ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA 3/00580

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 156 del 21/01/2014
Firmatari
Primo firmatario: ABRIGNANI IGNAZIO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 21/01/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 21/01/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 21/01/2014
Stato iter:
22/01/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 22/01/2014
Resoconto ABRIGNANI IGNAZIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
RISPOSTA GOVERNO 22/01/2014
Resoconto ZANONATO FLAVIO MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
REPLICA 22/01/2014
Resoconto ABRIGNANI IGNAZIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 22/01/2014

SVOLTO IL 22/01/2014

CONCLUSO IL 22/01/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-00580
presentato da
ABRIGNANI Ignazio
testo presentato
Martedì 21 gennaio 2014
modificato
Mercoledì 22 gennaio 2014, seduta n. 157

   ABRIGNANI e PALESE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della discussione di alcune mozioni presentate in Assemblea la scorsa settimana riguardanti la deindustrializzazione, in particolare sulla questione della Telecom, il Governo ha ribadito la necessità della tutela dei livelli quantitativi e qualitativi dell'occupazione e degli investimenti che devono essere incrementati, reputando anche strategica la rete di telecomunicazioni, avviando in tal senso l’iter di approvazione dei decreti sul golden power;
   riguardo alla specifica vicenda di Alitalia Cai, il Governo ha ribadito in ogni circostanza, in modo chiaro, che non era assolutamente disponibile ad un intervento pubblico che si limitasse a ripianare i debiti, ma era disponibile alla ricerca di una soluzione orientata alla continuità aziendale, che consente la difesa dell'occupazione e la possibilità di alleanze forti in uno scenario di mercato nuovo;
   infine, per quanto riguarda la questione Finmeccanica e la cessione degli assetti civili di Finmeccanica, il Governo ha reso noto che la stessa è una società quotata in borsa, il cui capitale, circa il 70 per cento, è detenuto dai privati e che dunque l'Esecutivo è disposto a seguire con estrema attenzione i dossier relativi alla cessione di asset da parte di Finmeccanica, al fine di tutelare gli interessi generali, la continuità produttiva e lo sviluppo industriale;
   l'Italia sta attraversando una drammatica deindustrializzazione, esponendosi sempre più alle strategie degli altri Paesi, senza tuttavia sapersi difendere o prestare resistenza. Come evidenziato dalla Commissione europea nel suo rapporto sulla competitività industriale nei Paesi membri dell'Unione europea, nonostante la quota del settore manifatturiero, in termini di valore aggiunto totale nell'economia, resti leggermente al di sopra della media dell'Unione europea, il nostro Paese, tuttavia, ha subito una perdita di 20 punti percentuali nell'indice di produzione industriale rispetto al 2007, sia a causa della riduzione dell'attività dovuta al rallentamento economico, sia per la chiusura di numerosi impianti in alcuni settori industriali di base (petrolchimica, siderurgia e biocombustibili). Ciò vuol dire che, in termini di costo unitario medio del lavoro, negli ultimi dieci anni si è perso competitività a causa di un aumento del salario lordo nominale combinato con una debole crescita della produttività. Nella produttività del lavoro nel settore industriale, l'Italia nel 2012 ha perso posizioni rispetto al 2007 ed è stata superata persino dalla Grecia, che nel 2007 era molto più indietro. È evidente anche una forte accelerazione della produttività del lavoro da parte della Spagna, che comunque era già più avanti dell'Italia nel 2007;
   la crisi italiana va ben al di là della crisi finanziaria globale scoppiata negli Stati Uniti nella primavera 2007. La ragione del declino economico dell'Italia è dovuta alla mancanza, da più di vent'anni a questa parte, di una pianificazione industriale a livello nazionale, cui si aggiunge un sistema capitalistico malato e portatore di moltissime anomalie ed asimmetrie economiche, oramai croniche nel sistema Italia;
   nel corso del 2013 si è raggiunto il record di aziende chiuse per fallimento. Secondo gli ultimi dati a disposizione ed analizzati da Cerved, nel corso del primo trimestre del 2013, infatti, sono stati avviate circa 3.500 pratiche di fallimento e solo tra gennaio e aprile 2013 si sono contate 4.218 chiusure di attività. Dal 2009, preso come anno zero dalle statistiche a disposizione, le aziende italiane che hanno chiuso sono state 45.280;
   negli ultimi anni molte aziende italiane sono state acquistate da concorrenti internazionali: Star, Carapelli, Bertolli e Riso Scotti sono state comprate da aziende alimentari spagnole; Gancia è passata in mano russa, mentre, sempre per rimanere in ambito culinario, Parmalat, Galbani, Locatelli ed Invernizzi sono state, una dopo l'altra, acquistate da compagnie francesi. Per quanto riguarda la moda, mondo che ha fatto grande il made in Italy, compagnie come LoroPiana, Gucci, Bulgari e Fendi sono state comprate da concorrenti francesi, mentre Valentino è passato in mano ad alcuni sceicchi del Qatar. Non dimentichiamoci altri nomi importanti dell'industria italiana, come Baci Perugina e Buitoni, oggi di proprietà Nestlé (Svizzera) e Fiorucci (Spagna). Quanto accaduto con Alitalia e Telecom è cosa nota a tutti;
   questi anni di svendita sono stati un colpo basso per l'economia del Paese, ma si è rimasti ad osservare il disfacimento della sua struttura industriale. Il problema della deindustrializzazione non è, quindi, da ricercarsi nello «straniero», ma è da attribuirsi in primis a noi stessi. Nel corso di questi ultimi decenni, infatti, moltissimi imprenditori sono stati capaci di fare investimenti ed essere innovativi, malgrado l'ambiente economico ostile;
   il problema maggiore è interno ai nostri confini perché, come sottolineato dal rapporto della Commissione europea cui si è già fatto riferimento, senza riforme per la produzione, la competitività e la produttività delle industrie saranno destinate a diminuire sempre più, lasciando gli italiani e l'Italia sempre più poveri, nonché emarginati dall'Europa che conta;
   il Consiglio europeo di febbraio 2014 sarà il primo dedicato all'industria e sarà un'occasione da non perdere per approntare un patto per l'industria che, nel quadro di «Europa 2020», consenta di accelerare il processo di riforme, sia a livello di Unione europea che nazionale, indispensabile per attirare nuovi investimenti industriali –:
   se e in che tempi il Governo intenda predisporre un piano di politica industriale, anche a livello internazionale, che dia le linee guida di una strategia economica del Paese tesa a recuperare una sana capacità manifatturiera, sia per la piccola e media impresa, sia in favore di realtà industriali più rilevanti, al fine di restituire all'Italia il ruolo che merita tra le potenze industriali europee, e che permetta una nuova regolazione del commercio in raccordo con l'Unione europea, attivando un confronto con le imprese multinazionali che operano in Italia e procedendo ad una modernizzazione vera del sistema strutturale, infrastrutturale e della logistica che non comporti la svendita delle aziende storiche di rilievo del nostro Paese. (3-00580)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

struttura industriale

alleggerimento del debito

mercato del lavoro

produzione industriale

rivalutazione dei salari

svendita