ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00092

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 98 del 10/12/2018
Abbinamenti
Atto 1/00083 abbinato in data 10/12/2018
Atto 1/00087 abbinato in data 10/12/2018
Atto 1/00091 abbinato in data 10/12/2018
Atto 1/00094 abbinato in data 11/12/2018
Firmatari
Primo firmatario: RUSSO PAOLO
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 10/12/2018
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
NEVI RAFFAELE FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/12/2018
BARONI ANNA LISA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/12/2018
BRUNETTA RENATO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/12/2018
CAON ROBERTO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/12/2018
FASANO VINCENZO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/12/2018
SAVINO SANDRA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/12/2018
SPENA MARIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/12/2018
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/12/2018


Stato iter:
11/12/2018
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 10/12/2018
Resoconto RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 10/12/2018
Resoconto CILLIS LUCIANO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto MURONI ROSSELLA LIBERI E UGUALI
Resoconto GASTALDI FLAVIO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto D'ARRANDO CELESTE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto PATASSINI TULLIO LEGA - SALVINI PREMIER
 
INTERVENTO GOVERNO 10/12/2018
Resoconto GIULIANO SALVATORE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ISTRUZIONE, UNIVERSITA' E RICERCA)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 10/12/2018

DISCUSSIONE IL 10/12/2018

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 10/12/2018

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/12/2018

RITIRATO IL 11/12/2018

CONCLUSO IL 11/12/2018

Atto Camera

Mozione 1-00092
presentato da
RUSSO Paolo
testo presentato
Lunedì 10 dicembre 2018
modificato
Martedì 11 dicembre 2018, seduta n. 99

   La Camera,
   premesso che:
    l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), con impegni adottati nel 2011 e nel 2014, hanno avviato a livello mondiale un'azione per il controllo delle malattie non trasmissibili, quali il diabete, il cancro e le malattie cardiovascolari, derivanti dall'uso di tabacco, di alcol, da diete malsane e da inattività fisica;
    a conclusione del procedimento, nel luglio 2018, l'Organizzazione mondiale della sanità ha presentato il report « Time to deliver», contenente una serie di raccomandazioni agli Stati membri per ridurre l'impatto negativo di alimenti ricchi di grassi saturi, sale e zuccheri e migliorare la regolamentazione degli stessi;
    gli obiettivi principali del report sono quelli di ridurre di almeno un terzo entro il 2030 i morti per tali patologie, nonché di arrestare la crescita del sovrappeso e dell'obesità infantile entro il 2025, mediante:
     a) interventi volti a eliminare gli acidi grassi dall'approvvigionamento alimentare;
     b) misure legislative e regolamentari che riducano al minimo il consumo di prodotti nocivi per la salute e promuovano stili di vita sani;
     c) promozione di sistemi di produzione e fornitura di alimenti favorevoli alla salute;
    a seguito delle polemiche suscitate da tale documento, redatto da una commissione indipendente, l'Organizzazione mondiale della sanità chiariva di non avere l'intenzione di «criminalizzare specifici alimenti», quanto piuttosto di fornire indicazioni per una dieta sana, raccomandando politiche che promuovessero un consumo parsimonioso degli alimenti che hanno alti contenuti di sodio, zuccheri o grassi saturi;
    dopo complesse trattative, il 27 settembre 2018, i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri delle Nazioni Unite hanno approvato la dichiarazione « Time to deliver: Accelerating our response to address NCDs for the health and well-being of present and future generations», che veniva incorporata nella risoluzione dell'Assemblea generale del 10 ottobre 2018;
    in tale dichiarazione politica, molto più equilibrata, non vi è alcun riferimento specifico a cibi o a bevande che possono essere dannosi per la salute. Al contrario, il testo parla di regimi alimentari che possono esserlo nel loro complesso, rapportati comunque allo stile di vita che si conduce;
    tuttavia, il 12 novembre 2018 sette Paesi (Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia) hanno nuovamente presentato, alla seconda commissione dell'Assemblea generale dell'Onu, una risoluzione nell'ambito dell'iniziativa « Global health and foreign policy», mirante a creare un legame tra alcune malattie e alcune tipologie di alimenti o bevande, riprendendo, sostanzialmente, alcune delle misure punitive previste nel rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità del luglio 2018;
    la citata risoluzione del 12 novembre 2018 tratta di cibi salutari e non salutari, introducendo un'indicazione non supportata dalla scienza, che invece si riferisce a diete salutari e non; l'obiettivo dei proponenti della risoluzione sembra quello di evidenziare che i prodotti messi all'indice debbano essere colpiti da restrizioni, dazi e regolamentazioni stringenti sulla loro commercializzazione. Ove fosse approvata la risoluzione, tutti i Paesi sarebbero autorizzati ad apporre etichette con ben visibili bollini su cibi e bevande, come quelli, ad esempio, in uso sulle sigarette;
    le finalità dell'Organizzazione mondiale della sanità sono assolutamente condivisibili e l'Organizzazione stessa ha chiarito che il solo legame tra malattie e alimenti rappresenta un'estrema banalizzazione dei problemi legati alla salute. Non esistono cibi sani o insalubri, ma solo diete, meglio regimi alimentari più o meno sani, posto che la salute e le malattie sono legate anche all'attività fisica, lavorativa, sportiva, oltre che allo stile di vita, all'età anagrafica e all'ambiente in cui si vive; una risoluzione che imponga di scrivere, su un prodotto alimentare sano, come i formaggi dop, il prosciutto di Parma, ovvero sull'olio extravergine di oliva, che nuoce alla salute, sarebbe non solo sbagliata ma, da un punto di vista scientifico, fuorviante e completamente priva di fondamento;
    la nuova presa di posizione, invece, mira nuovamente a colpire gli alimenti che contengono zuccheri, grassi e sale, chiedendo nuovamente apposite etichette nutrizionali e la riformulazione delle ricette. Con il sistema del bollino o del semaforo si favoriscono prodotti artificiali di cui, in alcuni casi, non è nota neanche la ricetta, ma che rispondono a requisiti «nutrizionali» astrattamente ritenuti corretti, mentre si escludono dalla dieta alimenti sani e naturali che, da secoli, sono presenti sulle tavole. Un segnale verde alla Diet Coke e un cartellino rosso, invece, ad una fetta di prosciutto;
    ove accolta, tale scelta minerebbe il patrimonio culturale che è alla base della dieta mediterranea, che ha consentito all'Italia di conquistare il primato della percentuale più alta di ultraottantenni in Europa, davanti a Grecia e Spagna, ma anche una speranza di vita che è tra le più alte a livello mondiale ed è pari a 80,6 anni per gli uomini e a 85 anni per le donne. L'Italia, peraltro, è il terzo Paese meno obeso di tutta l'area Ocse e il più sano al mondo secondo la classifica « Bloomberg health index» stilata nel 2017;
    la qualità del modello alimentare italiano, tra l'altro, è stata riconosciuta anche con l'iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'Unesco il 16 novembre 2010. In termini ambientali, gli indicatori, quale quello della «impronta ecologica», mostrano come la dieta mediterranea abbia un minore impatto in termini di consumo del territorio e di consumo di risorse, oltre a un minor costo di produzione degli alimenti (4 euro giornalieri pro capite, rispetto ai 6 degli Stati Uniti);
    peraltro, va evidenziato come la Food and drugs administration (Fda) statunitense ha pubblicato un invito ad indicare sulle confezioni degli olii contenenti il 70 per cento di acido oleico (olio extravergine di oliva italiano) che il loro consumo porta benefici cardiovascolari, quando sostituisce il grasso saturo dannoso per il cuore;
    il danno più grave di tale scelta si avrebbe con riferimento all’export dell'industria della trasformazione agroalimentare italiana. Le esportazioni italiane nel settore agroalimentare, che nel 2013 valevano 33,5 miliardi di euro, hanno superato i 41 miliardi nel 2017, il 7 per cento in più rispetto al 2016. Il settore agroalimentare italiano, nel 2018, ha messo a segno un nuovo record delle esportazioni, con un aumento del 3 per cento nei primi sei mesi, grazie al traino delle denominazione di origine con quasi l'85 per cento in valore del made in Italy. Ad oggi, 5.057 sono i prodotti alimentari tradizionali censiti, 297 le specialità dop/igp e 415 i vini doc/docg riconosciuti a livello comunitario;
    il settore agroalimentare italiano, tra produzione, trasformazione, distribuzione al dettaglio e ristorazione, vale 244 miliardi di euro, costituisce il 13 per cento del prodotto interno lordo nazionale, occupa 3,2 milioni di lavoratori – vale a dire il 13 per cento del totale in Italia – e coinvolge 1,3 milioni di imprese, pari al 25 per cento del totale delle aziende iscritte nei registri camerali;
    secondo una ricerca commissionata nel giugno 2018 dalla scuola internazionale di cucina italiana Alma a Deloitte «La ristorazione italiana nel mondo», la cucina italiana risulta la seconda a livello globale dopo quella cinese (13 per cento di quota di mercato), mostrando una penetrazione più elevata in termini di numero di transazioni in Usa (15 per cento), Regno Unito (15 per cento), Brasile (13 per cento) e India (13 per cento). Secondo il giudizio degli esperti di settore, la cucina italiana è prevista «in forte crescita». A livello mondiale, il volume d'affari generato dalla cucina italiana si stima pari a 209 miliardi di euro, su un totale di 2.210 miliardi di euro nel 2016, di cui 60 miliardi di euro in Cina e 56 miliardi di euro negli Usa;
    una ricerca Nomisma del 2015 sugli effetti delle «etichette a semaforo» nel mercato inglese ha evidenziato un significativo calo nelle vendite e nelle quote di mercato proprio dei prodotti tipici italiani, con perdite addirittura del 14 per cento per quanto riguarda il parmigiano-reggiano. Nel 2017 in Cile si è cominciato a marchiare con il bollino nero prodotti come il Parmigiano, il Gorgonzola, il prosciutto, andando ad incidere pesantemente sulle importazioni del made in Italy agroalimentare, crollate nel caso di cui sopra del 12 per cento nei primi sette mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo del 2017;
    in più occasioni, soprattutto nel corso dell'ultima legislatura, il Parlamento europeo ha preso posizione a favore dell'indicazione dell'origine degli alimenti, chiedendo alla Commissione europea di agire in tale direzione. Il 70 per cento dei cittadini dell'Unione europea chiede l'obbligo dell'indicazione d'origine in etichetta. La stragrande maggioranza dei consumatori nell'Unione europea ritiene che il livello di dettaglio dell'origine necessario a soddisfare le necessità di informazione sia quello del «Paese» o, addirittura, della «regione» di quel Paese;
    la risposta della Commissione europea, con il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/775 per quanto riguarda le norme sull'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza dell'ingrediente primario di un alimento, non è sufficiente a garantire una corretta informazione ai consumatori sulla vera origine degli ingredienti primari. Essendo un sistema volontario, sarebbe stato necessario offrire meno flessibilità agli operatori e non prevedere deroghe seppur temporanee;
    l'indicazione «UE e non UE» prevista dalla Commissione europea è un'informazione totalmente generica e incomprensibile per il consumatore. A causa di tale quadro normativo, incompleto e inadeguato, numerosi Stati membri – Francia, Italia, Lituania, Portogallo, Romania, Grecia e Finlandia, ai quali si stanno aggiungendo Spagna e Austria – hanno introdotto degli schemi nazionali per l'etichettatura obbligatoria di alcuni alimenti;
    ma soprattutto l'azione dell'Unione europea appare carente nel contrasto del falso made in Italy agroalimentare, denominato « Italian sounding», di quei prodotti alimentari cioè che di italiano hanno soltanto il nome, peraltro molto spesso storpiato. Se l’export agroalimentare vale 41,03 miliardi di euro, nel 2017 il fatturato del falso made in Italy agroalimentare è passato dai 60 miliardi di euro nel 2013 ai 100 miliardi nel 2017. Un danno abnorme. E il problema non è in Cina o negli Stati Uniti: lo si ha in casa. L'Unione europea ha concesso la possibilità di incorporare la polvere di caseina, invece del latte nei formaggi. Grazie a questa e da altre deroghe in tutta Europa circolano imitazioni low cost del Parmigiano e del Grana;
    i numerosi elementi convergenti sopra illustrati sembrano adombrare una situazione nella quale sia le istituzioni europee, che quelle internazionali, invece di tutelare e non discriminare le produzioni agroalimentari di qualità e il « made in», legati a rigorosi protocolli di produzione e di qualità, ad un'accurata selezione delle materie prime ed alla certezza del luogo di origine, agiscono in favore degli artefatti metodi produttivi delle multinazionali del cibo e non intervengono adeguatamente contro i danni d'immagine ed economici recati al nostro Paese dalle produzioni « Italian sounding». La posizione che potrebbe assumere l'Onu rischia di avvantaggiare unicamente i produttori di alimenti dietetici e di sostituti chimici per alimenti;
    dai dati economici sopra evidenziati appare evidente l'enorme impatto che la risoluzione presentata dai sette Paesi di cui in premessa il 12 novembre 2018 avrebbe sul nostro Paese, anche se appare impensabile che si vada a ridiscutere un principio che era stato approvato e chiarito ai massimi livelli dei Capi di Stato e di Governo all'Onu. Nei prossimi giorni cominceranno i negoziati sulla risoluzione per cercare di individuare una posizione comune e dovrà essere finalizzato un testo definitivo che sarà poi presentato all'Assemblea generale dell'Onu, per essere votato dagli Stati membri,

impegna il Governo:

1) a difendere, con la massima determinazione, la filiera italiana del settore agroalimentare in tutte le sedi politiche e diplomatiche internazionali, in particolare presso l'Onu (e nelle sue agenzie come l'Organizzazione mondiale della sanità e la Fao) e nell'ambito dell'Unione europea, anche presentando le evidenze scientifiche sulla qualità, sulle caratteristiche nutrizionali positive e sui minori impatti ambientali dei prodotti agricoli o derivanti dalla trasformazione agroalimentare italiana, con particolare riferimento a quelli connessi alla dieta mediterranea;

2) ad assumere iniziative in sede europea per:
   a) rafforzare le misure a favore dell'indicazione dell'origine degli alimenti, secondo le modalità richieste dal Parlamento europeo, nonché le azioni di contrasto all’Italian sounding;
   b) ripristinare il volume dei trasferimenti alla politica agricola nazionale italiana penalizzata dalla recente approvazione dell'ipotesi di bilancio dell'Unione europea 2021-2027;

3) ad assumere iniziative, nell'ambito delle risorse già preordinate e destinate alla penetrazione all'estero del made in Italy, volte a rafforzare la quota di esse destinate a valorizzare l'immagine e la penetrazione commerciale dell'agroalimentare italiano e dei valori della dieta mediterranea;

4) nell'ottica della piena valorizzazione e salvaguardia delle specificità dei prodotti e della filiera dell'agroalimentare italiano, ad assumere le iniziative di competenza per l'istituzione del Ministero del cibo – Ministero dell'agroalimentare e della tutela della cultura alimentare italiana – accogliendo le istanze da più parti avanzate, ivi compresi i settori della stessa maggioranza di Governo, volte a sottoporre ad un'unica gestione – dalla produzione alla trasformazione, dalla ristorazione alla diffusione culturale e alla promozione internazionale – la filiera agroalimentare italiana, valutando in tal senso le esperienze del modello francese;

5) a promuovere campagne per incoraggiare, in particolare nelle scuole, regimi alimentari equilibrati in Italia, dove siano presenti tutti gli alimenti salutari della dieta italiana.
(1-00092) «Paolo Russo, Nevi, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Caon, Fasano, Sandra Savino, Spena, Occhiuto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

denominazione di origine

controllo sanitario

studio d'impatto