ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00293

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 755 del 08/03/2017
Abbinamenti
Atto 6/00290 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00291 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00292 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00294 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00295 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00296 abbinato in data 08/03/2017
Firmatari
Primo firmatario: FRUSONE LUCA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 06/03/2017


Stato iter:
08/03/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 08/03/2017
Resoconto PINOTTI ROBERTA MINISTRO - (DIFESA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 08/03/2017
Resoconto LOCATELLI PIA ELDA MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto ALTIERI TRIFONE MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto ARTINI MASSIMO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto VARGIU PIERPAOLO CIVICI E INNOVATORI
Resoconto RABINO MARIANO SCELTA CIVICA-ALA PER LA COSTITUENTE LIBERALE E POPOLARE-MAIE
Resoconto PICCHI GUGLIELMO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto CIMBRO ELEONORA ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA
Resoconto SCOPELLITI ROSANNA AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA
Resoconto VITO ELIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto SCAGLIUSI EMANUELE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto QUARTAPELLE PROCOPIO LIA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto MANCIULLI ANDREA PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 08/03/2017
Resoconto GIRO MARIO ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 08/03/2017

DISCUSSIONE IL 08/03/2017

NON ACCOLTO IL 08/03/2017

PARERE GOVERNO IL 08/03/2017

IN PARTE PRECLUSO IL 08/03/2017

VOTATO PER PARTI IL 08/03/2017

RESPINTO IL 08/03/2017

CONCLUSO IL 08/03/2017

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00293
presentato da
FRUSONE Luca
testo di
Mercoledì 8 marzo 2017, seduta n. 755

   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento affronta per la prima volta la proroga delle missioni internazionali ai sensi delle nuove disposizioni di cui alla legge n. 145 del 2016 (Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali);
    le Forze armate italiane sono attualmente impegnate in operazioni in tutte le principali aree di crisi del mondo, in contesti strategici diversi e con compiti ampiamente diversificati, ma volti, ufficialmente, al supporto e al mantenimento della pace e, dunque, alla tutela delle popolazioni insistenti nei territori d'intervento. Le missioni internazionali a cui l'Italia partecipa sono legittimate dall'autorizzazione giuridica, politica e in qualche modo anche morale, di organismi internazionali e dell'ONU, in conformità a quanto sancito dai capitoli VI o VII della Carta delle Nazioni Unite. Proprio in tal senso, il dott. Gianni Rufini, direttore Italia dell'organizzazione non governativa Amnesty International, nel corso di un'indagine conoscitiva riguardante le missioni internazionali e lo studio di un modello di difesa alternativa, è stato audito il 4 maggio 2016 al Senato, lamentando l'assenza, nei mandati internazionali di autorizzazione delle missioni internazionali, e di conseguenza nelle regole d'ingaggio e nei piani operativi d'intervento dei singoli Paesi, l'obiettivo specifico di tutela e protezione della popolazione civile insistente nelle aree di conflitto. La mancanza della citata previsione, infatti, comporta l'assenza di una copertura giuridica sia rispetto a azioni orientate concretamente a perseguire i suddetti obiettivi di tutela, sia rispetto a quelle mirate a censurare condotte che mettono a rischio l'incolumità dei civili;
    nel merito della Deliberazione in esame, sostanzialmente le missioni cui l'Italia partecipa e contribuisce sono sempre le stesse, più o meno da venti anni, più 4 di nuova attivazione e alcune riattivate, anche se a volte hanno cambiato nome e funzione; tuttavia, crediamo sia giunto il momento di soffermarci su un paio di quesiti, apparentemente «oziosi»: quali di queste missioni ci servono realmente e quali sono realmente utili all'Italia e non in realtà più agli alleati? Nella sostanza stiamo ancora qui a chiederci o cercare di capire che cosa andiamo a fare in determinati territori;
    la Deliberazione indica che le risorse totali che saranno impiegate per il 2017 ammontano a 1.132.745.294 euro quanto alle sole missioni militari e a 295 milioni quanto agli interventi di cooperazione allo sviluppo, sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, sminamento umanitario e altro (per un totale di 1.427.745.294). Il confronto con il 2016 mostra un aumento dell'8,1 per cento in quanto il finanziamento ammontava nel suo complesso a 1.308.000.000, compreso il finanziamento intervenuto successivamente, inserito all'interno di un decreto-legge in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili, relativo alla missione Ippocrate in Libia pari a 17.388.000 euro. Nel complesso, nel 2017 è previsto un impiego massimo di 7.459 unità di personale delle Forze armate e di 167 unità di personale delle Forze di polizia;
    per quanto concerne le missioni più rilevanti, in Afghanistan (con la Resolute Support) in questa prima Deliberazione si dispone un finanziamento di 174.391.943 euro per le forze di sicurezza di Kabul, fra cui la Polizia nazionale afghana che da più di 5 anni viene messa nella «lista nera» dal Segretario generale dell'ONU nel suo rapporto su chi arruola e utilizza i bambini-soldato, crimine condannato dal diritto internazionale. Inoltre, l'ultimo Rapporto di Amnesty International afferma che sono state segnalate violazioni commesse dalla polizia locale afghana (ALP) fra cui intimidazioni, percosse, detenzioni illegali, uccisioni mirate e stupri di minori. A settembre del 2016, il New York Times ha riferito che l'esercito statunitense aveva ignorato le denunce presentate dal suo personale, relative a abusi sessuali su giovani ragazzi, compiuti nelle sue basi da comandanti dell'ALP. Inoltre il citato documento di Amnesty afferma che l'Afghanistan ha continuato a applicare la pena di morte, spesso al termine di processi iniqui. Tali elementi rendono emblematico il fatto di come 15 anni di presenza militare occidentale abbiano sancito il fallimento della retorica della reintroduzione dei diritti umani. Di fatto, ci troviamo di fronte alla partecipazione italiana a una occupazione militare straniera di questo Paese che, dal 2001 in poi, ha finito per aumentare i giacimenti di odio verso l'occidente dando propellente al terrorismo fondamentalista. Da questo punto di vista ci troviamo davanti a un fallimento totale se pensiamo che tra il 2001 e il 2016 l'Italia ha speso per la guerra in Afghanistan la considerevole cifra di 6.153.114.084 euro. La domanda viene legittima: come avremmo potuto cambiare in meglio la vita della popolazione afghana, e contestualmente rendere più efficace la lotta al terrorismo e al fondamentalismo, se questi 6 miliardi li avessimo investiti in scuole, ospedali, fabbriche, strade e non invece in armi e armati? Sarebbe utile che questa domanda, riferita all'Afghanistan ma vale anche per l'Iraq o altri teatri di guerra, fosse al centro del dibattito odierno invece di essere colpevolmente rimossa;
    per quanto riguarda, invece, la missione in Somalia, per cui è stato deliberato un finanziamento di 24.698.409 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell'Unione europea denominate EUTM Somalia (European Union Training Mission Somalia), non possono non ravvisarsi alcune criticità. Il Governo di Mogadiscio, anche secondo l'ultimo Rapporto annuale di Amnesty International, è ritenuto responsabile di gravi violazioni dei più elementari diritti umani. Tuttavia, la missione ha addestrato molte centinaia di soldati somali. Tra l'altro, secondo il Rapporto del Segretario generale dell'ONU del 5 giugno 2015 «Children and armed conflict», le Forze armate di Mogadiscio compaiono, come in passato, fra coloro che addestrano e utilizzano i minori in combattimento, in evidente spregio del diritto internazionale;
    quanto alla base italiana di Gibuti che viene rifinanziata, insistiamo per un'iniziativa tesa a costituire una base delle Nazioni unite che coordini in maniera più efficace la lotta contro la pirateria marittima oggi affidata all'intervento privato di singole potenze;
    relativamente all'operazione militare europea EunavforMed nel Mediterraneo centromeridionale, si ripropongono le medesime questioni che da anni e in altre occasioni, si sono rilevate. Tale operazione si prefigge come obiettivo quello di contrastare l'attività criminosa dei trafficanti di uomini. In particolare, tra le fasi previste, si statuisce la possibilità di avviare ispezioni, sequestri, arresti e dirottamenti di imbarcazioni che sono sospettate di essere utilizzate per la tratta di persone o il traffico di migranti, attraverso azioni sia per mare che per terra. Il programma approvato dal Consiglio e dalla Commissione europea nel maggio 2016, prevedeva, l'opportunità di distruggere le imbarcazioni degli scafisti nelle acque libiche, se non addirittura direttamente sul territorio libico. Queste attività di contrasto che renderebbero concretamente utile tale operazione, non possono effettuarsi senza un preventivo accordo con lo Stato costiero, proprio perché necessitano di uno sconfinamento nelle acque libiche o l'approdo su terra. A oggi, tale accordo non si è potuto raggiungere a causa della mancanza in Libia di un Governo stabile con cui si possa avviare un'attività congiunta di contrasto ai trafficanti di uomini, dunque l'operazione stessa può essere considerata di dubbia validità. Peraltro, in questa area del Mediterraneo, la partecipazione italiana risulta assicurata, a vario titolo, da numerose operazioni. In questo stesso contesto, è da evidenziare anche la proroga del potenziamento di un altro dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali denominato «Mare sicuro»; il Consiglio dei ministri, ha però prorogato anche la missione della NATO «Sea Guardian» che ricalca, da quanto indicato nella Deliberazione in esame, lo stesso obiettivo di sicurezza marittima, nelle coste adiacenti alla Libia. Tale missione, aspetto di non poco conto, non avrebbe ancora una precisata base giuridica internazionale che la legittima;
    sempre con riferimento alla Libia viene confermata la missione UNSMIL, riattivate quella di assistenza alla Guardia costiera libica e la EUBAM Lybia volta a supportare, a livello strategico e operativo, le autorità libiche nella gestione delle attività di sicurezza delle frontiere (terrestri, marittime e aeree), attraverso attività di consulenza, formazione e assistenza. Peraltro, tale missione, istituita dalla decisione PESC/2013/333 e prorogata dalla decisione PESC/2016/1339, opera in formato minimo con base a Tunisi, in attesa di poterla trasferire nuovamente a Tripoli e le unità di personale impiegate saranno soltanto tre); inoltre, viene confermata anche la proroga della partecipazione di personale militare alla missione bilaterale di supporto sanitario denominata «Ippocrate»;
    tuttavia, come è ormai chiaro a tutti gli osservatori internazionali, l'unità della Libia e il controllo della stessa capitale restano un miraggio per il Governo di Fayez al-Sarraj, l'uomo scelto dalla comunità internazionale come Presidente di unità nazionale, e che non appare affatto come l'espressione del popolo e di tutte le fazioni esistenti nel Paese nordafricano, una storia già sentita e vista in Iraq, per citarne una. Il suo controllo sul territorio è, oggi, pressoché inesistente dato che il potere è distribuito sostanzialmente tra i diversi attori che costituiscono ben tre governi de facto: quello guidato da al-Sarraj a Tripoli, riconosciuto dalla comunità internazionale, Italia inclusa, ma non dai libici; quello di Salvezza Nazionale guidato da Khalifa al-Ghwell a Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale ma punto di riferimento per le tribù libiche; infine, quello del Congresso Nazionale Generale guidato da Abdullah al-Thani a Tobruk, in Cirenaica, col sostegno del suo uomo forte che controlla il territorio e i pozzi di petrolio, il generale Khalifa Haftar. Due governi (o autodefinitisi tali), questi ultimi, espressione di tribù, milizie e portatori di agende specifiche, che a oggi sono i veri padroni del Paese. In più si aggiunga che, con il passaggio di testimone da Obama a Trump e un maggior ruolo della Russia, anche il sostegno americano al premier al-Serraj non è più così scontato. Come Movimento 5 Stelle chiediamo formalmente che il Governo prenda atto del fallimento della proposta dell'ONU, smetta di sostenere al-Serraj come unico referente del popolo libico, ritiri subito la delegazione diplomatica e inizi a intavolare un dialogo serio e costruttivo con tutte le parti che hanno effettivo controllo del territorio libico. Roma può essere la sede di una conferenza internazionale che le riunisca davvero tutte intorno a un tavolo nei prossimi mesi;
    per quanto concerne la presenza italiana in Iraq, nella Deliberazione in esame viene confermato e aumentato, rispetto alla precedente proroga, il finanziamento (che ammonta a 300.723.249 euro, che secondo l'osservatorio sulle spese militari Milex è cresciuto del 18,5 per cento rispetto all'anno precedente) degli interventi nazionali nelle missioni di contrasto a DAESH e al terrorismo internazionale nell'ambito delle operazioni legate alla Coalizione internazionale. Tale contributo prevede, tra gli altri, un contingente di personale per le attività di addestramento a favore della Local Force Police e dei peshmerga curdi. Quanto al contingente militare e al contingente di personale impiegato con compiti di «force protection» dell'area di Mosul, a protezione della ditta TREVI chiamata a consolidare e mettere in sicurezza la diga, occorre evidenziare quanto ha espressamente dichiarato, nell'ambito delle comunicazioni del Governo tenutesi presso le Commissioni congiunte Esteri e Difesa di Camera e Senato il 7 febbraio 2017, la Ministra Pinotti. Nel contesto del suo intervento, infatti, ha, tra le altre, affermato che tale missione non è sotto l'egida né dell'Onu né della Nato e tantomeno dell'Unione europea o riconducibile alla stessa coalizione anti-Daesh. Si tratta di un accordo bilaterale tra l'Iraq e l'Italia che per le modalità con cui si sta svolgendo ricorda molto il modus operandi della Compagnia delle Indie del 1800, quando i soldati venivano schierati a protezione degli interessi economici di imprese private in territorio straniero. Ci sono due questioni che vorremmo sollevare sulla vicenda della diga di Mosul, atteso che i nostri militari si trovano a poche decine di chilometri dal fronte della guerra, dunque davanti a un rischio potenziale molto alto. La prima è che non possiamo credere che l'esercito iracheno e gli stessi peshmerga non fossero in grado di assicurare la sicurezza nei cantieri della diga. Se ciò fosse vero dovremmo domandarci a cosa sono servite le centinaia di milioni spesi in questi anni per addestrare peshmerga e militari iracheni. La seconda è che la ditta Trevi ha vinto un appalto milionario per i lavori e ne trarrà, legittimamente, un lauto e corposo profitto. Altrettanto legittimamente viene da chiedersi se una parte di tali profitti verrà usato per coprire le ingenti spese che il contribuente italiano versa allo Stato per finanziare la missione militare. Non si può avallare l'idea che le nostre Forze Armate, che hanno un mandato preciso stabilito dalla Costituzione, siano usate per fare la guardia a industrie o aziende italiane situate all'estero. Ci troviamo di fronte almeno a uno snaturamento del senso stesso delle missioni internazionali dei nostri militari;
    da rilevare, poi, che nella lotta al terrorismo non sono stati previsti spostamenti di risorse finalizzati a un'azione di sostegno alle popolazioni dei luoghi in cui i gruppi terroristici si radicano e raccolgono supporto. Tale assenza rileva poca lungimiranza e scarsa conoscenza della questione, giacché certi fenomeni antisociali come il terrorismo riescono a radicarsi e a trovare maggiormente terreno fertile, proprio dove c’è più povertà e ingiustizia sociale;
    per quanto riguarda alcune missioni «minori» come l'EUCAP Sahel Niger (European Union Capacity Building Mission Sahel), riteniamo che essa andrebbe ripensata e trasformata in EUBAM (European Union Integrated Border Management Assistance Mission) incaricata di aiutare i nigerini a mettere in sicurezza i loro confini meridionali, soprattutto col Burkina Faso e col Benin, da cui passa la stragrande maggioranza di coloro che poi attraversano il Canale di Sicilia. La denominazione EUCAP appare obsoleta e superata dai tempi. Al momento la missione appare, peraltro, del tutto inefficace nel contrasto all'emigrazione illegale per via delle sacche di corruzione nelle autorità nigerine e dell'ambiguità Unione europea e soprattutto perché insiste sul nord del Paese mentre i veri problemi sono presenti maggiormente nel sud;
    il provvedimento in esame ha disposto, altresì, la proroga per il finanziamento della partecipazione nazionale al potenziamento dei dispositivi della NATO, che vede, oltre alla conferma del contributo alle iniziative già avviate in Turchia a difesa dei confini a sud-est dell'Alleanza, l'avvio di 3 nuove missioni a sostegno delle iniziative atlantiche. Più nello specifico, esse si svolgeranno: in Lettonia, in Bulgaria e in Islanda; tuttavia, riteniamo che l'espansione della Nato a est avvenuta negli ultimi due decenni è una delle principali cause dell'attuale stato di tensione tra la Russia e la Nato, tanto da aver comportato la rottura degli accordi di partenariato tra Mosca e la stessa Alleanza Atlantica. Lo stesso ingresso nell'Unione europea dei Paesi dell'est è potuto avvenire solo dopo la loro preventiva adesione alla NATO, contribuendo per questa via a ridurre e marginalizzare il positivo peso politico svolto nell'Unione dai paesi neutrali (Austria, Finlandia e Irlanda) subordinando così la Politica estera e di sicurezza comune a quella degli Stati Uniti. Peraltro, le esperienze in Kosovo, Afghanistan e Libia sono la prova che la NATO, oggi, non risulti essere uno strumento efficace per il mantenimento della pace; l'organizzazione, inoltre, non ha saputo far fronte all'attuale crisi dei rifugiati in arrivo sulle coste europee;
    per quanto concerne le iniziative di cooperazione allo sviluppo (che nella scheda 45 della Deliberazione sono accorpate però a quelle di sminamento umanitario e a altre iniziative pur lodevoli e necessarie) e il cui finanziamento è pari a 111 milioni di euro, riteniamo sia necessario separare in due differenti schede la parte concernente quelle afferenti alla cooperazione in senso stretto dalle altre, soprattutto quelle relative allo sminamento umanitario, rispetto al quale peraltro si chiede uno stanziamento più adeguato;
    per quanto concerne le missioni autorizzate di cui alle schede 10, 19, 24, 31, 32 e 35, si intende che le stesse, qualora gli impegni al Governo per ogni singola missione non fossero accolti, queste si intendono non autorizzate,

autorizza:

   la missione di cui alla scheda 2 (EULEX Kosovo – personale militare missione UE);
   la missione di cui alla scheda 3 (EULEX Kosovo – Polizia di Stato missione UE);
   la missione di cui alla scheda 4 (EULEX Kosovo – Magistrati missione UE);
   la missione di cui alla scheda 5 (United Nations Mission in Kosovo UNMIK – missione ONU);
   la missione di cui alla scheda 6 (EUFOR ALTHEA – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 7 (Missione bilaterale Forze di polizia in Albania);
   la missione di cui alla scheda 9 (Sea Guardian – missione NATO);
   la missione di cui alla scheda 10 (EUNAVFORMED SOPHIA – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 12 (United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL – missione ONU;
   la missione di cui alla scheda 13 (Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi);
   la missione di cui alla scheda 14 (Temporary International Presence in Hebron TIPH2 – missione multilaterale);
   la missione di cui alla scheda 15 (Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi);
   la missione di cui alla scheda 16 (European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 17 (European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 18 (European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 19 (Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh);
   la missione di cui alla scheda 20 (United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP – missione ONU);
   la missione di cui alla scheda 24 (Missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica);
   la missione di cui alla scheda 30 (Missione UN denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA – missione ONU);
   la missione di cui alla scheda 31 (Missione UE denominata EUTM Mali – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 32 (Missione UE denominata EUCAP Sahel Mali – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 34 (Multinational Force and Observers in Egitto MFO);
   la missione di cui alla scheda 35 (Missione UE denominata EUBAM LIBYA);
   le esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 di cui alla scheda n. 43;
   il supporto info-operativo a protezione delle Forze armate di cui alla scheda n. 44;
   le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario di cui alla scheda n. 45;
   gli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza di cui alla scheda n. 46;
   la partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza di cui alla scheda n. 47;
   gli interventi operativi di emergenza e di sicurezza di cui alla scheda n. 49,

non autorizza:

   la missione di cui alla scheda 1 (Joint Enterprise missione NATO);
   la missione di cui alla scheda 8 (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP – missione ONU);
   la missione di cui alla scheda 11 (Resolute Support Mission – missione NATO);
   la missione di cui alla scheda 21 (Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia);
   la missione di cui alla scheda 22 (Missione bilaterale di supporto sanitario in Libia Operazione Ippocrate);
   la missione di cui alla scheda 23 (United Nations Support Mission in Lybia UNSMIL – missione ONU;
   la missione di cui alla scheda 25 (Missione UE antipirateria denominata ATALANTA – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 26 (Missione UE denominata EUTM Somalia – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 27 (Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 28 (Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane);
   la missione di cui alla scheda 29 (Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti);
   la missione di cui alla scheda 33 (Missione UE denominata EUCAP Sahel Niger – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 36 (Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale (operazione Mare Sicuro);
   la missione di cui alla scheda 37 (Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence»);
   la missione di cui alla scheda 38 (Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza);
   la missione di cui alla scheda 39 (Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza);
   la missione di cui alla scheda 40 (Partecipazione al dispositivo NATO in Lettonia Enhanced Forward Presence);
   la missione di cui alla scheda 41 (Partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria);
   la missione di cui alla scheda 42 (Partecipazione al dispositivo NATO Interim Air Policing in Islanda);
   l'erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia, di cui alla scheda 48,

impegna altresì il Governo:

   1. con riferimento alla scheda n. 10, ad assumere, nelle competenti sedi internazionali, iniziative volte all'indizione e allo svolgimento di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutte le soggettività presenti in Libia (a eccezione di quelle legate a Daesh) con l'obiettivo della creazione di un governo libico effettivamente rappresentativo e che controlli la larga parte del territorio di quella Nazione;
   2. con riferimento alla scheda n. 19, ad assumere, nelle competenti sedi internazionali, iniziative per espungere la missione di force protection alla diga di Mosul;
   3. con riferimento alla scheda n. 24, ad assumere, nelle competenti sedi internazionali, iniziative per condizionare il proseguimento della missione all'indizione e allo svolgimento di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutte le soggettività presenti in Libia (a eccezione di quelle legate a Daesh) con l'obiettivo della creazione di un governo libico effettivamente rappresentativo e che controlli la larga parte del territorio di quella Nazione;
   4. con riferimento alla scheda n. 31, ad assumere, in sede UE, iniziative per far cessare in modo definitivo la partecipazione italiana alla missione EUTM Mali al 31 dicembre 2017, rafforzando al contempo la presenza italiana nella missione MINUSMA;
   5. con riferimento alla scheda n. 32, ad assumere, in sede UE, iniziative per far cessare in modo definitivo la partecipazione italiana alla missione EUCAP Sahel Mali al 31 dicembre 2017, rafforzando al contempo la presenza italiana nella missione MINUSMA;
   6. con riferimento alla scheda n. 35, ad assumere, in sede UE, iniziative volte all'indizione e allo svolgimento di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutte le soggettività presenti in Libia (a eccezione di quelle legate a Daesh) con l'obiettivo della creazione di un governo libico effettivamente rappresentativo e che controlli la larga parte del territorio di quella Nazione.
(6-00293) «Frusone».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

missione d'inchiesta

NATO

terrorismo