ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00076

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 11
Seduta di annuncio: 51 del 17/09/1992
Firmatari
Primo firmatario:
Gruppo: MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE
Data firma: 17/09/1992
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE 09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE 09/17/1992
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE 09/17/1992
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Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

PRESENTATO IL 17/09/1992

La Camera,
premesso che:
la volontà del Movimento Sociale Italiano per la
costruzione della Europa ha trovato coerente dimostrazione nella
votazione di tutti gli strumenti europeistici, dal Trattato di
Roma allo SME e agli atti successivi, superando posizioni del
tutto insufficienti ma ricercando di ottenere una funzione e un
ruolo europeo in un nuovo ordine che sino ad oggi è mancato;
il Movimento Sociale Italiano ha sempre auspicato una
unità europea che fosse pilota della integrazione non solo
economica e delle necessarie aggregazioni, rafforzando i legami
interni attraverso il completamento del Mercato unico e di una
articolata Unione economica e monetaria; per questo ha richiesto
le revisioni istituzionali per poteri più incisivi alla
Commissione Esecutiva e al Parlamento Europeo e una proiezione
politica diversa, in correlazione alle mutate condizioni
dell'Europa Orientale e alle nuove strategie;
il traguardo dell'unione politica deve raggiungersi
attraverso una Confederazione degli Stati europei, perché mai
come oggi le vicende del nostro continente passano attraverso il
rispetto e la esaltazione della Storia, delle tradizioni delle
nazionalità, così come attraverso il coordinamento degli
interessi economici sociali e finanziari dei singoli Paesi
europei;
l'attuazione di tale finalità si persegue tenendo conto
dei nuovi confini, delle nuove realtà e aspirazioni di tutti i
popoli nel rivedere trattati ingiusti, a loro imposti e
recuperare così la propria sovranità e indipendenza, in modo da
giungere agli appuntamenti definitivi europei nelle condizioni di
parità; riconfermando l'indispensabile quadro per la Conferenza
per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, insistendo nella
validità delle già sperimentate forme di associazioni regionali,
con convenzioni speciali tra i paesi dell'Europa Occidentale e i
paesi dell'Europa Centro-Orientale, per impostare sin da ora e
per l'avvenire il più vasto e completo accordo internazionale
europeo con i paesi dell'Europa dell'Est;
su un piano istituzionale il Movimento Sociale Italiano
ha posto il problema di rivedere i poteri legislativi e di
controllo della Commissione Esecutiva e del Parlamento Europeo in
una riforma delle istituzioni comunitarie che deve essere capace
di interpretare le trasformazioni in atto per uno sviluppo giusto
ed equilibrato del mercato interno e della unità economica e
monetaria, con particolare attenzione al quadro sociale,
respingendo ogni tentativo, oggi drammaticamente presente di
sopraffazioni da parte di un paese comunitario contro gli altri,
con immense speculazioni finanziarie;
il Movimento Sociale Italiano ha altresì prospettato a
suo tempo un memorandum contenente strategie e programmi per
attuare la volontà espressa dai cittadini appoggiando il
referendum di indirizzo per il Parlamento Europeo; anche per una
comune politica estera europea, per introdurre il voto di
maggioranza nella elezione del Presidente del Consiglio, per
prevedere una intesa associativa con i paesi dell'EFTA, per
fissare i principii onde realizzare uno spazio giuridico europeo
basato sulla democrazia rappresentativa e partecipativa, così
come sul riconoscimento delle identità nazionali, con forme più
intense di collaborazione culturale economica e scientifica e per
valorizzare in questo quadro il Consiglio d'Europa e l'UEO, anche
qui contro ogni forma di direttorio, ma per ripristinare una vera
comunità europea della difesa;
il MSI ha dunque sostenuto dall'inizio della sua storia
l'idea europea. L'idea di una Europa che però non fosse soltanto
una zona di mero scambio, una area legata solo da interessi
economici, ma una unione di Stati diversi e sovrani che
trovassero insieme la forza e la volontà di darsi una politica
comune, una unità di intenti e leggi che garantissero che "la
politica" non fosse dominata dalla economia, quale sistema fine a
se stesso. Il Trattato di Maastricht, nella sua formulazione
astratta, ricerca una strada di più salda coesione politica, in
quanto vuole ampliare le competenze della comunità nei vari
settori della politica economica, monetaria, dello spazio
sociale, della politica industriale, della formazione
professionale, della cultura, della sanità, della tutela dei
consumatori, delle reti transeuropee di trasporti
telecomunicazioni ed energia, della cooperazione allo sviluppo,
della politica estera e della sicurezza comune. Ma ci si avvicina
a Maastricht in una situazione di crisi totale, di impreparazione
e di emergenza tale da dover rivedere tutti i problemi della
nostra adesione al Trattato, in quanto siamo in condizioni
fallimentari e disastrose che colpiscono direttamente gli
interessi del popolo italiano;
questo è avvenuto per colpa grave del sistema e dei
governi che ci hanno condotto ormai verso il precipizio. Il
debito pubblico che supera del doppio il limite posto dalle
clausole di Maastricht nel rapporto con il PIL ci pone fuori
automaticamente dall'Unione Monetaria; la nostra vicenda
economico-finanziaria che ci riduce in condizione di netta
inferiorità nei confronti degli altri paesi della Comunità e
relegati agli ultimi gradi della competitività internazionale; e
la esplosione della criminalità organizzata ha fatto sì che le
inchieste del Parlamento Europeo ci abbiano giudicato come "culla
del crimine" mentre il sistema politico italiano ormai asfittico
e caduto definitivamente persino nel degrado morale ci riconduce
al discorso di fondo che l'Italia non è più sullo stesso piano
degli altri paesi europei;
questa è una constatazione, certamente essenziale, per
comprendere, anche sotto questo aspetto, che per le
importantissime deliberazioni sul Trattato di Maastricht non è
sufficiente rivolgersi alla classe politica, ormai giudicata
dimissionaria e comunque delegittimata, ma occorre direttamente
appellarsi al popolo sovrano;
sono gravi le responsabilità per questo stato di
inferiorità, causato dalla classe dirigente politica e dal
sistema partitocratico, confrontando l'esistente con gli altri
popoli europei, ricordando che da parte della Comunità l'Italia
ha dovuto subire diffide ultimative e che il nostro Governo oggi
continua a richiedere immensi sacrifici in ogni settore della
vita nazionale ai cittadini, senza peraltro trovare una soluzione
alla crisi;
non si può dunque parlare di ratifica del Trattato di
Maastricht senza avere posto completamente il problema delle
riforme e del rinnovamento istituzionale che possa rendere pronta
la Nazione italiana, con una partecipazione diretta delle
categorie, ad affrontare, nella pari dignità e uguaglianza di
diritti tutte le questioni che vengono proposte per la creazione
dell'Europa unità;
se è dunque vero che il Trattato di Maastricht determina
innanzitutto un primo problema di carattere costituzionale che
riguarda la limitazione della nostra sovranità, perché deve
essere affermata in assoluto la parità dello Stato italiano con
gli altri Stati europei, il Governo deve assumere l'impegno che,
definitivamente cancellati gli accordi di Yalta, debbano
ritenersi annullate le conseguenze della 2^ Guerra Mondiale, così
come è avvenuto per tutti quanti gli altri Stati europei, dai
paesi baltici alla Germania, ai paesi dell'Europa Orientale;
l'Italia deve quindi ridiscutere il problema dei suoi
confini orientali, con la richiesta di restituzione dell'Istria e
della Dalmazia, atteso che peraltro non esistono più né gli
equilibri politici del nostro continente, né giuridicamente su un
piano internazionale la Jugoslavia, che non è più interlocutore,
né titolare di qualsiasi diritto e rapporto internazionale; sono
da ritenersi così decaduti sia il Trattato di Pace del 1947, sia
quello di Osimo del 1975;
A) Ancora in termini costituzionali:
A.1) la ratifica del Trattato di Maastricht comporta scelte
correttamente definite "epocali" per l'intera Nazione e
determinanti per il nostro futuro;
A.2) il Trattato comporta la "devoluzione di competenze dal
piano nazionale a quello europeo in settori fondamentali, quale è
la moneta, la sicurezza interna, la politica estera e in
prospettiva la difesa";
A.3) il Trattato definisce tale processo di trasferimento
della sovranità, nell'ambito della costruzione del nuovo
organismo politico, come "irrevocabile ed omnicomprensivo", tanto
da imporre scadenze prefissate sino al 1999;
A.4) con tale Trattato pertanto avverrà una sostanziale
devoluzione di sovranità economica e politica dall'Italia ad un
nuovo organismo internazionale, quale dovrà essere l'Unione
Europea prevista quale esito finale del processo. In particolare
- con la ratifica - lo Stato si obbliga a trasferire al sistema
delle Banche centrali prima e alla Banca Centrale Europea (BCE)
poi fondamentali prerogative sovrane in ordine al controllo dei
flussi monetari, ed infine alla stessa emissione della moneta con
la rinuncia da parte della Repubblica italiana ad emettere ed
avvalersi di una propria moneta nazionale;
A.5) la perdita della sovranità in ordine ad una delle
prerogative essenziali di qualsiasi Stato, quella monetaria,
comporta certamente di per sé una grave perdita di sovranità
politica;
A.6) tramite la BCE la competenza a stabilire gli indirizzi
strategici della politica economica dei singoli Stati nazionali
non spetterebbe più ai singoli governi e parlamenti, ma alla
Commissione, organo nei confronti del quale non esistono
strumenti di controllo diretto, ma unicamente procedure indirette
e mediate di consultazione e ricorso ad altre istanze
comunitarie;
A.7) anche in altri settori di fondamentale importanza e
rilevanza per la vita dei cittadini, il Trattato impone delle
scelte di immediata rilevanza giuridico-costituzionale; in
particolare, laddove si recepisce nell'ordinamento una nuova
figura e forma di cittadinanza, che parifica i cittadini degli
Stati nazionali componenti l'Unione, e riconosce loro diritti di
libera circolazione, di residenza, di insediamento, ed altresì di
partecipazione alle scelte politiche a livello amministrativo e
locale, con il riconoscimento del diritto di voto per le elezioni
politiche europee ed amministrative;
A.8) il Trattato riconosce e tutela il "principio di
sussidiarietà", nei rapporti tra istituzioni dell'Unione e Stati
nazionali, la cui interpretazione dovrà però essere meglio e più
esattamente determinata, nel senso di garantire alla azione
dell'Unione solamente uno spazio residuale, riservando agli Stati
nazionali la competenza primaria a decidere delle proprie
politiche;
A.9) il Governo non ha ad oggi ancora indicato quali
possono essere i termini della revisione costituzionale, che
appare indispensabile per poter correttamente recepire nel nostro
ordinamento interno, le norme del Trattato che incidono sulla
sovranità, sia in termini di legittimità formale che sostanziale.
Non è certamente superabile l'articolo R, titolo 6^, delle
disposizioni finali laddove letteralmente così si pronunzia: "il
presente Trattato sarà ratificato dalle Alte Parti Contraenti
conformemente alle loro rispettive norme costituzionali", il che
sta a significare che non si può giungere alla Ratifica se prima
non si è provveduto alle revisioni indispensabili, proprio di
natura costituzionale, dell'ordinamento italiano nei confronti di
disposizioni, contenute nel Trattato e che possono violare la
nostra Costituzione. E' il caso della parità, della cittadinanza,
della unità monetaria, sottolineando come, ad esempio in virtù
del "protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di
Gran Bretagna e Irlanda del Nord", è concesso al paragrafo 4 di
mantenere la propria sovranità monetaria e di non passare alla
terza fase della unificazione economica;
A.10) in particolare, non sono precisate nel Disegno di
legge di ratifica, le modalità perché siano garantite le
"condizioni di parità con gli altri Stati", sancite dall'articolo
11 della Costituzione italiana quale limite invalicabile per
acconsentire a limitazioni alla nostra sovranità nazionale;
B) in termini economici e sociali:
B.1) è comune la consapevolezza con l'informazione tra i
cittadini italiani, fra le Associazioni e le categorie produttive
sui reali termini del Trattato, sulle sue prospettive e sulle
implicazioni della costituenda Unione, sia assolutamente
insufficiente, come d'altra parte è confermato da sondaggi di
opinione secondo i quali gli italiani sarebbero, fra gli europei,
i meno informati in ordine ai reali termini del Trattato per
l'Unione Europea;
B. 2) da più parti è stata sottolineata l'estrema durezza
delle condizioni in termini economici e di bilancio, che dovranno
essere rispettate per accedere, da parte del nostro Paese, alle
diverse fasi dell'Unione. In particolare, è noto che la riduzione
del deficit di bilancio annuo dello Stato ad una percentuale del
Prodotto Interno Lordo (PIL) pari al 3 per cento imporrà una
drastica riduzione delle spese pubbliche, con il rischio di
conseguenze sociali drammatiche e pesantissime conseguenze sulla
occupazione, per una situazione già di estrema difficoltà come
quella che sta vivendo il nostro Paese, soprattutto in relazione
ai fabbisogni finanziari dello Stato. Anche la riduzione del
rapporto fra debito pubblico interno lordo al 60 per cento è
riconosciuto unanimemente come un obiettivo irrangiungibile nel
medio periodo, in considerazione dei dati attuali della nostra
situazione economica; la sola riduzione entro il 1996 di tale
rapporto al di sotto del 100 per cento imporrebbe una contrazione
delle spese probabilmente non sopportabile, impedendo la crescita
economica del Paese e causando così la riduzione in termini reali
del PIL;
B.3.) da parte di numerosi e qualificati osservatori
internazionali, si è ipotizzata una riduzione della crescita del
PIL nei Paesi della Comunità sino al 1995, quale immediata
conseguenza delle misure del Trattato di Maastricht che per
l'Italia potrebbe avere caratteristiche drammatiche, con cali del
PIL mediamente intorno al 2 per cento dal 1993 sino al 1996;
B.4) diverse associazioni di produttori, imprenditori e di
professionisti hanno manifestato gravi perplessità in ordine alla
sottovalutazione sino a qui compiuta, sulle conseguenze che tali
ricadute economiche e sociali negative potrebbero avere su di un
sistema già così debole e provato quale quello italiano;
B.5) uno dei passaggi più difficili ci riporta alla
situazione dell'agricoltura italiana e alla necessità di una
riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) poiché in
Italia è purtroppo rilevabile una arretratezza strutturale delle
aziende dalla quale derivano condizioni di marginalità che
conduce alla conseguenza della contrazione degli addetti al
settore agricolo impedendo cosi anche un processo di rinnovamento
tecnologico; così anche in questo settore non potremo essere
competitivi. In questo contesto il Mercato Unico del 1993, la
liberalizzazione di scambi a livello mondiale nonché la fine
della protezione a livello comunitario può segnare un momento di
crisi irreversibile per l'intero comparto con gravissime ricadute
sull'Economia Nazionale (secondo recenti indagini - Prometeia -
sono a rischio i posti di 200 mila lavoratori nei prossimi anni
in settori diversi con l'aumento del divario Nord-Sud, per non
parlare, della prima occupazione, per la quale le difficoltà sono
ovviamente maggiori); e debbono chiudere 800 mila aziende
agricole, su 1.300.000; l'intesa raggiunta fra i Ministri
Agricoli CEE per la riforma della Politica Agricola Comune, che
si concretizza nella conservazione della situazione esistente ed
è carente di indicazioni sulla soluzione ai numerosi problemi
agricoli attuali e prevedibili nel prossimo futuro, appare
estremamente penalizzante per la nostra economia e compromette la
coesione economica e sociale tra le diverse regioni CEE; Il
problema dell'agricoltura italiana, di per sé gravissimo, deve
subire da anni la politica comunitaria delle quote nella
produzione e nella commercializzazione del latte, cosicché di
fronte ad una produttività di circa 12 milioni di quintali di
latte, al nostro paese è concessa una quota di circa 9 milioni
con la conseguenza di un grave abbattimento del bestiame. Di
contro, ed è questo paradossale, le necessità di consumo della
popolazione comportano una importazione di latte, quasi tutto
dalla Germania, di circa il 40 per cento del nostro fabbisogno.
Anche questo è un esempio di notevole pesantezza di come vanno
riequilibrate le situazioni e vanno negoziate le questioni della
nostra "debolezza europea";
B.5) i problemi dell'immigrazione extracomunitaria:
l'immigrazione extracomunitaria e quella clandestina
costituiscono uno dei gravi problemi non più controllabili.
Aperte le frontiere interne dell'Europa noi subiamo le
conseguenze lassiste delle altre legislazioni perché l'accordo di
Schengen, che internazionalizza il problema con una azione sui
confini dell'Europa, non ha alcuna efficacia nei rapporti interni
tra gli Stati. Non è quindi possibile restare con le situazioni
esistenti in Italia, ma potremo subìre ulteriori invasioni, con
forti squilibri nell'ordire e nella occupazione, con situazioni
senza limite per i risvolti nella criminalità e nella droga,
senza poter opporre nemmeno i criteri della nostra legge. E
poiché tale tipo d'immigrazione gode di una disparità di
trattamento secondo i diversi Stati, attraverso la libera
circolazione, sposta tutti i parametri economico e sociali, e per
quelli che hanno ottenuto la resìdenza, determina persino degli
spostamenti elettorali. Questa così complessa, difficile e
pericolosa situazione va rinegoziata prima che sia troppo tardi;
B.7) l'Europa e le Regioni: una situazione equivoca, una
contraddizione dei gradi di legittimità che è caratteristica del
progetto di Maastricht che auspica una partecipazione politica
del cittadino a tre differenti livelli: il livello europeo, il
livello nazionale e quello regionale che appare per la prima
volta su un piano internazionale, con la creazione di un Comitato
delle Regioni. Non è sufficiente il dire che i poteri conferiti
sono in un contesto consultivo, perché è innegabile che si vanno
creando ai confini degli Stati membri delle nuove realtà, quella
dei poteri regionali che "saltano" le frontiere stesse degli
Stati per dare corso a loro relazioni internazionali che talvolta
si confondono con una vera e propria politica estera. E con una
situazione di cronica e spaventosa debolezza del nostro Governo,
in un sistema dove esiste il predominio della partitocrazia,
diviene difficile evitare che tali trasversalità regionali
degradino in un disfacimento territoriale nazionale e impingano
una loro funzione ed iniziativa determinante;
C. In termini di politica internazionale:
C.1) a livello internazionale, le riserve apposte al
Trattato da parte di altri Paesi della Comunità, sottolineano
come ogni Stato nazionale abbia legittimamente cercato di
preservare propri interessi e specifiche peculiarità, mentre
l'Italia sembra avere dimenticato l'esigenza di preservare propri
diritti, ad esempio in ordine alla possibile revisione dei
confini orientali, così come abbiamo sopra sostenuto, ed alla
propria libertà ed iniziativa politico-diplomatica;
C.2) la Danimarca ha votato no alla Ratifica per mezzo di
un referendum che ha espresso direttamente la volontà del popolo
danese;
C.3) anche la Francia ha responsabilmente deliberato di
sottoporre una scelta di tale importanza per il proprio futuro a
una decisione popolare, tramite referendum;
C.4) il Parlamento inglese ha rinviato ad autunno, dopo il
referendum francese, il dibattito sulla ratifica del Trattato di
Maastricht;
C.5) non appare corretto ipotizzare che il processo di
ratifica ed entrata in vigore del Trattato di Maastricht possa
continuare nonostante il no di uno dei Paesi sottoscrittori,
senza che prima vi sia stata una necessaria revisione;
C.6) l'intero processo per giungere all'Unione Europea
appare ispirato da una logica secondo la quale le scelte
economiche possano determinare e condizionare le scelte politiche
fondamentali, quali la Costituzione e la vita di un nuovo
organismo comunitario, e non - a contrario - siano le
determinazioni politiche a imporre i mezzi economici per la loro
realizzazione;
C.7) in tal senso, la preminenza che viene assegnata in
sede di Trattato alla costituzione del sistema centrale delle
Banche europee, dell'Istituto Monetario Europeo ed infine della
Banca Centrale Europea, dimostra la volontà di realizzare i mezzi
di esecuzione di una politica, senza che tale politica sia
precisamente definita nei suoi principii ispiratori;
C.8) in particolare, alla BCE viene riconosciuta una
indipendenza dai singoli Governi nazionali tale da sottrarre a
qualsiasi controllo della politica monetaria, con il rischio di
affidare la sua gestione ad un ristretto corpo di natura tecnica,
con un potere il limitato;
C.9) anche da parte di rappresentanti del Governo si è
evidenziato, all'interno delle scelte espresse dal Trattato, ciò
che è stato definito "un deficit democratico", per esprimere la
mancanza di riscontri e verifiche politiche precise, riguardo
alle azioni perseguite dal Trattato stesso;
D) sulla necessità di un referendum consultivo:
D.1) nel nostro passato, allorché si trattò di affidare
nuove funzioni al Parlamento Europeo, non si esitò a promulgare
con legge costituzionale (la legge costituzione 3 aprile 1989 n.
2) un referendum consultivo. Con la legge costituzionale del 3
aprile 1989, citata, possiamo dire che è stato introdotto nel
nostro ordinamento, che lo ha recepito formalmente, "il
referendum d'indirizzo" cioè la richiesta di consultazione che ha
la caratteristica demandata al popolo sovrano di dare un
orientamento su una materia specifica d'interesse generale. Si
intende sottolineare quanto allora avvenuto perché di grande
valore giuridico, non essendo stato previsto sino ad allora quel
tipo di referendum consultivo, in quanto il Referendum popolare,
così come si legge nell'articolo 75 della nostra Costituzione,
serve esclusivamente per deliberare l'abrogazione totale o
parziale di una legge o di un atto avente valore di legge. Né è
possibile il referendum di autorizzazione a ratificare Trattati
internazionali ed è proprio per questo motivo che gia per quella
vicenda si qualificò il referendum come indirizzo e non per
decidere o meno di un Trattato. Legittimata così la richiesta dal
gruppo del MSI di referendum consultivo, dato il precedente
citato della legge 3 aprile 1989 n. 2, non occorre più una nuova
legge costituzionale, ma una ordinaria per sottoporre al popolo
il seguente quesito: "Ritenete voi che si debba procedere alla
trasformazione delle Comunità Europee in una effettiva Unione,
così come descritta nel Trattato firmato a Maastricht il 7
febbraio 1992 ?". Si rileva che si tratta dell'identico quesito
formulato per il referendum di cui alla legge costituzionale 3
aprile 1989, nella parte sostanziale dove vi è una identità, così
da togliere, anche sotto questo aspetto di carattere formale,
qualsiasi dubbio interpretativo sulla regolarità e liceità del
referendum che noi richiediamo, mutando soltanto il riferimento
al metodo di come passare dalla Comunità ad una effettiva Unione;
D.2) non appare né logico, né sostanzialmente
comprensibile, che si sia deciso di sottoporre al popolo sovrano
una scelta di tipo istituzionale, certamente rilevante, ma che
non incideva in alcun modo nelle prerogative, nell'ordinamento, e
nelle attribuzioni dello Stato italiano, ed a contrario non
sottoporre analogamente alla pronuncia della volontà popolare,
una decisione ben più gravida di conseguenza come quella
rappresentata dalla Ratifica del Trattato ci Maastricht, con la
quale la Repubblica italiana si impegnerebbe, per i prossimi
anni, a trasferire ad altri soggetti proprie attribuzioni, ed
accetterebbe pesantissimi vincoli alla propria libertà di
programmazione economica e sociale;
D.3) la decisione di aderire alla costituenda Unione
Europea non può essere affrontata in termini di parte, né come
risultato di una semplice espressione maggioritaria, ma dovrebbe
coinvolgere la volontà autentica del popolo, al di là ed oltre
degli schieramenti delle forze politiche in una vasta, corale,
convinta e meditata discussione fra tutti i corpi sociali, le
categorie, le associazioni professionali, i soggetti sociali,
perché tutti siano consapevoli della rilevanza delle decisioni
assunte;
D.4) da più parti in Italia e dall'estero, si è denunciata
"la astrattezza" del progetto di costruzione dell'Unione così
come rappresentato ed espresso dal Trattato di Maastricht, e si è
constatata la assenza di una autentica mobilitazione delle
coscienze e delle volontà, ed una preoccupante carenza di
tensione ideale, nel raggiungimento dell'obiettivo dell'unità
europea;
D.5) in alternativa alla pura e semplice ratifica del
Trattato, sono ipotizzabili altri programmi per ampliare la
Comunità, e contemporaneamente promuovere nuove intese fra Stati,
nell'ambito comunitario, per la promozione di politiche estere
comuni, e di iniziative comuni per la difesa;
D.6) è comunque possibile, in presenza del no della
Danimarca, valutare le forme e i modi di rinegoziazione del
Trattato;
D.7) preliminarmente alla Ratifica del Trattato, appare
indispensabile ed ormai acquisito alla coscienza comune dei
cittadini procedere a riforme istituzionali che consentano
all'Italia di superare la gravissima crisi politica, economica e
sociale, che stiamo vivendo; non appare pensabile che momenti di
tale delicatezza e difficoltà, come quelli che una riforma
costituzionale interna comporterebbe, possano sovrapporsi e
complicarsi con le ulteriori e già previste difficoltà che il
rispetto dei vincoli comunitari imporrebbe;
D.8) pertanto appare logicamente e storicamente preferibile
procedere prima alla riforma costituzionale per la quale è stata
recentemente costituita una apposita Commissione bicamerale, ed
in seguito - alla luce delle decisioni e del nuovo assetto
istituzionale che l'Italia assumerà - valutare forme e modi di
adesione all'Unione Europea,
impegna il Governo
1) a proseguire nel cammino della costruzione delle
Confederazioni degli Stati europei;
2) prima di giungere alla Ratifica del Trattato di
Maastricht, a prendere le iniziative opportune attraverso tutti i
mezzi informativi e di comunicazione di massa per dare corretta
ed approfondita conoscenza del Trattato stesso al popolo
italiano;
3) a rinegoziare le clausole che sono indicate nelle
premesse e che sono fortemente penalizzanti per la Nazione
italiana, per la nostra sovranità e per i nostri interessi
economici;
4) a promuovere tutte le revisioni costituzionali che
appaiono indispensabili per poter aderire alla normativa che non
può essere recepita dal nostro ordinamento senza le modifiche
della nostra Costituzione;
5) a ritenere indispensabile un referendum consultivo sul
Trattato, mediante il quale sottoporre al popolo - unico
detentore della sovranità - il quesito sulla Ratifica del
Trattato, anche quale occasione per un vasto dibattito sulle
effettive conseguenze ed il significato che la adesione al
progetto di costruzione dell'Unità europea comporterà.
(1-00076)
Classificazione EUROVOC:
CONCETTUALE:
COMUNITA' EUROPEA, INFORMAZIONE, RATIFICA DEI TRATTATI, REFERENDUM, REVISIONE DELLA COSTITUZIONE, TRATTATO DELLA COMUNITA' EUROPEA
SIGLA O DENOMINAZIONE:

GEO-POLITICO:

MSI DN, ACCORDO DI SCHENGEN, MAASTRICHT