ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/04408

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 359 del 09/01/2015
Firmatari
Primo firmatario: PARENTELA PAOLO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 09/01/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE 09/01/2015
DIENI FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE 15/01/2015


Commissione assegnataria
Commissione: VII COMMISSIONE (CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO delegato in data 09/01/2015
Stato iter:
05/03/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 05/03/2015
Resoconto BARRACCIU FRANCESCA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (BENI, ATTIVITA' CULTURALI E TURISMO)
 
REPLICA 05/03/2015
Resoconto PARENTELA PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 05/03/2015
Resoconto BARRACCIU FRANCESCA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (BENI, ATTIVITA' CULTURALI E TURISMO)
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 09/01/2015

SOLLECITO IL 12/01/2015

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 15/01/2015

DISCUSSIONE IL 05/03/2015

SVOLTO IL 05/03/2015

CONCLUSO IL 05/03/2015

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-04408
presentato da
PARENTELA Paolo
testo presentato
Venerdì 9 gennaio 2015
modificato
Giovedì 15 gennaio 2015, seduta n. 363

   PARENTELA, NESCI, DIENI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo . — Per sapere – premesso che:
nel comune di Crotone, in località Capo Colonna, sorge l'omonima area archeologica, distante poco più di 10 chilometri dal centro cittadino;
l'area comprende 30 ettari di terreno adibito a scavi e 20 ettari di bosco e macchia mediterranea;
l'intera area e i resti che vi si trovano sono legati alla storia della colonia greca di Kroton, l'odierna Crotone, fondata alla fine dell'VIII secolo a.C. Sul promontorio di Capo Colonna sorgeva infatti una tra le aree sacre più importanti dell'intero bacino Mediterraneo, il santuario dedicato a Hera Lacinia, moglie e sorella di Zeus;
nel parco archeologico di Capo Colonna sono attualmente in corso di esecuzione alcuni lavori sulla base del progetto definitivo per l'intervento denominato «Spa 2.4 Capocolonna (KR) – Ampliamento delle conoscenze della realtà archeologica e messa in sicurezza delle strutture archeologiche riportate in luce», progetto finanziato con fondi FAS per 2,5 milioni di euro e avviato nel luglio scorso;
con lettera del 29 settembre 2014, inviata dalle associazioni culturali crotonesi «Gettini di Vitalba» e «Sette Soli», al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e ai responsabili degli uffici periferici calabresi, nonché al sindaco di Crotone e al dirigente dell'urbanistica, si chiedeva conto della «pavimentazione in cotto riquadrata da lastre in materiale lapideo» con cui, a leggere il progetto definitivo, s'intende coprire l'intera area antistante la chiesa di Capo Colonna (lunghezza massima metri 30; larghezza massima metri 15), sita nel cuore dell'abitato romano superstite all'estremità Nord del promontorio omonimo, per farne un parcheggio, con ogni evidenza sovradimensionato rispetto alle esigenze dell'utenza, nascondendo alla vista le strutture archeologiche sottostanti;
con successiva lettera (datata 27 dicembre 2014) inviata dalle citate associazioni ai medesimi destinatari, si ribadisce la sconsideratezza dell'intervento che dovrebbe coprire il piazzale antistante la Chiesa dal momento che gli scavi preliminari di settembre-dicembre, già frettolosamente ricoperti, hanno accertato la presenza, in quell'area, di resti di costruzioni monumentali attribuibili ad uno spazio pubblico, forse il foro della colonia romana fondata nel 194 avanti Cristo;
a dispetto di questa notevolissima scoperta, e delle finalità grazie alle quali è stato ottenuto il cospicuo finanziamento europeo, risulta agli interroganti che allo stato attuale i tecnici coinvolti non intendano rimodulare la progettazione in modo da tener conto e valorizzare le importanti novità emerse;
a questo si aggiunge il fatto che poco distante è cominciato lo scavo – meccanico e mediante trivellazione profonda – degli scassi necessari alla dislocazione dei sei plinti in calcestruzzo su pali metallici con diametro di 60 cm che, tre per ciascun lato corto, dovranno ancorare al suolo la copertura in acciaio, lunga circa 21 metri e larga circa 10, con cui vorrebbero proteggere le due stanze dell'edificio delle terme romane (in latino balneum) del I secolo avanti Cristo dotate di pavimenti a mosaico;
tale soluzione tecnica appare sovradimensionata, invasiva e potenzialmente dannosa, sia in considerazione delle dimensioni dei sei plinti – quadrati di calcestruzzo con lato da 1,2 metri e altezza pari a 1 metro –, sia perché impone l'esecuzione di trivellazioni della roccia spinte sino a -8,30 metri dalla superficie, svolte ad Est a pochi centimetri dal muro perimetrale corrispondente dei due vani (già realizzate) e ad Ovest dentro l'edificio stesso (da realizzare). La copertura prevista ha infatti una campata pressoché pari alla larghezza del balneum ma le due file di plinti distano poco meno di 15 metri l'una dall'altra, distanza insufficiente a consentire che quelli del lato corto occidentale cadano all'esterno del balneum;
detta copertura, ancorata a plinti inutilmente possenti, è appena sufficiente a sovrapporsi alle due stanze con pavimentazione musiva, al punto da potersi già figurare che sul versante Nord, il più esposto alle intemperie invernali, il cosiddetto mosaico di Paolo Orsi, prezioso e delicatissimo, scoperto nel 1910 e «ritrovato» solo nel 2003, sarà raggiunto agevolmente da pioggia e vento nonostante la prevista protezione;
al momento, inoltre, il progetto SPA 2.4 non prevede interventi di consolidamento e restauro degli intonaci di rivestimento delle pareti e delle pavimentazioni del balneum, deteriorati da dieci anni di esposizione all'aria aperta e mancata manutenzione, oltre che, si teme, dalle trivellazioni suddette, pertanto è molto probabile che l'installazione della contestata copertura non sarà seguita immediatamente dalla restituzione dei mosaici alla fruibilità pubblica – l'obiettivo dichiarato –, mentre la copertura stessa deturperà da subito l'edificio termale, sposandosi tuttavia alla perfezione con la pavimentazione del vicino piazzale, perché entrambe sono concepite come strutture di servizio adatte, ad esempio, ad un centro commerciale, ma non certo ad un parco archeologico –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se reputi congruo che l'area antistante la chiesa di Capo Colonna, nel cuore dell'abitato romano superstite al centro del parco archeologico, venga occupata da un parcheggio e se sia in grado di riferire circa la effettiva ricopertura dei resti di costruzioni monumentali attribuibili ad uno spazio pubblico, forse il foro della colonia romana, emerse durante gli scavi preliminari condotti tra settembre e dicembre 2014;
se, soprattutto, non ritenga doveroso porre in essere le opportune iniziative anche ispettive di propria competenza, volte a vigilare, verificare ed eventualmente impedire ogni evidenza di deterioramento eventualmente causato da vibrazioni e/o interventi maldestri svolti all'interno dell'edificio termale del parco archeologico di Capo Colonna;
se non reputi opportuno, a seguito di tali iniziative, provvedere affinché si pervenga ad una rimodulazione del progetto, che tenga conto della tutela e della valorizzazione dell'area archeologica, dell'integrità del paesaggio, anche attraverso il superamento dell'utilizzo di scelte tecniche obsolete e inadeguate quali quelle attuali. (5-04408)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 5 marzo 2015
nell'allegato al bollettino in Commissione VII (Cultura)
5-04408

  Mi riferisco all'interrogazione con la quale l'Onorevole Parentela, unitamente ad altri deputati, chiede di sapere se il Ministro sia a conoscenza dell'entità dei lavori che interessano l'area e quali iniziative intenda adottare per la sua tutela e valorizzazione.
  L'atto parlamentare trae origine da alcuni specifici rilievi formulati da due Associazioni locali preoccupate del fatto che gli interventi presentassero irregolarità o, peggio, potessero determinare danneggiamenti all'area archeologica interessata dai lavori previsti dall'Accordo di programma quadro (APQ) «Beni e attività culturali per il territorio della Regione Calabria».
  Proprio in ragione di tali rilievi vorrei premettere gli obiettivi previsti dall'intervento in parola ed i suoi dati essenziali:
   1. La regimentazione delle acque meteoriche nell'area prospiciente il Museo;
   2. la sistemazione dei percorsi di accesso al Museo;
   3. la pavimentazione dell'area prospiciente la Torre Nao e la Chiesa della Beata Vergine di Capocolonna, che insiste all'interno dell'area archeologica;
   4. la realizzazione di una copertura di protezione dei mosaici delle Terme, così da renderli fruibili;
   5. il completamento dell'acquisizione dell'edificio denominato Casa Morace-De Bartolo;
   6. il recupero funzionale dello stesso edificio;
   7. il monitoraggio del tratto di costa delimitante il parco.

  La progettazione è stata effettuata, congiuntamente, da tecnici della Soprintendenza archeologia della Calabria e del Comune di Crotone, incaricati dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria.
  Il responsabile del procedimento è la Soprintendente archeologa per la Calabria, mentre il Direttore dei lavori è un architetto, funzionario della Soprintendenza.
  Il progetto è finanziato con fondi FAS per un importo di euro 2.500.000,00.
  Sono state già espletate le procedure di legge per l'affidamento dei lavori, che sono attualmente in corso.
  Vorrei ora puntualmente riferirmi ai punti problematici evidenziati negli esposti e ripresi nell'atto parlamentare, relativi alla presunta destinazione a parcheggio dell'area prospiciente la Torre Nao e la Chiesa della Beata Vergine, alla tipologia di copertura dei resti archeologici attribuibili a strutture monumentali di epoca romana e la sua valenza estetica ed infine all'opportunità di ricoprire i resti stessi, sottraendoli alla pubblica fruizione.
  Va preliminarmente esclusa del tutto l'ipotesi della realizzazione di un parcheggio, dal momento che è prevista la realizzazione di opere volte proprio a impedire il transito e la sosta di autovetture nell'area interessata dalla presenza dei resti archeologici, a differenza di quanto accadeva prima della cantierizzazione.
  Per quanto riguarda la necessità di ricoprire i resti archeologici, conservati al solo livello di fondazione, mi rendo conto che esso costituisce un intervento di difficile interpretazione per chi archeologo non è, ma esso si è reso necessario per il cattivo stato di conservazione dei resti; causato dalle utilizzazioni improprie dell'area, da tempo oramai anche sagrato della Chiesa che insiste proprio su quell'area archeologica, nonché dall'esposizione a condizioni climatiche e ambientali particolarmente aggressive. L'alternativa proposta, ossia la musealizzazione in situ dei resti delle strutture portate alla luce durante le indagini, resti, si ribadisce, tutti conservati solo a livello di fondazione, comporterebbe la necessità di una continua e onerosa manutenzione volta a contrastare il rapido, progressivo peggioramento del degrado dei resti stessi, esposti peraltro alle severe condizioni ambientali determinate dalla ventosità, umidità e salinità del sito. Inoltre una eventuale musealizzazione in situ di detti reperti, al fine di consentirne la compiuta leggibilità da parte del pubblico, necessiterebbe di interventi di integrazione decisamente consistenti, con conseguente alterazione del dato archeologico oggettivo.
  La soluzione progettuale adottata invece consente, per un verso, di conservare il dato archeologico nella sua oggettiva consistenza storica, protetto com’è dal c.d. «tessuto non tessuto» e da un ulteriore strato di inerte con spessore tra i venti e i cinquanta centimetri e, per altro verso, di rendere fruibile l'area di superficie, divenuta, fin dal medioevo, sagrato della Chiesa della Beata Vergine di Capocolonna, il cui impianto, com’è noto, fu realizzato fra l'XI ed il XIII secolo dai monaci basiliani ed è tuttora un luogo di culto frequentatissimo da parte numerosissimi fedeli, pur insistendo all'interno dell'area archeologica.
  Forse, in sede progettuale, ferma rimanendo l'esigenza di proteggere i resti archeologici rinvenuti con il «tessuto non tessuto» e lo strato di inerte, si sarebbe potuta valutare anche l'opportunità di montare, direttamente sullo strato di inerte, la pavimentazione in cotto utilizzando elementi in laterizio di tipo autobloccante oppure terreno stabilizzato. Tenuto conto del fatto che la Soprintendenza segnala la frequentazione della chiesa da parte di un numero rilevantissimo di fedeli, le soluzioni sopra prospettate sono state scartate in ragione della loro inidoneità a sopportare le sollecitazioni dovute al peso costituito dal gran numero di frequentatori del sagrato. Viceversa, la soluzione alla fine prescelta (stesura, sopra lo strato di inerte, di una rete elettrosaldata allettata in uno strato di calcestruzzo con una bassa percentuale di cemento (c.d. «magrone») consente, secondo quanto riferito dalla competente Soprintendenza, una distribuzione adeguata dei carichi e, in uno con gli strati protettivi interposti, assicura la conservazione dei resti rinvenuti.
  Preciso che il tracciato planimetrico delle strutture romane individuate, verrà riproposto graficamente sulla pavimentazione del sagrato e le fasi dell'insediamento, nonché la storia degli scavi, verranno illustrati su pannelli didattici.
  Per quel che riguarda la scelta dei materiali di pavimentazione, vorrei sottolineare che gli uffici sul territorio assicurano trattarsi di materiali tradizionali, già utilizzati in situazioni simili.
  Per quanto invece riguarda il secondo punto, ossia la realizzazione di una copertura di protezione delle pavimentazioni a mosaico delle Terme di epoca romana, si contesta, in particolare la correttezza delle indagini archeologiche effettuate nell'area con particolare riguardo alle scelte progettuali relative al dimensionamento delle strutture di sostegno della copertura stessa, ritenute sovradimensionate, vorrei precisare che la ragione della dimensione delle strutture risiede nella classificazione sismica dell'area che è stata fornita dal tecnico incaricato che ha redatto una relazione che costituisce parte integrante degli elaborati progettuali, debitamente approvati dagli uffici competenti.
  In merito alle critiche, anche di profilo estetico, alle soluzioni architettoniche proposte per la copertura nonché alle modalità di realizzazione delle opere di sottofondazione delle strutture di sostegno della copertura, eseguite mediante trivellazioni, è da segnalare che la documentazione consultata, e alla quale si riferisce l'atto parlamentare, costituisce il progetto definitivo e riporta soluzioni progettuali poi superate nella fase esecutiva.
  In tale fase, a seguito degli studi specialistici e delle indagini eseguite, è stato possibile ridimensionare gli elementi di sostegno. Infatti i pali di sottofondazione, la cui sezione era originariamente prevista con diametro di cm 60, è stata ridotta a cm. 20. Tale riduzione ha determinato, in assoluto, una minore incidenza diretta dell'opera sull'area archeologica. Inoltre, in fase di esecuzione dell'intervento, sono stati eseguiti preliminarmente sondaggi archeologici, condotti con metodo stratigrafico, senza l'ausilio di mezzi meccanici, da parte di archeologi qualificati, al fine di individuare i posizionamenti privi di strafigrafie.
  Le trivellazioni per mettere in opera i pali di sottofondazione sono state eseguite con macchinari e con l'impiego di opere provvisionali che hanno garantito la protezione dei resti.
  Preso atto che le modalità operative non hanno determinato pregiudizio alla conservazione delle strutture che si intende rendere fruibili, non entro nel merito di una valutazione estetica delle coperture progettate. In ogni caso vorrei precisare che tali coperture si rendono necessarie per poter assicurare un livello sia pur minimo di garanzia per la conservazione del pavimento a mosaico, e nel contempo la sua fruizione, ferma rimanendo, comunque, la necessità di una manutenzione periodica delle superfici decorate.
  La salvaguardia totale dei mosaici rinvenuti, mi preme sottolineare, potrebbe essere assicurata solo mediante la loro ricopertura con «tessuto non tessuto» e strati di inerte, che andrebbero periodicamente ispezionati onde evitare la crescita di piante infestanti. Ma in tal modo non se ne assicurerebbe la fruizione.
  Né è seriamente pensabile un loro «strappo» a fini di musealizzazione, perché ciò determinerebbe una grave alterazione del contesto ed un oggettivo impoverimento dell'area archeologica che, invece, sta molto a cuore ai cittadini di Crotone che vedono, nella conclusione dei lavori il coronamento di un progetto di valorizzazione dell'area, da lungo tempo atteso.
  Concludo precisando che l'indagine ispettiva prontamente disposta dal Segretario generale del Ministero, ha confermato che l'intervento della Soprintendenza fosse effettivamente fondato su ragioni pratiche e funzionali di garantire la compatibilità tra le due esigenze: quella di garantire la conservazione delle preesistenze archeologiche con quella di consentire la pubblica fruizione, pur se in astratto sarebbero state ipotizzabili soluzioni tecniche alternative come la predisposizione di un percorso su passerelle o un sistema di copertura con pedane mobili.
  Confermo infine la disponibilità della Soprintendente archeologa, disponibilità peraltro sempre manifestata, al dialogo ed al confronto, anche per chiarire eventuali, ulteriori dubbi e perplessità sul progetto in corso.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

archeologia

finanziamento comunitario

pavimentazione