ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00383

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 905 del 17/01/2018
Abbinamenti
Atto 6/00382 abbinato in data 17/01/2018
Atto 6/00384 abbinato in data 17/01/2018
Atto 6/00385 abbinato in data 17/01/2018
Atto 6/00386 abbinato in data 17/01/2018
Firmatari
Primo firmatario: PALAZZOTTO ERASMO
Gruppo: SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI
Data firma: 17/01/2018
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SCOTTO ARTURO ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA-LIBERI E UGUALI 17/01/2018
MARCON GIULIO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
LAFORGIA FRANCESCO ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA-LIBERI E UGUALI 17/01/2018
FASSINA STEFANO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
DURANTI DONATELLA ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA-LIBERI E UGUALI 17/01/2018
MAESTRI ANDREA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
CIMBRO ELEONORA ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA-LIBERI E UGUALI 17/01/2018
FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
PIRAS MICHELE ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA-LIBERI E UGUALI 17/01/2018
AIRAUDO GIORGIO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
GALLI CARLO ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA-LIBERI E UGUALI 17/01/2018
BRIGNONE BEATRICE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
CIVATI GIUSEPPE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
COSTANTINO CELESTE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
FARINA DANIELE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
GREGORI MONICA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
PASTORINO LUCA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
PELLEGRINO SERENA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018
PLACIDO ANTONIO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI 17/01/2018


Stato iter:
17/01/2018
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 17/01/2018
Resoconto AMENDOLA VINCENZO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 17/01/2018
Resoconto LOCATELLI PIA ELDA MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI) - INDIPENDENTI
Resoconto ARTINI MASSIMO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-TUTTI INSIEME PER L'ITALIA
Resoconto MONCHIERO GIOVANNI MISTO-CIVICI E INNOVATORI-ENERGIE PER L'ITALIA
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO MISTO-UDC-IDEA
Resoconto SANTERINI MILENA DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE - LIBERI E UGUALI
Resoconto ALLI PAOLO ALTERNATIVA POPOLARE-CENTRISTI PER L'EUROPA-NCD-NOI CON L'ITALIA
Resoconto PINI GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto SCOTTO ARTURO ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA-LIBERI E UGUALI
Resoconto VITO ELIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto MOSCATT ANTONINO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BIANCONI MAURIZIO MISTO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 17/01/2018

NON ACCOLTO IL 17/01/2018

PARERE GOVERNO IL 17/01/2018

DISCUSSIONE IL 17/01/2018

IN PARTE ASSORBITO IL 17/01/2018

IN PARTE PRECLUSO IL 17/01/2018

RESPINTO IL 17/01/2018

CONCLUSO IL 17/01/2018

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00383
presentato da
PALAZZOTTO Erasmo
testo di
Mercoledì 17 gennaio 2018, seduta n. 905

   La Camera,
   discussa la Relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) all'Assemblea sulla Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali da avviare nel 2018, adottata il 28 dicembre 2017 (Doc. CCL, n. 3) e sulla prosecuzione delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, deliberata il 28 dicembre 2017 (Doc. CCL-bis, n. 1);
   richiamate le comunicazioni del Governo sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, di cui alle citate Deliberazioni, svolte il 15 gennaio 2018 davanti alle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
   premesso che:
    con l'entrata in vigore della legge 21 luglio 2016, n. 145, recante disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, l'Italia si è dotata di uno strumento normativo che ha innovato il procedimento di deliberazione delle missioni internazionali, pur restando nelle funzioni del Parlamento il fondamentale potere di «autorizzare» nuove missioni internazionali o la loro proroga (articolo 2, comma 2);
    la legge ha trasferito al Governo, nella fase di programmazione e istruttoria, la scelta delle missioni internazionali da avviare o da prorogare, ma la fase decisionale è rimasta nella disponibilità esclusiva delle Camere che possono negare l'autorizzazione o definire gli impegni in senso difforme da quanto programmato dal Governo (articolo 2, comma 2);
    allo stesso modo, il nuovo strumento legislativo ha previsto che il Ministero dell'economia e delle finanze possa disporre l'anticipazione alle Amministrazioni interessate di una somma non superiore al 75 per cento delle somme necessarie «per assicurare l'avvio delle missioni», entro dieci giorni dalla data di presentazione alle Camere delle deliberazioni e delle relazioni annuali (articolo 2, comma 4-bis). Tale previsione, tuttavia, è da interpretarsi come misura che consente di svolgere previamente l'attività burocratica e amministrativa degli apparati dello Stato in funzione di una velocizzazione delle procedure connesse all'impegno all'estero dell'Italia, fermo restando che l'effettivo impegno di spesa da parte delle Amministrazioni interessate e l'avvio delle relative missioni può essere disposto solo e esclusivamente dopo l'autorizzazione delle missioni da parte del Parlamento, nel rispetto dell'articolo 2, comma 2;
   con riferimento alla circostanza che le Camere siano sciolte:
    il ruolo decisorio che la normativa vigente attribuisce alle Camere in materia di missioni internazionali si configura come di indirizzo politico pieno e non meramente di indirizzo o consultivo;
    il 28 dicembre 2017 il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto di scioglimento delle Camere, che dunque operano attualmente in regime di prorogatio. Pur in assenza di indicazioni costituzionali esaustive circa i poteri attribuibili al Parlamento in tale frangente, appare chiaro come essi siano di natura circoscritta, essendo la funzione di indirizzo politico rimandata al corpo elettorale proprio in virtù dello scioglimento delle Camere;
    il corpo elettorale, attraverso le elezioni politiche, sceglierà i programmi proposti dalle forze politiche e, pertanto, il Governo e il Parlamento non possono più svolgere una funzione di piena iniziativa politica;
    a riprova di quanto sostenuto vi è la chiara indicazione di cui all'articolo 77 della Costituzione, che specifica un obbligo di convocazione per il Parlamento, in casi straordinari di necessità e urgenza, qualora il Governo adotti «provvedimenti provvisori con forza di legge», i decreti-legge. Una specificazione che sarebbe stata pleonastica qualora la Costituzione avesse inteso attribuire alle Camere in regime di prorogatio una plenitudo potestatis, ossia una pienezza di poteri;
    la Corte costituzionale, nella sentenza 26 febbraio 2010, n. 68, esprimendosi circa i poteri in regime di prorogatio dei Consigli e delle Giunte regionali, ha chiarito come essa «non può che essere interpretata come facoltizzante il solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili, e non già certo come espressiva di una generica proroga di tutti i poteri regionali» dato che «l'esistenza di questi limiti è, infatti, immantinente all'istituto della stessa prorogatio a livello nazionale»;
    nella seduta del 9 gennaio 2018 il Presidente del Senato, tra l'altro, ha chiarito come, secondo la prassi parlamentare, per effetto del decreto di scioglimento delle Camere l'attività legislativa dell'Assemblea e delle Commissioni sia limitata all'esame di atti dovuti, quali i disegni di legge di conversione di decreti-legge e gli atti urgenti connessi ad adempimenti internazionali e comunitari;
    né nel caso delle proroghe proposte, né in quello delle nuove missioni deliberate si rintracciano ragioni di urgenza, che il Governo ha del tutto omesso, così come manca alle deliberazioni la natura di atto dovuto. Fossero ricorse ragioni di urgenza, il Governo avrebbe peraltro potuto ricorrere alla decretazione d'urgenza, regolata dalla Costituzione;
    pur fissando la legge n. 146 del 2016 un termine annuale per la presentazione da parte del Governo di una relazione analitica sulle missioni in corso «anche ai fini della loro prosecuzione per l'anno successivo, ivi inclusa la proroga della loro durata», manca una previsione specifica che disciplini il caso delle deliberazioni assunte dopo lo scioglimento delle Camere. In particolare, la scadenza di molte missioni al 31 dicembre 2017 era fissata fin dall'avvio delle stesse, ragione per la quale il Governo avrebbe potuto e dovuto deliberare in merito ben prima del 28 dicembre, data di scioglimento delle Camere;
   con riferimento alle nuove missioni internazionali deliberate:
    le nuove missioni e la gran parte di quelle prorogate è previsto che scadano il 30 settembre 2018 in quanto le risorse disponibili sull'apposito Fondo non sono sufficienti per la copertura finanziaria annuale delle stesse;
    come evidenziato dalla Relazione del Ministero dell'economia e delle finanze, le spese per le missioni proposte su base annua, pari a 1504 milioni di euro, risultano in aumento rispetto ai 1427 milioni di euro del 2017. In particolare, tale incremento è dovuto alle nuove missioni in Niger, in Tunisia e in Albania, che richiederanno un ammontare su base annua di circa 125 milioni di euro. Conseguentemente, fino a fine 2018 dovranno essere reperiti ulteriori 491 milioni di euro per integrare le risorse del Fondo Missioni, ma il Governo non spiega dove e come queste risorse saranno reperite, lasciando una grave eredità al nuovo Parlamento che dovrà stanziarli con un apposito provvedimento legislativo;
    le spese per missioni che nel 2017 erano già aumentate del 17 per cento rispetto al 2016, cresceranno di un ulteriore 4 per cento nel 2018. Di tutte le risorse per missioni, gli stanziamenti destinati alle iniziative di cooperazione allo sviluppo e al sostegno ai processi di pace e stabilizzazione ammontano solo a poco più del 10 per cento. Il restante 90 per cento è speso per interventi di tipo militare;
    le nuove missioni mostrano lo spostamento dell'interesse geo-strategico dell'Italia dal medio-oriente all'Africa, ma non sembrano mirare alla sicurezza né alla tutela delle persone che migrano, lasciando trasparire una prospettiva neocoloniale ispirata da interessi economici, che avrà delle conseguenze e ricadute che non possiamo immaginare;
    le nuove missioni consolidano, come già accaduto sul fronte libico, un pericoloso legame tra l'intervento militare e l'azione di contrasto delle migrazioni nella loro dimensione esterna. Sembra emergere un pericoloso trasferimento del finanziamento dei progetti di esternalizzazioni dal Ministero degli interni a quello degli Affari esteri e Cooperazione internazionale fino al recente coinvolgimento di quello della Difesa in chiara chiave repressiva e di controllo degli arrivi già dai paesi di transito. Il Ministro Alfano in Commissione, smentendo precedenti dichiarazioni del Governo, ha detto chiaramente che il Fondo per l'Africa è destinato a interventi securitari e non ad interventi di cooperazione in senso stretto;
    con riferimento alla Missione in Libia (scheda 1-2018) il Governo si è detto non in grado di fornire informazioni rispetto ai nuovi compiti, che verranno definiti nel futuro. Da quanto emerge (scheda 1-2018), anche le attività in Libia si focalizzano nel «rafforzamento delle attività di controllo e contrasto dell'immigrazione illegale» nell'obbiettivo di potenziare la Guardia Costiera Libica affinché proceda ad operazione di intercettazione che riportino i migranti in quello che è stato definito un «inferno» da molti osservatori istituzionali e internazionali. Finanziare e supportare il sistema d'intercettazione e di controllo della Guardia Costiera Libica rende il nostro Governo compartecipe e corresponsabile delle sistematiche violazioni dei diritti, delle violenze e delle torture subite dai migranti nei centri di detenzione in cui vengono portati una volta a terra. Risulta altrettanto pericolosa la formazione di personale della Guardia Costiera Libica che, come emerso nel rapporto del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, vede un alto rischio di infiltrazione e di legami con milizie che gestiscono le partenze. Ancora più grave che l'Italia contribuisca a rafforzare il contrasto alla cosiddetta immigrazione illegale in un paese in cui la gran parte dei migranti in transito proviene da paesi retti da regimi autocratici o dittatoriali ed è costretta a soggiornare per mesi e a volte anni in un paese, la Libia, che non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati. Il Governo Italiano è passato dal finanziare, con il suo budget destinato alle Forze militari, operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, come era Mare Nostrum, ad attività di contrasto e di indiretto respingimento verso la Libia, come emerge dalla nuova missione proposta;
    del resto si ha prova dell'inefficacia anche della Missione UE in corso denominata EUBAM LIBYA (missione UE – scheda 35) – che di fatto ha sede a Tunisi –, il cui primo obbiettivo è quello del pattugliamento delle frontiere terrestri libiche;
    in un'ottica di stabilizzazione della Libia, l'intervento italiano rischia seriamente di compromettere il già difficile percorso verso il consolidamento delle istituzioni libiche. La scelta italiana di sostenere direttamente il Governo di Al-Sarraj, in un momento particolarmente complesso nelle relazioni tra le parti, pone molti problemi, a partire dalla sicurezza dei nostri militari e contribuendo ad accrescere il livello di caos esistente in Libia. Così testimoniano i recenti fatti accaduti, compreso l'attacco che ha determinato decine di morti il 15 gennaio 2018, portato dalle milizie vicine all'ex premier libico Khalifa Ghwell contro le milizie del premier Al-Sarraj, avvenuti a pochi chilometri di distanza dai nostri militari d'istanza nel porto di Tripoli;
    la Missione in Niger (scheda 2-2018) risulta militarmente e politicamente pericolosa. Il contributo militare dell'Italia si inserisce in modo subordinato in un più ampio intervento che vede il coordinamento della Francia a sostegno delle forze del G5 Sahel con finalità che vedono mischiarsi pericolosamente gli obbiettivi di lotta al terrorismo, di traffico di essere umani e di stabilizzazione della regione. Sembra che alle nostre forze spetterà l'improbabile controllo della frontiera nord del paese: con base a Madama, dove qualche centinaio di paracadutisti italiani dovrebbe controllare centinaia di chilometri di frontiera desertica attraversata da traffici di ogni tipo. Se concretamente sarà impossibile operare un reale controllo del territorio, la presenza del contingente italiano potrebbe risultare uno strumento di deterrenza al loro transito dall'oasi di Madama. Non si ridurrebbe quindi il numero dei migranti che entreranno in Libia, ma, obbligandoli ad uscire dai sentieri battuti, si aumenterà il rischio di incidente e di morti. La presenza militare italiana contribuirà a trasformare il deserto del Teneré nell'ennesimo cimitero a cielo aperto alle nostre frontiere;
    i progetti di controllo della frontiera nel deserto del Teneré, finanziati con i fondi allo sviluppo confluiti nel Fondo Fiduciario Africano, hanno già dimostrato il loro impatto nefasto. Come conseguenza dell'attuazione di questi progetti, i migranti si sono visti obbligati ad affidarsi a reti più organizzate e quindi più spietate di traffico che, per raggiungere la Libia sfuggendo dai posti di controllo, hanno obbligato i migranti a seguire rotte che si spostano verso Algeria e Mali, in zone ancora più instabili;
    l'operazione nel Sahel è il risultato di interessi ed egemonie nell'area, dove la presenza italiana sembra rispondere ad interessi economici – guardando alle miniere di uranio e oro di cui è costellata la regione – e geostrategici – in un tentativo di concorrenza ai francesi che si gioca da Tripoli a Niamey e si gioca sulla pelle di centinaia di uomini, donne e bambini;
    la priorità del Governo appare essere quella di esternalizzare il controllo delle frontiere, dimenticandosi dei principi di accoglienza ed integrazione ed obliterando uno dei principi cardine della nostra Costituzione, l'articolo 10 comma 3, secondo il quale «Lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». In più, il Ministro Alfano il 5 gennaio scorso da Niamey ha annunciato che oltre ai 30 milioni stanziati per la missione, destinerà al Niger il 40 per cento dei fondi stanziati per l'Africa: tutti fondi che sarebbero dovuti andare a combattere le cause profonde delle migrazioni, ma che vengono utilizzati ancora una volta in attività di contrasto all'immigrazione, politiche securitarie e per finanziare corpi militari;
    la formulazione utilizzata nella autorizzazione della missione definisce un contenuto molto vago e lascia spazio non solo alla formazione delle truppe, ma anche ad una serie di attività di supporto finalizzate al controllo del territorio, delle frontiere e al contrasto dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza. Così, la presenza di truppe italiane sul terreno aumenterà esponenzialmente i bersagli a disposizione dei jihadisti per effettuare imboscate, attentati o seminare ordigni improvvisati lungo le piste desertiche battute dalle pattuglie (il 5 ottobre scorso sono morti in un attentato 4 soldati statunitensi e un numero imprecisato di nigerini);
    la Missione in Tunisia (scheda 3-2018), con l'impiego di 60 militari e un costo previsto di 5 milioni, si afferma che nasce in ambito Nato, ma stando a quanto riferito dal Ministro Alfano, è stata deliberata senza che vi sia ancora alcun accordo tra la NATO e la Tunisia. Un incontro per tale motivo ci sarà solo la prossima settimana, ma il Parlamento viene chiamato a deliberare prima che lo faccia la NATO, in un contesto che si fa di giorno in giorno più incandescente;
    nel terzo quadrimestre del 2017 – secondo l'ultimo rapporto dell'Unhcr – è fortemente aumentato il numero di persone che sono arrivate in Italia partendo dalla Tunisia. La presenza Italiana con lo scopo di supportare militari, polizia e Guardia nazionale rischia di creare una nuova esternalizzazione del controllo delle frontiere;
   con riferimento alle missioni internazionali prorogate:
    in Afghanistan le Forze armate italiane sono oramai presenti nel Paese da più di 15 anni e rappresentano il secondo contingente dopo gli Stati Uniti d'America. Qui la missione Resolute support che avrebbe dovuto avere l'obiettivo di svolgere attività di consulenza e assistenza a favore delle Forze di difesa e sicurezza afghane e delle istituzioni governative è tornata ad essere, dopo tre anni dalla fine della missione combat ISAF-NATO, ad essere in prima linea al fronte e l'avanzata dei talebani ha costretto le truppe straniere a tornare ad assistere le truppe afghane che combattono al fronte insieme alle truppe statunitensi;
    l'Afghanistan è classificato al penultimo posto nel Global Peace Index 2017: in condizioni peggiori a livello mondiale c’è soltanto la Siria, avendo «scavalcato» rispetto all'anno scorso Sud Sudan e Iraq; l'Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che il Paese è secondo solo all'Iraq (su 163 Paesi monitorati), sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del paese (Global Terrorism Index 2017);
    l'ultima strage compiuta dagli estremisti è avvenuta il 4 gennaio 2018 a Kabul, ed ha provocato oltre 20 morti e almeno 30 feriti. Le vittime continuano ad essere soprattutto civili e da mesi a Kabul, che dovrebbe essere la città più sicura, si susseguono copiosamente attentati drammatici, tanto che diversi stati, Gran Bretagna in testa, vogliono spostare la propria ambasciata dalla capitale a un'area più sicura;
    dopo la disfatta in Siria e Iraq, molti analisti ritengono che i militanti dell'Isis si siano spostati in altri Paesi, Afghanistan in testa. Il 28 dicembre scorso l'Isis rivendicò l'attacco a un centro culturale sciita nel centro di Kabul con 41 morti e 84 feriti e secondo il Site intelligence group, che monitora l'attività jihadista, da ottobre alla fine del 2017 lo Stato islamico ha organizzato almeno otto attentati nella capitale afghana, mentre si intensificano gli scontri nell'Est del Paese, la stessa area dove il 1o gennaio è morto il primo soldato americano del 2018, un sergente dei Berretti verdi, proprio combattendo contro elementi dell'Isis;
    lo scorso agosto, il Presidente degli Stati Uniti d'America, ha annunciato che avrebbe mandato altri 4000 mila soldati a combattere in Afghanistan, mentre pochi giorni fa ha autorizzato l'invio di ulteriori 1000 soldati e ha contemporaneamente annunciato l'invio di droni armati, elicotteri d'assalto, velivoli e nuovi e sofisticati pezzi d'artiglieria pesante;
    al di là della situazione drammatica in cui continua ad essere l'Afghanistan (come documentato in un rapporto dell'EASO nel 2015, dopo più di un decennio di guerra si sono registrate la cifra record di 11 mila civili vittime di violenza), sembra cambiata radicalmente la strategia statunitense, dove il progressivo disimpegno in favore del supporto alla ricostruzione della nazione è stato sostituito con un nuovo interventismo militare nello Stato, in disprezzo anche del fragile Governo di Ashraf Ghani, che seppur non inviso alla maggioranza degli afghani, continua ad essere facile preda per la propaganda dei nazionalisti e dei talebani, poiché privo di legittimità, dipendente dai militari e da soldi stranieri;
    soltanto per questa ultima ragione non può che non sostenersi il ritiro delle truppe straniere dall'Afghanistan, l'annuncio del Governo di dimezzare il contingente non sarà un disimpiego, ma un ritorno alla «normalità». Tre anni fa, all'avvio, la missione era di 500 uomini, ma fu il Governo italiano a decidere nel 2015 di aumentare il contingente su richiesta dell'allora presidente statunitense Barack Obama;
    il Governo propone per il 2018 il proseguimento della missione di assistenza alla Guardia costiera libica che ha quindi la responsabilità dei salvataggi e di riportare i migranti sulla costa libica. Come ben documentato in questi mesi, i libici mettono in atto i loro salvataggi attraverso pestaggi e maltrattamenti per riportare poi i migranti a riva destinandoli a uno stato di prigionia nei centri di permanenza, spazi affollati dove abusi e violenze sono all'ordine del giorno. In alcune occasioni i libici avrebbero addirittura ostacolato le operazioni di soccorso in mare e in alcuni casi, come accertato da testimonianze e video, sarebbero direttamente responsabili della tragica sorte di numerosi migranti, dispersi in mare;
    le decisioni della NATO, prese al vertice tenuto a Varsavia nell'estate del 2016, ha comportato l'adozione di una serie di misure politiche e militari preventive nei confronti della Russia, le più importanti dalla fine della Guerra Fredda. Come previsto dalla Deliberazione l'Italia ha poi dislocato mezzi e uomini in diversi dispositivi di protezione e sorveglianza dell'Alleanza;
    con la presenza della NATO in Lettonia, Estonia, Lituania e Polonia con mezzi e uomini pronti a rispondere a minacce esterne lungo il confine orientale dell'Alleanza, addirittura si è superato l'accordo stipulato con la Russia nel 1997, in cui si stabiliva che l'alleanza atlantica non può mantenere le proprie truppe da combattimento in modo permanente nei Paesi a est della Germania, a meno che le condizioni di sicurezza degli Stati alleati non siano in pericolo;
    evidentemente, i rappresentanti dei Paesi dell'Alleanza atlantica considerano cambiate queste condizioni, e nei fatti programmano delle azioni militari lungo quello che viene chiamato «fronte orientale» e a cui il nostro Paese risponde con una rinnovata presenza in Lettonia di 160 unità e 50 mezzi terrestri;
    l'Italia oggi continua ad essere presente in Turchia con la missione «Active fence» che prevede 130 soldati dislocati lungo il confine turco-siriano, con batterie antimissile;
    una presenza nazionale nella stessa Turchia, che da alleato e membro della Nato, ha favorito negli scorsi anni il passaggio di migliaia di foreign fighter europei, mentre al tempo stesso conduceva una «guerra sporca» contro le organizzazioni curde in Siria e in Iraq, che sono tra le poche forze che hanno causato una serie di sconfitte a Daesh e dove proprio in questi giorni attacca con il suo esercito il cantone curdo di Afrin nella Federazione della Siria del Nord, dove si è dato vita ad un'esperienza di convivenza pacifica tra curdi, arabi, assiri, caldei, aramaici, turcomanni, armeni e ceceni e altre minoranze;
    con riferimento alle proroghe relative agli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, va sottolineato che occorrono maggiori risorse e va modificata la qualità della spesa. Le risorse per la cooperazione devono essere utilizzate unicamente per colpire le cause profonde delle migrazioni (lotta ai governi corrotti, alle carestie, allo sfruttamento delle risorse da parte dei paesi occidentali che poco o nulla lasciano alle popolazioni dei territori etc.);
    alla luce di tutte le considerazioni che precedono, in via preliminare, considerato che il Parlamento è in regime di prorogatio, la Camera dovrebbe prendere atto delle deliberazioni del Governo sulle Missioni internazionali, senza procedere ad autorizzarle, spostando il procedimento autorizzatorio a data successiva al 23 marzo, quando si insedieranno le nuove Camere elette il 4 marzo;
   considerata tuttavia l'ipotesi che l'Aula, con grave innovazione costituzionale, decida di procedere con l'autorizzazione, i presentatori ritengono che occorra un cambiamento radicale, che si sostanzi a partire dalla discontinuità alla partecipazione alle missioni internazionali:
   autorizza le seguenti missioni e attività di cui alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 dicembre 2017:
    Joint Enterprise (missione NATO – scheda 1);
    EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2);
    EULEX Kosovo (personale Polizia di Stato) (missione UE – scheda 3);
    EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE-scheda 4);
    United Nations Mission in Kosovo UNMIK (missione ONU – scheda 5);
    EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6);
    Missione bilaterale Forze di polizia in Albania (scheda 7);
    United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP (missione ONU – scheda 8);
    EUNAVFORMED SOPHIA (missione UE-scheda 10);
    United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (missione ONU – scheda 12);
    Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda 13);
    Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale-scheda 14);
    Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15);
    European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (missione UE-scheda 16);
    European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) (missione UE scheda 17);
    European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) (missione UE scheda 18);
    Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19); United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (missione ONU – scheda 20); Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia (scheda 21);
    United Nations Support Mission il Libya UNSMIL (missione ONU – scheda 23);
    Missione UE antipirateria denominata ATALANTA (missione UE – scheda 25);
    Missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26);
    Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27);
    Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28);
    Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti (scheda 29);
    Missione UN denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (missione ONU – scheda 30);
    Missione UE denominata EUTM Mali (missione UE – scheda 31);
    Multinational Force and OBSERVERS in Egitto MFO (scheda 34);
    Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo Centrale (operazione Mare Sicuro) (scheda 36);
    le esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2018 (scheda n. 43);
    il supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda n. 44);
    le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda 45);
    gli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (Scheda 46);
    la partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47);
    l'erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda n. 48);
    gli interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49);
    Partecipazione di personale militare alla missione UN denominata United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara (Minurso) (scheda 4-2018);
    Proroga della partecipazione di personale militare alla missione UE denominata European Union Training Mission Repubblica Centrafricana (scheda 5-2018);
   non autorizza le missioni di cui alle schede:
    Sea Guardian (missione NATO-scheda 9);
    Resolute Support Mission (missione NATO – scheda 11);
    Missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica (scheda 24); Missione UE denominata EUCAP Sahel Mali (missione UE – scheda 32);
    Missione UE denominata EUCAP Sahel Niger (missione UE-scheda 33);
    Missione UE denominata EUBAM LIBYA (missione UE-scheda 35);
    Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence» (scheda 37);
    Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda 38);
    Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda 39); Partecipazione al dispositivo NATO in Lettonia Enhanced Forward Presence (scheda 40);
    Partecipazione di personale militare alla missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (scheda 1-2018);
    Partecipazione di personale militare alla missione bilaterale di assistenza e supporto nella Repubblica del Niger (scheda 2-2018);
    Partecipazione di personale militare alla missione NATO di supporto in Tunisia (scheda 3-2018),

e impegna il Governo:

   con riferimento alla missione EUNAVFORMED operazione SOPHIA (scheda 10), ad attivare, nelle opportune sedi internazionali, ogni iniziativa per scongiurare il passaggio alla terza fase della missione e a mantenere in ogni caso nel mandato della missione le attività di SAR ovvero di ricerca e soccorso in mare;
   con riferimento alla missione Mare Sicuro (scheda 36) a specificare tra gli obiettivi primari della missione il supporto alle attività SAR di ricerca e soccorso nelle acque internazionali.
(6-00383) «Palazzotto, Scotto, Marcon, Laforgia, Fassina, Duranti, Andrea Maestri, Cimbro, Fratoianni, Piras, Airaudo, Galli, Brignone, Civati, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Gregori, Paglia, Pannarale, Pastorino, Pellegrino, Placido».