ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00291

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 755 del 08/03/2017
Abbinamenti
Atto 6/00290 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00292 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00293 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00294 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00295 abbinato in data 08/03/2017
Atto 6/00296 abbinato in data 08/03/2017
Firmatari
Primo firmatario: CIMBRO ELEONORA
Gruppo: ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA
Data firma: 06/03/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DURANTI DONATELLA ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA 08/03/2017


Stato iter:
08/03/2017
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 08/03/2017

RITIRATO IL 08/03/2017

CONCLUSO IL 08/03/2017

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00291
presentato da
CIMBRO Eleonora
testo di
Mercoledì 8 marzo 2017, seduta n. 755

   La Camera,
   premesso che:
    la legge 21 luglio 2016, n. 145, recante Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, ha riformato l'autorizzazione e la proroga delle missioni internazionali;
    la legge n. 145 supera l'adozione dei consueti decreti-legge, in favore di un nuovo procedimento «autorizzatorio» che prende avvio, nella prima fase, dalla Deliberazione del Consiglio dei ministri e dall'esame in Parlamento che dovrebbe affrontare aspetti politici e strategici delle singole missioni per poi passare alla seconda fase dei provvedimenti legislativi recanti la copertura finanziaria delle spese connesse alle missioni internazionali;
    secondo la Deliberazione il Governo prevede circa quaranta missioni, con un impiego di 7.600 unità (7.459 unità di personale delle Forze armate e 167 unità di personale delle Forze di polizia), 1.300 mezzi terrestri, 54 aerei e 13 navali. Le missioni sono attive in 22 Paesi oltre alla presenza nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Indiano;
    per il 2017, quindi, si registra un aumento del fabbisogno finanziario totale delle spese militari connesse alle missioni internazionali del 7 per cento, con 1,28 miliardi di euro contro gli 1,19 del 2016;
    i finanziamenti destinati alle iniziative di cooperazione allo sviluppo e sminamento umanitario, agli interventi di sostegno ai processi di pace e stabilizzazione e alla partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali ammontano a 145 milioni di euro per il 2017;
    a tal riguardo si evidenzia l'erronea valutazione della spesa contenuta all'interno della Deliberazione del Consiglio dei ministri, in quanto vengono previsti nel complesso degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione anche stanziamenti che hanno una chiara valenza di spesa militare, come i 120 milioni di euro previsti nella scheda n. 48 a favore dell'operatività delle Forze di sicurezza e difesa afghane, e i 30 milioni di euro previsti per gli interventi operativi di emergenza e sicurezza di cui alla scheda n. 49;
    l'impegno maggiore in termini di impiego di uomini e mezzi è nel Mar Mediterraneo, attraverso un impegno finanziario di oltre 146 milioni di euro e la presenza in 4 operazioni: quella nazionale, Mare Sicuro; quella dell'Unione europea, EUNAVFORMED SOPHIA; e le due a guida NATO, Sea Guardian e il dispositivo per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza;
    complessivamente nel Mar Mediterraneo sono quindi dislocate 10 navi, 9 aerei e 1.644 unità di personale. Al momento le operazioni hanno un'impronta «umanitaria» e sono incentrate sulle attività di pattugliamento e controllo delle acque e soccorso ai barconi dei migranti, ma presto potrebbero trasformarsi con l'estensione delle attività nelle acque territoriali libiche e l'applicazione del blocco navale: sarebbe la cosiddetta terza fase dell'operazione Sophia, così come caldeggiato dalla presidenza maltese dell'Ue, che viene ora anche proposta dalla Relazione delle Commissioni;
    l'Unione europea sarebbe orientata nell'accelerare il programma di addestramento della guardia costiera libica e sbloccare così la consegna dei mezzi navali per operare nelle acque territoriali in collegamento con un centro di coordinamento che dovrà diventare operativo con le informazioni dell'Operazione Sophia e di Italia, Malta, Grecia, Cipro, Francia, Spagna e Portogallo;
    le unità della guardia costiera libica avrebbero quindi la responsabilità dei salvataggi e riporterebbero i migranti sulla costa, col duplice effetto, secondo la Commissione, di colpire il modello di business dei trafficanti e permettere la ripresa delle attività di pesca;
    secondo quanto previsto dalla Deliberazione, il costo delle missioni in Libia è triplicato rispetto all'anno precedente, anche considerando la riattivazione della missione di supporto alla locale guardia costiera. Terminata la battaglia di Sirte, non è chiaro quale sarà l'impiego dei militari italiani di stanza a Misurata che finora hanno curato i miliziani impegnati al fronte: il Governo di Serraj sarà anche un pezzo di Libia, tuttavia di sicuro non ha il controllo del territorio, non solo dell'intera Tripolitania e del Sud ma neanche della stessa Tripoli. Quel che appare certo è che il contingente italiano è l'unico contingente occidentale in questo momento presente nel Paese e quindi facile bersaglio per i gruppi jihadisti locali, e rischia di trovarsi in una situazione difficile alla luce del rinnovato protagonismo del generale Haftar, sostenuto, tra gli altri, da Russia ed Egitto;
    l'impegno in Iraq è quello più oneroso, oltre 300 milioni di euro (50 milioni in più rispetto allo scorso anno), nonché quello che vede una presenza più massiccia di soldati italiani, quasi 1.500, impiegati in attività di addestramento delle forze irachene e curdo-irachene, di personell recovery e di force protection alla diga di Mosul, con una componente aerea di 17 velivoli per ricognizione e rifornimenti in volo in supporto alle attività della Coalizione internazionale di contrasto a Daesh;
    in Afghanistan c’è il secondo teatro operativo più impegnativo per le Forze armate italiane oramai presenti nel Paese da più di 15 anni. Qui la missione Resolute support che avrebbe l'obiettivo di svolgere attività di consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afghane e delle istituzioni governative sta tornando, dopo due anni dalla fine della missione «combat» ISAF-NATO, ad essere in prima linea al fronte e l'avanzata dei talebani a Farah ha costretto anche gli italiani a tornare ad assistere le truppe afghane che combattono al fronte insieme alle truppe statunitensi;
    un recente rapporto dell'ufficio dell'Ispettore generale speciale per la ricostruzione dell'Afghanistan (Sigar), John F. Sopko, sostiene che oggi i Talebani controllano poco più della metà del Paese. Secondo il documento, che cita dati delle forze Usa in Afghanistan (Usfor-A), al 15 novembre scorso, ovvero prima della nuova avanzata talebana, il governo di Kabul controllava o aveva influenza su circa 233 (il 57,2 per cento) dei 407 distretti dell'Afghanistan, il 6,2 per cento in meno rispetto all'agosto precedente e il 15 per cento in meno rispetto a novembre 2015;
    circa 2,5 milioni di afghani vivono invece in aree controllate dagli insorti o dove gli insorti hanno influenza. I dati delle Nazioni Unite parlano di circa 640 mila afghani che lo scorso anno sono stati costretti a lasciare le proprie case. Continuano ad essere fonte di preoccupazione anche i livelli di produzione di oppio: nel 2016 si è registrata una crescita del 43 per cento rispetto al 2015 e si stima che lo scorso anno in Afghanistan ne siano state prodotte 4.800 tonnellate;
    l'Afghanistan è classificato come quart'ultimo nel Global Peace Index 2016: in condizioni peggiori a livello mondiale ci sono solo Siria, Sud Sudan e Iraq. L’Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che il Paese è secondo solo all'Iraq, sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del Paese (Global Terrorism Index 2016). In Afghanistan, come documenta un recente rapporto dell'EASO, dopo più di un decennio di guerra, ci sono stati, nel 2015, 11 mila civili vittime di violenza. Ma addirittura l'Ue ha sottoscritto con questo Paese un accordo che prevede i rimpatri forzati in cambio di aiuti economici. Nonostante nel Paese gli Usa abbiano investito per la ricostruzione ben 117 miliardi di dollari dal 2002, l'Afghanistan rimane un Paese insicuro, non stabilizzato;
    triplicano gli stanziamenti per le operazioni di intelligence, 10 milioni in più rispetto al 2016, a supporto delle missioni condotte dagli agenti dell'AISE, i quali sono attivi soprattutto in Libia, Iraq e Afghanistan. Un incremento dovuto alle novità introdotte dal Governo lo scorso anno, che prevedono operazioni segrete direttamente disposte dal Presidente del Consiglio che non vengono sottoposte al vaglio del Parlamento;
    la guerra ha travolto Stati e frontiere e ha inasprito la storica rivalità tra il mondo sunnita e sciita all'interno dell'Islam all'ombra delle ambizioni commerciali, finanziarie e geopolitiche delle grandi potenze mondiali che credevano di creare nuove democrazie e che, in realtà, hanno prodotto solo maggiore instabilità che oggi mette a repentaglio tutta l'umanità;
    l'esperienza delle missioni militari dell'ultimo decennio e in particolare in Libia, Iraq e Afghanistan mostra che aver intrapreso guerre senza avere un progetto politico condiviso con le forze e le popolazioni locali sul futuro è stata una prassi che ha peggiorato e non migliorato la sicurezza globale, e soprattutto ha condannato il popolo afghano, iracheno e libico alla follia distruttiva della violenza e del terrore che oggi si estende dal Medio Oriente all'Africa e attraversa il Mediterraneo e arriva fino al cuore dell'Europa;
    l'Italia oggi, nonostante sia una forza militare «medio-piccola», è uno dei Paesi più impegnati nelle missioni internazionali;
    a partire dalla prima missione «Restore Hope» in Somalia (1992-93) si è assistito al cambio di paradigma nella politica di difesa italiana, passando da avamposto statico della guerra fredda nel Mediterraneo a protagonista nello scenario internazionale, con l'intervento diretto di truppe italiane nei vari teatri operativi;
    grazie a questo cambio di paradigma il nostro Paese ha provato ad accreditarsi sul contesto internazionale, ma soprattutto ha contribuito al boom dell'industria militare nazionale. Soltanto nel 2017 l'Italia spenderà 5,6 miliardi (+10 per cento rispetto al 2016) in nuovi armamenti (altri sette F-35, una seconda portaerei, nuovi carri armati ed elicotteri da attacco) finanziati in maggioranza dal Ministero dello sviluppo economico, che quest'anno destinerà al comparto difesa l'86 per cento dei suoi investimenti a sostegno dell'industria italiana;
    secondo la Relazione al Parlamento sull’export militare italiano presentata dal Governo lo scorso anno, nel 2015 si è registrato un aumento del 200 per cento per le autorizzazioni all'esportazione di armamenti il cui valore complessivo è salito a 7,9 miliardi dai 2,6 del 2014 e sono aumentate drasticamente le vendite nei confronti dei Paesi in guerra, nonostante la legge italiana lo vieti;
    non serve a nulla partecipare alle missioni internazionali se non si mette in discussione il modello di sviluppo che si arricchisce con la produzione e vendita di armi, le quali alimentano la spirale di violenza e terrore che imperversa nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente, e che poi si reprime con nuove armi e nuove guerre;
    negli ultimi cinque anni, mentre il Medio Oriente bruciava, contemporaneamente cresceva del 30 per cento l’export di armi verso i Paesi dell'area medio orientale e del Nord Africa. Ad esempio le transazioni autorizzate con l'Arabia Saudita sono passate dai 163 milioni di euro del 2014 ai 257 milioni del 2015;
    ora siamo al paradosso che queste armi che sono state vendute in Medio Oriente, attraverso la «triangolazione» con Paesi «nostri alleati», ma anche alleati e finanziatori, ad esempio, del Daesh, sono arrivate nelle mani dei terroristi e quindi combattiamo nelle missioni internazionali contro le armi che noi stessi abbiamo venduto in Medio Oriente;
    le decisioni della NATO prese all'ultimo vertice tenuto a Varsavia debbono ritenersi le più importanti dalla fine della Guerra Fredda soprattutto per una serie di misure politiche e militari preventive nei confronti della Russia. Come previsto dalla Deliberazione l'Italia parteciperà con mezzi e uomini in diversi dispositivi di protezione e sorveglianza dell'Alleanza;
    con la presenza della NATO in Lettonia, Estonia, Lituania e Polonia con mezzi e uomini pronti a rispondere a minacce esterne lungo il confine orientale dell'Alleanza, addirittura si supera l'accordo stipulato con la Russia nel 1997, in cui si stabiliva che l'alleanza atlantica non può mantenere le proprie truppe da combattimento in modo permanente nei Paesi a est della Germania, a meno che le condizioni di sicurezza degli Stati alleati non siano in pericolo;
    evidentemente, i rappresentanti dei Paesi dell'Alleanza atlantica considerano cambiate queste condizioni, e nei fatti programmano delle azioni militari lungo quello che viene già chiamato «fronte orientale» e a cui il nostro Paese risponde con una presenza in Lettonia di 160 unità e 50 mezzi terrestri e con la messa a disposizione di 4 aerei per il pattugliamento dei cieli della Bulgaria;
    con riferimento alle relazioni con la Russia non si può non tenere in considerazione la crescente tensione Est-Ovest e il continuo mutamento delle alleanze nel contesto geopolitico mondiale, soprattutto in relazione ai conflitti in corso, Siria in primis fra tutti;
    negli ultimi tempi le relazioni tra Russia e USA si sono esacerbate a causa della situazione in Siria. Gli Stati Uniti avevano sospeso la collaborazione bilaterale con Mosca su questo problema. Le autorità russe a loro volta hanno sospeso la collaborazione con gli USA sulla sicurezza nucleare. Nel frattempo i russi hanno dislocato i missili balistici Iskander nell’enclave di Kaliningrad, mentre gli americani accusavano ufficialmente il Governo di Mosca di utilizzare gli hacker per alterare la campagna elettorale presidenziale che ha visto il successo di Donald Trump. Sullo sfondo una geopolitica di alleanze variabili e fatta di improvvise sterzate ed ora questa presenza più o meno aggressiva dell'alleanza lungo il confine orientale che non può che alimentare ulteriormente le tensioni, mentre al contrario occorrerebbe una politica improntata alla distensione delle relazioni fra le parti;
    tensioni che si erano alzate anche tra la Russia e la Turchia dopo l'abbattimento del Sukhoi russo da parte delle forze di Ankara nel novembre 2015, per poi rientrare in nome della realpolitik dopo il fallito golpe in Turchia e in nome degli interessi dei due Paesi in Siria e nel Medioriente. L'Italia oggi è presente anche in Turchia con la missione «Active fence» che prevede 130 soldati basati lungo il confine turco-siriano, batterie antimissile e un aereo da cisterna per i rifornimenti dei velivoli radar NATO che operano nella regione;
    alla luce di tale considerazioni occorre un cambio di rotta, che si sostanzi a partire dalla discontinuità nella partecipazione alle missioni internazionali, che devono essere interpretate non come una generica e dispersiva ricerca di prestigio sulla scena globale ma come rispondenti ad una visione strategica della politica estera del nostro Paese e su interventi umanitari pensati in una logica non securitaria,

autorizza le seguenti missioni e attività di cui alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2017:

   Joint Enterprise (missione NATO – scheda 1);
   EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2);
   EULEX Kosovo (personale Polizia di Stato) (missione UE – scheda 3);
   EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE – scheda 4);
   United Nations Mission in Kosovo UNMIK (missione ONU – scheda 5);
   EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6);
   Missione bilaterale Forze di polizia in Albania (scheda 7);
   United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP (missione ONU – scheda 8);
   Sea Guardian (missione NATO – scheda 9);
   EUNAVFORMED SOPHIA (missione UE – scheda 10);
   United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (missione ONU – scheda 12);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda 13);
   Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – scheda 14);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (missione UE – scheda 16);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) (missione UE – scheda 17);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) (missione UE scheda 18);
   Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (missione ONU – scheda 20);
   Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia (scheda 21);
   United Nations Support Mission il Lybia UNSMIL (missione ONU – scheda 23);
   Missione UE antipirateria denominata ATALANTA (missione UE – scheda 25);
   Missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26);
   Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28);
   Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti (scheda 29);
   Missione UE denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (missione ONU – scheda 30);
   Missione UE denominata EUTM Mali (missione UE – scheda 31);
   Missione UE denominata EUCAP Sahel Mali (missione UE – scheda 32);
   Missione UE denominata EUCAP Sahel Niger (missione UE – scheda 33);
   Multinational Force and Observers in Egitto MFO (scheda 34);
   Missione UE denominata EUBAM LIBYA (missione UE – scheda 35);
   Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale (operazione Mare Sicuro) (scheda 36);
   Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence» (scheda 37);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda 38);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda 39);
   Partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria (scheda 41);
   Partecipazione al dispositivo NATO Interim Air Policing in Islanda (scheda 42);
   esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 (scheda 43);
   il supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda 44);
   le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda 45);
   gli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (Scheda 46);
   la partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda 47);
   l'erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda 48);
   gli interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda 49),

non autorizza le missioni di cui alle schede:

   11 (Resolute Support Mission),
   22 (Operazione Ippocrate),
   24 (Missione di assistenza alla Guardia costiera della Marina Militare libica),
   40 (Enhaced Forward Presence),

e impegna altresì il Governo:

   1. con riferimento alla missione Sea Guardian (scheda 9) a proporre in sede NATO di inserire tra gli obbiettivi della missione il supporto alle attività di ricerca e soccorso in mare nelle aree marittime in cui insiste la missione;
   2. con riferimento alla missione EUNAVFORMED operazione SOPHIA (scheda 10), ad attivare ogni iniziativa diplomatica per scongiurare il passaggio alla terza fase della missione;
   3. con riferimento alla missione di partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto a Daesh (scheda 19) ad attivarsi in tutte le sedi internazionali per la predisposizione di un piano straordinario di aiuti umanitari nella zona della battaglia di Mosul che ha già provocato oltre 200 mila sfollati mentre almeno 750 mila persone risultano essere ancora imprigionate nella battaglia a Mosul Ovest;
   4. con riferimento alla missione Mare Sicuro (scheda 36) a specificare tra gli obbiettivi primari della missione il supporto alle attività di ricerca e soccorso in mare e non soltanto la protezione delle unità navali nazionali impegnate in dette operazioni;
   5. con riferimento alla missione Active Fence (scheda 37) ad attivarsi, in sede NATO, per far cessare la partecipazione italiana alla missione al 31 dicembre 2017;
   6. con riferimento alla missione Proroga della partecipazione di personale militare al potenziamento del dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda 38), ad attivarsi, in sede NATO, per far cessare la partecipazione italiana alla missione al 31 dicembre 2017;
   7. con riferimento alla partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda 39) a proporre in sede NATO di inserire tra gli obbiettivi della missione il supporto alle attività di ricerca e soccorso in mare nelle aree marittime in cui insiste la missione;
   8. con riferimento alla partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria (scheda 41) ad attivarsi, in sede NATO, per far cessare la partecipazione italiana alla missione al 31 dicembre 2017.
(6-00291) «Cimbro, Duranti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

missione d'inchiesta

consiglio dei ministri

NATO