Legislatura: 17Seduta di annuncio: 238 del 03/06/2014
Primo firmatario: MOLTENI NICOLA
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE
Data firma: 03/06/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma GIORGETTI GIANCARLO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 ALLASIA STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 ATTAGUILE ANGELO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 BORGHESI STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 BOSSI UMBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 BRAGANTINI MATTEO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 BUONANNO GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 BUSIN FILIPPO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 CAON ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 CAPARINI DAVIDE LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 GRIMOLDI PAOLO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 INVERNIZZI CRISTIAN LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 MARCOLIN MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 PINI GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 PRATAVIERA EMANUELE LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014 RONDINI MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE 03/06/2014
Ministero destinatario:
- MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 03/06/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione ILLUSTRAZIONE 04/06/2014 Resoconto CAON ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE RISPOSTA GOVERNO 04/06/2014 Resoconto ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA) REPLICA 04/06/2014 Resoconto CAON ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE
DISCUSSIONE IL 04/06/2014
SVOLTO IL 04/06/2014
CONCLUSO IL 04/06/2014
MOLTENI, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. —
Al Ministro della giustizia
. — Per sapere – premesso che:
la sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 ha dichiarato l'incostituzionalità della cosiddetta legge Fini-Giovanardi in materia di stupefacenti, determinando un vuoto normativo. Occorre rimarcare che tale sentenza è basata sull'accertamento di un vizio meramente procedurale della citata legge, non entrando, quindi, nel merito della stessa. Tale assunto, oltre a desumerlo dalle motivazioni della citata sentenza, è riportato chiaramente nella premessa al decreto-legge n. 36 del 2014, ove si legge che «la pronuncia di incostituzionalità è fondata sul ravvisato vizio procedurale dovuto all'assenza dell'omogeneità e del necessario legame logico-giuridico tra le originarie disposizioni del decreto-legge (...) e quelle introdotte dalla legge di conversione (...) e non già sulla illegittimità sostanziale delle norme oggetto della pronuncia»;
con il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, si è attuato l'ennesimo provvedimento di norme tese a provocare a parere degli interroganti dei gravi danni irreparabili – ed essendo questo l'ennesimo decreto che affronta il tema della sicurezza dei cittadini e della repressione dei reati – al «sistema giustizia», inteso nella sua complessità, in primis ai cittadini e in secondo poi a tutte le forze di polizia che ogni giorno garantiscono la sicurezza, e questo proprio attraverso l'introduzione di norme che hanno «depenalizzato» il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, che passa da un reato che era considerato grave – fino a sei anni di reclusione, poi, attraverso l'ultimo provvedimento dell'allora Ministro della giustizia Severino diminuita la pena nel massimo a cinque anni di reclusione (e ciò al fine di evitare l'applicazione delle misure cautelari in carcere) – ed ora, attraverso un emendamento del Governo, approvato dalla legge di conversione del decreto-legge in parola, la riduzione della pena massima a quattro anni di reclusione e, quindi, l'applicazione, a detto reato, del «nuovo» istituto appena «coniato» della messa alla prova. In questo modo la maggioranza attua la definitiva depenalizzazione del reato di spaccio di sostanze stupefacenti, di fatto, legalizzandone l'uso e il consumo, siano esse pesanti che leggere;
il problema del sovraffollamento delle carceri italiane è stato in passato risolto con amnistie e indulti, ma tali strumenti si sono rivelati del tutto inidonei a risolvere il problema, tanto che gli istituti penitenziari sono tornati in breve tempo nella situazione precedente, salvo nel contempo aver causato rilevanti problemi alla sicurezza dei cittadini e alla loro incolumità pubblica;
dal 1942 a oggi sono stati varati tra indulti e amnistie 25 provvedimenti (circa uno ogni 2,8 anni) e l'ultimo in ordine di tempo, che risale al 2006 (legge n. 241 del 2006), ha avuto effetti devastanti: dopo solo sei mesi dal provvedimento di clemenza il tasso di crescita dei delitti è aumentato dal 2,5 per cento al 14,4 per cento;
la legge n. 199 del 2010, benché prevedesse la possibilità di scontare in stato di detenzione domiciliare l'ultimo anno di pena residua, con esclusione di soggetti che scontavano una pena per i reati gravi, quali quelli previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, e persone particolarmente pericolose, aveva una durata transitoria con validità «fino alla completa attuazione del piano straordinario penitenziario», nonché l'adeguamento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria occorrente per fronteggiare la situazione emergenziale in atto;
parimenti inefficaci, e comunque sempre nel solco della minor tutela per il cittadino, i provvedimenti, in particolare dei precedenti Governi, che hanno previsto, nei casi di arresto in flagranza, per diversi reati, molti di grave allarme sociale, che l'imputato prima di essere giudicato, o condotto dinanzi al giudice per la convalida dell'arresto o per la celebrazione del processo per direttissima, è prioritariamente assegnato agli arresti in un luogo diverso dal carcere (propria abitazione ed altro);
il decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2012, recante «Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri», ha stabilizzato l'innalzamento da dodici a diciotto mesi della pena residua per poter accedere alla pena detentiva domiciliare, introdotta, come detto, dalla legge n. 199 del 2010, ed ha perseguito, come unico scopo, «l'obbiettivo» di «liberare» anticipatamente il maggior numero di detenuti che scontano pene per reati (molti di grave allarme sociale) applicando, per l'ennesima volta, a parere degli interroganti, un «perdonismo», privo di tutela effettiva della persona offesa del reato;
la legge 28 aprile 2014, n. 67, «Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili», ha introdotto nel nostro sistema penale, tra gli altri, l'istituto della messa alla prova, consentendo a chi commette gravi reati (anche il furto aggravato o la ricettazione) di poter estinguere il reato attraverso un breve periodo di lavoro di pubblica utilità, continuando, di fatto, a «demolire» le previsioni normative tese alla tutela della persona offesa, giacché appare evidente che l'unico obiettivo della citata legge è il supposto effetto deflattivo rispetto ai processi;
tali provvedimenti non prevedono alcun investimento (né in dotazione di mezzi, né per l'incremento delle piante organiche) a favore delle forze dell'ordine, cui sarà demandato il compito di effettuare i controlli sull'effettività delle detenzioni domiciliari;
la sentenza della Corte di cassazione penale, a sezioni unite, a seguito della sentenza di incostituzionalità della «legge Fini-Giovanardi», che vietava la concessione delle circostanze attenuanti prevalenti nel caso di recidivi, ha statuito che i condannati in via definitiva e recidivi per spaccio di droga potranno chiedere la rideterminazione, al ribasso, della pena, escludendo dal ricalcolo solo i detenuti condannati in via definitiva per spaccio di droghe pesanti commesso con l'associazione a delinquere;
la Corte di cassazione ha statuito, come citato, di applicare da subito la nuova legge sugli stupefacenti (in sintesi, come riportato da varie fonti di stampa, «dall'introduzione dello spinello libero allo spaccio libero»), approvata dalla maggioranza «Renzi-Alfano» che modifica la vecchia e «punitiva» «Fini-Giovanardi», e con tale pronuncia parrebbe imminente l'uscita di oltre tremila detenuti, arrestati non senza fatica dalle forze dell'ordine, condannati in via definitiva e reclusi presso «patrie galere», che a breve torneranno liberi;
il Ministro interrogato ha dichiarato: «adesso usciremo dall'emergenza carceri», e ciò evidentemente attraverso una scelta politica di impunità per chi commette reati, sperando che detta impunità non riguardi, da qui a breve, i delitti di rapina o altri più abbietti, tra cui la violenza sessuale;
secondo gli ultimi dati disponibili, forniti dal Ministero della giustizia, al 30 aprile 2014 parrebbe che la capienza regolamentare degli istituti penitenziari presenti nel nostro Paese sia di 49.091 posti e che i detenuti presenti nelle nostre carceri sia pari a 59.683, di cui quelli stranieri sarebbero pari a 20.051 –:
se il Governo possa specificare quali saranno gli effetti reali dell'applicazione della sentenza della Corte di cassazione in parola, ossia il numero di detenuti condannati per reati di spaccio che usciranno dal carcere, e se sia possibile stimare l'impatto che ciò avrà sul mercato dello spaccio di stupefacenti e sulla sicurezza della popolazione. (3-00853)
EUROVOC :traffico di stupefacenti
applicazione della legge
giurisdizione di grado superiore
regime penitenziario
sicurezza pubblica
arresto
detenuto
stabilimento penitenziario