ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00020

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 61 del 11/10/2018
Abbinamenti
Atto 6/00018 abbinato in data 11/10/2018
Atto 6/00019 abbinato in data 11/10/2018
Atto 6/00021 abbinato in data 11/10/2018
Atto 6/00022 abbinato in data 11/10/2018
Atto 6/00023 abbinato in data 11/10/2018
Atto 6/00024 abbinato in data 11/10/2018
Firmatari
Primo firmatario: MARATTIN LUIGI
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 11/10/2018
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PADOAN PIETRO CARLO PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2018
BOCCIA FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2018
BOSCHI MARIA ELENA PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2018
DE MICHELI PAOLA PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2018
MADIA MARIA ANNA PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2018
MELILLI FABIO PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2018
NAVARRA PIETRO PARTITO DEMOCRATICO 11/10/2018


Stato iter:
11/10/2018
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 11/10/2018
Resoconto SAVONA PAOLO MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (AFFARI EUROPEI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/10/2018

DISCUSSIONE IL 11/10/2018

DICHIARATO PRECLUSO IL 11/10/2018

CONCLUSO IL 11/10/2018

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00020
presentato da
MARATTIN Luigi
testo di
Giovedì 11 ottobre 2018, seduta n. 61

   La Camera,
   esaminata la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2018;
   premesso che:
    la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2018, che rappresenta uno dei passaggi fondamentali del ciclo di bilancio, è il primo documento con cui il Governo descrive la situazione economica e di finanza pubblica aggiornata agli ultimi dati disponibili e definisce la cornice entro cui si svolgerà l'azione programmatica nei prossimi mesi, a partire dalla legge di bilancio;
    la Nota è stata trasmessa alle Camere con estremo ritardo, contravvenendo al termine del 27 settembre previsto dall'articolo 7, comma 2, lettera b) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e determinando, conseguentemente, una compressione del tempo necessario per l'esame parlamentare del documento;
    la Nota risulta altresì, per la prima volta, priva di alcuni elementi fondamentali, quali l'analisi di sensitività della dinamica del rapporto debito/PIL alle variabili macroeconomiche che ne determinano l'evoluzione e, nell'annesso relativo alla Relazione al Parlamento, il Piano di rientro di cui all'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 del 2012, previsto in caso di scostamento dall'obiettivo di medio periodo (OMT);
    i giorni intercorsi tra la presunta approvazione, comunicata a seguito del Consiglio dei ministri n. 21 del 27 settembre, e il momento della effettiva trasmissione alle Camere, avvenuta nella tarda serata del 4 ottobre, hanno visto il susseguirsi di alcuni vertici governativi e di confusi e contraddittori annunci sugli obiettivi programmatici di indebitamento netto;
    anche il parziale ripensamento sull'obiettivo di deficit, che il 27 settembre il Governo sembrava orientato a fissare al 2,4 per cento del PIL per ciascun anno del triennio 2019-2021, non è servito a contenere le turbolenze finanziarie di questi giorni, che hanno condotto lo spread stabilmente attorno alla soglia critica dei 300 punti base, non determinate dai solidi fondamentali economici dell'Italia, ma certamente alimentate dalla scarsa credibilità internazionale del Governo e dalle irresponsabili dichiarazioni di alcuni dei suoi esponenti principali, costantemente alla ricerca di un conflitto con le autorità europee, con le strutture tecniche dello Stato, con le più autorevoli istituzioni indipendenti del paese;
    la Nota segna un'inversione di tendenza nella trasparenza e linearità che le diverse fasi del ciclo di bilancio nazionale imporrebbero al processo di condivisione degli obiettivi di finanza pubblica e rischia di compromettere la fiducia faticosamente acquisita grazie ai Governi della scorsa legislatura;
    il clima di incertezza ha determinato una componente di instabilità di natura endogena, che, peggiorando l'esposizione dell'Italia agli effetti dell'instabilità finanziaria, ha pesantemente concorso a determinare una revisione al ribasso della previsione di crescita del PIL per l'anno in corso (dall'1,5 per cento previsto in aprile dal Governo uscente, stima validata dall'Ufficio Parlamentare di bilancio e in linea con quella rilasciata dalla Commissione europea e dal Fondo monetario internazionale nel medesimo periodo, all'1,2 per cento della Nota) e desta forti preoccupazioni per il futuro del Paese;
    si rischia in tal modo di compromettere i risultati di uno straordinario sforzo collettivo che ha consentito di percorrere dal 2014 un chiaro sentiero di ripresa caratterizzato da tassi di crescita del PIL sempre maggiori (0,1 per cento nel 2014, 0,8 per cento nel 2015, 1,1 per cento nel 2016 e 1,6 per cento nel 2017 a fronte di una caduta del prodotto di più di 9 punti percentuali tra il 2007 e il 2013) e dalla progressiva riduzione dell'indebitamento netto (passato dal 3 per cento del PIL nel 2014 all'1,8 del 2018) e del debito pubblico, costantemente diminuito in rapporto al PIL;
    è in un contesto macroeconomico tornato però in salita, con la prima battuta di arresto dal 2014, che si colloca l'approvazione della Nota all'esame, che propone un quadro di finanza pubblica imprudente e difficilmente sostenibile, anche perché corredato da strumenti di politica economica che, per come configurati, non sembrano in grado di garantire i previsti risultati di crescita e occupazione e che sconta la necessità di far fronte a una spesa per interessi che viene programmata in aumento nel triennio di quasi 17 miliardi di euro rispetto al dato tendenziale stimato ad aprile;
    l'indebitamento netto nominale nel 2019 aumenta considerevolmente rispetto all'anno precedente, dall'1,8 al 2,4 per cento del PIL, e nel 2020 e 2021 si stima rispettivamente al 2,1 e all'1,8 per cento; in termini strutturali, questi dati corrisponderebbero ad un deficit dell'1,7 per cento per l'intero orizzonte programmatico, che per il 2019 registra un peggioramento dello 0,8 per cento rispetto all'anno in corso, segnando una brusca interruzione del percorso di convergenza verso l'obiettivo di Medio Periodo (MTO), una «deviazione significativa» riconosciuta, ancora prima che dalla lettera della Commissione europea del 5 ottobre, dalla stessa Nota;
    per tali ragioni, il Governo ha dovuto allegare alla Nota la Relazione al Parlamento di cui all'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243;
    le condizioni previste dal citato articolo 6 non sembrano, tuttavia, essere rispettate, sia perché tra i presupposti alla base del mutato orizzonte di programmazione non è esplicitato alcun tipo di evento eccezionale, né è fatta menzione delle condizioni che caratterizzano il ciclo economico nazionale, sia perché il Governo programma di raggiungere genericamente l'MTO «negli anni a venire», fuori dall'orizzonte di previsione, in luogo dell'obbligo di definire esattamente la durata degli scostamenti e, conseguentemente, l'esercizio finanziario di attuazione del piano di rientro;
    gli unici presupposti della Relazione presentata si baserebbero sul dichiarato scopo di dare attuazione a talune misure di spesa qualificanti del programma elettorale, e che sono state ostentate per anni come dotate di adeguata copertura finanziaria; questa scelta imprudente, che erode in modo significativo l'avanzo primario (che rispetto al dato tendenziale pari a 2,4 per cento scende all'1,3 nel programmatico 2019), indebolisce il Paese sia nel presente sia nella capacità di far fronte a future inversioni del ciclo economico e accresce l'instabilità, alimentando una fortissima, controproducente, conflittualità con l'Unione europea, esclusivamente motivata da meri calcoli elettoralistici che non tengono conto delle ricadute sulla percezione di rischio da parte degli investitori, piuttosto che favorire un dialogo costruttivo con le istituzioni europee in merito alle necessarie riforme della governance economica;
    è prioritario continuare a promuovere in sede europea l'urgenza di una revisione delle regole di bilancio volta a conferire una maggiore centralità alla crescita economica, all'occupazione e all'inclusione sociale in un percorso sostenibile di riduzione del debito pubblico, nonché una reale condivisione dei rischi, favorendo sia il completamento dell'Unione bancaria sia la realizzazione di una vera Unione fiscale che superi la logica intergovernativa;
    al fine di ridurre il costo del lavoro, rilanciare i contenuti della Relazione non risultano, peraltro, coerenti con la risoluzione parlamentare sul DEF 2018 approvata dal Parlamento il 19 giugno scorso e che ha impegnato il Governo a riconsiderare il quadro di finanza pubblica «nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio 2019-2021»;
    le prospettive a medio termine sull'andamento del ciclo economico e finanziario appaiono inoltre soggette a notevoli incognite di origine esterna che potrebbero indurre scenari sfavorevoli con esiti ancor più negativi per l'economia italiana di quelli che stiamo sperimentando nel secondo semestre dell'anno in corso; tali fattori potenziali di rischio riguardano, in particolare, una possibile escalation delle misure protezionistiche con una forte frenata del commercio internazionale, un probabile aumento dei premi al rischio richiesti dagli investitori internazionali e delle quotazioni petrolifere, nonché gli effetti della normalizzazione delle politiche monetarie in Europa, l'intonazione più restrittiva di quella americana e l'esito dei negoziati sulla Brexit;
    in ragione di tali rischi, dell'indebolimento dell'economia attribuibile all'azione del Governo in questi primi mesi di attività e della scarsa credibilità della strategia di politica economica che la Nota espone, appaiono eccessivamente ottimistiche le previsioni programmatiche di crescita del PIL, stimate a 1,5 per cento per il 2019, 1,6 per cento per il 2020 e 1,4 per cento per il 2021, ivi comprese quelle di riduzione del rapporto debito/PIL, che dal 131,2 per cento del 2017 è stimato al 126,7 per cento nel 2021, anche grazie a una ipotesi di proventi da privatizzazioni pari a 0,3 punti di PIL all'anno per il periodo 2019-2020 di difficile realizzabilità;
    un ulteriore fattore di rischio rispetto alla attendibilità dello scenario programmatico è che esso non incorpora gli effetti determinati da un livello di interessi sul debito pubblico – che inevitabilmente si riflette sui tassi a cui si finanziano le banche, sulla loro capacità di finanziare famiglie e imprese e, più in generale, sul livello di fiducia – stabilmente collocato ai valori critici di questi giorni, che potrebbero vanificare gli effetti espansivi della manovra stessa, determinando già dal prossimo anno un deficit più alto di quanto previsto dalla Nota, che comunque non appare sufficiente ad assicurare il finanziamento delle costose misure promesse dal Governo, anche alla luce della vaghezza nell'indicazione delle ulteriori coperture finanziarie che vengono genericamente rinviate a «tagli alle spese dei ministeri e altre revisioni di spesa» e a «modifiche di regimi agevolativi, detrazioni fiscali e percentuali di acconto di imposta»;
    in occasione della seconda audizione del Ministro Tria, richiesta ai sensi dell'articolo 18, comma 3, della legge n. 243 del 2012, sono stati forniti dettagli di massima sulle quantificazioni che ammonteranno a 15 miliardi di euro nel 2019, 7,8 miliardi di euro nel 2020 e 9,9 miliardi di euro nel 2021, articolati nel 2019 in tagli di spesa per 6,9 miliardi di euro e in aumenti di entrate per 8,1 miliardi di euro, che tuttavia il Governo non chiarisce come intenda realizzare, lasciando aperte le ipotesi di tagli che rischiano di colpire settori di strategica importanza sociale come quello sanitario, che andrebbe invece rafforzato;
    a rendere più opache e scarsamente attendibili le stime di crescita, contribuisce la composizione del programma di politica economica, che si fonda prevalentemente su interventi ancora non definiti nel dettaglio ma sulla cui rilevanza come fattori di sviluppo è già possibile esprimere seri dubbi, nonostante il Governo affermi in modo ottimistico ma del tutto illusorio che l'approvazione parlamentare del programma di politica economica possa dissolvere l'incertezza che ha gravato sul mercato dei titoli di Stato negli ultimi mesi, migliorando le proiezioni di crescita economica e di finanza pubblica;
    il piano degli investimenti pubblici annunciato dal Governo si riduce a soli 0,2 punti di PIL addizionali nel 2019 che saliranno a 0,3 punti nel 2021, ben poca cosa rispetto ai 150 miliardi di euro stanziati dai Governi Renzi e Gentiloni, e già scontati ai fini dell'indebitamento netto, come riconosce la stessa Nota a pagina 70; nessun passaggio di rilievo della Nota di aggiornamento è dedicato alle problematiche di sviluppo del Mezzogiorno mentre destano preoccupazione le modifiche annunciate agli interventi di Industria 4.0. La volontà del Governo di incrementare gli investimenti pubblici appare, peraltro, contraddetta dalle scelte del Ministro delle infrastrutture, che ha bloccato l'iter di una serie di grandi opere, ha cancellato i finanziamenti per le periferie e non ha ancora proceduto alla ripartizione dello stanziamento di 36,1 miliardi di euro previsto dalla legge di bilancio per il 2018;
    fermo restando l'obiettivo prioritario di contrastare la povertà, già riconosciuto dai precedenti Governi con la realizzazione del Reddito di inclusione, risulta difficilmente sostenibile attribuire al Reddito di cittadinanza, peraltro già dal 2019, un ruolo di leva per accrescere l'occupazione giovanile, anche in considerazione del fatto che i dettagli dell'istituto saranno demandati ad uno dei ben dodici disegni di legge collegati alla prossima legge di bilancio; analogamente, la teoria secondo cui sussisterebbe un tasso di sostituzione del cento per cento tra i lavoratori cessati e i nuovi assunti è particolarmente controversa, tuttavia costituisce la principale argomentazione utilizzata dalla Nota a favore dell'introduzione della cosiddetta «quota 100»;
    l'abrogazione dell'imposta sul reddito imprenditoriale (IRI) per reperire le risorse necessarie a finanziare l'innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato d'imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani, rischia di danneggiare i soggetti sopra soglia che non potranno beneficiare del nuovo regime, con evidenti effetti perversi in termini di incentivo all'evasione;
    i sostanziali rischi sull'effettiva realizzabilità degli effetti positivi in termini di crescita associati alle misure proposte, i ristretti margini di sicurezza che circondano il profilo discendente del rapporto debito/PIL, e, in estrema sintesi, la scarsa robustezza della traiettoria disegnata nel quadro previsionale – anche in base alle ipotesi ad esso sottese e in particolare riferite ai livelli di rendimento dei titoli di Stato, sottostimati in base agli andamenti delle ultime settimane – sono rilievi emersi prepotentemente nel corso di tutte le audizioni tenutesi nell'ambito dell'esame preliminare della Nota e tali da determinare la mancata validazione delle previsioni macroeconomiche programmatiche sul 2019 da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB);
    il Ministro dell'economia ha in ogni caso ritenuto di confermare quanto proposto nella Nota, decidendo irresponsabilmente di non tenere in alcuna considerazione i rilievi dell'UPB sui significativi e diffusi disallineamenti tra le principali variabili, sull'eccessivo ottimismo della previsione di crescita e sul mancato rispetto delle regole di finanza pubblica, nazionali ed europee, le perplessità anticipate in via preventiva dalle istituzioni sovranazionali, le osservazioni negative espresse in modo netto dalla Banca d'Italia e dalla Corte dei conti,

impegna il Governo

   al fine di ridurre il costo del lavoro, rilanciare la competitività e incrementare l'occupazione stabile, a realizzare una riduzione permanente del cuneo contributivo per tutti i contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti nella misura di un punto all'anno per i prossimi quattro anni;
   al fine di favorire e accelerare la ripresa degli investimenti – avviata nell'ultimo quadriennio – ad accelerare la spendibilità effettiva delle ingenti risorse pubbliche stanziate dai Governi del PD, facendo partire subito le grandi opere infrastrutturali, continuando a garantire la stabilità della programmazione pluriennale delle risorse e delle procedure, riducendo i «tempi di attraversamento» e riducendo il contenzioso amministrativo, dando attuazione permanente alle sentenze n. 247/2017 e n. 101/2018 della Corte costituzionale in merito allo sblocco totale degli avanzi degli enti locali e rendendo permanenti (e incrementando) gli sconti fiscali agli investimenti privati realizzati dal piano Impresa 4.0;
   al fine di favorire la natalità e il sostegno economico alle famiglie, a realizzare una riforma complessiva dell'aiuto fiscale alle famiglie con figli, allargando le tutele ai lavoratori autonomi e agli incapienti Irpef e garantendo un assegno universale di 240 euro al mese per figlio a carico, da erogare a famiglie in cui il coniuge con reddito più elevato non superi la soglia di 100 mila euro annui;
   al fine di continuare a rafforzare la lotta alla povertà intrapresa nella scorsa legislatura con l'avvio del Reddito di Inclusione (entrato a regime il 1 luglio 2018), a incrementare di almeno 3 miliardi di euro le risorse previste su questo strumento, garantendone la continuità ed evitando di sostituirlo con strumenti meno favorevoli all'inclusione attiva e all'incremento della partecipazione al mercato del lavoro.
(6-00020) «Marattin, Padoan, Boccia, Boschi, De Micheli, Madia, Melilli, Navarra».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

crescita economica

prodotto interno lordo

economia pubblica