ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00161

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 498 del 08/10/2015
Abbinamenti
Atto 6/00160 abbinato in data 08/10/2015
Atto 6/00162 abbinato in data 08/10/2015
Atto 6/00163 abbinato in data 08/10/2015
Atto 6/00164 abbinato in data 08/10/2015
Atto 6/00165 abbinato in data 08/10/2015
Firmatari
Primo firmatario: CASO VINCENZO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 08/10/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BRUGNEROTTO MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 08/10/2015
CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE 08/10/2015
CASTELLI LAURA MOVIMENTO 5 STELLE 08/10/2015
D'INCA' FEDERICO MOVIMENTO 5 STELLE 08/10/2015
SORIAL GIRGIS GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE 08/10/2015


Stato iter:
08/10/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 08/10/2015
Resoconto DE MICHELI PAOLA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
PARERE GOVERNO 08/10/2015
Resoconto DE MICHELI PAOLA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 08/10/2015

DISCUSSIONE IL 08/10/2015

NON ACCOLTO IL 08/10/2015

PARERE GOVERNO IL 08/10/2015

DICHIARATO PRECLUSO IL 08/10/2015

CONCLUSO IL 08/10/2015

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00161
presentato da
CASO Vincenzo
testo di
Giovedì 8 ottobre 2015, seduta n. 498

   La Camera,
   premesso che:
    nella Nota di aggiornamento al DEF 2015 in esame le proiezioni di crescita della nostra economia sono più favorevoli rispetto ai dati dello scorso aprile e delineano una maggior crescita del Pil che si attesterà, dallo 0,7 per cento, precedentemente previsto, allo 0,9 per cento nel 2015 e nel 2016 all'1,6 per cento rispetto all'1,4 per cento;
    per quanto concerne il rispetto dei vincoli europei di finanza pubblica, il Governo decide di rallentare il percorso di consolidamento fiscale, rinviando il pareggio di bilancio dal 2017 al 2018, dunque, con un conseguente aumento del livello di indebitamento netto programmato per il 2016 che, nel DEF 2015, era stato fissato all'1,8 per cento, mentre nella Nota in esame è determinato nella misura del 2,2 per cento, al –1,1 per cento per il 2017 e a –0,2 per cento per il 2018;
    nel 2017 l'indebitamento netto strutturale sarà pari allo 0,3 per cento del PIL. Pertanto rallenta anche la discesa del debito pubblico di un leggero margine, che lo porterà comunque al di sotto del 120 per cento solo a partire dal 2019;
    il Governo intende attivare la clausola degli investimenti, unitamente alla possibilità di utilizzare un margine di disavanzo addizionale pari allo 0,2 per cento del PIL (3,3 miliardi), riconosciuto dall'Unione europea per i costi sostenuti dall'Italia per i flussi migratori eccezionali;
    nel complesso le suddette scelte di politica economica consentiranno spazi di manovra per finanziare misure di rilancio dell'economia pari a 19,2 miliardi nel 2017, a 16,2 miliardi nel 2018 e a 19,9 miliardi nel 2019;
    per arrivare alla manovra annunciata dal Governo Renzi, pari a 27 miliardi di euro, a quanto sopra si aggiungano le misure di «spending review», con cui il Governo intende finanziare in parte l'alleggerimento del carico fiscale alle famiglie nel 2016 abolendo la TASI sulla prima casa, e le imprese agricole; la cancellazione della TASI sui terreni agricoli – correzione di un grave errore precedente – nonché sui macchinari imbullonati, mentre la riduzione della pressione fiscale sui redditi di impresa (IRES) è posticipata al 2017. A tal proposito sorge il dubbio sulla possibilità nell'arco del 2016 di conseguire con misure di «spending review» risparmi di spesa tali da consentire sia di evitare l'attivazione dal 2016 delle clausole di salvaguardia (aumento dell'IVA e delle accise sui prodotti petroliferi) – come confermato nella Nota in esame – sia assicurare la copertura finanziaria delle misure di alleggerimento della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese, considerato che le maggiori entrate imputate all'aumento delle aliquote IVA erano stimate in ben 12,4 miliardi nel 2016, di 17,8 nel 2017 e di 21,4 miliardi nel 2018;
    dal lato delle entrate, nel 2015 l'esecutivo si attende di incassare 11,87 miliardi di euro dalla lotta all'evasione. Rispetto alle previsioni di cassa assestate 2015 si registrano maggiori entrate per complessivi 2,3 miliardi di euro. Le entrate correlate alla voluntary disclosure dovrebbero invece essere pari a 671 milioni nel 2015 e 18 milioni nel 2016; cifra nettamente inferiore a quella indicata dal governo stesso nel decreto-legge n.153 del 30 settembre 2015 (A.S. 2070 in corso di conversione), il quale prevede di coprire le mancate entrate derivanti dalla disattivazione per il 2015 dell'aumento dell'accisa sulla benzina (pari a 728 milioni di euro) ovvero della clausola di salvaguardia che il Governo aveva posto a copertura dell'eventuale mancata autorizzazione, di fatto avvenuta, da parte dell'Europa, del meccanismo del reverse charge per la grande distribuzione;
    nel documento il Governo intende potenziare le dismissioni pubbliche, rivedendo il piano di privatizzazioni già presentato nel Def 2014 e fissando obiettivi più ambiziosi in termini di proventi attesi, pari a circa 0,4 per cento del Pil nel 2015 e 0,5 per cento negli anni 2016-2018. Nella Nota si legge che l'attuazione delle operazioni «è in ogni caso condizionata alla presenza di condizioni di mercato favorevoli, che permettano di valorizzare al meglio tali assets». Ciò non impedisce all'esecutivo di fissare degli obiettivi più ambiziosi per incrementare i proventi attesi dalle privatizzazioni;
    in merito all'obiettivo di riduzione della pressione fiscale, nella Nota si prevede una flessione della medesima fino al 42,6 percento nel 2016 e «...tenendo conto della disattivazione delle clausole di salvaguardia e dell'impatto del provvedimento degli 80 euro a riduzione dell'Irpef, la pressione fiscale scende, nello scenario tendenziale, da 43,1 per cento nel 2015 a 42,6 per cento nel 2016 con ulteriori riduzioni negli anni successivi» – si legge nel documento in esame. Nel caso in cui venissero attivate le clausole, a causa del mancato conseguimento degli obiettivi di bilancio, «l'evoluzione della pressione fiscale risulterebbe in crescita: dal 43,7 per cento nel 2015 raggiungerebbe il 44,3 per cento nel 2017 per poi attestarsi al 44 per cento nel 2019». Al momento la non attivazione delle clausole resta solo un impegno del Governo, non una certezza. Peraltro si rileva che a pochi giorni dalla presentazione della legge di stabilità 2016 nessuna indicazione o anticipazione è data nella Nota sui tagli di spesa, che verranno effettuati e sugli effetti finanziari imputati ai medesimi;
    nella Nota di aggiornamento al DEF 2015, per la parte riguardante la Difesa sono previsti stanziamenti aggiuntivi pari a 300 milioni di euro e sono confermate tutte le voci di investimento per acquisizioni di sistemi d'armamento in essere nel bilancio del Ministero dello sviluppo economico per ulteriori 1,2 miliardi di euro;
    in materia di lavoro, in base a quanto riportato nella Relazione al Parlamento 2015, che accompagna la nota di aggiornamento del Def, in riferimento alla legge di stabilità per il 2016, l'azione di Governo si concentrerà, tra l'altro, su misure di alleviamento della povertà e stimolo all'occupazione;
    si stima che il tasso di disoccupazione scenderà al 12,2 per cento nel 2015 rispetto al 12,7 per cento del 2014. Nel 2016 il tasso di disoccupazione calerà ulteriormente all'11,9 per cento per poi scendere all'11,3 per cento nel 2017, al 10,7 per cento nel 2018 e al 10,2 per cento nel 2019;
    in base a quanto indicato dal Governo, l'occupazione deve migliorare ad un ritmo più sostenuto se si vuole evitare che la crescita di lungo periodo dell'economia non venga danneggiata: «È vero che i dati sul mercato del lavoro negli ultimi mesi sembrano indicare risultati delle politiche combinate di ordine strutturale (Jobs act) e fiscale (decontribuzione per i nuovi assunti) che vanno al di là delle aspettative (in termini di incremento del numero di partecipanti, incremento assoluto del numero di occupati, riduzione del tasso di disoccupazione). È però importante anche reintegrare nel mercato del lavoro il più rapidamente possibile i disoccupati e gli inattivi onde evitare fenomeni di scoraggiamento e dequalificazione che incidono negativamente non solo sul benessere immediato dei cittadini ma anche sul potenziale di crescita dell'economia nel lungo periodo. [...] Nel loro insieme queste considerazioni ci spingono a porre particolare enfasi su di una intonazione fiscale più favorevole alla crescita, pur nell'equilibrio indispensabile con il progressivo consolidamento dei conti pubblici. Ai fini della crescita, la composizione del bilancio pubblico (cioè l'impatto di impieghi ed entrate) è quanto e più rilevante dei saldi. Per questo il Governo adotta misure volte a rendere più efficace ed efficiente la spesa (spending review e accelerazione degli investimenti pubblici co-finanziati con fondi europei) in combinazione con tagli selettivi e mirati delle imposte tali da stimolare gli investimenti privati»;
    il Governo stesso evidenzia come «la crescita dell'occupazione resta ancora caratterizzata da aspetti critici. La crisi profonda ha portato ad una drastica caduta occupazionale per le fasce più deboli della popolazione, in particolare la componente giovanile. Diverse le implicazioni invece in confronto alla fascia di popolazione over 54, che ha fornito negli ultimi anni un contributo positivo alla variazione dell'occupazione»;
    tale andamento è ascrivibile, almeno in parte, all'entrata in vigore della legge n. 214 del 2011, che ha determinato l'innalzamento dell'età pensionabile: la rigidità, indotta da questa legge, ha comportato difficoltà per i giovani nel momento dell'ingresso nel mercato del lavoro, a causa dell'abbassamento, in certi ambiti del completo azzeramento, del turn-over e del ricambio generazionale, all'interno dei luoghi di lavoro;
    nei primi due trimestri del 2015 il contributo degli over 54, spiega per 1,2 punti percentuali la variazione dell'occupazione a fronte della fascia di lavoratori under 35, che vede ridurre il suo contributo negativo, in termini occupazionali solo del –0,3 per cento;
    in relazione al rinnovo dei contratti pubblici gli interventi programmatici del Governo comprendono altre misure con effetti espansivi: in aggiunta alle spese da rifinanziare previste nello scenario a politiche invariate, si profila il prosieguo di politiche di stimolo già esistenti, il recepimento della sentenza della Corte costituzionale sul rinnovo dei contratti pubblici, l'introduzione di misure di stimolo per gli investimenti. Per lo sblocco della parte economica dei contratti non sono citate cifre, ma per le misure con effetti espansivi si profila, rispetto allo scenario tendenziale, un tasso di crescita di 0,1 punti a partire dal 2016;
    nel documento in esame non viene indicata alcuna misura in materia di pensioni, in termini di previsione di una maggior spesa, con l'unica eccezione del previsto stanziamento dei fondi per garantire l'incremento della rivalutazione al 50 per cento dal 1o gennaio 2016 per le pensioni interessate dalle disposizioni di cui al decreto-legge n. 65 del 2015;
    in materia di politica estera, nel corso del suo intervento all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, tenuto il 29 settembre 2015, il Presidente del Consiglio Renzi ha tra l'altro affermato: «Il mio Paese si è impegnato per l'attuazione dell'Agenda 2030 ed è pronto a fare la propria parte. Confermando l'impegno preso alla conferenza di Addis Abeba, l'Italia si è impegnata ad aumentare i fondi per la cooperazione. Il nostro obiettivo è rafforzare il nostro contributo finanziario nella cooperazione allo sviluppo, superando il rapporto aiuti/Pil di altri donatori G7»;
   considerato che:
    la decisione di rallentare i vincoli del patto di stabilità europeo anche per il 2016 e 2017 dimostrano ormai palesemente il fallimento delle misure restrittive imposte dalla Commissione europea; le proiezioni di crescita della presente Nota, dovute al sostegno della domanda interna, dovrebbero indurre a scelte ancor più incisive per rinforzare il trend crescente del Pil e recuperare il tempo perduto dall'attuale Governo e dai precedenti, che, al contrario, proprio nel 2013 e nel 2014, in corrispondenza del momento più acuto della recessione, hanno perseguito solo la traiettoria di avvicinamento dell'Italia all'obiettivo (MTO) ricorrendo a timidi scostamenti, senza riuscire a fronteggiare prontamente «una recessione tra le più profonde e prolungate della storia italiana» che richiedeva una coraggiosa politica di espansione per il sostegno dei redditi delle fasce più colpite e soprattutto mediante una seria e non timida «spending review» accompagnata da un efficace piano di riforme. In particolare la riforma fiscale, finalizzata a ridurre la pressione fiscale sulle imprese, per sostenere la produttività ed evitare la chiusura ed il fallimento di tantissime aziende. Al contrario, nella Nota addirittura solo a partire dal 2017 il Governo intende ridurre l'IRES;
    i maggiori investimenti correlati alla clausola saranno realizzati solo se ci sarà l'effettiva capacità delle Pubbliche Amministrazioni di spendere le risorse nazionali, ma sappiamo che ad oggi permane ancora un risultato mediocre e poco rassicurante, pari ad una capacità non superiore a 0,14 punti di PIL, ben lontano dall'obiettivo dello 0,3 per cento necessario ad attivare la clausola nella misura prevista;
    anche il ricorso all'utilizzo della clausola degli investimenti è contenuto, in quanto, nel rispetto della safety margin, il Governo potrebbe chiedere uno sforamento superiore, ampliando dunque gli investimenti cofinanziati e dando maggiore stimolo all'economia;
    come rileva la Corte dei conti, le ipotesi alla base del quadro programmatico della Nota presentano elementi di fragilità, che non garantiscono la tenuta del quadro programmatico, la cui realizzazione dipende sia dalla dimensione che dalla composizione della manovra, di cui non si ha alcuna anticipazione di carattere qualitativo;
    elemento di preoccupazione resta l'elevato debito, la cui riduzione è confermata a partire dal 2016 e nel rispetto della regola del debito, ma sarà conseguita attraverso gli introiti delle privatizzazioni, nonché dell'avanzo primario, che deve essere necessariamente mantenuto elevato, anche per fronteggiare una spesa per interessi che si mantiene sopra il 4 per cento per tutto il periodo;
    ciò significa che i differenziali positivi di una lenta ed incerta crescita non potranno essere destinati ad investimenti, ovvero a politiche di sostegno all'occupazione e protezione sociale, nonché miglioramento dei servizi alla collettività, ma obbligatoriamente alla riduzione del debito e al pagamento degli interessi;
    peraltro, nelle previsioni di riduzione del debito non si ha alcuna informazione sugli effetti degli strumenti derivati sottoscritti dal MEF, che potrebbero essere devastanti fino ad un ipotetico importo di circa 40 miliardi;
    la non esaustiva conoscenza dell'effettiva composizione del debito pubblico non consente al Parlamento di esercitare seriamente la funzione di controllo della gestione delle risorse pubbliche;
    alla luce di quanto sopra si teme che non ci saranno spazi e risorse certe per ampliare le misure di sostegno dei redditi delle fasce più deboli, alla luce del fatto che il trend di riduzione del tasso di disoccupazione, previsto nella misura del 12,2 per cento nel 2015, dell'11,9 per cento nel 2016, dell'11,3 per cento nel 2017, del 10,7 per cento nel 2018 e del 10,2 per cento nel 2019, non è confortante, dunque un'ampia fascia di popolazione permarrà nel prossimo triennio in uno stato di difficoltà e inoccupazione, che rasenta la soglia di povertà. In merito alla disoccupazione giovanile, l'ISTAT rileva che «i giovani fra i 15-34 anni rappresentano il gruppo maggiormente colpito». Dall'inizio della crisi si stanno bruciando intere generazioni e si constata che le strutture sociali ed economiche vigenti sono antiquate e disegnate da e per cittadini anziani e questo determina, nonostante il «Job Act», una mancanza di attenzione al mondo giovanile, che ha prodotto condizioni sociali insostenibili e atteggiamenti di ripiego esistenziale, che hanno un costo sociale per la gestione dei servizi;
    la principale misura di sostegno dei redditi adottata a regime dal Governo, il cosiddetto «bonus fiscale», ha in parte sostenuto i lavoratori con stipendi medio-bassi, ma non ha garantito il sostegno della domanda di beni e servizi con elevato grado di elasticità della fascia di popolazione inoccupata e disoccupata, obiettivo che sarebbe invece raggiungibile mediante l'adozione del reddito di cittadinanza, peraltro già esistente e funzionante in tutti i Paesi membri dell'Unione europea, ad eccezione dell'Italia; e della Grecia;
    rafforzare le misure di protezione delle fasce più deboli e diffondere strumenti per ampliare il «benessere collettivo» non solo dovrebbe essere una priorità della classe politica, che mai si è impegnata ad adottare politiche economiche in cui prevalesse il senso «etico», al fine di perseguire nella gestione delle risorse pubbliche i principi di perequazione, sussidiarietà ed economicità, (principi fondativi della convivenza sociale), ma costituisce oggi una priorità, visto l'evidente deterioramento delle condizioni di vita di una sempre più ampia fascia di popolazione;
    le misure anticipate dal Governo con la presente Nota e che dovrebbero essere adottate con la legge di stabilità dovrebbero avere quale finalità ridurre le distanze fra le classi sociali, perseguendo soprattutto un uguale accesso ai servizi, senza omologare le differenze, eliminando le condizioni di iniquità o sperequazione;
    al contrario, la politica restrittiva adottata dai Governi italiani fin dal 2011 ha acuito la crisi e prolungato la fase di recessione, gettando nella disperazione chi ha perso il posto di lavoro o ha dovuto chiudere e dichiarare il fallimento della propria azienda nella insussistenza o inefficacia di sistemi di protezione sociale;
    particolarmente drammatica continua ad essere la situazione del Sud, una zona che, come certificato dalla Svimez, è «a rischio desertificazione umana e industriale, dove si continua a emigrare (116000 abitanti nel solo 2013), non fare figli, impoverirsi perché manca il lavoro (al Sud perso l'80 per cento dei posti di lavoro nazionali tra il primo trimestre del 2013 e del 2014); l'industria continua a soffrire di più; i consumi delle famiglie crollano di quasi il 13 per cento in cinque anni; gli occupati arrivano a 5,8 milioni, il valore più basso dal 1977 e la disoccupazione corretta sarebbe del 31,5 per cento invece che il 19,7 per cento»;
    ogni stato membro dell'Unione europea deve poter adottare politiche di espansione per sostenere la domanda interna e la crescita economica, anche in virtù di quanto confermato nel documento in esame, nel quale si evidenzia che alla svolta ciclica ha contribuito in misura maggiore il sostegno della domanda interna;
    secondo quanto dichiarato da esponenti del Governo:
     1) per quanto riguarda le misure di contrasto alla povertà sarebbero in cantiere misure ad hoc per i nuclei a più basso reddito con minori;
     2) per quanto riguarda il lavoro sarebbero in programma ulteriori misure di decontribuzione sebbene maggiormente selettive;
     3) per quanto riguarda il lavoro autonomo si procederebbe ad una revisione del regime dei minimi con l'obiettivo di risolvere il problema del doppio regime creato con la legge di stabilità 2015;
    riguardo alla materia pensionistica, l'applicazione della cosiddetta «opzione donna» di cui all'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004, riferita alle pensioni decorrenti entro il 31 dicembre 2015, è prevista chiudersi entro la predetta data;

    le lavoratrici la cui finestra si apre dal 1o gennaio 2016 non potranno accedere alla prestazione in parola. Parimenti si ritiene siano escluse le lavoratrici che, pur avendo maturato la finestra mobile in tempo utile per l'accesso al regime, presentino domanda di pensione successivamente alla scadenza del regime opzionale;
    alcune dichiarazioni del Ministro del lavoro ipotizzerebbero l'attuazione di una «nuova opzione donna», con la possibilità di anticipare di tre anni l'uscita rispetto all'età di vecchiaia con penalizzazione meno pesante perché non sarebbe previsto il ricalcolo contributivo sull'intera vita lavorativa, bensì un sistema legato alla speranza di vita;
    al riguardo, il Ministero del lavoro ipotizzerebbe un taglio di circa il 3,5 per cento l'anno per un totale di circa il 10 per cento di taglio dell'assegno (contro il 25-30 per cento di taglio possibile in caso di carriera rapida tra sistema retributivo e contributivo);
    in base alla legge Fornero, le donne del settore privato, a decorrere dall'anno 2016, si troveranno di fronte a un nuovo scalino con il passaggio dell'età di vecchiaia da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi (1 anno e 10 mesi in più rispetto al 2015);
    riguardo ai lavoratori cosiddetti esodati, nel complesso sono stati attuati sei provvedimenti di salvaguardia, allo stato attuale, è all'esame della Commissione XI della Camera, il progetto di legge AC 2514, concernente la settima salvaguardia, il quale appare tuttavia ben lontano dall'essere la soluzione definitiva al problema, non prevedendo tra i soggetti da salvaguardare, coloro che pur avendo maturato 41 anni di anzianità contributiva, non hanno raggiunto i limiti di età anagrafica, prevista dall'articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011 (cosiddetta riforma Fornero);
    la Legge di stabilità 2015 pur avendo introdotto lo sgravio contributivo per i neoassunti a tempo indeterminato, per tutte le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, ha tuttavia abrogato le misure di cui all'articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, maggiormente vantaggiose e meglio mirate verso le realtà territoriali del Paese più arretrate;
   ritenuto che:
    l'ottimismo delle previsioni di crescita del PIL nel 2015 e negli anni successivi, seppur contenuto, deve restare circoscritto in via prudenziale per i segnali di indebolimento delle grandi economie emergenti e peggioramento dello scenario macroeconomico internazionale, avvenuto nei mesi estivi;
    le risorse attese dal Governo, conseguenti all'attivazione della clausola per investimenti, sono date per certe, e già inglobate nelle previsioni aggiornate in esame, ma l'utilizzo della suddetta clausola deve essere ancora vagliata ed autorizzata dalla Commissione europea;
    dubbi permangono sull'ammontare delle risorse da recuperare per il sostegno della domanda interna, tramite misure di riduzione della pressione fiscale, indispensabile per la crescita del PIL come da previsioni della Nota, dato che, a distanza di pochi giorni, nella medesima nulla è detto sull'effettivo ammontare delle risorse da rinvenire mediante una rapida e sostanziosa «spending review», che, oltre a dover compensare il blocco dell'aumento dell'IVA, come previsto dal DEF 2015, dovrà consentire anche la copertura della suddetta riduzione del carico fiscale annunciata a decorrere dal 2016 e dal 2017 per le imprese;
    non è chiaro se la clausola di salvaguardia dell'aumento delle aliquote IVA sarà disattivata solo per l'anno 2016, come peraltro riporta la Nota, oppure l'intento del Governo è di congelare i suddetti aumenti anche per gli anni 2017 e 2018;
    il Governo persevera a includere fra le risorse disponibili per realizzare le misure di politica economica le cospicue entrate correlate alle misure di contrasto all'evasione fiscale, che sono caratterizzate da aleatorietà, mentre permane debolezza e una tempistica inadeguata per contrastare i fenomeni di corruzione nella pubblica amministrazione, che sottraggono cospicue risorse pubbliche;
    servono decisioni di politica economica più drastiche e coraggiose, idonee a garantire una gestione delle risorse pubbliche disponibili più redditizia, considerato che permane una bassa incidenza delle spese di investimento sul Pil, pari a 2,3 per cento nel triennio 2015-2017 rispetto all'incidenza delle spese per interessi pari al 4,3 per cento del PIL, ossia 70 miliardi nel 2015, superiori ai 64,2 miliardi di spese per investimenti, che si riducono nel 2019 a 57,6 miliardi;
    in un quadro macroeconomico più favorevole, ma ancora non stabile, il cauto ottimismo sulle previsioni di crescita nel prossimo triennio richiederebbero di adottare scelte politiche inflessibili sulle priorità degli interventi, a cui destinare le maggiori risorse, che si rendessero disponibili, da individuare fra le misure più efficaci a sostenere lo sviluppo del Paese;
    non si condivide l'intento del Governo di incrementare le dismissioni delle partecipazioni solo per fare cassa e ridurre il debito, una vera e propria rinuncia ad assets e aziende, in particolare quelle che erogano servizi pubblici essenziali o rilevanti, alle quali, al contrario, dovrebbe destinare risorse per potenziarne l'efficacia e l'efficienza, evitando di servire una tale opportunità ai capitali privati anche esteri;
    al contrario, più che ridurre la spesa pubblica, è necessario dare una priorità nelle decisioni di spesa, selezionando misure ed interventi finalizzati a migliorare il benessere della collettività, pur nel rispetto degli obiettivi di redditività, a cui destinare inderogabilmente le risorse disponibili, per aumentare l'incidenza percentuale degli investimenti produttivi sul Pil, in misura pari o superiore alla spesa per interessi, assicurando in tal modo nel medio-lungo periodo una crescita del PIL, che garantisca contestualmente sia la riduzione del debito che la modernizzazione e lo sviluppo della nostra economia;
    è evidente che il Governo continua a finanziare i nuovi investimenti e parte della riduzione del carico fiscale, ricorrendo ad un maggior indebitamento, come già accaduto nel 2014 e a regime con il bonus fiscale, essendo in forte ritardo con le misure di spending review;
    in materia di rafforzamento della lotta agli sprechi in materia sanitaria, si rileva che l'alimentazione è uno dei fattori che maggiormente incide sullo sviluppo, sul rendimento e sulla produttività delle persone, e rappresenta una risorsa strategica del sistema sanitario. Una sana alimentazione associata a uno stile di vita attivo è uno strumento valido per la prevenzione, la gestione e l'insorgenza di molte malattie, come ad esempio quelle cronico-degenerative, diabete e obesità. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, circa 1/3 delle malattie cardiovascolari e dei tumori potrebbero essere evitati grazie a una equilibrata e sana alimentazione e, pertanto, è molto importante seguire uno stile di vita corretto, in particolare un'alimentazione sana e un'attività fisica costante. Spesso la medicina è orientata alla cura della malattia e non alla prevenzione e dunque, c’è grande necessità di orientare alla prevenzione più che alla cura. Curare non significa solo curare la malattia, ma è importante prevenire la cura in assenza di malattia;
   rilevato che:
    il Governo persegue la strada già intrapresa in passato di sovrastimare le sue previsioni tendenziali sul PIL, così come ci ricorda l'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), nell'audizione del 29 settembre corrente anno, sia per quanto attiene l'anno 2016 – «[...] la previsione sul PIL del MEF per il prossimo anno, pur collocandosi all'interno del range delle stime, è in prossimità del limite più elevato dell'intervallo dei previsori del panel UPB» –, che raggiungendo valori ancora più sovrastimati nelle previsioni per gli anni successivi – «Le previsioni tendenziali del MEF per gli anni successivi risultano, invece, sostanzialmente fuori linea rispetto a quelle previste del panel UPB. In particolare, la crescita del PIL stimata MEF per il 2017 e 2018 (1,3 per cento in entrambi gli anni) è al di sopra del limite superiore dell'intervallo dei previsori; nel 2019, essa è appena al limite»;
    il Governo persegue la strada già intrapresa in passato di sovrastimare, non solo le sue previsioni tendenziali di cui sopra, ma anche le sue previsioni programmatiche sul PIL, tant’è che l'UPB sottolinea che «[...] in particolare, la dinamica del PIL ipotizzata dal MEF risulta più elevata della media dei previsori di quattro decimi di punto tanto nel 2017 che nel 2018, di tre decimi nel 2019; [...] limitando il confronto alle previsioni più basse (e più ravvicinate), il gap rispetto alla stima del MEF si riporta a cinque decimi di punto nel 2017 e 2018»;
    l'UPB avverte che se le previsioni di crescita estremamente ottimistiche del MEF, in particolare quella riferita agli anni 2017, 2018 e 2019, fossero state oggetto del processo di validazione, questa «avrebbe potuto pregiudicarne l'esito positivo»;
    come più volte ribadito, appare necessario assicurare l'autonomia delle persone e la loro dignità e, a tal fine, semplificare il welfare e renderlo al contempo più certo ed essenziale, più concretamente presente nella vita dei cittadini molti dei quali sono costretti a sopravvivere al problema occupazionale dovendosi al contempo confrontare con un sistema eccessivamente frammentato e non in grado di fornire certezze. A tal fine deve essere considerata prioritaria l'introduzione del reddito di cittadinanza, già previsto da tutti i Paesi dell'Unione europea, con le uniche eccezioni di Italia e Grecia, e in molti Paesi non comunitari;
    come certificato dall'ISTAT nelle sue simulazioni, tale misura non disperde risorse a favore dei non poveri, riguardando 2 milioni e 759 mila famiglie con un reddito inferiore alla linea di povertà (10,6 per cento delle famiglie residenti in Italia). «Di queste, la maggior parte (2 milioni e 640 mila) ha un reddito inferiore all'80 per cento della linea di povertà relativa calcolata sui redditi con la metodologia europea. [...] La misura tende a costituire una rete di protezione sociale “compatta”, compensando eventuali insufficienze del sistema di welfare. Favorisce il contrasto alla povertà minorile e a quella dei giovani che vivono soli. La maggiore incidenza di beneficiari si osserva fra le coppie con figli minori [...] e, soprattutto, fra i monogenitori con almeno un figlio minore [...]. La percentuale di famiglie con un reddito inferiore al 60 per cento della linea di povertà relativa viene di fatto azzerata in tutte le ripartizioni geografiche, con un impatto maggiore nel Mezzogiorno [...]. L'effetto della misura è massima sulla povertà più grave e sull'intensità della povertà (misurata dal poverty gap ratio)» il cui indice passa dal 3,8 allo 0,1,

impegna il Governo

   in materia di economia e finanze:
    ad operare una drastica correzione degli indirizzi di politica economica e sociali seguiti negli ultimi quattro anni, finalizzata al rinnovamento del Paese, alla realizzazione di un Paese più competitivo, alla promozione di una maggiore coesione e equità sociali, facendosi promotore di iniziative incisive per l'accelerazione alla transizione ad un modello alternativo di sviluppo, sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, e che ristabilisca equità e giustizia ricreando, su queste basi, una prospettiva economica ed occupazionale stabili;
    nella gestione del debito pubblico, a non ricorrere in futuro alla sottoscrizione di strumenti derivati ed integrare con apposita relazione le informazioni sul debito pubblico contenute nel Def 2015 e nella presente Nota di aggiornamento, evidenziando i possibili scenari del percorso di rientro del debito, in base agli eventuali effetti negativi derivanti dalla gestione degli strumenti derivati in essere;
    ad integrare nella presente Nota di aggiornamento le informazioni sul debito ivi contenute, con l'indicatore del debito privato, per restituire un quadro più fedele della solidità dell'economia del Paese, che rappresenti l'effettivo consolidamento patrimoniale delle famiglie e delle imprese;
    in occasione della legge di stabilità 2016, individuare obiettivi di spesa che siano necessariamente etici e rispondenti a valutazioni di impatto sociale pur nell'attenta considerazione delle risorse disponibili;
    ad adottare apposite misure per garantire la non attivazione delle clausole di salvaguardia correlate all'aumento delle aliquote IVA e delle accise sui prodotti petroliferi anche negli anni 2017 e 2018;
    ad adottare le misure di «spending review» per finanziare la riduzione del carico fiscale alle famiglie ed imprese evitando di tagliare servizi e agevolazioni vigenti di sostegno ai redditi, per rendere effettiva la riduzione della pressione fiscale piuttosto che conseguirla fittiziamente mediante delle semplici «partite di giro»;
    ad introdurre misure di sostegno al reddito tali da garantire a ciascun cittadino, anche mediante integrazione del reddito percepito, un reddito di cittadinanza al fine di garantire un livello minimo di soddisfacimento delle esigenze fondamentali e primarie di vita, individuali e familiari;
    a migliorare gli strumenti compensativi esistenti anche attraverso la istituzione presso l'Agenzia delle entrate una «Camera di compensazione» preposta a compensare debiti e crediti di natura tributaria, provvedendo direttamente anche ai relativi adempimenti fiscali;
    ad agevolare le piccole e medie imprese e le nuove iniziative imprenditoriali anche attraverso l'estensione della disciplina del «regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità» alle società di persone o di capitali di nuova costituzione;
    in materia di imposte locali, ad assumere iniziative normative volte alla razionalizzazione e riduzione delle imposte locali sugli immobili e sulla produzione di rifiuti garantendo, in armonia con il principio costituzionale della capacità contributiva, una maggiore equità nella distribuzione del prelievo (privilegiando le situazioni a basso reddito ai fini del riconoscimento di riduzioni, esenzioni ed agevolazioni fiscali) ed una semplificazione degli adempimenti fiscali;
    a rafforzare le misure di contrasto dei fenomeni di corruzione nella pubblica amministrazione, causa di sperpero di ingenti quantità di risorse pubbliche, non attraverso i consueti strumenti per una maggiore deterrenza e punibilità, ma costruendo un piano di riferimento sociale per la piena consapevolezza e comprensione degli atteggiamenti deteriori e dei fattori generativi della corruzione agendo sull'ambiente sociale;

   in materia ambientale:
    a promuovere politiche efficaci per la prevenzione del dissesto idrogeologico, per la tutela del territorio, per il contenimento del consumo del suolo, con l'assunzione di un chiaro impegno per accelerare l'approvazione delle proposte di legge sul consumo di suolo e per garantirne la rapida attuazione, nonché ad avviare misure per la defiscalizzazione degli interventi per la rimozione dell'amianto dagli edifici, per l'efficientamento energetico, per la messa in sicurezza del territorio e per la realizzazione di opere di consolidamento;
    ad avviare appropriate e immediate iniziative di rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili, spostando gli investimenti sulla ricerca e sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, sul risparmio energetico nonché sull'efficiente produzione e uso dell'energia;
    ad adottare opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio (carbon tax), al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle;

   in materia di infrastrutture e trasporti:
    a promuovere il completo e definitivo superamento delle disposizioni di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, prevedendo l'aggiornamento e la revisione del Piano generale dei Trasporti e della logistica approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, la riprogrammazione dell'allocazione delle risorse alle opere in base ai criteri individuati nel «Documento Pluriennale di pianificazione (PPP) previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 228, nonché l'applicazione delle procedure di valutazione ambientale strategica (VAS) e di valutazione di impatto ambientale (VIA) di cui alla Parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, con conseguente revisione e riduzione del numero complessivo degli interventi strategici contenuti nel Programma Infrastrutture Strategiche, con l'obiettivo di: operare un chiaro cambio di rotta sulle politiche infrastrutturali; eliminare le opere che non siano sostenibili, sia sotto il profilo finanziario che ambientale;
    a garantire il riequilibrio modale; privilegiare la riqualificazione e messa in sicurezza della rete viaria, il potenziamento della rete ferroviaria locale, la messa in sicurezza del territorio e lo sviluppo di una vera e propria rete di mobilità sostenibile, che si basi sull'interconnessione del trasporto ferroviario, il trasporto urbano e gli itinerari ciclabili e pedonali;
    ad implementare e migliorare l'offerta di trasporto pubblico locale in modo da renderlo adeguato alle reali esigenze di mobilità della popolazione, anche attraverso un intervento normativo capace di garantire stabilità al settore e dettare, al contempo, regole certe sulla natura delle società di trasporto pubblico locale evitando fenomeni di privatizzazione delle imprese e degli assets, in linea con l'esito dei referendum abrogativi del 2011;

   in materia di agricoltura:
    nella revisione dell'imposizione fiscale sui terreni agricoli e sui macchinari imbullonati, nonché sulle attività produttive, ad individuare le risorse necessarie al di fuori del comparto agricolo, anche attraverso una maggiore efficienza e riallocazione delle disponibilità derivanti dai risparmi di spesa e ad estendere, per quanto compatibile, alle imprese della pesca e dell'acquacoltura ogni eventuale agevolazione; a procedere all'attuazione delle misure a sostegno del settore lattiero caseario e a riordinare l'assistenza tecnica privilegiando, anche al fine di conseguire ulteriori risparmi di spesa, i sistemi di consulenza aziendale sia nel settore zootecnico che in quello agronomico, come previsti dal Regolamento (UE) 1305/2013;
    a disciplinare con strumenti normativi specifici di immediata attuazione, il contrasto all'estinzione od erosione delle risorse vegetali od animali conseguenti a fenomeni di contagio epidemico o fitosanitario da specie di particolare virulenza anche provenienti da Paesi extracomunitari ovvero da modificazione genetica di specie già in essere, come, da ultimo, i casi della Xylella fastidiosa, del punteruolo rosso, della vespa velutina e della mosca delle olive. In tale ottica operare una revisione della normativa di cui alla legge n. 225 del 1992, al fine di includere le infezioni da batteri patogeni da quarantena o rischi di pandemia fitosanitaria o animale tra gli eventi per i quali può procedersi alla proclamazione dello stato di emergenza e del successivo stato di calamità naturale, conferire poteri sostitutivi al Governo nel caso di inerzia delle amministrazioni interessate e prevedere la possibilità di raccolte volontarie di fondi per il finanziamento degli interventi nonché porre in essere, attraverso apposita modifica della normativa di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, strumenti di ristoro economico per gli imprenditori agricoli che abbiano subito danni;
    ad operare specifici interventi, anche attraverso incentivi di tipo economico, in favore delle tecniche agronomiche conservative e di basso o nessun impatto ambientale come la permacultura;
    tra le azioni a sostegno del settore della pesca, ad operare nell'ambito delle competenze nazionali, al fine di stabilire una disciplina chiara ed univoca in materia di distanze minime di pesca dalle coste, tenendo conto delle esigenze derivanti dalle peculiarità territoriali delle singole regioni, fermo restando le esigenze legate al fermo biologico nonché alle esercitazioni militari;

   in materia di affari sociali:
    a stanziare dal 2016 adeguate risorse finanziarie per la sanità pubblica al fine di sviluppare l'offerta dei servizi socio-sanitari, incrementando le politiche di prevenzione, di assistenza territoriale e domiciliare, evitando il processo di tagli alle risorse per garantire l'effettiva omogeneità territoriale nell'erogazione dei servizi socio-sanitari;
    a garantire l'offerta sanitaria pubblica, evitando l'ulteriore riduzione dei posti letto negli ospedali pubblici, ma intervenendo sui rimborsi a favore di strutture private convenzionate, a carico del Fondo per il SSN, processo che si configura in una mascherata «privatizzazione» della sanità;
    a promuovere campagne di sensibilizzazione volte a orientare i cittadini/consumatori verso una maggiore consapevolezza alimentare in modo da contrastare i comportamenti a rischio;
    a garantire, a partire dall'anno 2016, con le necessarie risorse finanziarie, il pieno soddisfacimento delle esigenze relative alla condizione di non autosufficienza;
    a rafforzare la politica contro la discriminazione di genere, adottando iniziative e norme che risultino veramente efficaci per l'elaborazione di uno stile di vita collettivo e condiviso in cui le donne non siano dipendenti fisicamente o psicologicamente dagli uomini e, conseguentemente, limitate nelle loro capacità sociali, civili, economiche e personali;

   in materia di istruzione:
    ad impegnare gli eventuali risparmi di spesa, conseguenti alla parziale attuazione del piano straordinario di assunzioni di personale docente previsto dalla legge n. 107 del 2015, nel comparto istruzione, in particolare in un piano straordinario di stabilizzazioni che sia basato sul reale fabbisogno delle istituzioni scolastiche;

   in materia di beni culturali:
    a stanziare, a partire dal 2016, risorse idonee ad assicurare la continuità del servizio di fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione;

   in materia di attività produttive:
    a porre in essere un'efficace lotta alla contraffazione, sia in ambito doganale che sul territorio, in difesa dei consumatori e della produzione nazionale;
    a reperire ulteriori risorse finanziarie, oltre quelle già previste dal decreto-legge 8 aprile 2013 n. 35 e dal decreto-legge n. 66 del 2014, per completare il piano di pagamento di tutti i debiti pregressi della pubblica amministrazione;
    ad individuare le risorse economiche necessarie per esentare le start-up innovative dal pagamento dell'IRAP e aumentare gli incentivi disposti dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179;
    a introdurre misure normative volte all'abolizione dell'IRAP per le microimprese;
    a migliorare la struttura produttiva del Paese, attraverso una maggiore specializzazione, concentrandosi su attività e prodotti nei quali è possibile vantare vantaggi comparati;
    a sostenere in maniera strutturale il sistema produttivo del Mezzogiorno d'Italia;
    ad intervenire con misure strutturali capaci di incidere sul costo del lavoro, al fine di ridurre parte dei costi a carico delle imprese e restituire capacità di spesa ai lavoratori, considerato che anche dal confronto internazionale è risultata estremamente elevata la tassazione sui redditi da lavoro dipendente, un valore significativamente più elevato di quello rilevato nei principali Paesi europei;
    a valorizzare le produzioni di eccellenza, in particolare quelle agroalimentari, prevedendo interventi di tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine delle imprese e dei prodotti;
    ad adottare un piano di azioni finalizzate a sostenere lo sviluppo dell'e- commerce, attraverso un miglior accesso a differenti tipi di servizi online, la semplificazione delle modalità di acquisto e pagamento e la garanzia per i consumatori di maggiore trasparenza in materia di costi e protezione da eventuali abusi;
    a promuovere interventi di sostegno all'utilizzo degli strumenti di e-commerce per le piccole e medie imprese (PMI);
    a migliorare lo strumento del credito d'imposta per la ricerca e l'innovazione, nonché a favorire lo sviluppo di un pacchetto organico di interventi volti alla creazione di un ambiente maggiormente favorevole per le imprese che vogliono investire in innovazione;
    a favorire lo sviluppo dell'industria dei prodotti ad alto contenuto tecnologico;
    a sostenere gli investimenti in efficienza energetica e riqualificazione del patrimonio immobiliare pubblico e privato, in particolare prorogando le maggiori detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e stabilizzando quelle per l'efficienza energetica;
    a sostenere lo sviluppo della generazione di energia distribuita, tramite l'applicazione dei SEU e dei SDC, la realizzazione di reti di distribuzione elettriche locali o sistemi di rete di scambio di energia elettrica;
    a favorire la competitività dell'offerta turistica, elevando in senso globale la qualità del sistema turistico italiano e rendendola riconoscibile, nonché ad adottare specifiche azioni in materia di formazione e professionalizzazione degli operatori turistici dei diversi livelli, attraverso la destinazione e l'utilizzo delle risorse finanziarie previste dai diversi programmi cofinanziati dai fondi europei;

   in materia di esteri e difesa:
    a ridurre le spese militari, nonché tagliare i nuovi investimenti pubblici nell'acquisto di sistemi d'armamento incompatibili con lo stato delle finanze del Paese a cominciare dagli anacronistici F35;
    a prevedere, nel corso del graduale disimpegno internazionale dell'Italia da tutte le missioni che la vedono impegnata militarmente e nel solco di quanto dichiarato in sede Onu dal Presidente del Consiglio Renzi, ad aumentare, con il risparmio che ne deriverebbe, il contributo finanziario a favore della cooperazione allo sviluppo;

   in materia di politiche dell'Unione europea:
    ad utilizzare nell'ambito dei fondi strutturali e di investimento le risorse aggiuntive individuate attraverso l'utilizzo della clausola sugli investimenti pubblici prevista dal Patto di stabilità per finanziare e promuovere interventi che apportino reali benefici di lungo periodo ai cittadini quali il miglioramento dei servizi, progetti miranti al risparmio e alla riqualificazione energetica, misure di sostegno al reddito e misure volte a migliorare l'occupazione;

   in materia di lavoro:
    a porre in essere misure concrete contro la diseguaglianza salariale, in particolare attraverso l'istituzione di un salario minimo per tutti i contratti nonché la predisposizione di una specifica normativa che stabilisca un rapporto massimo di 1 a 12 tra il trattamento economico degli amministratori delle società quotate e quello della retribuzione dei dipendenti delle stesse;
    a porre in essere il superamento della cosiddetta «staffetta generazionale» e perseguire invece un reale patto intergenerazionale, in linea con quanto previsto dal progetto Garanzia giovani, favorendo l'introduzione della figura del tirocinante a tempo pieno da affiancare al lavoratore anziano qualificato, al fine di garantire la formazione del primo e la continuità lavorativa e salariale del secondo;
    a porre in essere, attraverso opportuni strumenti normativi, una drastica riduzione della pressione fiscale per le aziende che investono in Italia e che creano posti di lavoro a tempo indeterminato, prevedendo inoltre sgravi contributivi crescenti a favore dei datori di lavoro che mantengono il lavoratore in azienda garantendone la costante riqualificazione;
    per il triennio 2016-2018 a ripristinare misure strutturali per ridurre il costo del lavoro nelle aree sottoutilizzate per le nuove assunzioni, anche valutando l'opportunità di avvalersi della normativa di cui all'articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407;
    a procedere al monitoraggio, alla valutazione e alla revisione dei compiti delle agenzie per il lavoro interinale;
    ad operare una generale razionalizzazione dei servizi per l'impiego attraverso una riforma complessiva delle strutture esistenti, valorizzando e ampliando la centralità delle strutture pubbliche a partire dal ruolo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, evitando le duplicazioni e le sovrapposizioni di funzione tra strutture centrali e periferiche a sopprimere le agenzie non produttive, preservando al contempo la piena indipendenza di INPS e ISFOL quali organismi di studio e controllo;
    a rendere effettiva, con lo stanziamento di apposite risorse, l'interoperabilità dei dati, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, al fine di implementare i dati per la costituzione del Fascicolo personale elettronico del cittadino, collegato al libretto formativo, a partire dai soggetti pubblici già esistenti, compresi i sistemi informativi dell'ISTAT, al fine di favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, lo scambio di informazioni tra organi ed enti deputati alla formazione ed al collocamento così da garantirne una sempre maggiore efficacia di azione, consentendo al lavoratore di poter documentare in modo certo le competenze acquisite in ambito formale, non formale ed informale e le pregresse esperienze lavorative;
    a prevedere un'eventuale revisione delle competenze tra Stato ed enti locali in materia di istruzione e formazione professionale al fine di superare la diffusione di interventi settoriali e non coordinati nell'ambito della formazione professionale attraverso la creazione di efficaci sistemi di valutazione ed una reale effettività dei controlli sui programmi in atto al fine di scongiurare l'abuso degli stessi o l'istituzione di corsi non finalizzati a concrete prospettive di inserimento nel mondo del lavoro;
    a favorire una maggiore trasparenza circa la gestione delle risorse destinate alle politiche per l'occupazione e la formazione e implementare, anche a livello nazionale, apposite misure di responsabilizzazione degli enti locali, anzitutto le regioni, per l'impiego efficace di tali risorse attraverso misure premiali e/o sanzionatorie, con un meccanismo che preveda la revoca delle risorse non utilizzate;
    ad operare per lo sviluppo di condizioni democratiche all'interno dei luoghi di lavoro, in particolare attraverso il ripristino delle garanzie dello Statuto dei lavoratori, vigenti prima della legge n. 92 del 2012, a favore dei lavoratori assunti prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2015 l'abolizione dell'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e l'adozione di una normativa volta ad assicurare una vera e piena rappresentanza e rappresentatività sindacale;
    a modificare le attuali politiche in materia pensionistica e previdenziale a partire dalla abolizione della cosiddetta «riforma Fornero» di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
    nell'attesa di attuare la cosiddetta «flessibilità in uscita» anche per le donne, secondo l'ipotesi avanzata dal Ministro del lavoro, ad adoperarsi per prevedere, nel corso della prossima sessione di bilancio, una modifica della normativa vigente, al fine di conseguire maggiori oneri volti a garantire la copertura finanziaria necessaria per estendere il beneficio previsto dalla cosiddetta "opzione donna" anche alle lavoratrici del settore pubblico, nonché alle lavoratrici titolari di posizione fiscale ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con decorrenza del trattamento successiva al 31 dicembre 2015, consentendo a quest'ultime di perfezionare i requisiti entro il 31/12/2018;
    a prevedere, nell'ambito della prossima sessione di bilancio, un incremento della quota dei cosiddetti «salvaguardati», finalizzando le risorse dedicate alla tutela dei lavoratori, anche per la salvaguardia di coloro che hanno iniziato a lavorare prima della maggiore età, prescindendo dai limiti anagrafici.
(6-00161) «Caso, Brugnerotto, Cariello, Castelli, D'Incà, Sorial».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

prodotto interno lordo

crescita economica

alleggerimento del debito