ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA 3/02162

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 602 del 05/04/2016
Firmatari
Primo firmatario: SANTELLI JOLE
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 05/04/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 05/04/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 05/04/2016
Stato iter:
06/04/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 06/04/2016
Resoconto OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
RISPOSTA GOVERNO 06/04/2016
Resoconto GALLETTI GIAN LUCA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
 
REPLICA 06/04/2016
Resoconto SANTELLI JOLE FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 06/04/2016

SVOLTO IL 06/04/2016

CONCLUSO IL 06/04/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-02162
presentato da
SANTELLI Jole
testo presentato
Martedì 5 aprile 2016
modificato
Mercoledì 6 aprile 2016, seduta n. 603

   SANTELLI e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'inchiesta della procura di Potenza sul caso «Tempa rossa», le cui vicende hanno portato nei giorni scorsi alle dimissioni della Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi, tocca anche la regione Calabria, in merito ad un presunto traffico di rifiuti prodotti da Eni nel centro oli di Viggiano, in Basilicata, molto pericoloso per i cittadini e per l'ambiente;
   come anticipato da Il Corriere della Calabria, sono sei i calabresi indagati dalla procura di Potenza: si tratta degli amministratori della Iam (Iniziative ambientali meridionali), ovvero l'azienda che gestisce il depuratore di Gioia Tauro, e della Consuleco, che gestisce il depuratore a Bisignano: impianti che – scrive la procura di Potenza – non era in grado di trattare i rifiuti pericolosi che giungevano dalla Basilicata; a questi si aggiungono anche gli amministratori della Ecosystem, azienda autorizzata al trasporto di rifiuti solidi e liquidi;
   la procura indaga su due anni, il 2013 e il 2014, nel corso dei quali migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi sono arrivate nei due impianti calabresi (Iam e Consuleco) che non avevano i mezzi per trattarle. Si tratta di 28 mila tonnellate giunte a Gioia Tauro e circa 3.200 iniettate nel depuratore a Bisignano. In entrambi i casi, il consulente nominato dagli uffici giudiziari ha evidenziato che «i rifiuti liquidi provenienti dalle due vasche (del centro oli) dovevano essere caratterizzati con i codici CER 19 02 04 (miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto pericoloso) e 13 05 08 (miscugli di rifiuti delle camere a sabbia e dei prodotti di separazione acqua/olio), entrambi pericolosi». Il codice assegnato, invece, era decisamente tranquillizzante e riservato agli scarti non pericolosi;
   per smaltire la grande mole di rifiuti liquidi prodotta nel centro oli, scrivono i magistrati, «Eni ha posto in essere una vera e propria organizzazione, che seppur inquadrata amministrativamente dai due contratti stipulati rispettivamente con i raggruppamenti temporanei d'imprese Ireos e Ecosystem, di fatto è finalizzata al traffico illecito dei rifiuti». «A fronte dell'ingente movimentazione e smaltimento di rifiuti – continuano i magistrati –, si produceva un consistente ritorno economico per tutte le parti in causa, concretizzatosi sostanzialmente in un sostanziale risparmio per la committente Eni e in un ingiusto guadagno per gli impianti di smaltimento che, grazie alla «pilotata» e più favorevole classificazione del rifiuto, avevano potuto trattare il rifiuto celando, sotto una parvenza di legalità, un vero e proprio traffico illecito»;
   nelle conversazioni intercettate degli amministratori indagati si parla anche della questione ambientale: «(...) è la popolazione che ha il problema (...) il problema degli odori: ormai esce su tutti gli impianti (...) delle vostre acque»;
   il caso riportato non è sicuramente il primo che coinvolge il tema dell'inquinamento e dei rifiuti pericolosi in Calabria; vale la pena ricordare la vicenda dell'azienda Legnochimica, con sede a Mondovì (Cuneo), che ha operato in Calabria dal 1967 al 2002, attraverso due stabilimenti nel cosentino che hanno prodotto pannelli in ledorex (masonite) e tannino;
   in particolare lo stabilimento di Rende ha occupato un territorio di 30 ettari circa ed è stato più volte oggetto di lamentele da parte dei residenti della zona per presunte emissioni inquinanti, soprattutto fumi e cattivi odori;
   tra il 2002, anno in cui Legnochimica ha cessato le proprie attività, e il 2006, anno in cui la proprietà, concentrata nella società Legnochimica srl, ha avviato la propria liquidazione, oltre 20 dei 30 ettari di terreno dello stabilimento sono stati venduti per agevolare la nascita di altre attività: tra queste, la più corposa, è Calabra Maceri, azienda specializzata nella gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani;
   nel terreno di Legnochimica erano presenti 8 bacini idrici artificiali di varia estensione, dove veniva «decantato» il legname da trasformare in ledorex e da cui estrarre il tannino;
   nel 2006 il comune di Rende ha impedito a Legnochimica srl di liquidare i restanti 9 ettari di terreno dell'ex stabilimento, di cui aveva chiesto la preventiva bonifica;
   nel 2009, in seguito ad alcuni incendi verificatisi nell'estate precedente e alle pressioni di alcuni gruppi di ambientalisti (comitato «Romore» e associazione «Crocevia»), la procura della Repubblica di Cosenza ha aperto un'inchiesta sull'ex stabilimento a carico dell'ex amministratore e liquidatore Palmiro Pellicori per disastro ambientale;
   l'inchiesta, arenatasi nel 2012 in seguito alla morte per malattia di Pellicori, è stata archiviata nel 2014. Tuttavia, ha prodotto un consistente faldone di documenti, tra cui spicca la cosiddetta «relazione Crisci», redatta per conto della procura cosentina da Gino Mirocle Crisci, docente e ora rettore dell'Università della Calabria. I risultati della relazione, redatta tra il 2010 e il 2011, denunciano elevate concentrazioni di nichel, manganese, ferro, alluminio, cromo, piombo, cloro, cobalto e arsenico, nei terreni e nelle vasche dell'ex stabilimento. I quantitativi rilevati di queste sostanze eccedono, anche di centinaia di volte, i limiti massimi consentiti dalla legge. Al riguardo, il professor Crisci ha scritto nella sua relazione: «La falda acquifera sotto ed in prossimità dei bacini artificiali, risulta gravemente contaminata, anche in profondità e detta contaminazione si è estesa ai pozzi esistenti in zona». Sulla stessa problematica sono intervenute, l'Arpacal e l'azienda sanitaria di Cosenza. Anche queste due strutture hanno denunciato pericoli di inquinamento;
   negli 8 mesi compresi tra l'inverno del 2008 e l'estate del 2009 si sono verificati, nelle immediate vicinanze (a via Settimo, che dista più o meno 100 metri dall'ex stabilimento), circa 10 decessi per tumore. Tra questi, 4 riguardano il pancreas e non sono incompatibili con ipotesi di inquinamento industriale;
   nel periodo estivo si verificano frequenti fenomeni di autocombustione dei materiali di scarto rimasti nell'ex stabilimento che sprigionano fumi e cattivi odori rendendo irrespirabile l'aria e letteralmente invivibile la zona;
   il 24 novembre 2015, in seguito a 4 denunce (2 inoltrate dai sindaco di Rende, Marcello Manna, 1 dalla Polizia provinciale di Cosenza e 1 dall'associazione «Crocevia»), la procura di Cosenza ha riaperto l'indagine e sequestrati i terreni e i pozzi idrici sospetti. L'inchiesta è tuttora in corso e si è estesa anche ad ipotesi di «epidemiologia tumorale» –:
   se il Ministro interrogato intenda porre in essere opportune verifiche di competenza, anche in considerazione della normativa europea, al fine del controllo sui livelli di inquinamento delle aree interessate dalle vicende riportate in premessa e di assicurare interventi di riparazione, nella misura possibile, di eventuali danni ambientali, e, più in generale, quali iniziative di competenza intenda promuovere per tutelare in maniera adeguata la sicurezza e la salute dei cittadini calabresi residenti nelle zone interessate dalla presenza di rifiuti tossici. (3-02162)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

sostanza pericolosa

rifiuti

rifiuti pericolosi