ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00365

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 873 del 18/10/2017
Abbinamenti
Atto 6/00359 abbinato in data 18/10/2017
Atto 6/00360 abbinato in data 18/10/2017
Atto 6/00361 abbinato in data 18/10/2017
Atto 6/00362 abbinato in data 18/10/2017
Atto 6/00363 abbinato in data 18/10/2017
Atto 6/00364 abbinato in data 18/10/2017
Atto 6/00366 abbinato in data 18/10/2017
Firmatari
Primo firmatario: BATTELLI SERGIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 18/10/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 18/10/2017
FRACCARO RICCARDO MOVIMENTO 5 STELLE 18/10/2017
PETRAROLI COSIMO MOVIMENTO 5 STELLE 18/10/2017
VIGNAROLI STEFANO MOVIMENTO 5 STELLE 18/10/2017
VALENTE SIMONE MOVIMENTO 5 STELLE 18/10/2017


Stato iter:
18/10/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 18/10/2017
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 18/10/2017
Resoconto PASTORELLI ORESTE MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI) - INDIPENDENTI
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO MISTO-UDC-IDEA
Resoconto ARTINI MASSIMO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-TUTTI INSIEME PER L'ITALIA
Resoconto ALTIERI TRIFONE MISTO-DIREZIONE ITALIA
Resoconto MONCHIERO GIOVANNI MISTO-CIVICI E INNOVATORI PER L'ITALIA
Resoconto LA RUSSA IGNAZIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto SBERNA MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto ABRIGNANI IGNAZIO SCELTA CIVICA-ALA PER LA COSTITUENTE LIBERALE E POPOLARE-MAIE
Resoconto FASSINA STEFANO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
Resoconto SIMONETTI ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto CICCHITTO FABRIZIO ALTERNATIVA POPOLARE-CENTRISTI PER L'EUROPA-NCD
Resoconto RICCIATTI LARA ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA
Resoconto OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BOCCIA FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 18/10/2017
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 18/10/2017

DISCUSSIONE IL 18/10/2017

NON ACCOLTO IL 18/10/2017

PARERE GOVERNO IL 18/10/2017

RESPINTO IL 18/10/2017

CONCLUSO IL 18/10/2017

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00365
presentato da
BATTELLI Sergio
testo di
Mercoledì 18 ottobre 2017, seduta n. 873

   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 19 e 20 ottobre, visto l'ordine del giorno della riunione del Consiglio europeo,
   premesso che:
    l'Unione europea si trova attualmente a vivere una grave e profonda crisi di identità che si esprime in un diffuso malcontento, livelli di gradimento bassissimi e mancanza di identità, sino ad arrivare alla scelta di uno dei suoi Stati membri di abbandonare l'Unione, in controtendenza con il processo di integrazione avuto sino ad oggi;
    nel tentativo di contrastare questa spinta centrifuga e di rinsaldare e dare nuova forza all'Unione la Commissione europea ha pubblicato il 1o marzo un Libro bianco che, basandosi sulle prospettive di cambiamento del nostro continente, propone cinque diversi scenari per il futuro dell'Unione europea;
    a partire dal 25 marzo quando, in occasione delle celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma, sono state approvate delle conclusioni che, oltre a rilanciare il concetto di ever closer union, sembrano delineare la concreta prospettiva di un'Unione europea a più velocità consentendo agli Stati membri che ne hanno interesse di acquisire maggiori competenze in determinate politiche e ambiti, a più riprese si è tentato di delineare i cambiamenti che potrebbero rinsaldare l'Unione europea;
    la Commissione europea, con la pubblicazione nel maggio e nel dicembre 2015 di due comunicazioni, ha adottato l'Agenda europea sulla migrazione, evidenziando l'esigenza di una migliore gestione della migrazione e sottolineando al contempo come la questione migratoria debba essere oggetto di una responsabilità condivisa. Questa si propone di combattere il fenomeno dell'immigrazione irregolare, di garantire la sicurezza delle frontiere esterne, di definire una forte politica in materia di asilo;
    il 25 giugno 2015 il Consiglio europeo ha stabilito che tutti gli Stati membri debbano partecipare al reinsediamento di 20000 soggetti richiedenti protezione internazionale. La Decisione (UE) 2015/1601, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, in deroga del Regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III), ha introdotto tale meccanismo per alleggerire la pressione delle domande di protezione internazionale sui predetti Stati membri, prevedendo il ricollocamento di 120.000 richiedenti protezione internazionale da distribuire negli altri Paesi membri. Ad ogni modo, come risulta dalla stesso Rapporto della Commissione europea sui ricollocamenti, l'entità effettiva dei ricollocamenti è del tutto irrisoria. Rilevante inoltre risulta l'inadempimento di alcuni Stati, quali l'Ungheria e la Polonia, nonché della Repubblica ceca, che non ha effettuato alcun ricollocamento da agosto 2016, assolvendo all'1 per cento della quota spettante. Il mancato rispetto della procedura di ricollocamento, inoltre, ha portato recentemente all'apertura da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 258 TFUE della procedura di infrazione contro Repubblica ceca, Ungheria e Polonia per non aver provveduto agli obblighi imposti nel 2015 in termini di ricollocamento dei migranti, che però sembra non aver ancora sortito alcun effetto. In senso analogo anche altri Stati hanno provveduto ad un numero limitatissimo di ricollocamenti;
    la recente crisi migratoria ha dimostrato l'inidoneità del cosiddetto regolamento Dublino III a gestire efficacemente i flussi migratori, in particolare, l'attuale sistema ha messo in luce non poche problematiche per una operazione sostenibile e una responsabilizzazione equi ripartita tra gli Stati membri. A tal fine, la Commissione, dando seguito all'Agenda europea sulla migrazione del 13 aprile 2015 e alle più recenti richieste del Consiglio europeo (conclusioni del 18/19 febbraio 2016) e del Parlamento europeo (risoluzione del 12 aprile 2016, 2015/2095(INI)), nel maggio 2016 ha presentato un programma globale di riforma del Sistema europeo comune d'asilo (CEAS) (Comunicazione riformare il Sistema europeo comune d'asilo e potenziare le vie d'accesso legali all'Europa, COM(2016) 197 final);
    la riforma del regolamento di Dublino presentata dalla Commissione si pone tre obiettivi principali: semplificare l'individuazione dello stato responsabile dell'esame di una richiesta di asilo, limitando al massimo incertezze su questo aspetto, stabilire un meccanismo correttivo di ridistribuzione dei richiedenti asilo che scatti ove si superi la soglia del 150 per cento stabilita come capacità di accoglienza in base a quote calcolate sulla base della popolazione e del PIL degli Stati membri, infine un meccanismo sanzionatorio dei movimenti secondari dei richiedenti asilo che provano a raggiungere un paese diverso da quello in cui sono tenuti a presentare;
    il 13 luglio 2016, la Commissione europea ha presentato il secondo pacchetto di misure di riforma. Si tratta di due proposte di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio destinate l'una ad abrogare la direttiva procedure (COM(2016) 467 final), l'altra a modificare la direttiva qualifiche (COM(2016) 466 final) e di una proposta di rifusione della direttiva accoglienza (COM(2016) 465 final);
    l'accordo stipulato tra i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri dell'Unione europea e la Turchia, definito dalla stessa Corte europea di giustizia come accordo internazionale, prevede: il rientro, a spese dell'Unione europea, di tutti i nuovi migranti irregolari che hanno attraversato la cosiddetta «rotta balcanica», la possibilità che per ogni siriano che la Turchia riammette dalle isole greche un altro siriano sia reinsediato dalla Turchia negli Stati membri dell'Unione europea, l'accelerazione delle procedure per la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi in tutti gli Stati membri, la facilitazione dell'erogazione dei 3 miliardi di euro inizialmente stanziati e la definizione di possibili ulteriori tranches, l'apertura di nuovi capitoli dei negoziati di adesione;
    in estate, al fine di fronteggiare il traffico di esseri umani e gli sbarchi il Governo italiano, avallato dall'Unione europea ha stipulato un dubbio accordo con il Governo di Riconciliazione Nazionale dello Stato di Libia. Inoltre notizie di stampa riportano che, sempre al fine di contenere il numero degli sbarchi potrebbe esserci un accordo siglato dal Governo italiano direttamente con due milizie libiche coinvolte nel traffico di esseri umani;
    la Commissione europea ha dato, nell'ultimo anno, e specialmente dopo il referendum sulla Brexit, un nuovo impulso all'idea di una difesa comune europea sia attraverso documenti ordinari (Programma di lavoro della Commissione per il 2017 – Realizzare un'Europa che protegge, dà forza e difende), sia con l'adozione del cosiddetto Piano d'Azione europeo in materia di difesa, sia con il recente documento di «riflessione sul Futuro della Difesa Europea» ad opera dei due vicepresidenti Federica Mogherini e Jyrki Katainen;
    si delinea pertanto una prospettiva di difesa complessa, che vede delle linee programmatiche che sottolineano favorevolmente un'intensa cooperazione NATO-UE, subordinando di fatto la creazione dell'Unione europeaD (Unione europea di Difesa) al rispetto del contesto NATO;
    per le cosiddette minacce ibride, come l'attuale tensione tra Unione europea e Russia, non si sviluppa una vera alternativa per bilanciare gli equilibri in seno alla NATO e riportarla al suo ruolo di alleanza prettamente difensiva;
    si chiede di istituire il Fondo europeo per la Difesa dell'Unione europea – previsto dal Piano d'Azione Europea in tema di difesa, ma ulteriormente ribadito nel recente vertice di Praga del 9 giugno 2017 – per la ricerca militare congiunta, senza però prevedere paletti su obiettivi e priorità di questa ricerca;
    si propone di creare un quartier generale congiunto per missioni militari e civili, con il rischio di una commistione inaccettabile tra le missioni civili e quelle militari, che dovrebbero al contrario rimanere ben distinte;
    gli atti in questione rafforzano l'intenzione di sostenere gli obiettivi di Varsavia, ovvero spese militari al 2 per cento del PIL di ogni singolo Paese dell'Unione europea (o anche oltre), non percorribile per le economie di molti Paesi (Italia compresa), invece di perseguire in via prioritaria l'obiettivo dell'UED per ottenere economie di scala e contrastare efficacemente la corruzione ottenendo per questa via una riduzione del bilancio attribuito alla difesa;
    una vera Unione europea di Difesa deve essere fortemente ancorata ai principi di difesa e della pace e vedere l'Unione europea come protagonista nella risoluzione dei conflitti e non, invece, come responsabile degli stessi. Per questo sarebbe necessario una radicale correzione dell'indirizzo politico e programmatico della Commissione;
    incautamente si propone l'obiettivo di poter dispiegare al confine orientale quanto prima i battlegroups rivisti e rafforzati, come già sta facendo la NATO;
    molte delle missioni internazionali, che ogni anno sono state rifinanziate, si sono rivelate fallimentari (per esempio Afghanistan, Iraq, Libia), comportando peraltro importanti distrazioni di risorse economiche e umane;
    viene rilanciato un importante impegno in Europa e negli organismi internazionali per stabilire posizioni condivise sul disarmo e sul controllo degli armamenti. In questo, l'Italia dovrebbe dare l'esempio perseguendo tali obiettivi, invece di contraddirli con ingenti investimenti in programmi d'armamento di tipo offensivo (F35 ma non solo) e rifiutandosi di chiedere l'allontanamento dal territorio italiano delle bombe nucleari Usa ancora dislocate nel nostro Paese;
    è necessaria una cooperazione difensiva alternativa alla NATO, o quantomeno una cooperazione capace di ridare autonomia ai Paesi europei per ribilanciare gli equilibri e allontanare la pericolosa china interventista statunitense riscontrata negli ultimi decenni;
    è necessario prevedere uno strumento orientato principalmente, se non esclusivamente, alle missioni di peacekeeping, anche al servizio delle Nazioni Unite, non certo ad innalzare il livello dello scontro e delle tensioni verso i Paesi del vicinato (si veda il caso russo in particolare) come vorrebbero i Paesi baltici, la Polonia e la Romania;
    l'Unione europea deve rafforzare l'attività diplomatica e di cooperazione per giungere alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti nei Paesi vicini. Inoltre, sempre in un'ottica di sicurezza e difesa, sarebbe opportuno potenziare ed incrementare lo sviluppo di strumenti come le reti di intelligence e la cyber security;
    si può operare un vero contrasto del terrorismo partendo dall’intelligence, dalla prevenzione e dalla lotta alle predicazioni radicali e ai loro sponsor diretti e indiretti, infatti, nonostante i 4.400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Iraq, Afghanistan e altre aree di crisi, sono nate più di 30 nuove sigle terroristiche. Le bombe non estirpano il male, anzi lo stimolano permettendogli di rafforzarsi;
    gli Stati europei non possono più essere gelosi custodi delle loro informazioni e delle loro intelligence. Gli strumenti esistenti (Europol, Eurojust, il sistema di scambio dati Siena) non funzionano correttamente per la volontà di molti Stati di non condividere le informazioni;
    il coinvolgimento del nostro Paese nella guerra in Afghanistan dura ormai da 16 anni, e in questa guerra, dipinta come missione di pace, ha portato alla perdita di 52 soldati italiani e un numero imprecisato di civili afghani, molti dei quali uccisi dai bombardamenti NATO. Peraltro, tale intervento è costato finora ai cittadini italiani oltre 7.5 miliardi di dollari senza che, allo stato attuale, vi siano stati miglioramenti significativi delle condizioni di vita e di sicurezza del popolo afghano;
    è necessario valutare di ritornare ad una economia europea solidale, per combattere la disoccupazione, nonché la povertà, e per rilanciare la crescita e gli investimenti. L'attuazione di questi obiettivi richiede però ultimi ingenti investimenti pubblici che mal si conciliano con gli attuali vincoli del «Fiscal Compact»;
    l'Europa sociale necessita di un cambio di paradigma verso un modello sociale alternativo basato sulla solidarietà, l'integrazione, la giustizia sociale, l'equa distribuzione della ricchezza, l'uguaglianza di genere, sistemi di istruzione pubblica di elevata qualità, un'occupazione di qualità e una crescita sostenibile: un modello che assicuri l'uguaglianza e la protezione sociale, che consenta l'emancipazione dei gruppi vulnerabili, accresca la partecipazione e migliori gli standard di vita di tutti i cittadini. Indicatori sociali vincolanti nonché il rafforzamento dei sindacati e del dialogo sociale sono essenziali in tale contesto;
    servono urgentemente politiche «anticicliche», per sostenere gli investimenti pubblici oltre i vincoli consentiti, in quanto solo il rilancio dell'economia e la crescita del PIL consentono di conseguire maggiori risorse da destinare alla riduzione futura e progressiva del debito;
    il cosiddetto Fiscal compact è un trattato internazionale, cui hanno aderito gli Stati membri dell'Unione europea, ad eccezione della Gran Bretagna e della Repubblica ceca, che prevede, all'articolo 3, l'obbligo di introdurre negli ordinamenti nazionali, preferibilmente in una fonte permanente e a carattere costituzionale, il vincolo di pareggio di bilancio. L'Italia ha dato attuazione al Trattato con la legge costituzionale n. 1 del 2012. Il Fiscal compact va ad inserirsi nell'ambito del quadro giuridico della governance economica europea e delle novità introdotte in sede europea attraverso l'adozione di atti (es. Six Pact, Two Pact, Patto europlus, MES) volti a rafforzare gli stringenti parametri in materia di contenimento delle politiche di bilancio nazionali. Inoltre, l'articolo 16 stabilisce espressamente che, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del Trattato, vengono adottate in conformità del TUE e del TFUE le misure necessarie per incorporarne le disposizioni nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea;
    l'Unione europea sta vivendo una grave e profonda crisi che riguarda in primo luogo l'essenza stessa dell'Unione, gli obiettivi a cui tendere e pertanto la definizione delle principali politiche. Questa crisi si esprime in un diffuso disagio e malcontento dei cittadini nei confronti dell'Unione europea che ha portato a livelli di gradimento bassissimi, sino ad arrivare alla scelta di uno dei suoi Stati membri di abbandonare l'Unione, sancito dalla vittoria del leave al referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea del 23 giugno 2016;
    la cosiddetta Brexit deve essere letta come il fallimento delle recenti politiche promosse dall'Unione europea in termini di vincoli economici stringenti, nonché della mancanza di effettive politiche di inclusione sociale e di welfare e di chiare procedure di gestione dell'importante fenomeno migratorio. Appare evidente che l'Unione europea ha perso la sua attrattiva non riuscendo a definire la sua identità;
    il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato formalmente al Consiglio europeo l'intenzione di uscire dall'Unione europea, attivando pertanto formalmente la clausola di recesso dall'Unione europea prevista nell'articolo 50 TUE, il Trattato prevede che da tale data vi siano due anni per concludere con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso;
    il Parlamento europeo ha approvato il 5 aprile 2017 una Risoluzione in cui si sottolinea che l'accordo deve avere ad oggetto lo status giuridico dei cittadini dell'Unione europea 27 che risiedono o hanno risieduto nel Regno Unito e dei cittadini del Regno Unito che risiedono o hanno risieduto in altri Stati membri, nonché altre disposizioni concernenti i loro diritti; il regolamento degli obblighi finanziari tra il Regno Unito e l'Unione europea; le frontiere esterne dell'Unione europea; il chiarimento della situazione per quanto riguarda gli impegni internazionali assunti dal Regno Unito in qualità di Stato membro dell'Unione europea, dal momento che l'Unione europea a 27 Stati membri sarà il successore legale dell'Unione europea a 28 Stati membri; la certezza del diritto per le persone giuridiche, incluse le imprese; la designazione della Corte di giustizia dell'Unione europea quale autorità competente per l'interpretazione e l'applicazione dell'accordo di recesso. Inoltre, sottolinea che qualsiasi futuro accordo tra l'Unione europea e il Regno Unito è subordinato al costante rispetto, da parte di quest'ultimo, delle norme previste dagli obblighi internazionali;
    il 12 ottobre 2017 si è concluso il quinto ciclo di negoziati tra Michel Barnier, capo negoziatore dell'Unione europea, e David Davis, ministro del Regno Unito per l'uscita dall'Unione europea. A detta dello stesso Barnier non si registrano progressi significativi sotto nessuno dei principali aspetti da definire,

impegna il Governo:

   1) ad adoperarsi perché la discussione sul futuro dell'Unione europea conduca sul versante istituzionale ad un miglioramento in chiave di rappresentatività e democraticità dei cittadini europei che implichi una sostanziale redistribuzione del potere tra le istituzioni in particolare a favore delle istituzioni più democratiche e un miglioramento della trasparenza nel processo decisionale dell'Unione europea in primo luogo per ciò che concerne il Consiglio;
   2) a sostenere la necessità di rafforzare tutti gli strumenti di democrazia diretta e partecipata a livello di Unione;
   3) a far sì che si dia immediata attuazione da parte di tutti gli Stati membri – nessuno escluso – delle decisioni del Consiglio che prevedono il ricollocamento dei migranti e che il piano emergenziale diventi propriamente una politica stabile e chiara;
   4) ad adoperarsi affinché la modifica del Sistema Dublino III (Regolamento n. 604/2013/UE) determini l'eliminazione del principio secondo il quale la richiesta di protezione internazionale vada presentata nello Stato di primo approdo, definendo, al contrario, un sistema comune tra gli Stati membri in tema di politica di asilo e una strategia che consenta la costituzione di strutture funzionanti di accoglienza e di permanenza dei migranti, nel rispetto dei diritti umani e della dignità umana;
   5) a favorire l'istituzione di Agenzie europee che operino negli Stati di transito e, ove possibile, di partenza dei migranti, in primo luogo per accertarsi che siano garantiti i diritti umani e degne e giuste condizioni ai migranti in transito e al contempo per contrastare l'attuale indegno traffico di vite umane nel tentativo di travalicare le frontiere dell'Unione;
   6) a far sì che la politica migratoria diventi una politica propriamente gestita a livello di Unione europea, anche al fine di una equa distribuzione del peso e dei costi connessi alla gestione dell'attuale crisi migratoria;
   7) ad assumere iniziative per sospendere l'accordo in vigore con la Turchia, a opporsi alla conclusione di qualsiasi ulteriore accordo, a arrestare il processo di liberalizzazione dei visti, a interrompere gli aiuti economici già disposti, sino a che la Turchia non dimostri di rispettare pienamente ed interamente i diritti fondamentali, secondo quanto stabilito dalle convenzioni internazionali siglate per il loro rispetto incluso l'articolo 38 della Direttiva 2013/32/UE sia nei confronti dei migranti che dei cittadini turchi, cessi qualsiasi tipo di violenza nei confronti delle minoranze (religiose, linguistiche etc.), ripristini integralmente le condizioni per favorire la libertà di stampa e prenda una posizione chiara e decisa in ordine alla lotta al terrorismo internazionale e al problema dei foreign fighters, acconsentendo tra l'altro ad una missione dell'Unione europea in ambito PSDC tesa al monitoraggio della frontiera turco/siriana al fine di assicurare che si fermi il passaggio di combattenti;
   8) a rafforzare i meccanismi di collaborazione tra le varie agenzie di intelligence per bloccare il traffico di armi per scopi terroristici o bellici;
   9) a contribuire alla definizione di uno strumento orientato principalmente, se non esclusivamente, alle missioni di peacekeeping, anche al servizio delle Nazioni Unite, e non ad innalzare il livello dello scontro e delle tensioni verso i Paesi del vicinato (si veda il caso russo), contrariamente alle intenzioni dei Paesi baltici, della Polonia e della Romania;
   10) a favorire l'azione diplomatica dell'Unione europea per giungere alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti nei Paesi vicini;
   11) ad assumere iniziative per rinsaldare la cooperazione europea, al fine di riequilibrare i rapporti di forze della NATO, oggi troppi sbilanciati in favore degli interessi geopolitici degli Stati Uniti, favorendo un'alleanza improntata all'apporto condiviso e eguale da parte degli Stati aderenti;
   12) a svolgere un controllo diretto e mirato del sostegno economico italiano, sia per i finanziamenti bilaterali che tramite accordi con l'Unione europea e con la NATO;
   13) a concentrarsi su un'operazione coordinata di contrasto del terrorismo, che parta dall’intelligence, dalla prevenzione e dalla lotta alle predicazioni radicali e ai loro sponsor diretti e indiretti. Infatti, nonostante i 4.400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Iraq, Afghanistan e altre aree di crisi, sono nate più di 30 nuove sigle terroristiche;
   14) ad assumere iniziative per migliorare la riuscita del finanziamento delle missioni militari dell'Unione europea, attraverso una revisione del meccanismo ATHENA che ne garantisca una maggiore efficacia dell'azione e consenta di ampliare stabilmente la quota di costi comuni finanziati, provvedendo in particolare alle spese connesse al dispiegamento dei Battlegroup, strumento mai utilizzato nonostante abbia raggiunto la capacità operativa prevista già nel 2007;
   15) ad adottare tutte le misure di politica economica per accelerare il tasso di crescita dell'economia, derogando sin da subito alle regole di austerity imposte dal Fiscal compact, ed in ogni caso ad opporsi all'incorporazione nei Trattati europei e dare corso ad un periodo di politica economica espansiva, che abbia come priorità la destinazione di tutte le risorse disponibili agli investimenti pubblici, al sostegno dei redditi più bassi e al miglioramento delle condizioni di vita della collettività;
   16) a garantire, negli accordi sull'uscita della Gran Bretagna dall'Untone europea, adeguata protezione degli interessi e la piena reciprocità dei diritti dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che attualmente vi risiedono, lavorano, studiano o svolgono qualsivoglia altra attività;
   17) ad assumere iniziative per assicurare il totale rispetto degli obblighi e degli impegni di bilancio assunti dal Regno Unito in seno all'Unione europea e la piena partecipazione del primo a quanto compete agli Stati membri fino all'uscita definitiva dall'Unione, garantendo tra l'altro l'annullamento della correzione degli squilibri di bilancio accordata alla Gran Bretagna.
(6-00365) «Battelli, Baroni, Fraccaro, Petraroli, Vignaroli, Simone Valente».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

aiuti alla riqualificazione

Unione europea

risoluzione