ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00379

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 899 del 12/12/2017
Abbinamenti
Atto 6/00373 abbinato in data 12/12/2017
Atto 6/00374 abbinato in data 12/12/2017
Atto 6/00375 abbinato in data 12/12/2017
Atto 6/00376 abbinato in data 12/12/2017
Atto 6/00377 abbinato in data 12/12/2017
Atto 6/00378 abbinato in data 12/12/2017
Atto 6/00380 abbinato in data 12/12/2017
Atto 6/00381 abbinato in data 12/12/2017
Firmatari
Primo firmatario: BATTELLI SERGIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 12/12/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 12/12/2017
FRACCARO RICCARDO MOVIMENTO 5 STELLE 12/12/2017
PETRAROLI COSIMO MOVIMENTO 5 STELLE 12/12/2017
VIGNAROLI STEFANO MOVIMENTO 5 STELLE 12/12/2017
PESCO DANIELE MOVIMENTO 5 STELLE 12/12/2017


Stato iter:
12/12/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 12/12/2017
Resoconto DELLA VEDOVA BENEDETTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 12/12/2017
Resoconto ALFREIDER DANIEL MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO MISTO-UDC-IDEA
Resoconto LOCATELLI PIA ELDA MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI) - INDIPENDENTI
Resoconto LATRONICO COSIMO MISTO-DIREZIONE ITALIA
Resoconto MAZZIOTTI DI CELSO ANDREA MISTO-CIVICI E INNOVATORI-ENERGIE PER L'ITALIA
Resoconto SBERNA MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA
Resoconto PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
Resoconto SCOPELLITI ROSANNA ALTERNATIVA POPOLARE-CENTRISTI PER L'EUROPA-NCD
Resoconto SIMONETTI ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto NICCHI MARISA ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA
Resoconto SAVINO ELVIRA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BATTELLI SERGIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto GARAVINI LAURA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 12/12/2017

NON ACCOLTO IL 12/12/2017

PARERE GOVERNO IL 12/12/2017

DISCUSSIONE IL 12/12/2017

RESPINTO IL 12/12/2017

CONCLUSO IL 12/12/2017

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00379
presentato da
BATTELLI Sergio
testo di
Martedì 12 dicembre 2017, seduta n. 899

   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre, visto l'ordine del giorno della riunione del Consiglio europeo,
   premesso che:
    il 28 settembre 2017 i leader dell'Unione europea hanno tenuto un dibattito informale a Tallinn sulla situazione dell'Europa e sui futuri lavori del Consiglio europeo durante la quale si è chiesto al Presidente Tusk di elaborare un programma di lavoro, o agenda dei leader, che orienterà l'azione futura dell'Unione europea. Questa agenda, insieme ad altri impegni già presi, ricomprende politiche altisonanti del calibro di quella dell'Europa sociale per la crescita, una politica migratoria inclusiva, l'Europa digitale, eccetera. Ma questi grandi proclami rischiano di rimanere tali se l'Unione europea non verrà modificata profondamente. Quello che serve prima di tutto è un cambiamento di rotta sostanziale sul processo decisionale, ovvero sulla governance dell'Unione europea, che consenta un riequilibrio dei poteri tra le istituzioni europee a favore di quelle rappresentative dei cittadini anche in chiave democratizzante;
    l'Unione europea necessita di un cambio di paradigma verso un modello sociale alternativo basato sulla solidarietà, l'integrazione, la giustizia sociale, l'equa distribuzione e pertanto la ridistribuzione della ricchezza, efficaci politiche di genere, sistemi di istruzione pubblica di elevata qualità, un'occupazione di qualità e una crescita sostenibile: un modello che assicuri l'uguaglianza e la protezione sociale, che consenta l'emancipazione dei gruppi vulnerabili, accresca la partecipazione e migliori gli standard di vita di tutti i cittadini. Indicatori sociali vincolanti nonché il rafforzamento dei sindacati e del dialogo sodale sono essenziali in tale contesto;
    se guardiamo all'attuale condizione del nostro sistema di istruzione negli ultimi 5 anni non può non considerarsi l'evidente fallimento delle scelte politiche assunte, con una scarsissima percentuale di risorse destinate a tali finalità dai Governi che hanno guidato il nostro Paese nel corso della legislatura che oggi volge al termine;
    a soli due anni di distanza, infatti, è già possibile affermare, ad esempio, come la legge così elogiata dal Governo Renzi, la così detta Buona Scuola, non abbia prodotto alcun effetto positivo nel nostro sistema di istruzione, determinando, piuttosto, ulteriori divisioni all'interno del mondo scolastico e un nuovo modello verticistico che, accentrando nelle mani del dirigente scolastico eccessivi poteri amministrativi, ha suscitato grande preoccupazione da parte delle componenti del mondo della scuola;
    occorre, inoltre, registrare il fallimento dei fondamentali impegni che il nostro Paese ha assunto con la sottoscrizione del programma Horizon 2020;
    così come recentemente evidenziato dalla stessa Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza elaborato per l'anno 2017, l'Italia continuerà ad occupare gli ultimi posti in relazione ai finanziamenti da destinare al comparto istruzione in relazione al PIL, ancora molto lontana dagli standard europei che dovrebbero assicurare un adeguato sviluppo culturale del nostro Paese, con una spesa ancora al disotto della soglia del 4 per cento;
    analoghe sono le valutazioni in relazione al nostro sistema universitario, laddove l'Italia ha continuato a disattendere gli impegni previsti dal citato programma, con l'obiettivo della strategia Europa 2020 pari ad una percentuale del 40 per cento di laureati nella fascia di età entro i 34 anni. Il nostra Paese, infatti, ha raggiunto la misera percentuale del 26,2 per cento di laureati italiani, ed è oggi così relegato nella penultima posizione della classifica di riferimento;
    con l'eccezione di Gran Bretagna, Danimarca e Malta, 25 Stati membri dell'Unione europea hanno notificato l'intenzione di aderire alla Pesco (Cooperazione Strutturata Permanente) attivando le modalità di integrazione differenziata, prevista dal trattato di Lisbona. I vertici dell'Unione europea cercano in questo modo di dare una risposta politica sia alla domanda di maggiore sicurezza da parte dei cittadini europei, sia alle tendenze centrifughe che hanno avuto massima espressione da un lato con i referendum sulla Brexit e sulla Catalogna e d'all'altro nella totale mancanza di solidarietà in merito alla gestione dei flussi migratori provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo;
    da un lato la Francia vuole criteri più impegnativi, un «biglietto di ingresso» più oneroso per assicurare che la Pesco sia un'iniziativa realmente ambiziosa, in grado di assicurare un'autonomia strategica nell'uso della forza armata, nello sviluppo e nella produzione degli equipaggiamenti militari necessari. D'altro lato la Germania insiste invece sull'integrazione del complesso militare industriale e per un carattere inclusivo della Pesco, cercando di non tagliar fuori o marginalizzare i Paesi dell'Europa centro-orientale dal processo di integrazione nella difesa;
    il punto di equilibrio si è per il momento attestato tra queste due visioni, probabilmente più sbilanciato su Berlino che su Parigi;
    proprio il suo carattere istituzionale differenzia la Pesco da precedenti prese di posizione politiche a favore dell'Europa della difesa, in questo caso si attuano disposizioni del trattato di Lisbona che prevedono impegni vincolanti, meccanismi di verifica degli impegni presi e la possibilità di escludere dal club Pesco gli Stati che non rispettino i requisiti fissati;
    la Pesco ha l'ambizioso obiettivo di integrarsi con le istituzioni esistenti, in un quadro politico-militare più unitario e duraturo. L'Alto Rappresentante e Vice-presidente sarà coinvolto, anche con la responsabilità della valutazione annuale sull'andamento della Pesco. La European Defence Agency (Eda), il Servizio europeo di azione esterna (Seae), lo EU Military Committee – quest'ultimo presieduto dal 2018 dall'attuale capo di Stato Maggiore della difesa italiana Claudio Graziano – faranno da Segretariato alla Pesco, mentre il Comitato Politico e di Sicurezza ed il Consiglio europeo si riuniranno anche in «formato Pesco». Non definito o assente per il momento, è il livello di controllo ed indirizzo che dovranno esercitare i veri depositari della sovranità popolare; il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali;
    la Pesco dovrebbe inserirsi nel quadro Istituzionale UE, sancendo il suo legame con le altre due iniziative in corso. Da un lato la Coordinated annual Review of Defence (Card), ovvero il meccanismo di coordinamento tra i ministri della Difesa UE per la pianificazione delle capacità militari nazionali, previsto dalla EU Global Strategy e che verrà attuato nel 2018 con il sostegno dell'Eda. Dall'altro lo European Defence Fund (Edf) lanciato dalla Commissione europea alla fine del 2016 per finanziare la ricerca in ambito militare all'interno dell'Unione europea, e per co-finanziare i progetti cooperativi di sviluppo e acquisizione di equipaggiamenti che vedono la partecipazione di almeno due Stati membri. Il combinato disposto dei fondi UE, del coordinamento ministeriale in ambito Eda e della spinta istituzionale e politica Pesco, rappresenterebbe il nuovo percorso verso la difesa europea;
    si delinea una prospettiva di difesa complessa, che vede delle linee programmatiche che sottolineano favorevolmente un'intensa cooperazione NATO-UE, subordinando di fatto la creazione dell'UED (Unione europea di Difesa) al rispetto del contesto NATO;
    la Commissione europea, con la pubblicazione nel maggio e nel dicembre 2015 di due comunicazioni, ha adottato l'Agenda europea sulla migrazione, evidenziando l'esigenza di una migliore gestione della migrazione e sottolineando al contempo come la questione migratoria debba essere oggetto di una responsabilità condivisa. Questa si propone di combattere il fenomeno dell'immigrazione irregolare, di garantire la sicurezza delle frontiere esterne, di definire una forte politica in materia di asilo;
    il 25 giugno 2015 il Consiglio europeo ha stabilito che tutti gli Stati membri debbano partecipare al reinsediamento di 20.000 soggetti richiedenti protezione internazionale. La decisione (UE) 2015/1601 ha poi introdotto un meccanismo per alleggerire la pressione delle domande di protezione internazionale sul predetti Stati membri, prevedendo il ricollocamento di 120,000 richiedenti protezione internazionale da distribuire negli altri Paesi membri. Come risulta dallo stesso Rapporto della Commissione europea sui ricollocamenti, l'entità effettiva dei ricollocamenti è del tutto irrisoria;
    la recente crisi migratoria ha dimostrato l'inidoneità del cosiddetto regolamento Dublino III a gestire efficacemente i flussi migratori. In particolare, l'attuale sistema ha messo in luce non poche problematiche per una operazione sostenibile e una responsabilizzazione equiripartita tra gli Stati membri. A tal fine, la Commissione, dando seguito all'Agenda europea sulla migrazione del 13 aprile 2015 e alle più recenti richieste del Consiglio europeo (conclusioni del 18/19 febbraio 2016) e del Parlamento europeo (risoluzione del 12 aprile 2016, 2015/2095 (INI)), nel maggio 2016 ha presentato un programma globale di riforma del Sistema europeo comune d'asilo (CEAS) (Comunicazione riformare il Sistema europeo comune d'asilo e potenziare le vie d'accesso legali all'Europa, COM(2016)197 final);
    la riforma del regolamento di Dublino presentata dalla Commissione (COM (2016)270 final) si pone tre obiettivi principali: semplificare l'individuazione dello Stato responsabile dell'esame di una richiesta di asilo, limitando al massimo incertezze su questo aspetto, stabilire un meccanismo correttivo di redistribuzione dei richiedenti asilo che scatti ove si superi la soglia del 150 per cento stabilita come capacità di accoglienza in base a quote calcolate sulla base della popolazione e del PIL degli Stati membri, infine un meccanismo sanzionatorio dei movimenti secondari dei richiedenti asilo che provano a raggiungere un paese diverso da quello in cui sono tenuti a presentare. La proposta è attualmente in discussione al Parlamento europeo e in Consiglio, che stanno apportando modifiche sostanziali;
    il 13 luglio 2016, la Commissione europea ha presentato il secondo pacchetto di misure di riforma. Si tratta di due proposte di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio destinate l'una ad abrogare la direttiva procedure (COM(2016)467 final), l'altra a modificare la direttiva qualifiche (COM(2016) 466 final) e di una proposta di rifusione della direttiva accoglienza (COM(2016)465 final);
    l'Unione europea sta vivendo una grave e profonda crisi che riguarda in primo luogo l'essenza stessa dell'Unione, gli obiettivi a cui tendere e pertanto la definizione delle principali politiche. Questa crisi si esprime in un diffuso disagio e malcontento dei cittadini nel confronti dell'Unione europea che ha portato a livelli di gradimento bassissimi, sino ad arrivare alla scelta di uno dei suoi Stati membri di abbandonare l'Unione, sancito dalla vittoria del leave al referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea del 23 giugno 2016;
    la cosiddetta Brexit deve essere letta come il fallimento delle recenti politiche promosse dall'Unione europea in termini di vincoli economici stringenti, nonché della mancanza di effettive politiche di inclusione sociale e di welfare e di chiare procedure di gestione dell'importante fenomeno migratorio. Appare evidente che l'Unione europea ha perso la sua attrattiva non riuscendo a definire la sua identità;
    il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato formalmente al Consiglio europeo l'intenzione di uscire dall'Unione europea, attivando pertanto formalmente la clausola di recesso dall'Unione europea prevista nell'articolo 50 TUE, il trattato prevede che da tale data vi siano due anni per concludere con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso;
    il Parlamento europeo ha approvato il 5 aprile 2017 una Risoluzione in cui si sottolinea che l'accordo deve avere ad oggetto lo status giuridico dei cittadini dell'UE-27 che risiedono o hanno risieduto nel Regno Unito e dei cittadini del Regno Unito che risiedono o hanno risieduto in altri Stati membri, nonché altre disposizioni concernenti i loro diritti; il regolamento degli obblighi finanziari tra il Regno Unito e l'Unione europea; le frontiere esterne dell'Unione europea; il chiarimento della situazione per quanto riguarda gli impegni internazionali assunti dal Regno Unito in qualità di Stato membro dell'Unione europea, dal momento che l'Unione europea a 27 Stati membri sarà il successore legale dell'Unione europea a 28 Stati membri; la certezza del diritto per le persone giuridiche, incluse le imprese; la designazione della Corte di giustizia dell'Unione europea quale autorità competente per l'interpretazione e l'applicazione dell'accordo di recesso. Inoltre, sottolinea che qualsiasi futuro accordo tra l'Unione europea e il Regno Unito è subordinato al costante rispetto, da parte di quest'ultimo, delle norme previste dagli obblighi internazionali;
    a conclusione dell'ultimo ciclo negoziale Michel Bamier, capo negoziatore dell'UE, afferma che sono stati compiuti ulteriori progressi sulle tre questioni della prima fase dei negoziati: diritti dei cittadini, Irlanda e obblighi finanziari. Sembrerebbe pertanto possibile passare alla seconda fase del negoziato;
    è necessario valutare di ritornare ad una economia europea solidale, per combattere la disoccupazione, nonché la povertà, e per rilanciare la crescita e gli investimenti. L'attuazione di questi obiettivi richiede però ultimi ingenti investimenti pubblici che mal si conciliano con gli attuali vincoli del « Fiscal Compact»;
    servono urgentemente politiche «anticicliche», per sostenere gli investimenti pubblici oltre i vincoli consentiti, in quanto solo il rilancio dell'economia e la crescita del PIL consentono di conseguire maggiori risorse da destinare alla riduzione futura e progressiva del debito;
    il cosiddetto Fiscal Compact è un trattato Internazionale, cui hanno aderito gli Stati membri dell'Unione europea, ad eccezione della Gran Bretagna e della Repubblica ceca, che prevede, all'articolo 3, l'obbligo di introdurre negli ordinamenti nazionali, preferibilmente in una fonte permanente e a carattere costituzionale, il vincolo di pareggio di bilancio. L'Italia ha dato attuazione al Trattato con la legge costituzionale n. 1 del 2012. Il Fiscal Compact va ad inserirsi nell'ambito del quadro giuridico della governance economica europea e delle novità introdotte in sede europea attraverso l'adozione di atti (es. Six Pact, Two Pact, Patto europlus, MES) volti a rafforzare gli stringenti parametri in materia di contenimento delle politiche di bilancio nazionali. Inoltre l'articolo 16 stabilisce espressamente che, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del Trattato, vengono adottate in conformità del TUE e del TFUE le misure necessarie per incorporarne le disposizioni nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea;
    il 6 dicembre 2017 la Commissione europea ha presentato misure concrete e una tabella di marcia operativa mirante ad approfondire l'Unione economica e monetaria dell'Europa che comprendono l'integrazione del trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'ordinamento giuridico dell'Unione, facendo uso dell'adeguata flessibilità insita nel patto di stabilità e crescita,

impegna il Governo:

   1) a promuovere una profonda modifica delle modalità decisionali e della governance dell'Unione europea che: a) redistribuisca i poteri tra le istituzioni, rafforzando quelle maggiormente rappresentative dei cittadini, primo tra tutti il Parlamento europeo, con un conseguente ridimensionamento del ruolo del Consiglio; b) imponga la procedura legislativa ordinaria come unico metodo per le decisioni riguardanti le politiche più impattanti sui cittadini, evitando di ricorrere al metodo intergovernativo; c) garantisca maggiore capacità decisionale dell'Unione europea nelle politiche sociali (fiscalità, occupazione, livelli retributivi minimi); d) consenta un maggior coordinamento decisionale con la dimensione locale; e) potenzi la democrazia diretta e partecipativa ad esempio attraverso la promozione dello strumento referendario anche consultivo e senza quorum, con voto elettronico; f) garantisca la trasparenza del processo decisionale in tutte le istituzioni, in primis il Consiglio e per i portatori di interessi in ciascuna delle Istituzioni;
   2) ad assumere iniziative per prevedere adeguati finanziamenti che assicurino un rapporto tra spesa in cultura-istruzione e PIL in linea con gli standard europei, e idonei allo sviluppo del Paese, intervenendo affinché le scelte politiche non impediscano la crescita del sistema scolastico italiano, consentano di rilanciare il sistema universitario, riportandolo ai livelli dei principali Paesi europei per numero di laureati ed investimenti nel settore;
   3) a far sì che la nascente Pesco sia una struttura di difesa europea integrata che non abbia una finalità aggressiva, neocoloniale o di ingerenza indebita nei Paesi terzi. La difesa comune europea deve essere uno strumento di peacekeeping al servizio delle Nazioni Unite e di razionalizzazione della spesa militare che elimini gli sprechi e consenta risparmi derivanti dall'economia di scala da destinare alle politiche sociali. Deve essere inoltre previsto e rafforzato il controllo e l'indirizzo politico del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali sulla Pesco, con il loro pieno coinvolgimento nella formazione delle decisioni, sulle aree di crisi in cui impiegare le forze militari, sulle regole di ingaggio e sulle finalità degli interventi;
   4) ad assumere iniziative per rinsaldare la cooperazione europea, al fine di riequilibrare i rapporti di forze della Nato, oggi troppi sbilanciati in favore degli interessi geopolitici degli Stati Uniti, favorendo un'alleanza improntata all'apporto condiviso e eguale da parte degli Stati aderenti;
   5) a svolgere un controllo diretto e mirato del sostegno economico italiano, sia per i finanziamenti bilaterali che tramite accordi con l'Unione europea e con la Nato;
   6) a far sì che si dia immediata attuazione da parte di tutti gli Stati membri – nessuno escluso – delle decisioni del Consiglio che prevedono il ricollocamento dei migranti e che si esca dall'ottica di un piano emergenziale;
   7) a pretendere che la politica migratoria diventi una politica propriamente gestita a livello di Unione europea e non il problema esclusivo di alcuni Stati membri, distribuendo equamente gli oneri economici ed operativi della crisi migratoria;
   8) ad adoperarsi affinché la modifica del Sistema Dublino III (Regolamento n. 604/2013/UE) determini l'eliminazione del principio secondo il quale la richiesta di protezione internazionale vada presentata nel primo Stato di ingresso, definendo, al contrario, un sistema comune tra gli Stati membri in tema di politica di asilo e una strategia che consenta la costituzione di strutture funzionanti di accoglienza e di permanenza dei migranti, nel rispetto dei diritti umani e della dignità umana;
   9) a favorire la stipula di accordi per il rimpatrio dei migranti irregolari da accompagnarsi, negli Stati di transito e di partenza, a promuovere l'istituzione di agenzie europee che vigilino in primo luogo affinché vi sia la completa garanzia dei diritti umani per tutti, degne e giuste condizioni riservate ai migranti in transito e che contrastino l'indegno traffico di vite umane;
   10) ad assumere iniziative per garantire, negli accordi sull'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, adeguata protezione degli interessi e la piena reciprocità dei diritti dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che attualmente vi risiedono, lavorano, studiano o svolgono qualsivoglia altra attività;
   11) ad assumere iniziative per assicurare il totale rispetto degli obblighi e degli impegni di bilancio assunti dal Regno Unito in seno all'Unione europea e la piena partecipazione del primo a quanto compete agli Stati membri fino all'uscita definitiva dall'Unione, garantendo tra l'altro l'annullamento della correzione degli squilibri di bilancio accordata alla Gran Bretagna;
   12) ad adottare congiuntamente misure di politica economica miranti a sostenere una ripartizione equa del benessere a tutti i cittadini e tra tutti gli Stati membri, rendendo prioritaria la destinazione delle risorse disponibili agli investimenti pubblici, al sostegno dei redditi più bassi e al miglioramento collettivo delle condizioni di vita;
   13) ad opporsi fermamente all'integrazione del trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'ordinamento giuridico dell'Unione, anche in forma mitigata.
(6-00379) «Battelli, Baroni, Fraccaro, Petraroli, Vignaroli, Pesco».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

risoluzione

mercato comunitario

Unione europea