ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00170

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 502 del 14/10/2015
Abbinamenti
Atto 6/00166 abbinato in data 14/10/2015
Atto 6/00167 abbinato in data 14/10/2015
Atto 6/00168 abbinato in data 14/10/2015
Atto 6/00169 abbinato in data 14/10/2015
Atto 6/00171 abbinato in data 14/10/2015
Atto 6/00172 abbinato in data 14/10/2015
Firmatari
Primo firmatario: SORIAL GIRGIS GIORGIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 14/10/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BATTELLI SERGIO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
CASO VINCENZO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
FRUSONE LUCA MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
DI MAIO LUIGI MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
FRACCARO RICCARDO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
PETRAROLI COSIMO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
VIGNAROLI STEFANO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
DI BATTISTA ALESSANDRO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
SCAGLIUSI EMANUELE MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
BRUGNEROTTO MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
CASTELLI LAURA MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
COLONNESE VEGA MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015
D'INCA' FEDERICO MOVIMENTO 5 STELLE 14/10/2015


Stato iter:
14/10/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 14/10/2015
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 14/10/2015
Resoconto LOCATELLI PIA ELDA MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto MARGUERETTAZ RUDI FRANCO MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto ROMANO FRANCESCO SAVERIO MISTO-ALLEANZA LIBERALPOPOLARE AUTONOMIE ALA-MAIE-MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
Resoconto RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto DELLAI LORENZO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto GALGANO ADRIANA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto RAVETTO LAURA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto FRUSONE LUCA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto SERENI MARINA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 14/10/2015

NON ACCOLTO IL 14/10/2015

PARERE GOVERNO IL 14/10/2015

DISCUSSIONE IL 14/10/2015

RESPINTO IL 14/10/2015

CONCLUSO IL 14/10/2015

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00170
presentato da
SORIAL Girgis Giorgio
testo di
Mercoledì 14 ottobre 2015, seduta n. 502

   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2015,
   premesso che:
    l'ordine del giorno della riunione del Consiglio europeo di ottobre prevede che i capi di Stato e di Governo discutano della politica migratoria dell'Unione europea, del Vertice sulla migrazione di La Valletta che si terrà a novembre, del rafforzamento delle frontiere esterne, nonché un approfondimento in merito alla rotta dei Balcani occidentali. Inoltre, per ciò che concerne i temi economici, si approfondiranno i temi della relazione sull'Unione economica. Infine, il presidente del Consiglio europeo informerà i leader dell'Unione europea circa lo stato della situazione relativa al referendum sulla permanenza o l'uscita del Regno Unito dall'Unione;
    per ciò che concerne la politica migratoria è innegabile che l'Italia si trovi in prima linea nel fronteggiare una situazione drammatica, destinata a complicarsi ulteriormente. Si assiste a un costante flusso di migranti provenienti dall'Africa e dal Medio oriente, che fuggono da scenari di guerra o di rivolte popolari e soprattutto da reiterata violazione dei diritti umani, fame e povertà. Dati forniti dall'agenzia europea Frontex confermano che nei primi otto mesi del 2015 sono sbarcati sulle coste italiane quasi 130.000 migranti. Contemporaneamente, si continua ad assistere a un numero inaccettabile di tragedie in mare;
    un fenomeno migratorio della portata di quello attuale non può più essere considerato transitorio o eccezionale e risulta pertanto indispensabile una chiara presa di posizione dell'Unione europea, che dovrebbe definire un piano di lungo periodo mirante in primo luogo a una reale condivisione della politica migratoria nell'Unione che riveda, su base solidaristica e unitaria, la politica del diritto di asilo;
    nonostante l'apprezzamento per aver dato avvio a un importante dialogo in sede di Unione europea, le decisioni prese dal Consiglio GAI per istituire un meccanismo di ricollocazione temporanea ed eccezionale dall'Italia e dalla Grecia verso altri Stati membri che ha deciso in base al ricollocamento di circa 40.000 persone in evidente bisogno di protezione internazionale e altre 120.000, non risulta minimamente sufficiente ad affrontare l'attuale situazione. In primo luogo, appare evidente come i numeri non siano adeguati alla situazione reale dei paesi di primo approdo. Ancor più rilevante, però, risulta la definizione di «temporanea ed eccezionale» per queste misure che sottolinea l'assenza di un meccanismo di lungo periodo e la definizione di una politica condivisa sul tema, che invece risulta attualmente imprescindibile;
    il vertice di La Valletta, che si terrà nella città maltese l'11 e 12 novembre, intende affrontare le sfide della migrazione e sottolinearne le opportunità. L'incontro prende le mosse dal riconoscimento che le migrazioni rappresentano una responsabilità condivisa tra i paesi di origine, di transito e di destinazione ed intende affrontare le cause profonde della questione adoperandosi per contribuire alla creazione di pace, stabilità e sviluppo economico; migliorare il lavoro di promozione e organizzazione di canali di migrazione legale; rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo, in particolare dei gruppi vulnerabili; affrontare più efficacemente lo sfruttamento e il traffico di migranti; collaborare più strettamente per migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione;
    il 17 giugno 2015 alla Camera è stata approvata la risoluzione 6-00139 collegata alla relazione sulle azioni adottate per la gestione dei flussi migratori e sull'impiego di lavoratori immigrati in Italia, tra ottobre 2013 e aprile 2015, approvata dal Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione ove si impegna il Governo a «valorizzare a pieno, per quanto di sua competenza, in sede europea e nazionale, con particolare riguardo alla riunione del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno 2015, quanto previsto dall'articolo 17 del Regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto Regolamento Dublino III, promuovendo un sistema di asilo europeo che consenta un'equa ripartizione degli oneri tra gli Stati membri di primo ingresso e gli altri»;
    per controllare i flussi migratori che dalle aree di crisi si riversano sull'Europa «non si può solo alzare un muro, né bastano solo le azioni di cooperazione: serve una strategia di lungo termine» che mescoli la cooperazione con i Paesi in difficoltà alla ricostruzione di Paesi vicini al collasso totale. Questa affermazione fu fatta proprio dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, al termine della conferenza interministeriale sul nesso tra cooperazione economica e controllo dei flussi migratori che si è tenuta a Roma dove è stato firmato un accordo tra i Paesi dell'Unione europea e i paesi di origine e di passaggio dei migranti che, dal Corno d'Africa e dall'Africa dell'Est si riversano sulle coste della Libia per raggiungere l'Europa approdando nel nostro Paese, scappando da Somalia, Eritrea, Darfur/Sudan, Etiopia, ovvero da situazioni di conflitto decennali e da violazioni di diritti umani documentati in innumerevoli rapporti di organizzazioni della società civile. Il Processo di Khartoum venne siglato in attuazione del precedente Processo di Rabat, ovvero il foro di dialogo regionale tra l'Unione europea e i Paesi dell'Africa occidentale, centrale e mediterranea, nato per affrontare le sfide poste dalle migrazioni lungo la rotta migratoria Africa Sub-Sahariana-UE, secondo un approccio di responsabilità condivisa tra Paesi d'origine, transito e destinazione dei flussi migratori;
    appare sempre più preoccupante la escalation bellica che rischia di degenerare in una nuova guerra fredda tra NATO e Federazione Russa. Già gli scontri in Ucraina orientale erano stati occasione per un potenziamento missilistico delle basi USA e NATO nei paesi dell'Europa orientale, nonché il continuo ripetersi di esercitazioni militari sia nel Mar Baltico che nel Mar Nero. La situazione appare complicarsi ulteriormente con la campagna aerea della Federazione Russa in Siria, volta sia a colpire l'Isis che a supportare il regine dell'attuale Presidente siriano Bashar Al-Assad, che non pare facilitare la riappacificazione interna in Siria, necessaria a convogliare le energie contro l'Isis;
    complesso e delicato appare anche il ruolo della Turchia, membro della NATO con cui l'Unione europea ha intrapreso una stretta collaborazione mirante alla costruzione di una Europa solidale e democratica, culminata recentemente nell'annuncio del Presidente Juncker di un nuovo piano di azione per la sicurezza delle frontiere esterne dell'Unione che individua proprio la Turchia come partner primario, fornendo anche aiuti sostanziali per l'emergenza migranti. Al contempo però appare necessario ricordare l'ambiguità della Turchia, che fino a oggi ha fatto mancare il proprio sostegno alla lotta al terrorismo dell'Isis, bloccando le forniture anche umanitarie verso i curdi e avendo avuto un comportamento alquanto ambiguo nei confronti degli estremisti islamici. Inoltre la fine della centralità di Erdogan nello scenario politico turco all'indomani delle ultime elezioni politiche lo ha indotto a riaprire la guerra e la repressione contro i Kurdi, cancellando il processo di pace faticosamente avviato nella speranza di impedire l'agibilità politica e il successo elettorale del partito filo-curdo (HDP);
    non può che inquietare l'attentato del 10 ottobre 2015 nella capitale Ankara contro una manifestazione pacifista con il suo inaccettabile tributo di sangue innocente, con una vera e propria «strategia della tensione» tesa a condizionare le elezioni politiche previste per il prossimo 1o novembre, che, alla luce della pesante repressione in corso, rischiano di tenersi in un clima di sospensione delle libertà fondamentali;
    appare inopportuna quella che è stata definita «la più grande esercitazione militare della NATO dopo la caduta del muro di Berlino» denominata Trident Juncture 2015, attualmente in corso nel Mediterraneo tra Italia, Spagna e Portogallo e che comporta l'impiego di 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi (28 NATO più 5 alleati). Questa esercitazione, oltre che un inaccettabile spreco economico, appare anche del tutto intempestiva dato che molte delle unità coinvolte dovrebbero fronteggiare l'emergenza migratoria apportando il doveroso soccorso ai migranti e contrastando i trafficanti di esseri umani;
    la spesa militare dell'Unione militare già nel 2010 ha raggiunto quota 194 miliardi di euro, approssimativamente la cifra del deficit annuale di Grecia, Italia e Spagna messe insieme. Proprio questi alti livelli di spesa militare hanno contribuito a provocare la crisi del debito nei Paesi nell'epicentro della crisi dell'euro, senza considerare che i debiti provocati dalla vendita di armi sono sovente il risultato di affari di corruzione tra funzionari dei governi, pagati con soldi dei cittadini, gli stessi che devono sopportare tagli pesantissimi nei servizi sociali;
    sottolineato, altresì, l'opportuno inserimento tra gli strumenti della PESC delle capacità civili e militari dell'Unione europea nella gestione delle crisi e il riconoscimento dello scenario geopolitico della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente – anche alla luce della recrudescenza terroristica con gli attentati di Tunisi al museo Bardo e la mortifica iniziativa contro le popolazioni del cosiddetto Califfato (Isis) – quali priorità strategiche ai fini della sicurezza europea, sicurezza che non può che essere conseguita attraverso il moltiplicarsi dell'iniziativa diplomatica, il riconoscimento dei diritti umani e dei diritti dei popoli, dell'implementazione delle politiche di disarmo, della cooperazione e del ripudio della guerra;
    nel preambolo alla carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che a partire dal Trattato di Lisbona è stata equiparata, come valenza, ai Trattati istitutivi dell'Unione europea, si legge: «l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà»;
    l'Euro, nella sua struttura e organizzazione attuale ha generato insostenibili squilibri macroeconomici sia finanziari che commerciali tra il centro e la periferia dell'Eurozona, alimentati da politiche mercantiliste e dalla svalutazione interna generata dei Paesi in surplus comprovata dal fatto che, come si evince dalla Relazione 2015 sul meccanismo di allerta della Commissione europea, 18 dei 28 Paesi appartenenti all'Unione europea hanno squilibri macroeconomici ritenuti degni di attenzione;
    la crisi della Grecia ha drammaticamente dimostrato che mancano strumenti efficaci e democratici per gestire le crisi dei debiti sovrani e per correggere gli squilibri macroeconomici tra Paesi, tradendo i valori di dignità umana, uguaglianza e soprattutto solidarietà su cui l'Unione doveva e deve basarsi;
    urge la necessità di politiche «anticicliche» efficaci per uscire dalla crisi, per combattere la disoccupazione, nonché la povertà che oramai è a livelli record, e per rilanciare la crescita e gli investimenti. Questi ultimi però richiedono ingenti investimenti pubblici che mal si conciliano con le politiche di austerità;
    le attuali regole del Patto di Stabilità e crescita impediscono agli Stati di realizzare i necessari investimenti pubblici a sostegno dell'economia reale e della domanda interna, che risultano impraticabili per via dei vincoli di bilancio;
    il parametro «mantra» del 3 per cento trova le sue radici nel 1992 come parametro di Maastricht e viene poi ripreso nel 1997 attraverso il Patto di Stabilità e Crescita tra i paesi membri dell'Unione europea, rafforzandosi nel Fiscal Compact;
    ab origine il suddetto parametro deriva da una mera espressione algebrica mirante a stabilizzare il rapporto debito/PIL al valore medio (60 per cento) dei primi paesi che negli anni ’90 sono entrati nell'Unione Monetaria, ed era collegato alla condizione che il PIL reale crescesse, in media, attorno al 3 per cento annuo. Tale obiettivo (60 per cento rapporto debito/PIL) e tale ipotesi (3 per cento crescita annua PIL) si sono rivelati negli ultimi anni palesemente irrealistici e irrealizzabili. Appare pertanto evidente come il 3 per cento non rispecchi considerazioni e necessità reali dell'Unione europea e dell'area euro in particolare;
    le priorità imposte dal fiscal compact, quali ad esempio il pareggio di bilancio, contraddistinto da sciagurate politiche di austerità o riforme strutturali deleterie, nonché da privatizzazioni e dalla svendita del patrimonio pubblico, come ad esempio il fondo privatizzazioni in Grecia e la riforma delle banche popolari in Italia. A tutto ciò si aggiunge la volontà di attrarre investimenti privati – ad esempio attraversi il FEIS (cosiddetto Piano Juncker) – e l'ulteriore sviluppo dei mercati finanziari – come l'iniziativa CMU – che avranno quale unica conseguenza quella di ritardare la ripresa economica e, aumentando le ineguaglianze socio-economiche, non risolveranno i problemi di disoccupazione e di povertà;
    una unione fiscale non è una ipotesi credibile nemmeno nel lungo periodo, per la resistenza dimostrata dagli Stati Membri a condividere i rischi o ad adottare misure efficaci contro elusione fiscale delle multinazionali;
    l'unione fiscale non risolverebbe le asimmetrie macroeconomiche e gli squilibri generati dall'introduzione della moneta unica in Paesi con caratteristiche e dinamiche economiche molto diverse tra loro;
    la creazione del Ministro delle Finanze «europeo» causerebbe un'ulteriore cessione di sovranità nazionale all'Europa e perdita del controllo democratico sulle decisioni economiche,

impegna il Governo:

   a predisporre una seria strategia di politica estera dell'Unione più flessibile e adeguata nel rispondere alle minacce e alle sfide emergenti in settori quali la sanità, l'energia, i cambiamenti climatici, l'accesso all'acqua o il processo di desertificazione, fattori che spingono le popolazioni coinvolte verso altri Paesi e che si legano inevitabilmente all'aumento dei flussi migratori, attraverso l'adozione di misure e proposte per la riduzione dell'impatto ambientale e del consumo delle risorse, per una cooperazione allo sviluppo che non sia sinonimo di sostentamento, per la risoluzione di conflitti non basata sul solito interventismo militare;
   a potenziare le strutture consolari di assistenza sociale in modo che esse possano farsi carico di un primo orientamento in loco dei nuovi migranti con la costituzione di appositi sportelli all'interno degli uffici consolari;
   a far sì che l'approccio al dramma dei profughi e dei flussi migratori dall'Africa non sia affrontato dall'Unione europea esclusivamente attraverso la via del contenimento poliziesco e militare ma che sia avviata, anche nel solco dei processi di Rabat e di Khartoum, una nuova politica della Unione europea nei confronti del continente africano in grado di affrontare le cause remote (povertà, crisi e conflitti) anche tramite il miglioramento delle situazioni della sicurezza, umanitarie e dei diritti umani e delle condizioni socio-economiche nei Paesi di origine; di rafforzare la cooperazione con i Paesi di transito per il controllo dei flussi, per un contrasto efficace dei trafficanti e per rafforzarne le capacità in modo da consentire alle autorità locali di affrontare la questione in maniera più proficua;
   a implementare con fatti concreti il cosiddetto «Processo di Khartoum» chiedendo che l'intera Unione europea non si caratterizzi esclusivamente con missioni militari come Eunavfor Med o Active Endeavour ma si decida a intervenire sui problemi strutturali dell'immigrazione dall'Africa attraverso piani di cooperazione che rafforzino le economie locali contribuendo all'abbattimento della povertà e dei conflitti in quell'area;
   a rendere effettivi gli impegni assunti, nel quadro dei citati processi, attraverso un approccio di maggiore generosità in termini di stanziamenti nella cooperazione allo sviluppo con questi Paesi implementando contestualmente più serrati controlli sulla destinazione di tali fondi e sui fenomeni di corruzione inevitabilmente correlati;
   a continuare a rafforzare la partnership tra Unione europea e l'Unione Africana e con le organizzazioni regionali africane, con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori, con l'Organizzazione internazionale per le Migrazioni e l'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite;
   a porre in essere ogni iniziativa affinché venga esclusa in questa fase l'adesione alla NATO di ulteriori Paesi della disciolta Unione Sovietica e a congelare, o in subordine a ridurre, le esercitazioni militari nel Baltico e nel Mar Nero con il fine di raffreddare la tensione con la Federazione Russa;
   a riprendere nelle apposite sedi i negoziati per il disarmo convenzionale e nucleare del nostro continente evitando ulteriori processi di militarizzazione della frontiera tra l'Unione europea e Federazione Russa ed evitando esercitazioni nel Mediterraneo come la Trident Juncture 2015 che rischiano di snaturare il ruolo di ponte tra i popoli e di dialogo che deve avere l'Unione europea e l'Italia in particolare;
   ad escludere azioni di guerra in Libia che finirebbero per rafforzare in tutto il Medio Oriente le pulsioni fondamentalistiche antioccidentali e terroristiche;
   ad attivarsi nelle apposite sedi perché l'Unione europea chieda al governo di Ankara la riapertura del processo di pace e di inclusione con il popolo curdo, attraverso il cessate il fuoco immediato e assicurando la piena agibilità politica nel Kurdistan turco di tutte le forze democratiche affinché il voto sia effettivamente libero;
   a rafforzare in tal senso l'invio di osservatori elettorali dell'Unione europea in Turchia per monitorare la regolarità del voto e la possibilità di poterlo esercitare liberamente in particolare nelle province del Kurdistan turco e a insistere al contempo perché la Turchia ponga termine a ogni ambiguità nei confronti dell'Isis collaborando con l'Unione europea al fine di bloccare l'afflusso di armi alle organizzazioni terroristiche e impedire il transito verso Siria e Iraq dei foreign fighters;
   ad impegnarsi nelle opportune sedi istituzionali per promuovere un processo di pace in Siria che miri alla riunificazione del paese al fine di promuovere lo sviluppo della nazione e una situazione di sicurezza e protezione della popolazione;
   ad intraprendere ogni iniziativa atta al perseguimento di una unione economica che concretizzi il principio imprescindibile di solidarietà tra popoli e pertanto incentri la gestione delle risorse disponibili perseguendo il benessere collettivo di tutti i cittadini europei;
   ad attuare ogni iniziativa volta ad arrestare le attuali fallimentari politiche neoliberiste e di austerità, che si basano sulla svendita di asset strategici e di rilevante utilità sociale, ovvero le politiche di privatizzazione, e sull'assurdo assunto che politiche di austerità possano rilanciare l'economia di un Paese;
   ad intraprendere ogni iniziativa atta al superamento di una moneta comune che non sia permeabile alle differenti specificità economiche dei Paesi facenti parte dell'Eurozona;
   ad intraprendere ogni iniziativa volta a superare i vincoli posti dal Fiscal Compact e a rimpiazzare i target numerici con obiettivi macroeconomici e sociali basati su indicatori qualitativi che tengano conto del benessere sociale dei cittadini e che siano capaci di misurare lo sviluppo economico integrando nella analisi fattori ambientali e sociali, quali il Genuine Progress Indicator (GPI) o il Benessere Equo e Sostenibile (BES), così come già approvato nella risoluzione n. 1-00951 a prima firma Busto;
   a promuovere una profonda ristrutturazione del debito e la cancellazioni dei debiti pubblici esteri insostenibili e «illegittimi»;
   ad avviare l'apertura di un tavolo di lavoro tra i Paesi dell'Eurozona per lo smantellamento concordato e controllato della moneta unica o in alternativa, qualora non si trovi un accordo in tal senso, a prevedere nei trattati una procedura mirante ad introdurre il diritto di recedere unilateralmente dalla partecipazione alla moneta unica e pertanto a riacquisire la piena sovranità monetaria, l'autonomia fiscale e monetaria degli Stati membri.
(6-00170) «Sorial, Battelli, Manlio Di Stefano, Caso, Frusone, Nesci, Luigi Di Maio, Fraccaro, Petraroli, Vignaroli, Di Battista, Spadoni, Scagliusi, Brugnerotto, Castelli, Cariello, Colonnese, D'Incà».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

politica comunitaria

diritti umani

politica migratoria