ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00111

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 87 del 30/09/2013
Approvazione risoluzione conclusiva
Atto numero: 8/00016
Firmatari
Primo firmatario: REALACCI ERMETE
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 30/09/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MATARRESE SALVATORE SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 30/09/2013
ZAN ALESSANDRO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 30/09/2013
GADDA MARIA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 30/09/2013
IANNUZZI TINO PARTITO DEMOCRATICO 30/09/2013
MAZZOLI ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 30/09/2013
ROSATO ETTORE PARTITO DEMOCRATICO 30/09/2013
DE MENECH ROGER PARTITO DEMOCRATICO 30/09/2013
PASTORELLI ORESTE MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI) 02/10/2013


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Stato iter:
03/10/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 03/10/2013
REALACCI ERMETE PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 03/10/2013
BORGHI ENRICO PARTITO DEMOCRATICO
SEGONI SAMUELE MOVIMENTO 5 STELLE
MATARRESE SALVATORE SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
ZOLEZZI ALBERTO MOVIMENTO 5 STELLE
REALACCI ERMETE PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 03/10/2013
ORLANDO ANDREA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
 
PARERE GOVERNO 03/10/2013
ORLANDO ANDREA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 02/10/2013

DISCUSSIONE IL 03/10/2013

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 03/10/2013

ACCOLTO IL 03/10/2013

PARERE GOVERNO IL 03/10/2013

APPROVATO (RISOLUZIONE CONCLUSIVA) IL 03/10/2013

CONCLUSO IL 03/10/2013

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00111
presentato da
REALACCI Ermete
testo presentato
Lunedì 30 settembre 2013
modificato
Mercoledì 2 ottobre 2013, seduta n. 89

   La VIII Commissione,
premesso che:
Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso, prima di confluire nel Piave, e dell'omonima diga costruita fra il 1957 e il 1960 lungo il corso del torrente;
la storia di questo territorio e delle sue comunità venne sconvolta la sera del 9 ottobre 1963 – fra pochi giorni ricorre il 50o anniversario di quella data –, quando un'enorme frana (tutta la costa del monte Toc, larga quasi tre chilometri, costituita da boschi, campi coltivati ed abitazioni) affondò nel lago artificiale sottostante, creando due enormi ondate d'acqua che superarono i 100 metri di altezza: la prima, a monte, sfiorò l'abitato di Erto e spazzò via le frazioni lungo le rive del lago – Frasègn, Le Spesse, Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana e San Martino –, la seconda, scavalcando la diga, precipitò nella vallata sottostante radendo al suolo i paesi di Longarone, Pirago, Maè, Villanova e Rivalta, e danneggiando profondamente gli abitati di Codissago, Castellavazzo, Fortogna, Dogna e Provagna; vi furono 1910 vittime, di cui 1450 a Longarone, 109 a Codissago e Castellavazzo, 158 a Erto e Casso e quasi 200 originarie di altri comuni;
la catastrofe del Vajont fu dunque provocata da una frana, ma, come è stato sottolineato in passato dalle più alte cariche istituzionali, la consapevolezza che vi fu colpa dell'uomo «rese più tragico il dolore per le morti, per la devastazione e le rovine, per la scomparsa di intere famiglie»: venne aperta un'inchiesta e i processo si concluse con il riconoscimento di responsabilità penali a carico di chi aveva deciso di costruite la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico, di innalzare a quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza, di non dare immediatamente l'allarme la sera del 9 ottobre per attivare l'evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione;
la storia del disastro del Vajont, tuttavia, è anche la storia dello straordinario esempio di solidarietà e di virtù civiche, da molti posto alla base della nascita del sistema di protezione civile italiano, di quanti accorsero – alpini, vigili del fuoco, forze dell'ordine, volontari di tutta Italia – per portare soccorso alle popolazioni; la storia del Vajont è anche la storia di una positiva esperienza di ricostruzione, che ha permesso di recuperare territorio e tessuto socio economico per le rinate comunità;
il modo migliore per tornare con la memoria alla tragedia del Vajont a quell'immane «disastro evitabile», è riconoscere, dunque, nella sua storia un monito perenne e, al tempo stesso, un valore di riferimento per ogni iniziativa concernente la salute e la sicurezza del territorio e delle comunità che in esso sono radicate per ogni azione che implichi incidenze ambientali e territoriali;
poche settimane fa, nella seduta del 26 giugno 2013, la Camera dei deputati ha approvato, con il parere favorevole del Governo, le mozioni nn. 1-00017 Speranza, Brunetta, Matarrese ed altri, 1-00112 Zan ed altri, 1-00114 Segoni ed altri, 1-00117 Grimoldi ed altri e 1-00124 Giorgia Meloni e Rampelli, che hanno posto con forza i temi della manutenzione del territorio, della pianificazione territoriale come strumento di prevenzione e di contrasto del rischio idrogeologico, delle politiche di sostegno alla residenza nelle comunità montane e rurali come elemento fondamentale dell'azione di contrasto dei fenomeni di abbandono e di degrado del territorio, dell'ammodernamento della legislazione in materia di difesa del suolo e del riordino del relativo sistema di competenze e di responsabilità, impegnando, fra l'altro, il Governo:
a contrastare ogni iniziativa di indebolimento della pianificazione territoriale, in passato pesantemente compromessa da indiscriminati interventi di condono edilizio, salvaguardando la centralità della pianificazione territoriale integrata di scala vasta nelle scelte in itinere di ridefinizione dei livelli istituzionali esistenti, privilegiando la logica della prevenzione rispetto a quella di gestione dell'emergenza, anche nell'allocazione delle risorse economiche che devono essere rese stabili, utilizzabili in tempi certi e ricondotte ad una gestione ordinaria delle procedure, in primo luogo salvaguardando e sbloccando le risorse previste dagli accordi di programma già sottoscritti con le regioni per gli interventi prioritari di prevenzione dal rischio idrogeologico;
ad adottare iniziative normative, per quanto di propria competenza, volte ad apportare le modifiche al quadro normativo vigente nella logica unitaria della difesa idrogeologica, della gestione integrata dell'acqua e del governo delle risorse idriche, al fine di rendere finalmente operative le autorità di bacino distrettuali secondo una governance che tenga conto delle esigenze di riequilibrio istituzionale sostenute dalle regioni, di una delimitazione più funzionale dei distretti e di un sistema di governo in grado di riconoscere e valorizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze delle strutture tecniche di bacino esistenti a livello regionale e locale, nonché a portare a definitiva e rapida approvazione tutti i piani di gestione dei distretti idrografici e i relativi programmi di azione, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti della direttiva sulle acque n. 2000/60/CE;
a valutare l'opportunità di introdurre forme di assicurazione da rischi naturali che vedano comunque il coinvolgimento obbligatorio dello Stato anche solo nel ruolo di riassicuratore di ultima istanza;
a prevedere, nell'ambito delle proprie competenze e in stretto coordinamento con gli enti locali interessati, una mappatura degli insediamenti urbanistici nelle aree a più elevato rischio idrogeologico, individuando idonee forme di agevolazioni finalizzate alla loro delocalizzazione, prevedendo contestualmente il divieto assoluto di edificabilità in dette aree;
ad adottare e sostenere opportune iniziative volte a prevedere una normativa in materia di pianificazione urbanistica e di governo del territorio, che contenga principi irrinunciabili, omogenei e condivisi, in modo tale da costituire un quadro di riferimento certo e rigoroso per le regioni, con particolare riferimento alla necessita di riconoscere il territorio come bene comune e risorsa limitata, perseguendo l'obiettivo di limitare il consumo del suolo, anche attraverso il contenimento della diffusione urbana, disincentivando a tal fine nuovi impieghi di suolo a fini insediativi e infrastrutturali e favorendo il riuso e la riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti;
ad incentivare e sostenere la piccola agricoltura nel recuperare terreni abbandonati e nell'adottate pratiche rispettose per il territorio e per la protezione del suolo;
ad attuare politiche per la riduzione di emissioni di gas serra, in modo da ridurre nel lungo termine l'impatto del cambiamento climatico in atto;
ad assumere iniziative per prevedere un sistema di incentivi fiscali, simili a quelli per le ristrutturazioni o gli adeguamenti energetici, o un regime di Iva agevolata, per chi investe nella sicurezza del territorio, delle infrastrutture o degli edifici, individuando opportuni strumenti premiali per i privati cittadini o le imprese – in particolar modo agricole e turistiche – che compiono interventi per la riduzione del rischio idrogeologico, come la stabilizzazione dei versanti e il miglioramento del drenaggio, o sismico, compatibilmente con le risorse disponibili ed i vincoli di bilancio;
ad assumere iniziative per prevedere contributi al finanziamento delle reti di monitoraggio pluviometriche, nivometriche, idrometriche, sismiche, molto spesso dismesse dagli enti pubblici territoriali per carenza di fondi, compatibilmente con le risorse disponibili ed i vincoli di finanza pubblica;
ad intraprendere specifiche iniziative, anche di natura normativa, volte a prevedere il rifinanziamento del fondo regionale della protezione civile, ovvero l'istituzione di un fondo compartecipato dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali, finalizzato alla concessione di indennizzi e per il risarcimento dei danni provocati dalle calamità naturali connessi al dissesto idrogeologico del territorio, compatibilmente con le risorse disponibili ed i vincoli di finanza pubblica;
a valutare la possibilità di assumere iniziative di competenza, anche normative, finalizzate a prevedere che i comuni possano concedere crediti edilizi in favore di soggetti che procedono alla delocalizzazione dei propri immobili, non abusivi, situati in aree classificate a rischio, verso siti sicuri e ad adottare provvedimenti concreti contro l'abusivismo edilizio e per la demolizione degli immobili abusivi in aree soggette a rischio idrogeologico, compatibilmente con le risorse disponibili ed i vincoli di finanza pubblica;
oggi, in vista dell'emanazione da parte del Governo e dell'esame parlamentare del disegno di legge di stabilità per il 2014, è giusto riaffrontare il tema della manutenzione e della messa in sicurezza del territorio, a partire dalla riproposizione di alcuni dati essenziali relativi alla «fragilità» del territorio italiano e alla forte incidenza del rischio idrogeologico (oltre a quello sismico);
in Italia, infatti, le aree ad elevata criticità idrogeologica (rischio frana e/o alluvione) rappresentano circa il 10 per cento della superficie del territorio nazionale (29.500 chilometri quadrati) e riguardano l'89 per cento dei comuni (6.631); in esse vivono 5,8 milioni di persone (9,6 per cento della popolazione nazionale), per un totale di 2,4 milioni di famiglie; in tali aree si trovano oltre 1,2 milioni di edifici e più di 2/3 delle zone esposte a rischio interessa centri urbani, infrastrutture e aree produttive;
inoltre, la pericolosità degli eventi naturali è senza dubbio amplificata dall'elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano (oltre il 60 per cento degli edifici – circa 7 milioni – è stato costruito prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica per le costruzioni e, di questi, oltre 2,5 milioni risultano in pessimo o mediocre stato di conservazione e, quindi, più esposti ai rischi idrogeologici); dall'abnorme consumo di suolo vergine (tra il 2001 e il 2011 il suolo consumato è cresciuto dell'8,8 per cento e oggi si consumano circa 8 metri quadrati di suolo al secondo: questo vuol dire che ogni 5 mesi viene cementata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una pari alla somma di quella di Milano e Firenze), nonché dai gravi fenomeni di abbandono dei terreni montani, di incontrollato disboscamento, di costruzione spesso abusiva di immobili sul versanti a rischio, di mancata pulizia dei corsi d'acqua e di cementificazione di lunghi tratti dei fiumi e dei torrenti;
il progetto IFFI (inventario dei fenomeni franosi in Italia), realizzato dall'Ispra e dalle regioni e province autonome, ha censito ad oggi oltre 486 mila fenomeni franosi e il 68 per cento delle frane europee si verifica in Italia e, dal 1900;
inoltre, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla base dei dati dell'Ispra, ha valutato che il costo complessivo del danni provocati dagli eventi franosi ed alluvionali dal 1951 al 2009, rivalutato in base agli indici Istat al 2009, risulta superiore a 52 miliardi di euro, quindi circa 1 miliardo di euro all'anno e, complessivamente, più di quanto servirebbe per realizzare l'insieme delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico sull'intero territorio nazionale, individuate nei piani stralcio per l'assetto idrogeologico e quantificate in 40 miliardi di euro;
la gravità del problema appare altresì evidente, se si pensa che, a partire dall'inizio del secolo scorso, gli eventi di dissesto idrogeologico gravi in Italia sono stati oltre 4.000 e hanno provocato ingenti danni a persone, case e infrastrutture, ma, soprattutto hanno provocato circa 12.600 morti, mentre il numero dei dispersi, dei feriti e degli sfollati supera i 700 mila;
gli effetti conseguenti ai cambiamenti climatici in atto sono ormai tali che gli eventi estremi in Italia hanno subito un aumento esponenziale, passando da uno circa ogni 15 anni, prima degli anni ’90, a 4-5 l'anno,

impegna il Governo:

a considerare la manutenzione del territorio e la difesa idrogeologica una priorità per il Paese, in quanto finalizzata a garantire la sicurezza del cittadini;
a prevedere nel disegno di legge di stabilità per il 2014 stanziamenti pluriennali certi, pari ad almeno 500 milioni annui, per la realizzazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i soggetti istituzionali territorialmente preposti, di un piano organico con obiettivi a breve e medio termine per la difesa del suolo nel nostro Paese, quale vera e propria «grande opera» infrastrutturale, in grado non solo di mettere in sicurezza il fragile territorio italiano, ma anche di attivare migliaia di cantieri distribuiti sul territorio, con ricadute importanti dal punto di vista economico e occupazionale;
ad assumere iniziative affinché l'utilizzo delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato, da parte di regioni ed enti locali, per interventi di prevenzione e manutenzione del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico, venga escluso dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, che finisce per rappresentare un fortissimo freno per l'avvio di interventi concreti da realizzare sui territori;
a garantire la possibilità per il sistema della protezione civile di operare in modo tempestivo ed efficace nel campo del contrasto ai danni provocati dal dissesto idrogeologico, ivi compresa la garanzia del buon funzionamento del sistema di allerta nazionale costituito nell'ambito del sistema nazionale di protezione civile.
(7-00111) «Realacci, Matarrese, Zan, Gadda, Tino Iannuzzi, Mazzoli, Rosato, De Menech, Pastorelli».

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

FIUME PIAVE

EUROVOC :

gestione delle acque

riduzione delle emissioni gassose

politica sanitaria

protezione civile