ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA 3/01042

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 296 del 23/09/2014
Firmatari
Primo firmatario: BALDUZZI RENATO
Gruppo: SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Data firma: 23/09/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO PER GLI AFFARI REGIONALI E LE AUTONOMIE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO PER GLI AFFARI REGIONALI E LE AUTONOMIE delegato in data 23/09/2014
Stato iter:
24/09/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 24/09/2014
Resoconto BALDUZZI RENATO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
 
RISPOSTA GOVERNO 24/09/2014
Resoconto LANZETTA MARIA CARMELA MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE)
 
REPLICA 24/09/2014
Resoconto BALDUZZI RENATO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 24/09/2014

SVOLTO IL 24/09/2014

CONCLUSO IL 24/09/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01042
presentato da
BALDUZZI Renato
testo presentato
Martedì 23 settembre 2014
modificato
Mercoledì 24 settembre 2014, seduta n. 297

   BALDUZZI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie . — Per sapere – premesso che:
   l'ordinamento italiano percorre ormai da quasi venticinque anni la via della cooperazione intercomunale quale principale soluzione ai problemi di adeguatezza nell'esercizio delle funzioni amministrative comunali generati dall'elevato numero di comuni di piccole e piccolissime dimensioni presenti nel nostro Paese;
   dopo un tentativo vano di finalizzare la creazione di forme di esercizio associato delle funzioni alla riduzione del numero di comuni mediante fusione, la legislazione statale ha imboccato la via dell'associazionismo volontario, la quale non ha, tuttavia, prodotto tutti i risultati auspicati, talora concorrendo alla complicazione del sistema. Allo scopo di razionalizzare le forme di aggregazione, evitare duplicazioni e sovrapposizioni e ricercare assetti territoriali efficaci rispetto all'obiettivo di superare la frammentazione del tessuto comunale, nelle ultime tre legislature, il Parlamento e il Governo hanno introdotto gradualmente maggiori vincoli al libero associazionismo, operando contestualmente su tre fronti: la riduzione e razionalizzazione delle figure giuridiche strumentali alla cooperazione, con un favor crescente verso l'unione di comuni; l'individuazione di soglie demografiche al di sotto delle quali determinate funzioni (crescenti nel tempo) devono essere obbligatoriamente esercitate in forma associata; l'introduzione di incentivi finanziari e normativi positivi e negativi a sostegno di queste politiche intercomunali;
   si sa che si tratta di un cammino, avanzato, ma incompiuto; fortemente differenziato da regione a regione almeno nella misura in cui sono fortemente differenziate le caratteristiche dei sistemi regionali delle autonomie locali (per conformazione territoriale, per consistenze demografiche, per struttura insediativa e distribuzione della popolazione tra centri rurali e urbani ed altro). Non andando oltre: è il nostro Paese, lo conosciamo; nei difetti e nelle virtù dei suoi ottomila campanili;
   tra le difficoltà ad attuare efficacemente le politiche intercomunali ve n’è una, sistemica, che ancora non è superata: l'individuazione di un ruolo chiaro e definito della regione e della sua potestà legislativa in ordine a tali politiche, che costituiscono il principale strumento a sua disposizione per dare realmente vita al proprio sistema regionale delle autonomie locali;
   tra i ritardi di molte regioni ordinarie e speciali (anche di queste che pure hanno potestà piena in materia), tra la refrattarietà dei comuni a cooperare e ad accettare un maggiore ruolo regionale, tra l'inerzia di enti provinciali, che pure potevano promuovere sinergie territoriali (e ritrovare magari un proprio ruolo guida), lo Stato ha spesso preferito dettare regole uniformi, insufficientemente attente – se non per i territori montani – alle differenze di cui si diceva prima; e sul piano normativo, pur essendo possibile fare meglio, oltre un certo grado di attenzione non è possibile andare perché è quello regionale il livello legislativo e amministrativo certamente più adeguato a governare quelle differenze;
   il risultato è che, a fronte di maggiori obblighi e vincoli, l'effettività di queste norme è globalmente insoddisfacente;
   diverso sarebbe stato e sarebbe se lo Stato ricercasse un maggior ruolo di coordinamento, anziché di pervasiva regolazione;
   anche la legge n. 56 del 2014 non è esente dai difetti degli altri interventi statali. Certamente positivi sono gli sforzi di incentivare le fusioni; certamente positivi i chiarimenti normativi sull'assetto istituzionale delle unioni; positive, ma tradizionalmente insufficienti o inadeguate, le aperture alla legislazione regionale in materia di soglie demografiche. Quel che manca è una regia complessiva e condivisa delle trasformazioni, che anche questa legge intende operare. Ma non manca qualche «appiglio», nella legge, per provare a farlo. Ad esempio, in ordine alla delicata e importantissima fase transitoria della riallocazione delle funzioni provinciali, la legge prevede il ricorso ad un accordo in conferenza unificata (articolo 1, comma 91), il quale è stato recentemente approvato (l'11 settembre 2014) con la finalità attribuitagli di individuare le funzioni da redistribuire e i criteri per la relativa assegnazione. Questa fase transitoria inciderà molto anche sulla cooperazione intercomunale, poiché l'assegnazione di alcune funzioni provinciali ai comuni significherà una nuova valorizzazione delle loro forme associative. L'accordo prevede che l'operazione sia assistita da un osservatorio nazionale e da una rete di osservatori regionali, allo scopo di monitorare l'attuazione delle norme, aggiornare i dati disponibili e raccordare i vari livelli. Si tratta di un'occasione che non dovrebbe subire i confini un po’ riduttivi che le sono assegnati dalla lettera dell'accordo medesimo, poiché le lacune informative sull'effettività dell'intera normativa sulla cooperazione intercomunale sono ampie (e il sistema informativo del Ministero dell'interno, pur migliorato negli anni, non è riuscito a colmarle). La conoscenza di ciò che realmente accade è essenziale per fare di questa operazione anche un'occasione per un reale coordinamento degli interventi statali e regionali sull'intercomunalità. Un coordinamento che dovrebbe attentamente valutare anche l'implementazione dei tradizionali strumenti incentivanti che a livello regionale interessa le nuove regole di accesso ai fondi strutturali europei, le quali tendono sempre più a favorire le aree territoriali «adempienti» rispetto agli obblighi di esercizio associato delle funzioni, in tal modo cogliendo l'opportunità di saldare il processo di riordino dei sistemi territoriali con quello che ambisce a sostenerne lo sviluppo –:
   quali iniziative siano previste perché la fase di riallocazione delle funzioni provinciali abbia positivi effetti sulla cooperazione intercomunale (ad esempio, mediante un'opera di «mappatura» delle unioni e delle altre forme associative esistenti sui territori ad opera della rete regionale degli osservatori e mediante una valorizzazione della funzione provinciale di assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali), anche attraverso l'integrazione del quadro normativo statale allo scopo di potenziare gli spazi di intervento regionale in materia, secondo quanto emerge dalla stessa revisione costituzionale in itinere, il cui testo approvato in prima deliberazione al Senato della repubblica riconosce alla potestà regionale quest'ambito materiale, per quanto non ricompreso nella potestà statale a dettarne i principi fondamentali.
(3-01042)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

consorzio comunale

diritto regionale

fiscalita'