ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01821

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 77 del 13/09/2013
Firmatari
Primo firmatario: CAPELLI ROBERTO
Gruppo: MISTO-CENTRO DEMOCRATICO
Data firma: 13/09/2013


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 13/09/2013
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

SOLLECITO IL 08/04/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-01821
presentato da
CAPELLI Roberto
testo di
Venerdì 13 settembre 2013, seduta n. 77

   CAPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le fondazioni bancarie sono state introdotte per la prima volta nell'ordinamento italiano con la legge n. 218 del 1990, la cosiddetta «legge-delega Amato-Carli», con lo scopo di perseguire valori collettivi e finalità di utilità generale;
   a partire dagli anni Ottanta, la Comunità europea ha innescato un processo di forte liberalizzazione e privatizzazione dell'economia, contraria ad ogni forma di «aiuti di Stato» e volta a privilegiare il regime di piena concorrenza tra le imprese;
   l'impianto legislativo che ne è derivato è composto da:
    legge-delega Amato-Carli n. 218 del 1990;
    decreto legislativo di attuazione n. 356 del 1990;
    legge-delega Ciampi n. 461 del 1998;
    decreto legislativo di attuazione n. 153 del 1999;
   legge n. 448 del 2001 (cosiddetta legge Tremonti);
    legge n. 112 del 2002 (norma di interpretazione autentica);
   tale impianto legislativo va letto alla luce del novellato articolo 118 della Costituzione, che ha introdotto il principio di sussidiarietà orizzontale come criterio informatore dei rapporti tra pubblico e privato anche nella realizzazione delle finalità di carattere collettivo;
   di conseguenza, all'inizio degli anni novanta è emersa dunque la necessità di trasformare l'intero sistema bancario italiano per aggiornarlo rispetto alla cosiddetta «unità economica europea» che si andava delineando. L'Italia doveva affrontare l'apertura dei propri mercati ai partner europei. All'epoca, più della metà degli enti creditizi era di diritto pubblico;
   il Governatore della Banca d'Italia pro tempore trovò la soluzione per rendere le banche più appetibili per gli investitori stranieri: separare in due diverse entità le funzioni di diritto pubblico dalle funzioni imprenditoriali, cioè scorporare le fondazioni dalle banche ex pubbliche (s.p.a.): la legge-delega Amato-Carli n. 218 del 1990 dispose che gli enti bancari diventassero società per azioni, sotto il controllo di fondazioni, le quali successivamente avrebbero dovuto collocare le proprie azioni sul mercato;
   legge-delega del 1990 configura le fondazioni bancarie come holding pubbliche che gestiscono il pacchetto di controllo della banca partecipata ma non possono esercitare attività bancaria; i dividendi sono intesi come reddito strumentale ad un'attività istituzionale (quella indicata nello Statuto), che deve perseguire «fini di interesse pubblico e di utilità sociale»;
   nella prima fase (1990-1997), prevale una ambiguità di fondo: attività bancaria e finalità istituzionali sono ancora piuttosto confuse, anche perché le fondazioni bancarie da un lato devono controllare la banca e dall'altro devono perseguire scopi non di lucro;
   l'unico elemento chiaro di attività «sociale» delle fondazioni bancarie si ritrova nel dettato della legge n. 266 del 1991 istitutiva delle organizzazioni di volontariato: l'articolo 15 che dispone che un quindicesimo dei proventi di questi enti venga devoluto ai fondi regionali per il volontariato. L'evoluzione normativa degli anni seguenti mira proprio ad eliminare questa confusione: un sistema misto di incentivi e vincoli mette in moto il mercato, nonostante la regolamentazione delle attività istituzionali sia ancora carente;
   la legge delega n. 461 del 1998 e il successivo decreto legislativo n. 153 del 1999 afferma l'idea per cui le fondazioni devono operare nel mondo non-profit, pur potendo conservare una certa vocazione economica (ma sempre nell'ambito degli scopi non lucrativi). Il decreto, nel testo vigente, individua i settori ammessi (famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili; prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologie e disturbi psichici e mentali; ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità ambientale; arte, attività e beni culturali) nell'ambito dei quali le fondazioni scelgono, ogni tre anni, non più di cinque settori rilevanti. Le fondazioni bancarie possono così assumere la struttura di «fondazioni grant-making» (erogare denaro ad organizzazioni non profit che operano nei sei settori individuati) oppure possono scegliere quella di «fondazioni operative», svolgendo direttamente attività d'impresa nei suddetti settori, attività strumentale al raggiungimento dello scopo di utilità sociale;
   tale assetto legislativo necessitava di alcuni aggiustamenti, poiché vi era una dispersione di impiego dei proventi patrimoniali da parte delle fondazioni (che erogavano «a pioggia» importi modesti e solo in alcune aree del Paese);
   la legge del 1998 introduce perciò la «programmazione triennale» dell'attività delle fondazioni e indebolisce il legame fondazioni-banche, affidando la partecipazione a delle «società di gestione del risparmio» (scelte con gare pubbliche) ma soprattutto ribadisce l'appartenenza della materia al diritto privato e non al diritto pubblico;
   il ruolo delle fondazioni bancarie e la natura giuridica di soggetti privati non profit sono stati definitivamente chiariti dalla sentenza n. 300 del 2003 della Corte Costituzionale che le ha confermate come «persone giuridiche private dotate di piena autonomia statutaria e gestionale» il cui scopo è quello di contribuire alla realizzazione di interessi di carattere generale in determinati settori;
   conseguentemente si sono attribuite lo status di enti non commerciali e come tali non soggetti a tassazione per ritenuta sui dividendi ed interessi;
   la Corte di cassazione aveva investito la Corte di giustizia europea, al fine di verificare se il regime fiscale degli enti in questione fosse un aiuto di Stato e come tale non applicabile ove non preventivamente dichiarato incompatibile con il mercato comune della Commissione europea;
   la risposta della Corte di Lussemburgo (sentenza 10 gennaio 2005 C. 222/04) era nel senso che, pur difettando la qualità d'impresa (soggetta al regime degli aiuti) nel soggetto che si limiti alla gestione di partecipazioni, il contrario era da ritenersi nel caso in cui l'ente detentore svolgesse una concreta influenza nella gestione dell'impresa bancaria. In altre parole, era necessario verificare caso per caso se la fondazione si fosse concretamente ingerita nella gestione della banca, e non bastava, per escludere l'applicabilità della disciplina comunitaria degli aiuti, che le finalità indicate nello statuto non fossero di natura commerciale;
   sulla base di tale pronuncia la Corte di cassazione, con sentenza delle sezioni unite n. 27619 del 2006, dichiarò che, per beneficiare del regime fiscale degli enti non profit, la fondazione avrebbe dovuto dimostrare una totale assenza di ingerenza nella gestione dell'impresa bancaria. La successiva giurisprudenza della Corte si adeguò pienamente a tale indirizzo e un'ulteriore conferma giunse con la sentenza delle sezioni unite civili n. 1576 del 2009;
   senonché, l'articolo 23, comma 16, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha previsto la disapplicazione delle sanzioni irrogate alle fondazioni bancarie per le indebite detrazioni agevolative (aliquota irpeg ridotta a metà, esonero dalla ritenuta sui dividendi) indicate nelle proprie dichiarazioni dei redditi. In questo modo, le fondazioni bancarie possono chiudere i loro contenziosi con l'Agenzia delle entrate, subentrata al Ministero dell'economia e delle finanze nella gestione dei contenziosi riferiti al periodo antecedente alla disciplina fiscale delle fondazioni bancarie;
   le 89 fondazioni bancarie hanno un patrimonio di 58 miliardi di euro, e una capitalizzazione finanziaria di circa 150 miliardi e continuano ad essere esentate dal pagamento di una serie di imposte –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere, alla luce della crisi economica e sociale che il Paese sta attraversando, per una rivisitazione della legislazione in materia di fondazioni bancarie al fine prevedere, così come l'amministrazione finanziaria aveva in un primo tempo inteso, che il trattamento fiscale ad esse applicato sia equiparato a quello ordinario in essere per le imprese. (4-01821)

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

DECRETO LEGGE 2011 0098

EUROVOC :

fondazione

legislazione

politica fiscale

banca

liberalizzazione del mercato

protezione del consumatore

regime di aiuto