Legislatura: 17Seduta di annuncio: 404 del 08/04/2015
Primo firmatario: TIDEI MARIETTA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 08/04/2015
Commissione: XII COMMISSIONE (AFFARI SOCIALI)
Ministero destinatario:
- MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA SALUTE delegato in data 08/04/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione RISPOSTA GOVERNO 09/09/2015 Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE) REPLICA 09/09/2015 Resoconto TIDEI MARIETTA PARTITO DEMOCRATICO
MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 08/04/2015
RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 14/07/2015
DISCUSSIONE IL 09/09/2015
SVOLTO IL 09/09/2015
CONCLUSO IL 09/09/2015
TIDEI. —
Al Ministro della salute
. — Per sapere – premesso che:
la Corte costituzionale con la sentenza n. 27 del 1975, che ha aperto di fatto la strada alla legalizzazione dell'aborto, disciplinato successivamente con la legge n. 194 del 1978, se da un lato ha affermato che la tutela del concepito abbia fondamento costituzionale, riconoscendo che l'articolo 31, secondo comma, della Costituzione impone espressamente la «protezione della maternità» e, più in generale, l'articolo 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, fra i quali non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito, dall'altro, ha rilevato che il combinato disposto degli articoli della Costituzione succitati va accompagnato dall'ulteriore considerazione che l'interesse costituzionalmente protetto relativo al concepito può venire in collisione con altri beni che godano pur essi di tutela costituzionale e che, di conseguenza, la legge non può dare al primo una prevalenza totale ed assoluta, negando ai secondi adeguata protezione;
la Corte costituzionale, nella medesima sentenza, dopo aver esaminato la scriminante dello specifico articolo del codice penale dichiarato costituzionalmente illegittimo, in quanto fondato sul presupposto di equivalenza del bene offeso dal fatto dell'autore rispetto all'altro bene che col fatto stesso si vuole salvare, ha sancito la non equivalenza «fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare»;
la legge sopra richiamata afferma il diritto della donna ad interrompere, gratuitamente e nelle strutture pubbliche, la gravidanza, previo l'obbligo di rivolgersi ad un consultorio o a una struttura socio-sanitaria che, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, sociali o familiari sulla salute della gestante, di esaminare le possibili soluzioni dei problemi esposti;
sempre la suddetta legge prevede che l'interruzione volontaria della gravidanza debba avvenire entro i primi novanta giorni, nei casi in cui la donna accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute, alle sue condizioni economiche, sociali e familiari, alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o alle previsioni di anomalie o malformazioni del concepito;
l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) con determina del 2009 ha autorizzato l'immissione in commercio del farmaco Mifegyne (Mifepristone), prodotto dalla ditta Exelgyne, dopo aver espletato gli adempimenti previsti, aver sottolineato che il percorso seguito è stato rispettoso dell’iter procedurale previsto dall'EMEA (l'ente regolatorio europeo) per il mutuo riconoscimento di un farmaco, verificandone efficacia, sicurezza e compatibilità con le leggi nazionali nel rispetto e a tutela della salute della donna, e aver imposto restrizioni importanti all'utilizzo del farmaco, al solo fine della massima tutela della salute del cittadino;
nell'azienda ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma all'interno del dipartimento materno infantile sembra che i lavori relativi alla realizzazione di un reparto dedicato alla somministrazione del farmaco noto comunemente come RU486, per poter permettere alle donne di affrontare l'aborto farmacologico, si siano inspiegabilmente arrestati: la suddetta azienda ospedaliera è tra le prime strutture del Lazio in termini di aborto farmacologico con richieste sempre crescenti –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra narrati;
se e come intenda intervenire, per quanto di competenza, con il coinvolgimento e nel rispetto delle competenze della regione Lazio, al fine di individuare le cause che hanno bloccato l'apertura del reparto identificato per la somministrazione del farmaco RU486 e rimuovere gli impedimenti che pregiudicano i diritti costituzionalmente garantiti alle donne. (5-05284)
In merito alla questione riferita nell'interrogazione parlamentare in esame, la Prefettura di Roma, su espressa richiesta del Ministero della salute, ha provveduto a richiedere elementi informativi alla regione Lazio, che ha segnalato quanto segue.
«Il Direttore Sanitario dell'Azienda Ospedaliera “San Camillo – Forlanini” ha comunicato che non risulta nessun arresto, né blocco della sistemazione della sezione individuata per la somministrazione del farmaco RU486.
Il Direttore Sanitario ha dichiarato, inoltre, che alcuni tempi tecnici – tra l'altro molto ristretti – sono stati necessari per allestire il piccolo reparto e migliorarlo, al fine di consentire una valida assistenza alle pazienti da trattare».
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):politica sanitaria
diritti della donna
situazione sociale