ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/06471

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 489 del 24/09/2015
Firmatari
Primo firmatario: COLONNESE VEGA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 24/09/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 24/09/2015
GRILLO GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 24/09/2015
LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 24/09/2015
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 24/09/2015
MANTERO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 24/09/2015
DI VITA GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 24/09/2015


Commissione assegnataria
Commissione: XII COMMISSIONE (AFFARI SOCIALI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA SALUTE delegato in data 24/09/2015
Stato iter:
10/11/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 10/11/2015
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
 
REPLICA 10/11/2015
Resoconto COLONNESE VEGA MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 24/09/2015

DISCUSSIONE IL 10/11/2015

SVOLTO IL 10/11/2015

CONCLUSO IL 10/11/2015

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-06471
presentato da
COLONNESE Vega
testo di
Giovedì 24 settembre 2015, seduta n. 489

   COLONNESE, BARONI, GRILLO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO e DI VITA. — Al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
   l'interruzione volontaria di gravidanza, detta anche Ivg, è la scelta di non portare a termine la gravidanza. Con la legge n. 194 del 1978 l'interruzione volontaria di gravidanza viene riconosciuta come una pratica legale, consentita entro 90 giorni dall'ultima mestruazione, mentre tra il quarto e il quinto mese è permessa solo in caso di gravi malformazioni e pericolo di vita per la donna. Prima di allora l'aborto era considerato un reato dal codice penale e come tale punibile con la reclusione. Per il timore di incorrere in condanne penali, molte donne che ricorrevano all'aborto clandestino non si rivolgevano agli ospedali, in caso di complicanze dovute alle scarse condizioni igieniche degli strumenti utilizzati. Capitava spesso che l'infezione post-operatoria degenerasse in setticemia e le donne arrivavano in ospedale troppo tardi, quando ormai non c'era più nulla da fare. Obiettivo primario della legge è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell'aborto attraverso la rete dei consultori familiari, un obiettivo che si intende perseguire nell'ambito delle politiche di tutela della salute delle donne. La donna deve esprimere la propria volontà alla presenza di un medico del consultorio familiare di zona, o di altra struttura socio-sanitaria pubblica o privata, o ancora di un medico di sua fiducia;
   la reale applicazione della legge n. 194 incontra ancora oggi numerosi ostacoli e per molte donne, oltre alle ovvie conseguenze emotive e psicologiche di tale scelta, si sovrappongono problemi dovuti ai disservizi sanitari in materia;
   secondo i dati pubblicati dal Ministero della salute, relazione del ministro della salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza del 2014 (dati 2012/2013) si evincono valori elevati di obiezione di coscienza, specie tra i ginecologi (69,6 per cento, cioè più di due su tre) con una tendenza alla stabilizzazione, dopo un notevole aumento negli anni a livello nazionale, si è passati dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008, al 70,7 per cento nel 2009, al 69,3 per cento nel 2010 e 2011 e al 69,6 per cento nel 2012. Tra gli anestesisti la situazione è più stabile con una variazione da 45,7 per cento nel 2005 a 50,8 per cento nel 2010, 47,5 per cento nel 2011 e 2012. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6 per cento nel 2005 al 45,0 per cento nel 2012. Si osservano notevoli variazioni tra regioni. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi sono presenti principalmente al sud: 90,3 per cento in Molise, 89,4 per cento in Basilicata, 87,3 per cento provincia autonoma di Bolzano, 84,5 per cento in Sicilia, 81,9 per cento nel Lazio, 81,8 per cento in Campania e 81,5 per cento in Abruzzo. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo di 78,3 per cento in Molise, 77,4 per cento in Sicilia, 71,5 per cento nel Lazio e 71,3 per cento in Calabria). Per il personale non medico i valori sono più bassi e presentano una maggiore variabilità, con un massimo di 90,1 per cento in Molise e 80,9 per cento in Sicilia. Nei fatti questi numeri dimostrano quanto il diritto della donna ad abortire sia ostacolato in diversi modi a seconda della regione di residenza. Inoltre, una forte sperequazione tra medici obiettori e non-obiettori, a favore dei primi, introduce delle forti criticità come le lunghe liste di attesa, che costringono chi ha necessità di abortire, ad aspettare per un turno che può non arrivare mai. Persino nelle grandi città ci sono strutture che hanno solo uno o due ginecologi non obiettori. A Roma, ad esempio, nei 7 ospedali che eseguono aborti terapeutici, gli «abortisti» sono in media 2. Al Secondo Policlinico di Napoli, appena 3 su 60. Ad aspettare oltre due settimane è il 40 per cento delle donne e, in alcuni casi, l'attesa dura anche un mese e più, come denuncia la «Lega ginecologi» la conseguenza è che le donne spaventate hanno ricominciato a prendere l'aereo per rivolgersi a strutture estere, mentre qualche obiettore in ospedale ha tirato fuori dai cassetti del suo studio privato gli strumenti per abortire. Per non parlare dell'uso dei farmaci non legali, dei fiorire delle pillole abortive sul mercato nero e degli aborti fai da te delle immigrate straniere. Insomma, torna l'incubo delle «mammane» (donna che assiste le partorienti negli aborti clandestini), quel fantasma combattuto ma mai del tutto sconfitto dalla legge n. 194. Ci sarebbe una parte consistente di medici che obietta per motivi che con la coscienza non hanno nulla a che fare in quanto malvisti quando non vessati dai colleghi obiettori, tanto più quando primario o il direttore dell'ospedale sono anch'essi obiettori: non si fa carriera, tutto il giorno in trincea a fare aborti. E così qualcuno, per non «finire al confino», sceglie «no». A farne le spese ovviamente sono le donne, che si ritrovano meno medici a disposizione, liste di attesa più lunghe e interventi non di rado fissati allo scadere del 90o giorno;
   risulta agli interroganti che vessazioni ben peggiori siano subite dalle donne che si recano nei presidi ospedalieri che attuano questa pratica: respinte, trattate con sufficienza in reparti spesso fatiscenti, ubicati nei sotterranei (come al S. Camillo di Roma) oppure in promiscuità in reparti di ostetricia e ginecologia (come al Policlinico di Napoli), senza alcuna privacy, esposte ad una gogna moralistica che spesso viene espressa con scritte, a dir poco offensive lungo i corridoi o nelle sale di aspetto del reparto preposto;
   il giorno 11 giugno 2013 è stata approvata la mozione a prima firma Lorefice n. atto 1/00078 che sia impegnato il Governo a garantire il rispetto della legge n. 194 del 1978 su tutto il territorio nazionale, e in particolare quanto previsto dall'articolo 9, nonché la sua piena applicazione, a tutela dei diritti e della salute delle donne; nonché ad assumere iniziative con le amministrazioni regionali allo scopo di istituire tavoli di monitoraggio a livello locale, anche con la partecipazione di rappresentanti di associazioni per la tutela della salute delle donne, per verificare l'attuazione della legge n. 194 del 1978, allo scopo di avere dati periodici e certi, in particolare sul numero dei consultori sul territorio, nelle loro attività, sulla formazione degli operatori presenti nei consultori, nelle strutture ospedaliere che effettuano interruzione volontaria di gravidanza, sul numero di operatori coinvolti nell'interruzione volontaria di gravidanza per ogni struttura ospedaliera, sul numero delle strutture nelle quali non si effettuano attività di interruzione volontaria di gravidanza –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   come intenda intervenire, per quanto di competenza, onde superare i disservizi sanitari che ostacolano la corretta applicazione della legge;
   come intenda intervenire per garantire dignità alle donne che ricorrono a questa pratica sicuramente già di per se psicologicamente dolorosa, magari nei rispetto della parola che il testo della legge ripete per ben quattro volte. (5-06471)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 10 novembre 2015
nell'allegato al bollettino in Commissione XII (Affari sociali)
5-06471

  La situazione descritta nell'interrogazione in esame, circa l'attuazione della legge n. 194/1978 sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza (IVG), non corrisponde in effetti a quella esistente, come evidenziata dai dati raccolti nel monitoraggio «ad hoc» istituito dal Ministro Lorenzin nel 2013, i cui risultati sono contenuti nelle relazioni trasmesse annualmente al Parlamento.
  Con riferimento ai dati più recenti, riportati nella relazione sull'attuazione della legge n. 194/1978, trasmessa al Parlamento lo scorso 28 ottobre, contenente i dati preliminari del 2014 e quelli definitivi del 2013, ricordo che tale relazione conferma la situazione già descritta l'anno precedente, arricchita dai dati sul carico di lavoro per ogni ginecologo non obiettore, raccolti per la prima volta a livello subregionale, cioè per ciascuna singola Asl/distretto: da questi dati non emergono criticità nell'applicazione della legge n. 194/1978.
  In particolare, i tempi di attesa delle donne continuano a diminuire, e il 90,8 per cento delle IVG viene effettuata nella regione di residenza, di cui l'87,1 per cento nella provincia di residenza.
  Le IVG vengono effettuate nel 60 per cento delle strutture disponibili, con una copertura soddisfacente, tranne che in Molise e nella provincia autonoma di Bolzano.
  Il numero dei punti IVG, paragonato a quello dei punti nascita, mostra che mentre il numero di IVG è pari a circa il 20 per cento del numero di nascite, il numero di punti IVG è pari al 74 per cento del numero di punti nascita, superiore, cioè, a quello che sarebbe potuto essere rispettando le proporzioni fra IVG e nascite.
  Confrontando poi punti nascita e punti IVG non in valore assoluto, ma rispetto alla popolazione femminile in età fertile, a livello nazionale, ogni 5 strutture in cui si fa una IVG, ce ne sono 7 in cui si partorisce.
  Considerando le IVG settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, considerando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1,6 a settimana, un valore medio fra il minimo di 0,5 della Sardegna e il massimo di 4,7 del Molise.
  Questo stesso parametro, valutato a livello sub-regionale, mostra che anche nelle regioni in cui si rileva una variabilità maggiore, cioè in cui si rilevano ambiti locali con valori di carico di lavoro che si discostano molto dalla media regionale, si tratta comunque di un numero di IVG settimanali sempre inferiore a dieci: in particolare, i valori più elevati (9,6 e 9,4), sono, rispettivamente, in una Asl della Sicilia e in una del Lazio.
  Tutti gli altri valori sono inferiori.
  Il numero di non obiettori risulta quindi congruo, anche a livello subregionale, rispetto alle IVG effettuate, e il carico di lavoro richiesto non dovrebbe impedire ai non obiettori di svolgere anche altre attività oltre le IVG, e non dovrebbe creare problemi nel soddisfare la domanda di IVG.
  Al fine di consolidare la qualità dei dati raccolti dal sistema di sorveglianza IVG utili a monitorare l'applicazione della legge n. 194/1978, il Ministero della salute ha finanziato un progetto del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, della durata di 12 mesi, coordinato dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità.
  In particolare, verranno esaminate, insieme ai referenti regionali, le criticità presenti a livello locale per quanto riguarda la raccolta dati e l'applicazione della legge n. 194/1978, e verranno realizzati incontri formativi per i referenti regionali sulle tecniche di controllo dei dati, sulla stima del bisogno a livello locale e sulle principali criticità emerse.
  Tale attività si svolgerà entro la prossima primavera, mentre la prima riunione organizzativa si è svolta in data 21 maggio 2015, a Roma, presso il Ministero della salute, e ha visto il coinvolgimento di tutte le regioni italiane e delle province autonome di Trento e Bolzano.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

politica sanitaria

aborto

condizione della donna