ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00158

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 479 del 10/09/2015
Abbinamenti
Atto 6/00155 abbinato in data 10/09/2015
Atto 6/00156 abbinato in data 10/09/2015
Atto 6/00157 abbinato in data 10/09/2015
Atto 6/00159 abbinato in data 10/09/2015
Firmatari
Primo firmatario: BRUNETTA RENATO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 10/09/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/09/2015
SAVINO ELVIRA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 10/09/2015


Stato iter:
10/09/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 10/09/2015
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 10/09/2015
Resoconto SBERNA MARIO PER L'ITALIA - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto PINI GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto MAZZIOTTI DI CELSO ANDREA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto SCOTTO ARTURO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto CICCHITTO FABRIZIO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto PETRAROLI COSIMO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto AMENDOLA VINCENZO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto PISICCHIO PINO MISTO
 
PARERE GOVERNO 10/09/2015
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 10/09/2015

DISCUSSIONE IL 10/09/2015

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 10/09/2015

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 10/09/2015

IN PARTE ACCOLTO E IN PARTE NON ACCOLTO IL 10/09/2015

PARERE GOVERNO IL 10/09/2015

VOTATO PER PARTI IL 10/09/2015

RESPINTO IL 10/09/2015

CONCLUSO IL 10/09/2015

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00158
presentato da
BRUNETTA Renato
testo di
Giovedì 10 settembre 2015, seduta n. 479

   La Camera,
   premesso che:
    la situazione internazionale sembra volgere al peggio: sia nello scorcio di questo fine anno, che per il 2016. Come è dimostrato dalle ultime previsioni della Bce, costretta a rivedere al ribasso le ipotesi di crescita originariamente formulate. Diversi sono, infatti, i fattori di crisi;
    pesano innanzitutto le incertezze dell'evoluzione economica della Cina. Il suo tasso di sviluppo rallenta notevolmente, al punto che la previsione di un possibile incremento del Pil del 7 per cento è accolta con crescente scetticismo. Si pensa, al contrario, ad una forchetta compresa tra il 3 ed il 5 per cento. Se quest'ultima ipotesi trovasse conferma lo scenario sarebbe quello dell’hard landing, con effetti gravi sull'evoluzione complessiva del ciclo economico a livello internazionale;
    la crisi cinese opera su due fronti distinti. Riduce lo spazio per le esportazioni da parte europea in campi specifici, quali ad esempio la produzione del lusso. Con riflessi immediati sull'Italia. E colpisce quei Paesi, come la Germania, in cui il commercio con la Cina rappresenta una componente importante delle relative esportazioni. Anche se la specializzazione produttiva di quel Paese – la produzione di beni d'investimenti – ed il suo forte primato internazionale ne attenuano gli effetti. Sta comunque di fatto che l'eventuale rallentamento dell'export tedesco verso la Cina avrà un effetto amplificato sui suoi partner commerciali. Dato che questi ultimi sono «terzisti» nei suoi confronti;
    ancora più drammatico è l'impatto di quella crisi su altre aree del globo, in particolare sui Paesi produttori di materie prime che negli anni trascorsi hanno potuto usufruire di quel grande mercato di sbocco. Petrolio, rame, ferro, prodotti agricoli ed altre materie prime di cui la Cina è grande consumatore, al punto da concentrare su di se oltre il 40 per cento del relativo commercio. La crisi del Brasile o del Venezuela, nonché di alcuni Paesi africani, come il Sud Africa, ne sono testimonianza eloquente. La svalutazione delle relative monete, un sintomo preoccupante;
    in controluce emerge un fenomeno che sembrava essere superato dallo sviluppo della globalizzazione: il peggioramento delle ragioni di scambio tra prodotti industriali, materie prime e derrate alimentari. La caduta dei prezzi di queste ultime, cui si contrappone la sostanziale stabilità di prezzo dei prodotti industriali, limita le capacità di importazione di molte economie emergenti ed amplifica il ciclo negativo, a livello internazionale. Per cui i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), con la sola eccezione dell'India, che negli anni passati hanno fatto da traino all'economia mondiale, non riescono più a svolgere un identico ruolo, contribuendo a determinare una caduta del tasso di sviluppo del commercio internazionale che, attraverso questa via, innesca fenomeni deflattivi a livello mondiale;
    il riemergere del fenomeno del peggioramento delle ragioni di scambio rischia di produrre, nelle mutate condizioni dell'economia mondiale, effetti ben più perversi del passato. La maggior parte dei Brics sono indebitati in dollari. La caduta del valore del cambio delle rispettive monete determina pertanto problemi di solvibilità dei debiti sovrani. Con il rischio di accentuare gli elementi di instabilità complessiva nel sommarsi della crisi della loro economia reale a quella finanziaria;
    sono fenomeni che possono peggiorare rapidamente, specie se la Fed decidesse di dare avvio al «tapering» vale a dire al drenaggio di liquidità alimentata, negli anni passati, dal quantitative easing. L'eventuale aumento dei tassi di interessi, seppur contenuto ad uno 0,25 per cento, sarebbe interpretato dai mercati finanziari come l'inizio di una svolta che accentuerebbe l'instabilità complessiva. Comunque a prescindere da questa seconda eventualità, sta il fatto che gli Stati Uniti non sono, comunque, in grado più di adempiere a quel ruolo di «locomotiva» svolto, con successo, negli anni passati. Visto che, in epoca più recente, il concorso dei Brics è stato determinante;
    dati questi presupposti, il rischio maggiore per l'economia mondiale è dato dal venir meno di un volano, capace di trascinare, con sé, le economie più deboli. Si pone, pertanto, il tema di quale deve essere il ruolo dell'Europa in generale e dell'Eurozona in particolare, per contribuire ad alimentare un tasso di crescita che consenta di far fronte ad una difficile congiuntura che non è solo economica, ma politica. È, infatti, evidente che l'eventuale ristagno rende più difficile l'assorbimento dei flussi di immigrazione. Che rappresentano, con il loro dramma umano, il pericolo maggiore. Il venir meno di risorse aggiuntive, dovute ad un maggiore tasso di crescita, rischia di rendere ingovernabili i fenomeni sociali che si accompagnano, inevitabilmente, al fenomeno dell'assorbimento dei migranti. Determinando conflitti sociali specie tra gli strati più poveri della popolazione, con il loro inevitabile corollario di xenofobia e di chiusure nazionaliste. I sintomi di questo malessere profondo esistono e sarebbe da irresponsabili non coglierli;
    è ormai noto che l'ondata migratoria che ha caratterizzato il continente europeo in particolare nell'ultimo anno, denota una nuova dimensione del fenomeno migratorio manifestatasi a seguito dei conflitti e della crisi economica che caratterizzano molti degli stati africani e mediorientali; siamo di fronte a fatti che nulla hanno a che vedere con la normale fisiologia del fenomeno migratorio, ma con una patologia, che non può essere affrontata solo dall'Italia, peraltro alle prese con una crisi economica che non ha ancora trovato le necessarie soluzioni;
    l'Europa confina a oriente e a sud con una vastissima area dove i conflitti armati sono di casa, oramai da anni, dall'Ucraina all'Iraq, dalla Siria alla Libia. Un'area che a sua volta è contigua con vaste regioni altrettanto lacerate e instabili: Afghanistan, Yemen, Sudan, Corno d'Africa, e altri Paesi della fascia sub-sahariana. I milioni di rifugiati o dislocati, e le masse impoverite dai conflitti cercano disperatamente vie di uscita alla loro situazione. Giordania e Libano, con una popolazione uguale a quella della Lombardia, ospitano più di 2 milioni di rifugiati, e il loro numero è in aumento. Nonostante i recenti e pochi sforzi effettuati, l'Europa deve ancora acquisire la piena consapevolezza di un fenomeno che non è un’«emergenza» destinata a riassorbirsi in poco tempo, ma una situazione quasi strutturale che è destinata a protrarsi – magari con modalità e numeri diversi – per parecchi anni. È necessaria dunque una forte azione politico-diplomatica, ma anche organizzativa;
    tutte le iniziative e le misure poste in essere fino ad oggi per fronteggiare il fenomeno migratorio non hanno avuto esiti positivi; al contrario, si può constatare come gli eventi degli ultimi mesi abbiano determinato un peggioramento della situazione, registrando l'ennesimo fallimento di una politica europea comune delle migrazioni;
    la stessa operazione Triton, esaltata come grande risultato del nostro Semestre europeo, è stata un inganno. L'Unione Europea ha colpevolmente dato priorità alle questioni relative alla frontiera est, dimostrando cecità nel mancato coinvolgimento della Russia quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo, continuando ad insistere sulle sanzioni, controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia e le imprese anzitutto del nostro Paese;
    l'Unione europea deve pertanto avviare una riflessione ben più ampia del passato. Non limitarsi a considerare i soli interessi nazionali in gioco, ma cercare di ragionare come un'entità statuale complessiva. Con una sua politica economica che non sia solo la somma delle politiche economiche dei singoli Stati membri. E regole generali – come quelle del fiscal compact – che rappresentano solo vincoli e non opzioni di sviluppo. Essa rappresenta una grande «area monetaria» che si confronta a livello globale con protagonisti della stessa dimensione. Deve pertanto porsi il problema di come contribuire alla soluzione di problemi di carattere globale, qual è appunto il contributo che può fornire al maggior sviluppo internazionale;
    purtroppo questa consapevolezza sembra essere maturata solo a livello dei singoli Stati, con l'abbandono delle politiche di austerity degli anni passati. Manca, invece, una visione comune che consideri almeno l'Eurozona come un unico centro di imputazione della politica economica. Le proposte, pure avanzate in proposito, ad esempio dal Ministro Schàuble, mantengono margini di ambiguità notevoli. Richiedono, soprattutto, tempi di discussione che mal si conciliano con l'urgenza del momento;
    l'esame dei programmi annunciati dai singoli Paesi si muovono lungo linee che hanno un comune denominatore, ma solo all'interno di una visione nazionale. La Spagna sembrerebbe orientata ad aumentare dell'1 per cento la spesa per il salario dei dipendenti pubblici, mentre le dotazioni finanziarie per i singoli Ministeri dovrebbero aumentare del 2,6 per cento e quelle per le politiche attive del 3,8 per cento. Maggiori dovrebbero essere le spese per R&S (più 2,2 per cento) e gli investimenti per le ferrovie (più 5 per cento). Ipotizzata anche una limitata riduzione dell'Irpef e delle imposte che gravano sulle società: dall'attuale 28 al 25 per cento. Mentre gli stanziamenti per far fronte al fenomeno dell'immigrazione dovrebbero crescere di 49 milioni di euro;
    la Francia ha in programma una forte riduzione della spesa pubblica per il triennio 2015-2017 per un totale di circa 50 miliardi di euro. Con una riduzione di 14,5 miliardi già a partire dal prossimo anno. Prevede tuttavia nuove assunzioni (scuole, difesa ed Interni) di circa 8.000 persone cui sommare altri nuovi posti (1.000 unità) nei settori della ricerca. Mentre sul fronte della sicurezza contro il terrorismo sono previste spese aggiuntive pari a 1,1 miliardi. Si cercherà anche di ridurre il peso del carico fiscale per le famiglie, la cui dimensione dipenderà dai successi conseguiti con la spending review;
    la Germania a sua volta prevede un aumento della spesa federale del 3,4 per cento. Maggiori risorse (9,2 miliardi) per il welfare. Maggiori opere pubbliche: 10 miliardi per il piano di ammodernamento 2014-2018. Aumento delle dotazioni (1,1 miliardi) per le spese di R&S, la cui dotazione attuale è pari a 16,4 miliardi. Una riduzione del carico fiscale di circa 5 miliardi a favore delle famiglie, privilegiando quelle numerose o i single con prole. È previsto, infine, uno stanziamento aggiuntivo di 1 miliardo per affrontare il problema dei rifugiati;
    se queste sono le scelte concrete dei maggiori Paesi e si paragonano ai suggerimenti forniti dalla Commissione europea si assiste ad un loro continuo disallineamento. Determinato dall'attenzione, quasi ossessiva, riposta sui, soli vincoli di bilancio. Segno evidente di uno scarto, che ormai investe il cuore dell'Europa e che dimostra come nella Commissione europea prevalga sempre più un'astrattezza che sconfina nella pura ideologia. Come si è potuto constatare anche a proposito delle polemiche che hanno accompagnato l'annuncio del Governo italiano di voler procedere ad un taglio delle tasse sugli immobili, nel quadro di una maggiore flessibilità;
    lo sforzo collettivo da compiere va quindi in una direzione opposta. Si tratta di conciliare il mondo reale con ricette di politica economica che non possono rispondere allo spirito della semplice contrapposizione, ma devono trovare un loro nesso unitario, tenendo conto del ruolo che l'Europa è ormai costretta a svolgere in una realtà internazionale sempre più complessa e contraddittoria. Dopo che, per anni, si è fatto solo affidamento al possibile volano, per lo sviluppo, di Paesi terzi che, ormai, non sono più in grado di poter continuare a svolgere i compiti loro assegnati,

impegna il Governo:

   ad aderire alla proposta annunciata dal Presidente francese Hollande domenica 19 luglio, in occasione delle celebrazioni per i 90 anni di Jacques Delors, che punta a ridare una dimensione politica all'eurozona, con un governo e un Parlamento comuni. Una proposta che ha il pregio di cambiare le carte in tavola nell'Unione europea: non più l'imbuto voluto dalla Germania, fatto di controlli sempre più stringenti; cessioni progressive di sovranità; «compiti a casa»; asfissia dei paesi con alto debito pubblico e difficoltà di governance; ricatti politici e dei mercati finanziari, ma una nuova unione in cui davanti a tutto c’è la politica e la responsabilità;
   ad integrare la proposta di Hollande con un grande piano di investimenti, un New deal europeo, da almeno mille miliardi (tre volte l'attuale piano Juncker), approfittando dei bassi tassi di interesse, che rimarranno tali almeno nel medio periodo, e utilizzando la garanzia della Banca europea degli investimenti (Bei);
   a determinare l'implementazione simultanea, in tutti i paesi dell'eurozona, dei cosiddetti «Contractual agreements», vale a dire accordi bilaterali tra i singoli Stati e la Commissione europea, per cui le risorse necessarie per l'avvio di riforme volte a favorire la competitività del «sistema paese» non rientrano nel calcolo del rapporto deficit/Pil ai fini del rispetto del vincolo del 3 per cento, bensì rientrano nell'alveo dei cosiddetti «fattori rilevanti» per quanto riguarda i piani di rientro definiti dalla Commissione europea per gli Stati che superano la soglia del 60 per cento nel rapporto debito/Pil;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa per indurre la Germania, attraverso lo strumento dei citati «Contractual agreements», a ridurre il suo surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, generato da un eccesso delle esportazioni sulle importazioni, nei confronti dei propri partner europei. La Germania giungerebbe così a reflazionare, vale a dire a spendere in tutto o in parte il proprio surplus, come, tra l'altro, le chiede da anni la Commissione europea, attraverso la riduzione della pressione fiscale, e stimolando la domanda interna, quindi i consumi, gli investimenti, i salari, con un conseguente aumento delle importazioni e, quindi, più crescita, per sé e per gli altri;
   a riconsiderare la posizione dell'Italia con riguardo alle sanzioni comminate alla Federazione russa perché controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia anzitutto del nostro Paese, e ad adoperarsi affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di paesi, riconoscendo alle parti implicate nel conflitto il diritto alla propria identità nazionale e all'autodeterminazione, al fine di raggiungere un accordo unanime che porti all'annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa;
   a sollecitare con forza un fattivo impegno degli Stati dell'Unione europea per prevenire l'infiltrazione di cellule terroristiche nei confini dei singoli Stati potenziando nella misura necessaria le operazioni di intelligence per sorvegliare con la massima attenzione e continuità tutti i possibili luoghi di aggregazione dei terroristi;
   a farsi promotore di un intervento militare internazionale volto a contrastare l'ISIS, attraverso l'impiego di azioni mirate, sotto l'egida delle Nazioni Unite, coinvolgendo gli Stati Uniti, l'Europa, la Russia e i Paesi arabi;
   a rafforzare la posizione negoziale dell'Italia, in particolare attraverso iniziative tese ad aggregare gli interessi dell'area euro mediterranea dell'Unione, ad oggi soccombenti rispetto alle politiche europee a trazione dei Paesi del Nord Europa;
   a proseguire con i lavori del tavolo di coesione nazionale per l'emergenza immigrazione e per le crisi internazionali in atto, con il coinvolgimento dei rappresentanti dei governi che hanno maturato un'esperienza nel passato, e le forze politiche di buona volontà;
   ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, distinguendo coloro che scappano dai conflitti, dall'Isis, e vogliono rifugiarsi in Europa, da chi invece in Europa tenta di entrare clandestinamente in cerca di fortuna, attraverso operazioni in grado di controllare i flussi dei profughi in fuga dalla guerra e dalla repressione politica, e di contrastare, il fenomeno dell'immigrazione clandestina, sollecitando con forza un fattivo impegno degli Stati dell'Unione europea volto a:
    a) contribuire a migliorare le condizioni nei campi profughi, al fine di ridurre l'elevato numero di rifugiati che tentano di sbarcare in Europa alla ricerca di condizioni di vita migliori;
    b) aumentare la ricezione da parte degli Stati membri delle minoranze religiose perseguitate, in particolare i cristiani e yazidi, e creare zone cuscinetto protette militarmente per difendere queste popolazioni nei paesi colpiti da conflitti;
    c) predisporre un piano di accoglienza dei profughi in tutti i paesi europei in modo proporzionato in base alle loro dimensioni, popolazione e PIL;
    d) rivedere le clausole del Regolamento di Dublino III per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei, in particolare nelle attività di accoglienza e di identificazione, superando l'attuale principio del «Paese di primo approdo»;
    e) garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i paesi e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i paesi di accoglienza in modo sicuro, prevenendo ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
    f) valutare l'opportunità di un intervento militare nel Mediterraneo, attraverso l'impiego di azioni mirate, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra gli Stati Uniti, l'Europa, la Russia e i Paesi arabi, per bloccare le rotte migratorie;
    g) neutralizzare i mezzi degli «scafisti», implementando le azioni volte alla distruzione e al sequestro di tutte le infrastrutture logistiche di trafficanti di esseri umani;
    h) stipulare accordi economici bilaterali con i paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
    i) fornire aiuti economici ai paesi di origine e di transito legati ad un'efficace lotta alla migrazione clandestina e alle organizzazioni criminali che la sostengono.
(6-00158) «Brunetta, Occhiuto, Elvira Savino».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

esportazione comunitaria

migrazione

asilo politico