ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00217

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 591 del 16/03/2016
Abbinamenti
Atto 6/00214 abbinato in data 16/03/2016
Atto 6/00215 abbinato in data 16/03/2016
Atto 6/00216 abbinato in data 16/03/2016
Atto 6/00218 abbinato in data 16/03/2016
Atto 6/00219 abbinato in data 16/03/2016
Atto 6/00220 abbinato in data 16/03/2016
Atto 6/00221 abbinato in data 16/03/2016
Atto 6/00222 abbinato in data 16/03/2016
Firmatari
Primo firmatario: BRUNETTA RENATO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 16/03/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
RAVETTO LAURA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 16/03/2016
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 16/03/2016


Stato iter:
16/03/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 16/03/2016
Resoconto RENZI MATTEO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 16/03/2016
Resoconto PASTORELLI ORESTE MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto OTTOBRE MAURO MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto BALDASSARRE MARCO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto PALESE ROCCO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto SANTERINI MILENA DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto BORGHESI STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto MONCHIERO GIOVANNI SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto MAURI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 16/03/2016
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 16/03/2016

DISCUSSIONE IL 16/03/2016

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 16/03/2016

NON ACCOLTO IL 16/03/2016

PARERE GOVERNO IL 16/03/2016

RESPINTO IL 16/03/2016

CONCLUSO IL 16/03/2016

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00217
presentato da
BRUNETTA Renato
testo di
Mercoledì 16 marzo 2016, seduta n. 591

   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri,
   premesso che:
    il 17 e 18 marzo 2016, nella riunione del Consiglio europeo si discuteranno ulteriori misure per affrontare la crisi migratoria e dei rifugiati; anche nell'ultima riunione del Consiglio, tenutasi il 18 e 19 febbraio 2016, i leader dell'Unione europea hanno discusso dell'esigenza di costruire un consenso europeo sulla migrazione;
    il 2015 ha segnato una impennata nei flussi migratori verso l'Europa. I primi dati relativi al 2016 sembrano confermare il trend in crescita. Lo stesso Consiglio europeo è giunto alla conclusione che, in risposta alla crisi migratoria cui deve far fronte l'Unione europea, l'obiettivo deve essere Tullio di contenere rapidamente i flussi, proteggere le nostre frontiere esterne, ridurre la migrazione irregolare e salvaguardare l'integrità dello spazio Schengen;
    la questione migratoria rappresenta un annoso problema che l'Unione europea non ha mai affrontato in maniera seria, approfondita e risolutiva. L'Europa ha colpevolmente dato priorità alle questioni relative alla frontiera est, dimostrando cecità nel mancato coinvolgimento della Russia quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo, continuando ad insistere sulle sanzioni, controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia e le imprese anzitutto del nostro Paese;
    l'Italia, per la sua posizione geografica, porta d'ingresso in Europa, è da anni meta di un forte Continuo flusso migratorio, ed è stata spesso abbandonata a se stessa nella gestione di operazioni assai onerose (rivelatesi comunque controproducenti) quali «Mare Nostrum» e «Triton»;
    anche la missione EUNAVFOR MED riporta risultati comunque limitati dal fatto che non è ancora stata avviata la fase 3 dell'operazione, che prevede la possibilità di arrestare gli scafisti e di sequestrare o affondare le barche direttamente sulle coste di partenza e sullo stesso territorio libico;
    in buona sostanza, tutte le iniziative e le misure poste in essere fino ad oggi per fronteggiare il fenomeno migratorio non hanno avuto esiti positivi, registrando di fatto il fallimento di una politica europea comune delle migrazioni; siamo quindi ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi che lo stesso Consiglio europeo ha fissato, quantomeno sulla carta. Lo dice di fatto lo stesso Consiglio europeo. Lo dice il Governo italiano, che in audizione presso il Comitato Schengen, nella persona del Sottosegretario Gozi, ha manifestato insoddisfazione per la scarsa implementazione dell'accordo di ottobre, e per il mancato rispetto degli impegni da parte dell'Unione europea. Lo dicono i numeri; in particolare quelli relativi ai rimpatri, alle riallocazioni, all'immigrazione irregolare;
    è quantomeno necessario uno sforzo comune per rafforzare la gestione delle frontiere esterne dell'Europa, a fronte di un flusso migratorio irregolare che nel 2015 è aumentato di circa 7 volte rispetto a quello del 2014. Secondo Frontex, infatti, nel 2015, sono stati rilevati 1,83 milioni di attraversamenti irregolari di migranti alle frontiere esterne UE, a fronte dei 283,500 dell'anno precedente;
    per quanto riguarda l'attuazione dei programmi di ricollocazione stabiliti dal Consiglio dello scorso autunno, merita rilevare che all'11 marzo 2016 sono state redistribuite dalla Grecia verso gli altri Stati membri 569 richiedenti asilo, su 66.400 previsti dai programmi di relocation; dall'Italia sono stati riallocati 368 richiedenti asilo a fronte di un impegno di 39.600. Tale lentezza nell'attuazione dei programmi di relocation sconta infatti le resistenze da parte di molti Stati membri, alcuni dei quali si sono addirittura rifiutati di aderire al programma; 
   l'Europa deve inoltre prendere atto dei dati non confortanti che provengono dalle misure adottate dalla Turchia nell'ambito del Piano d'azione che tale Stato terzo ha convenuto con l'Unione europea, segnatamente nei settori dell'accesso al mercato del lavoro turco da parte dei rifugiati, e della condivisione di informazioni con l'Unione europea-Turchia; nel novembre 2015 il Consiglio europeo, nell'ambito di un accordo più generale Unione europea-Turchia ha deciso lo stanziamento aggiuntivo di 3 miliardi per il sostegno ai rifugiati siriani da parte della Turchia. Lo stanziamento è ripartito in 1 miliardo a carico del bilancio dell'Unione europea e 2 miliardi a carico dei bilanci nazionali. La quota italiana, dovrebbe essere pari ad una quota del'11,25 per cento corrispondente a circa 225 milioni di euro;
    tuttavia, considerato il flusso ancora troppo elevato di migranti che giungono in Grecia dalla Turchia, sono evidentemente necessari ulteriori sforzi da parte della Turchia nell'attuazione del Piano per frenare i flussi e contrastare il traffico di migranti e la tratta di esseri umani; nei primi due mesi 2016 sono già 132 mila gli arrivi in Grecia, e le associazioni non governative continuano a denunciare l'azione della Turchia, che utilizzerebbe dei fondi europei per la costruzione di campi isolati per i rifugiati con il solo fine di rispedirli in patria. Centinaia di rifugiati e richiedenti avrebbero riferito di essere rimasti incatenati per giorni, di essere stati picchiati e alla fine di essere stati rimandati nei paesi da cui erano fuggiti;
    i centri d'accoglienza turchi descritti nel piano d'azione funzionerebbero quindi di fatto come dei centri di detenzione, senza prevedere alcun sostegno concreto ai profughi, né strumenti di prevenzione del flusso di migranti irregolari verso l'Unione europea. Si rendono pertanto necessari ulteriori misure per garantire l'efficace attuazione del piano d'azione, valutando la possibilità di introdurre meccanismi in grado di vincolare lo stanziamento di fondi alla garanzia che la stessa Turchia rispetti i diritti umani e i termini del Patto;
    in questi mesi difficili, persino lo spirito di Schengen è stato messo fortemente in discussione soprattutto da quei Paesi, come quelli del Nord Europa, che hanno proposto la sospensione di 2 anni delle disposizioni del Trattato, se non addirittura lo smantellamento dell'intero impianto per la libera circolazione;
    la libera circolazione delle persone all'interno dello Spazio Schengen è una conquista e un valore fondamentale dell'Occidente ed una sua contrazione, se non addirittura eliminazione, comprometterebbe il concetto stesso di Unione europea. Rimane tuttavia sconcertante, da questo punto di vista, la mancanza di una strategia comune dei Paesi dell'area Schengen volta a fronteggiare l'emergenza immigrazione e la conseguente reazione a livello dei singoli Stati: il caso dell'Italia (vedasi ad esempio i casi del ripristino dei controlli a Ventimiglia o al Brennero) in questo senso è emblematico;
    non si ritiene strategicamente corretto limitare l'esercizio del diritto alla libera circolazione dei cittadini europei solo perché non si è in grado di fronteggiare il grande problema dei flussi migratori. La chiave, quindi, non è mettere in discussione Schengen ma, piuttosto, valutare il potenziamento dei controlli delle frontiere esterne a Schengen;
    tra l'altro l'ipotetica chiusura dello spazio Schengen da parte dei singoli Stati europei non farebbe altro che esporre ulteriormente l'Italia ai flussi migratori e alla gestione in assoluta solitudine degli stessi; è evidente infatti che, non potendosi ergere muri sulle nostre coste, l'Italia, di fatto, si troverebbe da sola a fronteggiare il regolamento Dublino III (principio dello Stato di primo approdo);
    senza dimenticare che il danno in termini economici sarebbe ingente per ogni singolo Paese: una recente ricerca di France Strategie ha dimostrato, ad esempio, che la chiusura dello spazio di libera circolazione europeo per la Francia, avrebbe un costo diretto di 1 o 2 miliardi di euro a breve termine, per arrivare fino a 10 miliardi (pari a mezzo punto di Pil) lungo termine. Per il resto dell'Unione europea, in cui alcuni Paesi anche strutturalmente propensi al commercio estero, l'impatto potrebbe raggiungere cifre astronomiche (oltre i 100 miliardi di euro) pari a circa 0,8 punti percentuali di Pil da qui al 2025. Il calo si registrerebbe in settori nevralgici, che hanno da sempre giovato dello spazio Schengen: la frequentazione turistica, l'impatto sui lavoratori frontalieri e il settore del trasporto merci. Il calcolo, oltretutto, non comprende i costi per il bilancio pubblico di una reintroduzione dei controlli doganali. Sul lungo termine, sempre secondo la ricerca, «la generalizzazione dei controlli permanenti sarebbe equivalente a una tassa del 3 per cento sul commercio tra Paesi della zona (Schengen), che diminuirebbe quindi strutturalmente del 10 o 20 per cento. A questo si aggiungerebbero eventuali effetti sull'investimento estero e la mobilità dei lavoratori»;
    piuttosto che mettere in discussione Schengen si ritiene necessario non solo potenziare i controlli alle frontiere esterne auspicabilmente anche mediante la creazione di una guardia frontiera comune Schengen, ma anche potenziare il sistema dei rimpatri e, in questa direzione, far sì che l'Europa diventi protagonista degli accordi di rimpatrio con i Paesi africani, non limitandosi a rimandarne la negoziazione ai singoli Stati europei;
    alla luce di ciò è urgente ed improcrastinabile l'implementazione di una politica migratoria europea comune e coerente, che affronti i temi del controllo delle frontiere e della stabilità e sviluppo dei Paesi di origine e di transito, e che contempli interventi mirati per contrastare gli scafisti in partenza dalla Libia e dalla Tunisia, unitamente a interventi di carattere umanitario per garantire, a chi ne ha diritto, di ricevere assistenza in Africa e accoglienza in Europa. Tali questioni devono necessariamente entrare a far parte dell'agenda europea per la migrazione dell'anno 2016;
    occorre una maggiore condivisione delle responsabilità con gli altri Paesi europei per scongiurare il rischio di nuovi attacchi terroristici nel continente nonché, per quanto concerne la spartizione delle responsabilità, la necessità di modificare il sistema di Dublino poiché superato, inefficace e ingiusto per i paesi di sbarco e per i richiedenti asilo;
    il Consiglio europeo del 17 e 18 marzo esaminerà altresì l'attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese e la presidenza dei Paesi Bassi riferirà sui progressi compiuti in merito alle principali iniziative volte a rafforzare il mercato unico. Con riferimento al primo punto, il debito pubblico italiano, al di là delle dichiarazioni del ministro Padoan, continua ad aumentare, in spregio a tutte le raccomandazioni dell'Europa al nostro paese;
    se il debito non imbocca un sentiero di riduzione, nessuna possibilità di fare deficit può essere concessa all'Italia e salta l'intera struttura della Legge di stabilità, che proprio sul deficit si regge;
    il Ministro Padoan ha inviato all'Europa un documento di 8 ineccepibili punti, ma di strategie su come tagliare il debito pubblico non vi è traccia. In Italia viviamo come se il debito non ci fosse, e se qualcuno ha avanzato proposte nel tempo, queste proposte sono state lasciate cadere;
    nel suo Rapporto sulla sostenibilità delle finanze pubbliche di gennaio, la Commissione europea si è soffermata sull'alto debito pubblico dell'Italia e mette in mora il Governo. Non solo il livello è troppo alto, «già al 133 per cento nel 2015», ma continuerà a crescere fino al 2020. E ancora: «Per far scendere – come dovrebbe fare l'Italia per rispettare i parametri europei – il debito al 110 per cento nel 2026, in condizioni economiche normali, ci vuole un avanzo strutturale costante e invariato al 2,5 per cento fino, al 2026». Questa frase contiene in sé già due criticità: innanzitutto, la congiuntura economica italiana, europea, e internazionale, come rilevato da tutti gli istituti di previsione, volge al peggio nei prossimi anni, quindi l'ipotesi «in condizioni economiche normali» contemplata dalla Commissione sappiamo già essere irrealizzabile. Ma se anche così fosse, l'avanzo primario degli ultimi quattro trimestri in Italia è stato pari all'1,5 per cento del Pil. Ben lontano, quindi, dal 2,5 per cento che chiede l'Europa. D'altronde, la Commissione, sempre nel Rapporto, pone proprio questo tema: quello del 2,5 per cento fino al 2026 «potrebbe essere un avanzo primario relativamente alto da mantenere per 10 anni»;
    l'Italia, inoltre, è in grave difficoltà anche per quanto riguarda il rapporto deficit/Pil: le stime di crescita su cui si basano i conti del governo, infatti, sono tutte da rivedere. Dato l'andamento della congiuntura internazionale, la crescita reale del Pil nel 2016 non sarà dell'1,6 per cento previsto dal Governo, ma al massimo dell'1,6 per cento (dato Ocse). Forse addirittura più bassa, tra 0,7 per cento e 0,8 per cento;
    per calcolare il tasso di crescita nominale, che è quello che conta ai fini del rispetto dei parametri UE, a questo numero si aggiunge il tasso di inflazione, che nel 2016 non sarà dell'1 per cento previsto dal Governo, ma secondo gli ultimi numeri pubblicati dall'Istat, raggiungerà a stento lo zero, o sarà addirittura negativo. Pertanto, la crescita nominale dell'Italia nel 2016 non sarà del 2,6 per cento inserito dal Governo nella Nota di aggiornamento al Def, ma tra lo 0,6 per cento e l'1 per cento. Meno della metà e addirittura fino a quattro volte inferiore rispetto alle previsioni del Governo;
    allo stesso modo, la Germania viene ogni anno richiamata dalla Commissione europea per l'eccessivo surplus della bilancia commerciale, vale a dire la netta prevalenza delle esportazioni sulle importazioni;
    oggi un minimo sforamento del rapporto deficit/Pil oltre il 3 per cento espone gli Stati alla pubblica deplorazione, senza possibilità di appello, mentre il surplus della bilancia commerciale viene considerato elemento di virtuosità. Al contrario, mentre un rapporto deficit/Pil eccessivo produce conseguenze tendenzialmente solo per il paese che lo genera, i surplus commerciali hanno effetti negativi devastanti sulle economie di tutti gli Stati dell'area monetaria unica;
    mentre con le monete nazionali, infatti, a un aumento eccessivo del surplus commerciale di un paese seguiva sempre la rivalutazione della sua moneta, che significava un riequilibrio quasi automatico della bilancia commerciale; con la moneta unica lo Stato che consegue il surplus gode dei benefici derivanti da quest'ultimo, mentre il costo della rivalutazione della moneta ricade su tutti i paesi dell'area unica;
    se per adempiere alle raccomandazioni della Commissione europea la Germania reflazionasse – cioè diminuisse la pressione fiscale, aumentasse la domanda interna, quindi i consumi, gli investimenti, i salari, le importazioni e, di conseguenza, la crescita, per la Germania e per gli altri paesi – questo creerebbe un virtuoso clima di crescita, aumenterebbe di quel tanto che basta il tasso di inflazione, e si ridurrebbe il divario tra Bund e titoli di altri debiti sovrani. Tutta l'economia dell'area euro tornerebbe, così, sostenibile;
    quanto alle iniziative volte al rafforzamento del mercato unico, si rende sempre più necessario in Europa un grande piano di investimenti, un New deal europeo, che vada oltre il Piano Juncker da trecento miliardi e ne triplichi le risorse fino a mille miliardi, freschi, approfittando dei bassi tassi di interesse, che rimarranno tali almeno nel medio periodo, e utilizzando la garanzia della Banca europea degli investimenti (Bei), In questo modo, l'Europa non solo uscirebbe finalmente dalla crisi, ma troverebbe uno slancio che dalla creazione della moneta unica non ha mai avuto, diventando competitiva anche rispetto alle altre economie mondiali, e migliorerebbero anche le performance della Bce, con i suoi Quantitative easing, in quanto la politica monetaria tornerebbe a trasmettersi all'economia reale;
    per quanto riguarda invece il riferimento al crollo dei mercati borsistici e alla crisi del sistema bancario, va rilevato che il quadro normativo nazionale, nel dare applicazione alle disposizioni europee in materia di «salvataggi bancari», anche anticipandone di fatto l'entrata in vigore, si è rivelato confuso e particolarmente oneroso per i risparmiatori; un approccio mirato, con l'applicazione del bail-in solo a strumenti provvisti di un'espressa clausola contrattuale, e un adeguato periodo transitorio avrebbero consentito alle banche di emettere nuove passività espressamente assoggettabili a tali condizioni;
    la BRRD contiene una clausola che ne prevede la revisione, da avviare entro giugno 2018. È auspicabile che questa occasione sia ora sfruttata, facendo tesoro dell'esperienza, per meglio lineare la disciplina europea con gli standard internazionali;
    una soluzione di livello europeo a questo problema è tra i pilastri dell'unione bancaria che si vorrebbe introdurre: è la garanzia comune sui depositi, una sorta di «prestatore di ultima istanza» per cui i depositi bancari sono garantiti «dalla piena fede e dal credito dell'Unione europea», su cui però pesa il veto del Governo tedesco;
    sarebbe quindi necessario cercare alleanze tra i partner europei per far cadere il veto tedesco sulla garanzia europea comune sui depositi bancari. In un colpo solo si risolverebbe il problema delle banche e si riuscirebbe a evitare la vendita in blocco di titoli di Stato italiani, con le conseguenze drammatiche che abbiamo già avuto modo di conoscere sull'economia e la democrazia italiana;

impegna il Governo:

   1) nell'ambito delle misure per affrontare la crisi migratoria e dei rifugiati, ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, attraverso operazioni in grado di controllare i flussi dei profughi in fuga dalla guerra e dalla repressione politica, e di contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, sollecitando con forza un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea volto a:
    a) sollecitare un intervento decisivo dell'Unione europea per potenziare i controlli alle frontiere esterne, che fornisca adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, attraverso l'intensificazione dei controlli di frontiera sia in mare che a terra nel Mediterraneo meridionale, sul Mar Egeo e lungo la «rotta balcanica», anche con la creazione di una Guardia costiera e di frontiera europea;
    b) colmare le lacune nella gestione delle frontiere esterne, con particolare riferimento alle carenze nel funzionamento degli hotspot, per garantire l'identificazione, la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali in maniera sistematica e completa, adottando misure per contrastare il rifiuto di registrazione;
    c) potenziare il sistema dei rimpatri, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti, e la costituzione di hotspot nei Paesi di provenienza, definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici;
    d) offrire concretezza ed efficacia al Piano di azione UE-Turchia, affinché la Turchia implementi effettivamente gli obiettivi del Piano, assicurando: la registrazione dei migranti; una maggiore capacità di intercettazione da parte della guardia costiera turca; l'accesso dei profughi sotto protezione temporanea ai servizi pubblici, inclusi l'educazione, la sanità e l'inserimento nel mercato del lavoro; la collaborazione con Bulgaria e Grecia al fine di prevenire la migrazione irregolare lungo i confini comuni terrestri; una maggiore cooperazione per quanto riguarda la riammissione dei migranti irregolari provenienti dalla Turchia. A tal fine, valutare la possibilità di introdurre meccanismi in grado di vincolare lo stanziamento di fondi alla garanzia che la stessa Turchia rispetti i diritti umani e i termini del Patto;
    e) stipulare accordi economici bilaterali da parte dell'Europa con i paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
    f) fornire aiuti economici ai paesi di origine e di transito legati ad un'efficace lotta alla migrazione clandestina e alle organizzazioni criminali che la sostengono;
    g) contribuire a migliorare le condizioni nei campi profughi, al fine di ridurre l'elevato numero di rifugiati che tentano di sbarcare in Europa alla ricerca di condizioni di vita migliori;
    h) aumentare la ricezione da parte degli Stati membri delle minoranze religiose perseguitate, in particolare i cristiani e yazidi, e creare zone cuscinetto protette militarmente per difendere queste popolazioni nei paesi colpiti da conflitti;
    i) predisporre un piano di accoglienza dei profughi in tutti i paesi europei in modo proporzionato in base alle loro dimensioni, popolazione e PIL;
    j) rivedere le clausole del Regolamento di Dublino III per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei, in particolare nelle attività di accoglienza e di identificazione, superando l'attuale principio del «Paese di primo approdo»;
    k) garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i paesi e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i paesi di accoglienza in modo sicuro, prevenendo ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
    l) neutralizzare i mezzi degli «scafisti», implementando le azioni volte alla distruzione e al sequestro di tutte le infrastrutture logistiche di trafficanti di esseri umani;
    m) avviare, nei tempi più brevi possibili, la fase dell'operazione EUNAVFOR MED, che autorizza l'ispezione e il sequestro e la distruzione delle imbarcazioni, anche sul territorio libico, sospettate di essere utilizzate per il traffico illecito dei migranti o per la tratta di esseri umani, valutando attentamente, se ciò non fosse possibile, l'utilità del proseguimento a tempo indeterminato della attuale Fase 2;
    2) nell'ambito delle misure per favorire occupazione, crescita e competitività, ad adottare ogni iniziativa a livello europeo volta a:
   a) chiarire le misure di politica economica che intende mettere in atto ai fini della necessaria correzione dei conti pubblici italiani, onde evitare l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese;
   b) stimolare la Germania alla reflazione, finalizzata a ridurre il suo eccessivo surplus della bilancia commerciale che danneggia tutti gli altri paesi dell'eurozona e provoca squilibri troppo ampi tra i paesi;
    3) nell'ambito dell'Unione economica e monetaria, ad assumere in sede europea ogni iniziativa volta a:
   a) modificare la direttiva sul bail-in, e identificare con precisione le passività bancarie chiamate a sopportare le perdite, escludendo quelle emesse prima dell'entrata in vigore delle nuove norme, per evitare la retroattività di queste ultime, e a predisporre strumenti eccezionali di intervento nel caso in cui si ha percezione che il sacrificio di azionisti e creditori derivante dall'applicazione del bail-in metta a repentaglio la stabilità dell'intero sistema;
    b) disporre una garanzia europea comune sui depositi bancari, in quanto è necessaria, in una unione monetaria, quale è l'Eurozona, la condivisione dei rischi, e tutto quanto ne consegue in termini di sacrifici richiesti ai governi e ai cittadini, non può che procedere di pari passo con la condivisione delle garanzie che quei rischi stessi servono a coprire, anche per far fronte a episodi di «panico finanziario»;
    c) richiedere un intervento della Commissione europea per vigilare sulla corretta e uniforme applicazione della direttiva sul ball-in nei vari Stati membri, e garantire certezza giuridica e condizioni di parità tra banche, che spesso operano in diversi Paesi dell'Unione europea.
(6-00217) «Brunetta, Ravetto, Occhiuto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

regolamentazione doganale

asilo politico

controllo alla frontiera