ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/05056

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 430 del 20/11/2020
Firmatari
Primo firmatario: BITONCI MASSIMO
Gruppo: LEGA - SALVINI PREMIER
Data firma: 20/11/2020
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CAVANDOLI LAURA LEGA - SALVINI PREMIER 20/11/2020
CANTALAMESSA GIANLUCA LEGA - SALVINI PREMIER 20/11/2020
CENTEMERO GIULIO LEGA - SALVINI PREMIER 20/11/2020
COVOLO SILVIA LEGA - SALVINI PREMIER 20/11/2020
GERARDI FRANCESCA LEGA - SALVINI PREMIER 20/11/2020
GUSMEROLI ALBERTO LUIGI LEGA - SALVINI PREMIER 20/11/2020
PAGANO ALESSANDRO LEGA - SALVINI PREMIER 20/11/2020
TARANTINO LEONARDO LEGA - SALVINI PREMIER 20/11/2020


Commissione assegnataria
Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 20/11/2020
Stato iter:
03/12/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 03/12/2020
Resoconto VILLAROSA ALESSIO MATTIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
REPLICA 03/12/2020
Resoconto BITONCI MASSIMO LEGA - SALVINI PREMIER
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 03/12/2020

SVOLTO IL 03/12/2020

CONCLUSO IL 03/12/2020

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-05056
presentato da
BITONCI Massimo
testo di
Venerdì 20 novembre 2020, seduta n. 430

   BITONCI, CAVANDOLI, CANTALAMESSA, CENTEMERO, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la vicenda giudiziaria del ristoratore per la contestazione di pochi spiccioli stante la discordanza tra ricevuta e incasso, con ampio risalto anche a mezzo stampa e radio, ha risvolti surreali, ai limiti del grottesco;

   nello specifico, al ristoratore veniva contestata l'emissione di tre ricevute per un importo superiore di 0,50 euro (totale 1,50 euro) rispetto al relativo incasso del Pos (non era stato indicato nella ricevuta lo sconto di 0,50 euro) e, di conseguenza, veniva predisposta anche la chiusura dell'attività per tre giorni;

   la contestazione, il ricorso e l'impugnazione di parte hanno comportato 3 ricorsi/appelli, 3 controdeduzioni/controricorsi, 3 udienze tenutesi, oltre a notifiche, comunicazioni e costituzioni;

   sono stati, altresì, impegnati ben 11 giudici (3 in Ctp, 3 in Ctr, 5 in Cassazione) ed il coinvolgimento, nei due giudizi in Cassazione, dell'Avvocatura dello Stato e della procura generale;

   una vicenda similare è accaduta anche ad un contribuente, residente nei territori colpiti dal Sisma 2002; nella prima rata aveva versato 4 euro in meno rispetto al dovuto; anche in questo caso stesso numero di ricorsi e gradi di giudizio e stesso dispiegamento di giudici;

   entrambe le vicende evidenziano l'importanza di un intervento normativo che renda strutturale la chiusura delle cosiddette «liti tributarie pendenti» sul modello di cui al decreto-legge n. 119 del 2018 e che riformi la giustizia tributaria nel senso di prevedere il non luogo a procedere con ulteriori gradi di giudizio allorquando il costo del contenzioso sia per l'amministrazione finanziaria superiore al mancato incasso dell'imposta impagata –:

   se e quali tempestive iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare con riguardo a quanto esposto in premessa e, nello specifico, se non convenga sull'opportunità di prevedere:

    a) una definizione agevolata strutturale delle liti tributarie pendenti, che consenta di evitare lo spreco di risorse, materiali ed umane, reindirizzandole a questioni più rilevanti per l'erario e, al contempo, disintasare l'ingorgo della giustizia tributaria;

    b) un passaggio obbligatorio per l'amministrazione finanziaria volto alla transazione fiscale ovvero all'abbandono del contenzioso qualora l'importo oggetto del contenzioso sia talmente irrisorio che il recupero rappresenti per la macchina fiscale un maggior costo, in termini economici e di personale impiegato.
(5-05056)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 3 dicembre 2020
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-05056

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti fanno riferimento a due procedimenti contenziosi tributari avviati per questioni di scarsa rilevanza economica, evidenziando come spesso l'attivazione della macchina giudiziaria per questioni di tal tipo determini costi eccessivi per l'Amministrazione finanziaria anche in considerazione degli importi irrisori che la stessa potrebbe riuscire a recuperare.
  Pertanto, gli Onorevoli interroganti chiedono se e quali tempestive iniziative di competenza, anche di carattere normativo, si intendano adottare, o nello specifico, se non convenga sull'opportunità di prevedere:

   a) una definizione agevolata strutturale delle liti tributarie pendenti, che consenta di evitare lo spreco di risorse, materiali e umane, reindirizzandole a questioni più rilevanti per l'erario e, al contempo, disintasare l'ingorgo della giustizia tributaria;

   b) un passaggio obbligatorio per l'amministrazione finanziaria volto alla transazione fiscale ovvero «all'abbandono del contenzioso qualora l'importo oggetto del contenzioso sia talmente irrisorio che il recupero rappresenti per la macchina fiscale un maggior costo, in termini economici e di personale impiegato».

  Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova, preliminarmente, ricordare che nel nostro ordinamento giuridico tributario sono presenti una serie di strumenti deflativi del contenzioso.
  Alcuni di questi risultano attivabili ante causam, quali ad esempio l'accertamento con adesione, altri come la cosiddetta «mediazione», per le controversie fino a 50 mila euro, risultano, tra l'altro, procedure obbligatorie.
  Inoltre, sono previsti istituti che permettono il raggiungimento di un accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria anche successivamente all'instaurazione del contenzioso tributario, come la conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48 del decreto legislativo n. 546 del 1992.
  Ciò premesso, si osserva che l'introduzione di una definizione agevolata strutturale delle liti tributarie pendenti, sul modello di quella disposta dall'articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018, appare contraddittoria, laddove si consideri che il modello di riferimento è per sua natura eccezionale e, per questo, incompatibile con l'ordinario presidio del dovere costituzionale di contribuzione (ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione) e con lo stesso diritto alla tutela giurisdizionale verso gli atti della Pubblica Amministrazione.
  L'introduzione della misura auspicata potrebbe, inoltre, provocare una disparità di trattamento nei confronti dei contribuenti che assolvono i tributi in maniera ordinaria, disincentivando l'adempimento spontaneo degli obblighi tributari e la compliance da parte dei contribuenti.
  Peraltro, come anzidetto, la finalità deflattiva che siffatta proposta mira a conseguire trova già adeguata ed armonica regolamentazione nell'ordinamento tributario attraverso la previsione di numerosi istituti quali il ravvedimento operoso, l'adesione a comunicazioni di irregolarità, verbali, atti di contestazione o accertamenti, i già menzionati accertamento con adesione, mediazione tributaria, conciliazione giudiziale in primo o secondo grado di giudizio.
  Tali strumenti, che prevedono una graduale attenuazione dell'entità della sanzione in capo al contribuente proprio in funzione del conseguente risparmio di risorse amministrative e giurisdizionali impegnate dall'Amministrazione, hanno già determinato nell'arco di pochi anni una drastica riduzione del numero e della durata delle controversie tributarie, che hanno oggi una durata media di circa due anni per la celebrazione e la conclusione dei due gradi di merito.
  Quanto all'osservazione secondo cui sarebbe auspicabile «l'abbandono del contenzioso qualora l'importo oggetto del contenzioso sia talmente irrisorio che il recupero rappresenti per la macchina fiscale un maggior costo, in termini economici e di personale impiegato», deve sottolinearsi, preliminarmente, che gli organi tributari hanno il potere/dovere di applicare concretamente il tributo istituito sulla base di una norma di legge, e che tale potestà è sostanzialmente vincolata dalla legge, irrinunciabile e tendenzialmente indisponibile.
  L'eventuale abbandono della pretesa tributaria da parte dell'Amministrazione finanziaria dovrebbe essere specificatamente previsto e disciplinato dalla legge.
  Inoltre, una riforma della giustizia tributaria, che disponga il non luogo a procedere con ulteriori gradi di giudizio, allorquando il costo del contenzioso sia, per l'Amministrazione finanziaria, superiore al mancato incasso dell'imposta non pagata, paradossalmente potrebbe incentivare l'impugnazione dell'atto impositivo al fine di vederne caducata l'efficacia.
  La valutazione circa l'opportunità di coltivare il contenzioso soggiace, comunque, a stringenti indicazioni di economicità, che precludono all'Amministrazione finanziaria, in molti casi, l'impugnazione in sede di legittimità, fatte salve le fattispecie che, per l'importanza o la potenziale diffusione del principio giuridico da salvaguardare, impongano valutazioni di ordine più generale, comunque esorbitanti rispetto alla singola controversia esaminata.