ha posto il problema di rivedere i poteri legislativi e di controllo della Commissione Esecutiva e del Parlamento Europeo in una riforma delle istituzioni comunitarie che deve essere capace di interpretare le trasformazioni in atto per uno sviluppo giusto ed equilibrato del mercato interno e della unità economica e monetaria, con particolare attenzione al quadro sociale, respingendo ogni tentativo, oggi drammaticamente presente di sopraffazioni da parte di un paese comunitario contro gli altri, con immense speculazioni finanziarie; il Movimento Sociale Italiano ha altresì prospettato a suo tempo un memorandum contenente strategie e programmi per attuare la volontà espressa dai cittadini appoggiando il referendum di indirizzo per il Parlamento Europeo; anche per una comune politica estera europea, per introdurre il voto di maggioranza nella elezione del Presidente del Consiglio, per prevedere una intesa associativa con i paesi dell'EFTA, per fissare i principii onde realizzare uno spazio giuridico europeo basato sulla democrazia rappresentativa e partecipativa, così come sul riconoscimento delle identità nazionali, con forme più intense di collaborazione culturale economica e scientifica e per valorizzare in questo quadro il Consiglio d'Europa e l'UEO, anche qui contro ogni forma di direttorio, ma per ripristinare una vera comunità europea della difesa; il MSI ha dunque sostenuto dall'inizio della sua storia l'idea europea. L'idea di una Europa che però non fosse soltanto una zona di mero scambio, una area legata solo da interessi economici, ma una unione di Stati diversi e sovrani che trovassero insieme la forza e la volontà di darsi una politica comune, una unità di intenti e leggi che garantissero che "la politica" non fosse dominata dalla economia, quale sistema fine a se stesso. Il Trattato di Maastricht, nella sua formulazione astratta, ricerca una strada di più salda coesione politica, in quanto vuole ampliare le competenze della comunità nei vari settori della politica economica, monetaria, dello spazio sociale, della politica industriale, della formazione professionale, della cultura, della sanità, della tutela dei consumatori, delle reti transeuropee di trasporti telecomunicazioni ed energia, della cooperazione allo sviluppo, della politica estera e della sicurezza comune. Ma ci si avvicina a Maastricht in una situazione di crisi totale, di impreparazione e di emergenza tale da dover rivedere tutti i problemi della nostra adesione al Trattato, in quanto siamo in condizioni fallimentari e disastrose che colpiscono direttamente gli interessi del popolo italiano; questo è avvenuto per colpa grave del sistema e dei governi che ci hanno condotto ormai verso il precipizio. Il debito pubblico che supera del doppio il limite posto dalle clausole di Maastricht nel rapporto con il PIL ci pone fuori automaticamente dall'Unione Monetaria; la nostra vicenda economico-finanziaria che ci riduce in condizione di netta inferiorità nei confronti degli altri paesi della Comunità e relegati agli ultimi gradi della competitività internazionale; e la esplosione della criminalità organizzata ha fatto sì che le inchieste del Parlamento Europeo ci abbiano giudicato come "culla del crimine" mentre il sistema politico italiano ormai asfittico e caduto definitivamente persino nel degrado morale ci riconduce al discorso di fondo che l'Italia non è più sullo stesso piano degli altri paesi europei; questa è una constatazione, certamente essenziale, per comprendere, anche sotto questo aspetto, che per le importantissime deliberazioni sul Trattato di Maastricht non è sufficiente rivolgersi alla classe politica, ormai giudicata dimissionaria e comunque delegittimata, ma occorre direttamente appellarsi al popolo sovrano; sono gravi le responsabilità per questo stato di inferiorità, causato dalla classe dirigente politica e dal sistema partitocratico, confrontando l'esistente con gli altri popoli europei, ricordando che da parte della Comunità l'Italia ha dovuto subire diffide ultimative e che il nostro Governo oggi continua a richiedere immensi sacrifici in ogni settore della vita nazionale ai cittadini, senza peraltro trovare una soluzione alla crisi; non si può dunque parlare di ratifica del Trattato di Maastricht senza avere posto completamente il problema delle riforme e del rinnovamento istituzionale che possa rendere pronta la Nazione italiana, con una partecipazione diretta delle categorie, ad affrontare, nella pari dignità e uguaglianza di diritti tutte le questioni che vengono proposte per la creazione dell'Europa unità; se è dunque vero che il Trattato di Maastricht determina innanzitutto un primo problema di carattere costituzionale che riguarda la limitazione della nostra sovranità, perché deve essere affermata in assoluto la parità dello Stato italiano con gli altri Stati europei, il Governo deve assumere l'impegno che, definitivamente cancellati gli accordi di Yalta, debbano ritenersi annullate le conseguenze della 2^ Guerra Mondiale, così come è avvenuto per tutti quanti gli altri Stati europei, dai paesi baltici alla Germania, ai paesi dell'Europa Orientale; l'Italia deve quindi ridiscutere il problema dei suoi confini orientali, con la richiesta di restituzione dell'Istria e della Dalmazia, atteso che peraltro non esistono più né gli equilibri politici del nostro continente, né giuridicamente su un piano internazionale la Jugoslavia, che non è più interlocutore, né titolare di qualsiasi diritto e rapporto internazionale; sono da ritenersi così decaduti sia il Trattato di Pace del 1947, sia quello di Osimo del 1975; A) Ancora in termini costituzionali: A.1) la ratifica del Trattato di Maastricht comporta scelte correttamente definite "epocali" per l'intera Nazione e determinanti per il nostro futuro; A.2) il Trattato comporta la "devoluzione di competenze dal piano nazionale a quello europeo in settori fondamentali, quale è la moneta, la sicurezza interna, la politica estera e in prospettiva la difesa"; A.3) il Trattato definisce tale processo di trasferimento della sovranità, nell'ambito della costruzione del nuovo organismo politico, come "irrevocabile ed omnicomprensivo", tanto da imporre scadenze prefissate sino al 1999; A.4) con tale Trattato pertanto avverrà una sostanziale devoluzione di sovranità economica e politica dall'Italia ad un nuovo organismo internazionale, quale dovrà essere l'Unione Europea prevista quale esito finale del processo. In particolare - con la ratifica - lo Stato si obbliga a trasferire al sistema delle Banche centrali prima e alla Banca Centrale Europea (BCE) poi fondamentali prerogative sovrane in ordine al controllo dei flussi monetari, ed infine alla stessa emissione della moneta con la rinuncia da parte della Repubblica italiana ad emettere ed avvalersi di una propria moneta nazionale; A.5) la perdita della sovranità in ordine ad una delle prerogative essenziali di qualsiasi Stato, quella monetaria, comporta certamente di per sé una grave perdita di sovranità politica; A.6) tramite la BCE la competenza a stabilire gli indirizzi strategici della politica economica dei singoli Stati nazionali non spetterebbe più ai singoli governi e parlamenti, ma alla Commissione, organo nei confronti del quale non esistono strumenti di controllo diretto, ma unicamente procedure indirette e mediate di consultazione e ricorso ad altre istanze comunitarie; A.7) anche in altri settori di fondamentale importanza e rilevanza per la vita dei cittadini, il Trattato impone delle scelte di immediata rilevanza giuridico-costituzionale; in particolare, laddove si recepisce nell'ordinamento una nuova figura e forma di cittadinanza, che parifica i cittadini degli Stati nazionali componenti l'Unione, e riconosce loro diritti di libera circolazione, di residenza, di insediamento, ed altresì di partecipazione alle scelte politiche a livello amministrativo e locale, con il riconoscimento del diritto di voto per le elezioni politiche europee ed amministrative; A.8) il Trattato riconosce e tutela il "principio di sussidiarietà", nei rapporti tra istituzioni dell'Unione e Stati nazionali, la cui interpretazione dovrà però essere meglio e più esattamente determinata, nel senso di garantire alla azione dell'Unione solamente uno spazio residuale, riservando agli Stati nazionali la competenza primaria a decidere delle proprie politiche; A.9) il Governo non ha ad oggi ancora indicato quali possono essere i termini della revisione costituzionale, che appare indispensabile per poter correttamente recepire nel nostro ordinamento interno, le norme del Trattato che incidono sulla sovranità, sia in termini di legittimità formale che sostanziale. Non è certamente superabile l'articolo R, titolo 6^, delle disposizioni finali laddove letteralmente così si pronunzia: "il presente Trattato sarà ratificato dalle Alte Parti Contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali", il che sta a significare che non si può giungere alla Ratifica se prima non si è provveduto alle revisioni indispensabili, proprio di natura costituzionale, dell'ordinamento italiano nei confronti di disposizioni, contenute nel Trattato e che possono violare la nostra Costituzione. E' il caso della parità, della cittadinanza, della unità monetaria, sottolineando come, ad esempio in virtù del "protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord", è concesso al paragrafo 4 di mantenere la propria sovranità monetaria e di non passare alla terza fase della unificazione economica; A.10) in particolare, non sono precisate nel Disegno di legge di ratifica, le modalità perché siano garantite le "condizioni di parità con gli altri Stati", sancite dall'articolo 11 della Costituzione italiana quale limite invalicabile per acconsentire a limitazioni alla nostra sovranità nazionale; B) in termini economici e sociali: B.1) è comune la consapevolezza con l'informazione tra i cittadini italiani, fra le Associazioni e le categorie produttive sui reali termini del Trattato, sulle sue prospettive e sulle implicazioni della costituenda Unione, sia assolutamente insufficiente, come d'altra parte è confermato da sondaggi di opinione secondo i quali gli italiani sarebbero, fra gli europei, i meno informati in ordine ai reali termini del Trattato per l'Unione Europea; B. 2) da più parti è stata sottolineata l'estrema durezza delle condizioni in termini economici e di bilancio, che dovranno essere rispettate per accedere, da parte del nostro Paese, alle diverse fasi dell'Unione. In particolare, è noto che la riduzione del deficit di bilancio annuo dello Stato ad una percentuale del Prodotto Interno Lordo (PIL) pari al 3 per cento imporrà una drastica riduzione delle spese pubbliche, con il rischio di conseguenze sociali drammatiche e pesantissime conseguenze sulla occupazione, per una situazione già di estrema difficoltà come quella che sta vivendo il nostro Paese, soprattutto in relazione ai fabbisogni finanziari dello Stato. Anche la riduzione del rapporto fra debito pubblico interno lordo al 60 per cento è riconosciuto unanimemente come un obiettivo irrangiungibile nel medio periodo, in considerazione dei dati attuali della nostra situazione economica; la sola riduzione entro il 1996 di tale rapporto al di sotto del 100 per cento imporrebbe una contrazione delle spese probabilmente non sopportabile, impedendo la crescita economica del Paese e causando così la riduzione in termini reali del PIL; B.3.) da parte di numerosi e qualificati osservatori internazionali, si è ipotizzata una riduzione della crescita del PIL nei Paesi della Comunità sino al 1995, quale immediata conseguenza delle misure del Trattato di Maastricht che per l'Italia potrebbe avere caratteristiche drammatiche, con cali del PIL mediamente intorno al 2 per cento dal 1993 sino al 1996; B.4) diverse associazioni di produttori, imprenditori e di professionisti hanno manifestato gravi perplessità in ordine alla sottovalutazione sino a qui compiuta, sulle conseguenze che tali ricadute economiche e sociali negative potrebbero avere su di un sistema già così debole e provato quale quello italiano; B.5) uno dei passaggi più difficili ci riporta alla situazione dell'agricoltura italiana e alla necessità di una riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) poiché in Italia è purtroppo rilevabile una arretratezza strutturale delle aziende dalla quale derivano condizioni di marginalità che conduce alla conseguenza della contrazione degli addetti al settore agricolo impedendo cosi anche un processo di rinnovamento tecnologico; così anche in questo settore non potremo essere competitivi. In questo contesto il Mercato Unico del 1993, la liberalizzazione di scambi a livello mondiale nonché la fine della protezione a livello comunitario può segnare un momento di crisi irreversibile per l'intero comparto con gravissime ricadute sull'Economia Nazionale (secondo recenti indagini - Prometeia - sono a rischio i posti di 200 mila lavoratori nei prossimi anni in settori diversi con l'aumento del divario Nord-Sud, per non parlare, della prima occupazione, per la quale le difficoltà sono ovviamente maggiori); e debbono chiudere 800 mila aziende agricole, su 1.300.000; l'intesa raggiunta fra i Ministri Agricoli CEE per la riforma della Politica Agricola Comune, che si concretizza nella conservazione della situazione esistente ed è carente di indicazioni sulla soluzione ai numerosi problemi agricoli attuali e prevedibili nel prossimo futuro, appare estremamente penalizzante per la nostra economia e compromette la coesione economica e sociale tra le diverse regioni CEE; Il problema dell'agricoltura italiana, di per sé gravissimo, deve subire da anni la politica comunitaria delle quote nella produzione e nella commercializzazione del latte, cosicché di fronte ad una produttività di circa 12 milioni di quintali di latte, al nostro paese è concessa una quota di circa 9 milioni con la conseguenza di un grave abbattimento del bestiame. Di contro, ed è questo paradossale, le necessità di consumo della popolazione comportano una importazione di latte, quasi tutto dalla Germania, di circa il 40 per cento del nostro fabbisogno. Anche questo è un esempio di notevole pesantezza di come vanno riequilibrate le situazioni e vanno negoziate le questioni della nostra "debolezza europea"; B.5) i problemi dell'immigrazione extracomunitaria: l'immigrazione extracomunitaria e quella clandestina costituiscono uno dei gravi problemi non più controllabili. Aperte le frontiere interne dell'Europa noi subiamo le conseguenze lassiste delle altre legislazioni perché l'accordo di Schengen, che internazionalizza il problema con una azione sui confini dell'Europa, non ha alcuna efficacia nei rapporti interni tra gli Stati. Non è quindi possibile restare con le situazioni esistenti in Italia, ma potremo subìre ulteriori invasioni, con forti squilibri nell'ordire e nella occupazione, con situazioni senza limite per i risvolti nella criminalità e nella droga, senza poter opporre nemmeno i criteri della nostra legge. E poiché tale tipo d'immigrazione gode di una disparità di trattamento secondo i diversi Stati, attraverso la libera circolazione, sposta tutti i parametri economico e sociali, e per quelli che hanno ottenuto la resìdenza, determina persino degli spostamenti elettorali. Questa così complessa, difficile e pericolosa situazione va rinegoziata prima che sia troppo tardi; B.7) l'Europa e le Regioni: una situazione equivoca, una contraddizione dei gradi di legittimità che è caratteristica del progetto di Maastricht che auspica una partecipazione politica del cittadino a tre differenti livelli: il livello europeo, il livello nazionale e quello regionale che appare per la prima volta su un piano internazionale, con la creazione di un Comitato delle Regioni. Non è sufficiente il dire che i poteri conferiti sono in un contesto consultivo, perché è innegabile che si vanno creando ai confini degli Stati membri delle nuove realtà, quella dei poteri regionali che "saltano" le frontiere stesse degli Stati per dare corso a loro relazioni internazionali che talvolta si confondono con una vera e propria politica estera. E con una situazione di cronica e spaventosa debolezza del nostro Governo, in un sistema dove esiste il predominio della partitocrazia, diviene difficile evitare che tali trasversalità regionali degradino in un disfacimento territoriale nazionale e impingano una loro funzione ed iniziativa determinante; C. In termini di politica internazionale: C.1) a livello internazionale, le riserve apposte al Trattato da parte di altri Paesi della Comunità, sottolineano come ogni Stato nazionale abbia legittimamente cercato di preservare propri interessi e specifiche peculiarità, mentre l'Italia sembra avere dimenticato l'esigenza di preservare propri diritti, ad esempio in ordine alla possibile revisione dei confini orientali, così come abbiamo sopra sostenuto, ed alla propria libertà ed iniziativa politico-diplomatica; C.2) la Danimarca ha votato no alla Ratifica per mezzo di un referendum che ha espresso direttamente la volontà del popolo danese; C.3) anche la Francia ha responsabilmente deliberato di sottoporre una scelta di tale importanza per il proprio futuro a una decisione popolare, tramite referendum; C.4) il Parlamento inglese ha rinviato ad autunno, dopo il referendum francese, il dibattito sulla ratifica del Trattato di Maastricht; C.5) non appare corretto ipotizzare che il processo di ratifica ed entrata in vigore del Trattato di Maastricht possa continuare nonostante il no di uno dei Paesi sottoscrittori, senza che prima vi sia stata una necessaria revisione; C.6) l'intero processo per giungere all'Unione Europea appare ispirato da una logica secondo la quale le scelte economiche possano determinare e condizionare le scelte politiche fondamentali, quali la Costituzione e la vita di un nuovo organismo comunitario, e non - a contrario - siano le determinazioni politiche a imporre i mezzi economici per la loro realizzazione; C.7) in tal senso, la preminenza che viene assegnata in sede di Trattato alla costituzione del sistema centrale delle Banche europee, dell'Istituto Monetario Europeo ed infine della Banca Centrale Europea, dimostra la volontà di realizzare i mezzi di esecuzione di una politica, senza che tale politica sia precisamente definita nei suoi principii ispiratori; C.8) in particolare, alla BCE viene riconosciuta una indipendenza dai singoli Governi nazionali tale da sottrarre a qualsiasi controllo della politica monetaria, con il rischio di affidare la sua gestione ad un ristretto corpo di natura tecnica, con un potere il limitato; C.9) anche da parte di rappresentanti del Governo si è evidenziato, all'interno delle scelte espresse dal Trattato, ciò che è stato definito "un deficit democratico", per esprimere la mancanza di riscontri e verifiche politiche precise, riguardo alle azioni perseguite dal Trattato stesso; D) sulla necessità di un referendum consultivo: D.1) nel nostro passato, allorché si trattò di affidare nuove funzioni al Parlamento Europeo, non si esitò a promulgare con legge costituzionale (la legge costituzione 3 aprile 1989 n. 2) un referendum consultivo. Con la legge costituzionale del 3 aprile 1989, citata, possiamo dire che è stato introdotto nel nostro ordinamento, che lo ha recepito formalmente, "il referendum d'indirizzo" cioè la richiesta di consultazione che ha la caratteristica demandata al popolo sovrano di dare un orientamento su una materia specifica d'interesse generale. Si intende sottolineare quanto allora avvenuto perché di grande valore giuridico, non essendo stato previsto sino ad allora quel tipo di referendum consultivo, in quanto il Referendum popolare, così come si legge nell'articolo 75 della nostra Costituzione, serve esclusivamente per deliberare l'abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente valore di legge. Né è possibile il referendum di autorizzazione a ratificare Trattati internazionali ed è proprio per questo motivo che gia per quella vicenda si qualificò il referendum come indirizzo e non per decidere o meno di un Trattato. Legittimata così la richiesta dal gruppo del MSI di referendum consultivo, dato il precedente citato della legge 3 aprile 1989 n. 2, non occorre più una nuova legge costituzionale, ma una ordinaria per sottoporre al popolo il seguente quesito: "Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità Europee in una effettiva Unione, così come descritta nel Trattato firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ?". Si rileva che si tratta dell'identico quesito formulato per il referendum di cui alla legge costituzionale 3 aprile 1989, nella parte sostanziale dove vi è una identità, così da togliere, anche sotto questo aspetto di carattere formale, qualsiasi dubbio interpretativo sulla regolarità e liceità del referendum che noi richiediamo, mutando soltanto il riferimento al metodo di come passare dalla Comunità ad una effettiva Unione; D.2) non appare né logico, né sostanzialmente comprensibile, che si sia deciso di sottoporre al popolo sovrano una scelta di tipo istituzionale, certamente rilevante, ma che non incideva in alcun modo nelle prerogative, nell'ordinamento, e nelle attribuzioni dello Stato italiano, ed a contrario non sottoporre analogamente alla pronuncia della volontà popolare, una decisione ben più gravida di conseguenza come quella rappresentata dalla Ratifica del Trattato ci Maastricht, con la quale la Repubblica italiana si impegnerebbe, per i prossimi anni, a trasferire ad altri soggetti proprie attribuzioni, ed accetterebbe pesantissimi vincoli alla propria libertà di programmazione economica e sociale; D.3) la decisione di aderire alla costituenda Unione Europea non può essere affrontata in termini di parte, né come risultato di una semplice espressione maggioritaria, ma dovrebbe coinvolgere la volontà autentica del popolo, al di là ed oltre degli schieramenti delle forze politiche in una vasta, corale, convinta e meditata discussione fra tutti i corpi sociali, le categorie, le associazioni professionali, i soggetti sociali, perché tutti siano consapevoli della rilevanza delle decisioni assunte; D.4) da più parti in Italia e dall'estero, si è denunciata "la astrattezza" del progetto di costruzione dell'Unione così come rappresentato ed espresso dal Trattato di Maastricht, e si è constatata la assenza di una autentica mobilitazione delle coscienze e delle volontà, ed una preoccupante carenza di tensione ideale, nel raggiungimento dell'obiettivo dell'unità europea; D.5) in alternativa alla pura e semplice ratifica del Trattato, sono ipotizzabili altri programmi per ampliare la Comunità, e contemporaneamente promuovere nuove intese fra Stati, nell'ambito comunitario, per la promozione di politiche estere comuni, e di iniziative comuni per la difesa; D.6) è comunque possibile, in presenza del no della Danimarca, valutare le forme e i modi di rinegoziazione del Trattato; D.7) preliminarmente alla Ratifica del Trattato, appare indispensabile ed ormai acquisito alla coscienza comune dei cittadini procedere a riforme istituzionali che consentano all'Italia di superare la gravissima crisi politica, economica e sociale, che stiamo vivendo; non appare pensabile che momenti di tale delicatezza e difficoltà, come quelli che una riforma costituzionale interna comporterebbe, possano sovrapporsi e complicarsi con le ulteriori e già previste difficoltà che il rispetto dei vincoli comunitari imporrebbe; D.8) pertanto appare logicamente e storicamente preferibile procedere prima alla riforma costituzionale per la quale è stata recentemente costituita una apposita Commissione bicamerale, ed in seguito - alla luce delle decisioni e del nuovo assetto istituzionale che l'Italia assumerà - valutare forme e modi di adesione all'Unione Europea, impegna il Governo 1) a proseguire nel cammino della costruzione delle Confederazioni degli Stati europei; 2) prima di giungere alla Ratifica del Trattato di Maastricht, a prendere le iniziative opportune attraverso tutti i mezzi informativi e di comunicazione di massa per dare corretta ed approfondita conoscenza del Trattato stesso al popolo italiano; 3) a rinegoziare le clausole che sono indicate nelle premesse e che sono fortemente penalizzanti per la Nazione italiana, per la nostra sovranità e per i nostri interessi economici; 4) a promuovere tutte le revisioni costituzionali che appaiono indispensabili per poter aderire alla normativa che non può essere recepita dal nostro ordinamento senza le modifiche della nostra Costituzione; 5) a ritenere indispensabile un referendum consultivo sul Trattato, mediante il quale sottoporre al popolo - unico detentore della sovranità - il quesito sulla Ratifica del Trattato, anche quale occasione per un vasto dibattito sulle effettive conseguenze ed il significato che la adesione al progetto di costruzione dell'Unità europea comporterà. (1-00076)
Classificazione EUROVOC:
CONCETTUALE:
COMUNITA' EUROPEA, INFORMAZIONE, RATIFICA DEI TRATTATI, REFERENDUM, REVISIONE DELLA COSTITUZIONE, TRATTATO DELLA COMUNITA' EUROPEA