ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00193

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 551 del 20/01/2016
Abbinamenti
Atto 6/00190 abbinato in data 20/01/2016
Atto 6/00191 abbinato in data 20/01/2016
Atto 6/00192 abbinato in data 20/01/2016
Atto 6/00194 abbinato in data 20/01/2016
Atto 6/00195 abbinato in data 20/01/2016
Atto 6/00196 abbinato in data 20/01/2016
Firmatari
Primo firmatario: SANTELLI JOLE
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 20/01/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SARRO CARLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 20/01/2016
DE GIROLAMO NUNZIA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 20/01/2016
LONGO PIERO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 20/01/2016


Stato iter:
20/01/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 20/01/2016
Resoconto ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
INTERVENTO GOVERNO 20/01/2016
Resoconto ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 20/01/2016
Resoconto PISICCHIO PINO MISTO
Resoconto D'ALESSANDRO LUCA MISTO-ALLEANZA LIBERALPOPOLARE AUTONOMIE ALA-MAIE-MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
Resoconto BRIGNONE BEATRICE MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto BALDASSARRE MARCO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto CHIARELLI GIANFRANCO GIOVANNI MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto MOLTENI NICOLA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto MAZZIOTTI DI CELSO ANDREA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto MAROTTA ANTONIO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto SANNICANDRO ARCANGELO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto SANTELLI JOLE FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BONAFEDE ALFONSO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto ERMINI DAVID PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

NON ACCOLTO IL 20/01/2016

PARERE GOVERNO IL 20/01/2016

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 20/01/2016

DISCUSSIONE IL 20/01/2016

RESPINTO IL 20/01/2016

CONCLUSO IL 20/01/2016

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00193
presentato da
SANTELLI Jole
testo di
Mercoledì 20 gennaio 2016, seduta n. 551

   La Camera,
   udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
   premesso che:
    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini ancora come incapace di contribuire al progresso civile; l'attuale irragionevole durata dei processi e la mancanza di certezza dei tempi della giustizia costituisce tra l'altro un grande disincentivo agli investimenti nel nostro Paese;
    il sistema giudiziario dell'Italia ha bisogno di interventi idonei a ridurre la durata dei processi civili e penali: a tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti, e per garantire la effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese;
    l'inefficienza del nostro sistema giudiziario ha anche gravissime ripercussioni di natura economica, soprattutto in un momento di grave crisi come quella in cui versa ancora il nostro Paese; i dati della nostra giustizia determinano nelle aziende straniere la decisione di non delocalizzare nel nostro Paese le proprie attività economiche;
    un efficiente sistema giudiziario e la garanzia della legalità costituiscono questioni interconnesse e di grande rilevanza sociale, non più rinviabili e che vanno assicurate con interventi strutturali e non emergenziali come quelli adottati nel corso della legislatura corrente;
    nel corso della presente legislatura, la questione giustizia è stata infatti molto spesso relegata ad una serie di interventi frastagliati privi di una visione d'insieme: gli annunci roboanti del Governo si sono concretizzati in misure di scarso impatto sul sistema giudiziario nel suo complesso, o comunque si sono rivelate non incisive e non in grado di realizzare una piena riforma dell'assetto della giustizia; in questi mesi si è infatti assistito ad interventi occasionali, a misure tampone, che non hanno neanche l'ambizione di incidere in profondità sui problemi e che rappresentano, a voler essere ottimisti, dei puri e semplici palliativi;
    partendo dall'annosa questione del sovraffollamento carcerario, va rilevato che non è stato ancora dato pieno seguito all'importante messaggio che il Presidente della Repubblica ha inviato alle Camere nel mese di ottobre 2013: tra le misure necessarie citate per risolvere la questione carceraria, spiccavano la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere, e l'opportunità di considerare l'esigenza di rimedi straordinari;
    emerge, dunque, una stretta connessione tra il sovraffollamento degli istituti di detenzione e un ricorso con ogni probabilità smodato allo strumento della custodia cautelare in carcere, la cui funzione, purtroppo, ha subito negli anni una radicale trasformazione: da istituto con funzione prettamente cautelare, ancorché nell'ottica di un'esigenza di prevenzione dei reati e di tutela da forme di pericolosità sociale, è diventata troppo spesso una vera e propria misura anticipatrice della pena, con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza;
    nella legislatura corrente, sono stati diversi gli interventi in materia di custodia cautelare, anche sostenuti dal gruppo Forza Italia, in quanto misure oggetto di una delle priorità del nostro sistema giudiziario. La legge 16 aprile 2015, n. 47, ha effettivamente delimitato l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, circoscrivendo i presupposti per l'applicazione della misura e modificando il procedimento per la sua impugnazione. Nell'approvazione delle modifiche normative, si sarebbe però potuto sicuramente essere più incisivi, e, soprattutto, pensare ad introdurre elementi volti a configurare un illecito disciplinare a carico dei magistrati responsabili di evidenti distorsioni del sistema di carcerazione preventiva, a cui troppo spesso si ricorre in mancanza di reali esigenze cautelari e senza rispettare il criterio dell'assoluta indispensabilità; l'utilizzo della custodia cautelare in carcere, e, quindi, della limitazione preventiva della libertà personale, deve infatti essere circoscritto alle sole ipotesi in cui questa esigenza è davvero indispensabile per garantire la sicurezza della collettività, per salvaguardare il valore delle indagini e soprattutto per assicurare quel contemperamento, che più volte è stato evocato, ma non sempre con misura e con fondatezza, tra tutela della libertà personale ed esigenze di protezione della sicurezza collettiva delle nostre comunità e dei nostri territori;
    rispetto a tanta evidenza, purtroppo, ancora una volta, va sottolineato come una misura così importante, sia per la salvaguardia dei diritti costituzionali dei cittadini sia per la sostenibilità dei nostri istituti di pena, sia comunque frutto di una norma tampone; nessuna traccia, inoltre, dei rimedi straordinari a cui aveva fatto riferimento il Capo dello Stato nel suo messaggio;
    nella presente legislatura sono stati approvati una serie di provvedimenti che hanno perseguito, non sempre, con la stessa efficacia e con la stessa coerenza, intenti garantisti e di miglioramento delle condizioni effettive per l'espletamento della pena, ma con risultati comunque nel complesso carenti;
    in tema di responsabilità civile dei magistrati, l'approvazione di una legge ad hoc avrebbe potuto rappresentare una svolta: un intervento necessario, e non solo per porre rimedio alla condanna della Corte di Giustizia europea. Un corretto funzionamento della responsabilità civile dei magistrati costituisce infatti un fondamentale strumento per la tutela dei cittadini, troppo spesso danneggiati da errori imputabili esclusivamente alla responsabilità dei magistrati, ed è altresì necessario corollario all'indipendenza e all'autonomia della stessa magistratura. Per questo, avremmo voluto un provvedimento più incisivo, più lineare, più solido; una presa di posizione chiaramente orientata, e non l'ennesimo atteggiamento ambiguo tipico di un Governo troppo timoroso di creare uno scontro tra politica e magistratura;
    dopo aver alzato la voce (si fa per dire) in senso puramente demagogico sulle ferie dei magistrati, il Governo ha messo in atto quella che appare ai firmatari del presente atto una piccola riforma che non ha niente di coraggioso, se non l'unico merito di aver finalmente eliminato l'odioso «filtro di ammissibilità» della domanda di risarcimento, che sostanzialmente dava vita all'assurdo paradosso per cui gli stessi magistrati giudicavano in merito all'ammissibilità di un ricorso contro i colleghi magistrati; la maggioranza ha infatti eseguito un'operazione poco incisiva e contraddittoria, che elimina il filtro di accesso del cittadino alla giustizia, ma che contemporaneamente poi abilmente restringe il campo della responsabilità;
    sugli interventi in materia di processo penale esaminati dal Parlamento e approvati in prima lettura, è evidente poi secondo i firmatari del presente atto come le disposizioni introdotte si traducano in interventi di modesta portata, che non possono certo dirsi propri di una vera riforma. Il testo inizialmente presentato dal Governo si proponeva di modificare il codice penale e di procedura penale, rafforzare le garanzie difensive, contrastare i fenomeni corruttivi, mettere mano all'ordinamento penitenziario: alcuni pezzi li abbiamo persi per strada, anche perché approvati, nell'assurda opera di taglia e cuci di questo Governo in tema di giustizia, in altri provvedimenti che a macchia di leopardo vengono esaminati dai due rami del Parlamento in maniera confusa. Altri pezzi non li abbiamo proprio visti, come le disposizioni a garanzia e tutela dei cittadini: anzi, da questo punto di vista, le disposizioni approvate rappresentano, in moltissimi punti, un forte arretramento. Molte norme sembrano piuttosto scritte a favore di una magistratura che tende sempre di più ad aumentare il proprio peso e ad essere ingerente nei processi, a totale discapito delle tutele per i cittadini. Un provvedimento che contiene diversi colpi al diritto di difesa, e nessun effetto preventivo e dissuasivo alla commissione dei reati. Un esempio su tutti: le modifiche all'articolo 438 del codice di procedura penale in materia di giudizio abbreviato, che, così come costruite, non produrranno alcun effetto deflattivo, ma scoraggeranno le richieste di procedere con rito abbreviato. Il progetto di riforma del centrodestra aveva in questo senso cercato di introdurre l'unica norma in grado di garantire deflazione vera e di incoraggiare le richieste di giudizio abbreviato, ovvero la fissazione di un limite massimo di pena. E infatti inutile prevedere diminuzioni di pena senza correlarle ad un certo limite di massimo edittale. Il nuovo giudizio abbreviato formulato dalla maggioranza diventa invece una rinuncia ad una serie di diritti di difesa. Il giudizio abbreviato deve far risparmiare tempo, deve mettere l'imputato nelle condizioni di evitare il dibattimento e in qualche maniera demandare al giudice dell'udienza preliminare la soluzione anche nel merito, ma non può essere, in virtù di un principio di economia e di sconto di pena, così incisivo sul diritto di difendersi. Certamente sì deve tendere alla deflazione, e, quindi, all'economia nell'ambito dei tempi, ma se ciò deve poi incidere in maniera così profonda sul diritto di difesa, lo scambio non è più conveniente per la tutela dei diritti costituzionalmente protetti;
    per non parlare degli interventi in tema di prescrizione; le disposizioni già approvate dalla Camera determinano un aumento del termine di prescrizione per i reati di corruzione, e introducono nuove ipotesi di sospensione dei termini di prescrizione, tra cui quelle conseguenti a condanna non definitiva, costituendo una chiara violazione delle norme costituzionali sulla ragionevole durata del processo, nonché una lesione grave dei diritti di difesa dei cittadini;
    ad ogni modo, in tema di prescrizione, la discussione sembra essere ancora troppo legata a questioni più che altro ideologiche, dimenticando che la stessa è una delle caratteristiche dello Stato liberale, è una delle garanzie del cittadino. Ciò che manca è la responsabilità, l'organizzazione giudiziaria: il giudice e chiunque ha responsabilità organizzative dovrebbe essere in grado di garantire la celebrazione dei processi, che si fa anche seguendo un ordine cronologico, tenendo conto dei termini di prescrizione;
    gli stessi magistrati dovrebbero evitare di apparire continuamente sui media, garantendo invece l'anonimato, e comunicati impersonali in merito allo svolgimento di inchieste, ai risultati delle indagini e ai processi in corso;
    sempre in tema di lotta alla corruzione, la legge n. 69 del 2015, approvata dalla maggioranza di Governo, è volta a contrastare i fenomeni corruttivi attraverso una serie di misure che prevedono un incremento generalizzato delle sanzioni per i reati contro la pubblica amministrazione: come si può immaginare di ragionare in termini di lotta alla corruzione soltanto in termini di pena ? L'unica logica che rende la pena efficace è quella di essere percepita come giusta ed equa da chi delinque: se la pena non è corretta, non è equa, è squilibrata rispetto al sistema non ha più deterrenza perché non viene percepita come giusta;
    ci si è concentrati sull'aumento delle pene per i reati contro la P.A., e nulla è stato fatto per le esigenze quotidiane dei cittadini, minacciati nelle loro case, per assicurare tutela e difesa alla persona ed ai suoi beni nei casi di aggressioni occorse nella propria abitazione o in un altro luogo di privata dimora. Sempre più spesso la cronaca riporta notizie di aggressioni e violazioni perpetrate in danno di persone e famiglie inermi all'interno della propria abitazione o presso locali adibiti ad attività commerciali. Tali aggressioni, oltre al danno in sé, recano un significativo stato di disagio in coloro che le subiscono e, conseguentemente, alimentano uno strisciante allarme sociale. A tale stato si aggiunge l'alea di incertezza che gravita intorno alla qualificazione della condotta delle vittime che, nella concitazione dei momenti in cui è perpetrata la violenza ai loro danni, pongono in essere condotte che, nonostante la violenza subìta, sono sanzionate anche penalmente. Sul punto, sarebbe necessario rivedere e superare i limiti della normativa in materia di legittima difesa: se è sicuramente vero che la legittima difesa non può mai costituire una giustificazione per violare con leggerezza il principio della sacralità della vita, bisogna, tuttavia, riconoscere che l'attuale disciplina del diritto alla legittima difesa appare a dir poco punitiva nei confronti del cittadino che cerchi di mettere al riparo la vita propria e dei propri cari nonché i propri beni da attacchi criminali;
    più in generale, bisognerebbe effettuare le opportune valutazioni in merito al modello di ordinamento giudiziario attualmente operante nel nostro Paese; nello specifico, bisognerebbe avviare una definitiva riflessione in merito al riconoscimento della diversità delle funzioni giudiziarie e la conseguente separazione in senso proprio delle carriere dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero. La legislazione repubblicana ha valorizzato al massimo l'indipendenza della magistratura e l'obbligatorietà dell'azione penale per favorire una progressiva assimilazione delle figure del giudice e del pubblico ministero, che rappresenta la più marcata differenza tra il sistema giudiziario italiano e quello degli altri Paesi;
    tuttavia, con il codice di procedura penale del 1989, il modello di pubblico ministero scelto dai costituenti è entrato in conflitto con il nuovo ruolo assegnatogli nel processo accusatorio. Per questo motivo, nel corso dei lavori della Commissione bicamerale si affermò, tra rappresentanti di forze politiche diverse, l'idea di separare le funzioni dei giudici e dei pubblici ministeri e, in alcuni casi, di separare anche le loro carriere. Infine, la legge costituzionale n. 2 del 1999 ha introdotto il giusto processo, anche in attuazione delle convenzioni internazionali, rendendo così indifferibile la separazione tra l'ordine dei giudici e l'ufficio del pubblico ministero. Soltanto tale separazione consente, infatti, di realizzare un'effettiva terzietà dell'organo giudicante – vale a dire, la sua equidistanza dalle parti e la parità sul piano processuale dell'accusa e della difesa – offrendo al cittadino un processo effettivamente giusto. Il tema è stato riproposto anche nella scorsa legislatura, all'interno del disegno di legge costituzionale A.C. 4275, presentato dal Governo Berlusconi, che proponeva una complessiva riforma del titolo IV della parte II della Costituzione, relativo alla magistratura, e il cui esame è stato avviato nella scorsa legislatura;
    sempre nella passata legislatura, le Camere avevano avviato l'esame (ed effettuato ben quattro passaggi parlamentari) di un disegno di legge di riforma in materia di intercettazioni; il Governo in carica ha invece optato per la via più sbagliata, affidando una delega vaga e confusa direttamente nelle mani dell'Esecutivo; il nostro giudizio è negativo ovviamente non per il principio: sono anni che combattiamo per riformare il sistema che ha portato un utilizzo assolutamente distorto di questo mezzo di ricerca della prova; anzi, siamo contenti della presa di coscienza di questo Governo sulla necessità di modificare le norme sulle intercettazioni. È lo strumento ad essere sbagliato. Non è accettabile privare il Parlamento della definizione della normativa di dettaglio su questo tema; un tema, come detto, particolarmente delicato, che necessita di soluzioni assolutamente equilibrate, in grado di contemperare diritti costituzionalmente garantiti. La deroga al principio di segretezza delle comunicazioni deve essere fortemente motivata, deve riguardare indagini di matrice penale, e mai indagini esplorative, per ricercare le responsabilità. Non dobbiamo cercare di limitare l'uso, ma di evitare l'abuso delle intercettazioni. Abbiamo assistito in questi anni al paradosso del processo mediatico. Sono state pubblicate quasi esclusivamente le intercettazioni irrilevanti per il processo penale, e siamo giunti al paradosso che il processo penale sembra essere soltanto un pretesto per pubblicare le intercettazioni irrilevanti nello stesso processo penale. Questo è del tutto inaccettabile. Anche in questo caso, il legislatore ha l'obbligo di muoversi con ragionevolezza nel bilanciamento degli interessi; il legislatore «per eccellenza», appunto, ovvero il Parlamento. Non il Governo, a cui la delega, così come approvata in prima lettura, offre una eccessiva libertà di azione;
    lo strumento della delega è stato altresì utilizzato per procedere a diverse depenalizzazioni: la legge n. 67 del 2014 contiene, all'articolo 2, una delega al Governo, che lo stesso esecutivo ha di recente impiegato per riformare la disciplina sanzionatoria dei reati e contestualmente introdurre sanzioni amministrative e civili. Il dibattito si è comunque concentrato sulla trasformazione in illecito amministrativo del reato di immigrazione clandestina, su cui poi lo stesso Esecutivo è tornato indietro, annunciando comunque un intervento futuro in tal senso. Depenalizzare il reato di ingresso illegale in Italia sarebbe in ogni caso un segnale di estrema debolezza, nei confronti del Paese e dell'Europa. Si tratterebbe di una decisione inopportuna ed irresponsabile del Governo, già in palese affanno per una pessima gestione delle problematiche e dei reati connessi al fenomeno dell'immigrazione illegale. È una questione che oramai affligge l'Italia (e i Paesi rivieraschi) in maniera strutturale, e che oggi è aggravata dal riproporsi prepotente del fenomeno del terrorismo di matrice islamica. Gli italiani hanno bisogno di sicurezza e di certezza, non di politiche goffe e controproducenti, né tantomeno di annunci e spot in funzione di un ritorno elettorale,

impegna il Governo:

   a mettere in atto ogni iniziativa di competenza tesa ad un intervento globale e coerente che abbia i seguenti punti quali priorità necessarie a rendere efficiente il servizio giustizia e ad assicurare ad ogni cittadino sicurezza e libertà:
    a) l'attuazione delle riforme ordinamentali e processuali per consolidare il principio del giusto processo, che, pur essendo enunciato nella Costituzione, non fa ancora parte del quotidiano esercizio della giurisdizione in quanto: nel processo penale è oramai improcrastinabile restituire efficienza e celerità al sistema e deve essere oltremodo assicurata – ferme restando le esigenze di tutela della collettività – l'effettiva parità tra accusa e difesa e la reale terzietà del giudice; nel processo civile, per il quale va implementato il ricorso all'informatica, deve essere garantita la certezza di una decisione in tempi ragionevoli e vanno individuate le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati;
    b) la realizzazione di interventi definitivi finalizzati al superamento delle carenze drammatiche di personale amministrativo, anche attraverso l'esaurimento di graduatorie rimaste finora parzialmente inutilizzate, e all'effettiva riqualificazione del personale;
    c) l'implementazione di un monitoraggio efficace ed incisivo in merito dell'applicazione delle nuove norme in materia di custodia cautelare, degli effetti in merito alla riduzione del sovraffollamento carcerario, e alla piena realizzazione del principio per cui, in linea con quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, la presunzione di innocenza deve prevalere su ogni altra pur legittima considerazione, così da prevedere il ricorso alla custodia cautelare in carcere solo come extrema ratio;
    d) la normalizzazione dell'emergenza carceraria, anche attraverso una valutazione dell'opportunità di considerare l'esigenza di rimedi straordinari;
    e) la predisposizione di riforme costituzionali che garantiscano la piena realizzazione del principio del giusto processo con particolare riferimento alla distinzione tra il ruolo dell'organo giudicante e dell'organo requirente, all'esercizio dell'azione penale secondo regole ben definite, alla ragionevole durata del processo penale, alla riforma del CSM che favorisca un'azione della magistratura svolta nell'esclusivo rispetto della legge;
    f) la tutela del precetto costituzionale dell'indipendenza della magistratura, inteso come indipendenza dei singoli magistrati, soggetti soltanto alla legge e immuni da influenze di carattere correntizio e politico, garantita anche da comunicati impersonali della stessa magistratura, e l'implementazione di ogni iniziativa volta a bloccare la degenerazione della giustizia italiana a causa della proliferazione, nel corpo del sistema giudiziario nazionale, del germe del pregiudizio politico; così come la politica, sia del Governo che del Parlamento, non può ingerirsi nell'attività dei giudici, altrettanto deve fare la politica oggettivamente presente nella magistratura attraverso le sue correnti;
    g) la codificazione di un sistema di controlli in grado di verificare – nel rispetto dei principi di autonomia ed indipendenza – la professionalità dei magistrati, calibrato sull'esaltazione della capacità, dell'equilibrio e della diligenza e che risulti libero dai frequenti protagonismi dei singoli nonché un meccanismo funzionale all'individuazione e selezione dei magistrati chiamati a dirigere gli uffici, che tenga conto della loro effettiva capacità organizzativa e gestionale e non già della loro appartenenza ad una corrente predisponendo, in linea con quanto richiesto anche in sede comunitaria, un puntuale ed efficace sistema di valutazione della responsabilità disciplinare dei magistrati, che sappia garantire la credibilità dell'ordine giudiziario;
    h) l'introduzione di un meccanismo per cui l'ordinanza che accoglie l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione sia comunicata, ai fini dell'avvio del procedimento di responsabilità, ai titolari dell'azione disciplinare; si tratta di un meccanismo necessario, in particolare alla luce del costante aumento dei rimborsi dovuti dallo Stato per errori giudiziari;
    i) la realizzazione di una riforma delle disposizioni che riguardano le intercettazioni telefoniche e ambientali per porre fine a quello che rappresenta una grave violazione del diritto alla riservatezza, attuata non per delega ma attraverso disposizioni puntuali approvate dalle Camere. In particolare, le intercettazioni telefoniche devono limitarsi ai casi di reale e comprovata presenza di gravi indizi e riguardare esclusivamente gli indagati o soggetti effettivamente a questi collegati e deve essere severamente punita la diffusione, prima ancora del rinvio a giudizio, delle intercettazioni telefoniche, soprattutto se riguardano terzi non indagati e vengono peraltro estrapolate dal contesto generale, occorre, infine, inasprire le pene per chi divulga, ma individuate le responsabilità di chi rilascia le informazioni dall'interno delle procure;
    l) il potenziamento degli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, non soltanto sotto il profilo della certezza della pena, ma anche mediante l'effettiva applicazione delle misure di prevenzione;
    m) il contrasto – sulla scia delle iniziative già adottate dai Governi Berlusconi – ad ogni forma di aggressione alla sicurezza e libertà dei cittadini: ciò sia rendendo effettivo il principio di certezza della pena, sia garantendo che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali, senza abbandonare la strada già intrapresa in particolare nella scorsa legislatura sul versante dell'aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati, allo scopo di privare le associazioni mafiose di ogni possibile risorsa finanziaria; sia attraverso la revisione della disciplina della legittima difesa, che si è rivelata inidonea a garantire una piena ed efficace copertura all'esercizio di tale diritto, come dimostra il perdurare degli episodi di criminalizzazione dei cittadini costretti a difendere se stessi, i propri cari e i propri beni;
    n) la definitiva implementazione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari, già avviata con parziale successo, in ragione di una loro maggiore efficienza e produttività; la realizzazione di programmi di innovazione digitale, per il miglior funzionamento degli uffici, da attuare con il completo ammodernamento delle infrastrutture e delle reti di trasmissione dei dati informatizzati.
(6-00193) «Santelli, Sarro, De Girolamo, Longo».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

protezione del consumatore

responsabilita' civile

protezione delle comunicazioni