ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/00757

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 337 del 24/11/2014
Firmatari
Primo firmatario: BINETTI PAOLA
Gruppo: PER L'ITALIA
Data firma: 24/11/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 24/11/2014
Stato iter:
12/05/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 12/05/2015
Resoconto BINETTI PAOLA AREA POPOLARE (NCD-UDC)
 
RISPOSTA GOVERNO 12/05/2015
Resoconto GIRO MARIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE)
 
REPLICA 12/05/2015
Resoconto BINETTI PAOLA AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Fasi iter:

SOLLECITO IL 29/01/2015

DISCUSSIONE IL 12/05/2015

SVOLTO IL 12/05/2015

CONCLUSO IL 12/05/2015

Atto Camera

Interpellanza 2-00757
presentato da
BINETTI Paola
testo presentato
Lunedì 24 novembre 2014
modificato
Martedì 12 maggio 2015, seduta n. 425

   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   in data 2 luglio 2014 la Camera dei deputati ha approvato a grandissima maggioranza una mozione unitaria che aveva come oggetto la tutela della libertà religiosa;
   la Dichiarazione universale dei diritti umani, all'articolo 18, stabilisce che: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
   la mozione impegnava il Governo su vari fronti e, in particolare, vale la pena ricordarne alcuni, anche perché nel tempo sono andati moltiplicandosi gli episodi di intolleranza con grave pregiudizio non solo per la libertà, ma anche per la vita delle persone. La mozione sollecitava il Governo: a denunciare ogni forma di persecuzione nei confronti delle minoranze religiose, in particolare quelle cristiane, nei contesti in cui sono maggiormente vulnerabili; a promuovere misure di prevenzione dell'intolleranza e di sostegno alle iniziative di promozione del dialogo interreligioso; a rafforzare le politiche per la cooperazione internazionale, specialmente nei Paesi in cui le minoranze religiose, in particolare quelle cristiane, sono pesantemente discriminate; ad adottare le opportune iniziative, anche in sede Onu, in materia di libertà religiosa, per monitorare gli episodi di persecuzione religiosa, impegnando i diversi Stati ad intervenire tempestivamente nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religioso; ad assumere iniziative presso il Governo del Pakistan per rafforzare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e, in particolare, del diritto di libertà religiosa; infine ad assumere iniziative a sostegno delle minoranze religiose con particolare attenzione all'educazione;
   le persecuzioni contro i cristiani sono cresciute in modo esponenziale nell'attuale situazione in Iraq e in altri Paesi del Medio Oriente dove il sedicente «califfato» islamico marchia con una «N» come nazareni le case dei cristiani, costretti a fuggire in massa. La lettera «N» da marchio d'infamia è diventata simbolo di una battaglia di libertà religiosa. Un marchio della vergogna non per chi lo subisce ma per gli jihadisti che lo impongono, come è avvenuto sulle case dei cristiani a Mosul: «N» come nazareno, cioè cristiano;
   fino al 1990, anno della prima guerra del Golfo, i cristiani in Iraq erano circa 600.000, il 3,2 per cento della popolazione, stimata in 18 milioni. Con gli anni dell'embargo (1990-2003) inizia il calo: sono circa 554.000 nel 2003, così ripartiti: 370.000 caldei; 100.000 siriaci cattolici e ortodossi; 50.000 assiri; 20.000 armeni; 10.000 protestanti; 4.000 latini. Nel 2003, con l'occupazione dell'Iraq e l'inizio degli attentati contro chiese e clero, si accelerano l'esodo verso Nord e l'emigrazione all'estero. Nel 2010 i cristiani sono stimati attorno ai 400.000. Con l'occupazione di Mosul e di parte della piana di Ninive, la presenza cristiana è a rischio estinzione. Oggi i cristiani sono stimati attorno ai 250.000, meno dell'1 per cento della popolazione;
   la polizia pachistana ha arrestato, all'inizio di novembre 2014, 44 sospetti per la barbara uccisione di una coppia cristiana bruciata viva perché accusata di blasfemia. Oltre 460 persone sono state denunciate per aver partecipato al linciaggio avvenuto in una fornace di mattoni in un villaggio a circa 60 chilometri da Lahore, dove i due coniugi di nome Shama e Shehzad lavoravano. Il governatore del Punjab, Shahbaz Sharif (fratello del Premier Nawaz), ha deciso di formare una commissione di inchiesta per accelerare le indagini. Ha rafforzato la sicurezza nei quartieri dove vive la minoranza cristiana spesso perseguitata nel Paese mussulmano. Anche l'opposizione del Partito popolare pachistano (Ppp), il partito della famiglia Bhutto, ha condannato l'orrendo crimine. A gran voce si sente ripetere: l'Onu intervenga. C’è molta preoccupazione tra i cristiani del Pakistan che scenderanno in piazza a Lahore per manifestare il loro sdegno e chiedere giustizia e rispetto della legalità;
   il Ministro Gentiloni ha fermamente condannato l'efferata uccisione dei due cristiani bruciati vivi in Pakistan. «Un atto vergognoso che solleva profonda indignazione» ha detto il Ministro, che esorta il Governo del Pakistan a fare tutto il possibile per assicurare immediatamente i colpevoli alla giustizia. «L'Italia continuerà ad essere in prima linea in tutti consessi internazionali in difesa della libertà di religione e nel contrasto a ogni forma di discriminazione religiosa» ha concluso il titolare della Farnesina. Era quanto chiedeva la mozione votata a luglio 2014, a cui però non sono seguite, per adesso, azioni concrete;
   numerose organizzazioni cristiane e gruppi della società civile insieme a cittadini musulmani chiedono con urgenza un intervento dell'Onu per un esame obiettivo sulla legge di blasfemia, sulla sua strumentalizzazione e sulle sue conseguenze: urge un'analisi attenta e neutrale. Se questa legge non sarà fermata e corretta vi saranno altri incidenti e tragedie come questa;
   «la difesa della libertà religiosa è la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani in un Paese». Così disse Giovanni Paolo II nell'ottobre del 2003 ai partecipanti all'Assemblea parlamentare dell'Osce. Se in un Paese la libertà religiosa non è rispettata, difficilmente lo saranno gli altri diritti umani;
   in quella, come in molte altre occasioni, Wojtyla sottolineò «la dimensione internazionale del diritto alla libertà di religione e la sua importanza per la sicurezza e la stabilità della comunità delle nazioni», incoraggiandone la difesa e la promozione da parte dei singoli Stati e di altri organismi internazionali;
   oggi circa il 74 per cento della popolazione mondiale – quasi 5,3 miliardi di persone – vive in Paesi in cui la libertà religiosa è soggetta a più o meno gravi violazioni e limitazioni, che si traducono spesso in vere e proprie persecuzioni religiose. Sono 116 i Paesi nel mondo in cui si registrano violazioni della libertà religiosa;
   recenti studi dimostrano che circa i tre quarti dei casi di persecuzioni religiose nel mondo riguardano i cristiani. Sono almeno 500 milioni i cristiani che vivono in Paesi in cui subiscono persecuzione, mentre altri 208 milioni vivono in Paesi in cui sono discriminati a causa del proprio credo;
   anche il numero di cristiani uccisi ogni anno in ragione della propria fede è tristemente elevato. Le stime variano da 100 mila a poche migliaia. Non è tuttavia rilevante sapere se vi è un cristiano ucciso in odio alla fede ogni cinque minuti, oppure ogni giorno. È comunque troppo;
   tra i colpevoli di discriminazioni e persecuzioni ai danni di gruppi religiosi vi sono numerosi Governi. «La libertà religiosa è qualcosa che non tutti i Paesi hanno – ha ricordato Papa Francesco rientrando dal suo viaggio in Terra Santa – Alcuni esercitano un controllo, altri prendono misure che finiscono in una vera persecuzione. Ci sono martiri oggi, martiri cristiani, cattolici e non cattolici. In alcuni posti non puoi portare un crocifisso, avere una Bibbia, o insegnare il catechismo ai bambini. E io credo che in questo tempo ci siano più martiri che nei primi tempi della Chiesa»;
   in Corea del Nord la libertà religiosa è completamente negata. Il Governo controlla le attività religiose e chiunque partecipi ad attività religiose non autorizzate è arrestato e soggetto a torture o perfino esecuzioni. Migliaia di nordcoreani sono internati nei campi di lavoro per motivi religiosi – almeno 15 mila su un totale di 150 mila prigionieri – e, se rifiutano di rinunciare alla loro fede, subiscono abusi perfino peggiori di quelli cui sono soggetti gli altri detenuti. Molto simile la situazione dell'Eritrea, nota non a caso come la «Corea del Nord d'Africa», dove si contano dai 2 mila ai 3 mila prigionieri di coscienza arrestati a causa del loro credo religioso. Prigionieri che subiscono atroci torture e sono costretti a vivere in condizioni disumane;
   in Cina il controllo dello Stato sulle attività religiose è andato tristemente aumentando negli ultimi anni, così come il numero degli arresti di cristiani, buddisti e musulmani e la distruzione di edifici religiosi. Recentemente nella provincia di Zhejang oltre sessanta chiese sono state demolite o danneggiate. La Costituzione riconosce sulla carta la libertà di religione, ma autorizza le sole attività religiose «normali», senza tuttavia fornirne alcuna definizione. Chiunque partecipi a riunioni o manifestazioni religiose non «autorizzate» è arrestato e può subire torture e abusi. Stessa sorte è toccata ai numerosi cattolici che, per fedeltà al Papa, hanno rifiutato di aderire all'Associazione patriottica cattolica cinese;
   lo stretto controllo governativo limita in modo rilevante la libertà religiosa anche in altri Paesi asiatici, quali Laos, Vietnam, Malesia, Kazakhistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Vietnam;
   uno dei Paesi in cui la libertà religiosa è meno tutelata è senza dubbio il Pakistan. Qui lo strumento d'elezione per la discriminazione e la persecuzione delle minoranze religiose è la cosiddetta legge antiblasfemia – corrispondente ad alcuni articoli del codice penale pachistano – che punisce con la pena di morte chi insulta il Profeta Maometto e con il carcere a vita chi profana il Corano. In Pakistan sono detenute 36 delle 43 persone arrestate con l'accusa di blasfemia in tutto il mondo. 17 di queste sono state condannate alla pena capitale, mentre le altre stanno scontando una pena detentiva a vita. Senza contare le migliaia di omicidi extra-giudiziali compiuti a causa di tale norma. Ne sono un tragico esempio i due coniugi cristiani gettati vivi in una fornace il 4 novembre del 2014, a seguito di un'accusa di blasfemia;
   anche se tra gli accusati non mancano appartenenti alla maggioranza musulmana, i dati dimostrano come la legge – che non prevede l'onere della prova per chi accusa e si presta, dunque, facilmente ad un uso improprio – è soprattutto utilizzata per colpire le minoranze religiose. Nel 2013 su 32 casi registrati, 12 hanno riguardato imputati cristiani: si tratta del 40 per cento delle denunce, in un Paese in cui la minoranza cristiana rappresenta appena il 2 per cento della popolazione;
   un'altra piaga che colpisce le minoranze religiose del Pakistan è il rapimento e la conversione forzata all'Islam di adolescenti e bambine. Secondo i dati ufficiali, ogni anno circa 750 giovani cristiane e 250 indù sarebbero rapite e obbligate a convertirsi per contrarre matrimonio islamico. Ma, dal momento che la percentuale dei crimini riportati è minima, si ritiene che i casi siano almeno il doppio;
   nei mesi scorsi il caso di Meriam Yahya Ibrahim Ishaq, la donna sudanese condannata a morte per apostasia, ha portato all'attenzione internazionale il dramma in atto nei Paesi in cui è vietato convertirsi dall'Islam ad altra religione. In 21 Paesi il reato di apostasia è regolato dal codice penale e alcuni di questi, tra cui Iran, Sudan, Arabia Saudita, Egitto, Somalia, Afghanistan, Qatar, Yemen, Pakistan e Mauritania, contemplano la pena di morte per questo tipo di reato;
   gravi sono le violazioni alla libertà religiosa nei Paesi in cui la legge islamica è fonte di diritto, sia che questa venga applicata a tutti i cittadini – come ad esempio in Sudan – sia che sia fatta distinzione tra musulmani e non musulmani. In 17 dei 49 Paesi a maggioranza islamica, l'Islam è riconosciuto come religione di Stato. Un primato sancito dalla Costituzione che implica molteplici conseguenze: dall'esclusione delle minoranze dalla pratica religiosa – è questo il caso dell'Arabia Saudita – fino a forme di tolleranza vincolate a rigidi controlli delle attività religiose;
   in Medio Oriente, in seguito alla cosiddetta primavera araba, si è assistito ad un aumento della pressione di gruppi fondamentalisti ed una crescente ostilità nei confronti della minoranza cristiana. In Egitto nel solo 2013 sono stati distrutti o danneggiati oltre 200 tra chiese, edifici religiosi e attività gestite da cristiani;
   in alcune aree di diversi Paesi del mondo arabo – tra cui Egitto, Iraq e Siria – gli estremisti pretendono dai cristiani il pagamento della jizya, la tassa imposta ai non musulmani durante l'impero ottomano;
   la radicalizzazione dei gruppi fondamentalisti ha contribuito ad alimentare il massiccio esodo di cristiani dal Medio Oriente. Se appena un secolo fa essi rappresentavano circa il 20 per cento della popolazione mediorientale, oggi raggiungono a stento il 4 per cento. Tra i fattori che spingono i cristiani ad abbandonare il proprio Paese vi è la concezione, tradizionalmente diffusa nelle società islamiche, che i non musulmani siano cittadini di seconda classe. Tale concezione non di rado porta a gravi discriminazioni in ambito scolastico e lavorativo e perfino a disparità nell'applicazione della giustizia;
   uno dei Paesi simbolo delle difficoltà cristiane nell'area è senza dubbio l'Iraq, che negli ultimi 25 anni ha visto diminuire la propria comunità cristiana da un milione e mezzo di fedeli a poco più di 300 mila. La conquista di vaste aree del Paese da parte dello Stato islamico rischia oggi di porre fine alla millenaria presenza cristiana. Più di 120 mila cristiani sono fuggiti nel Kurdistan iracheno ed ora versano in drammatiche condizioni, stipati nelle scuole e negli edifici abbandonati, condividendo in più famiglie uno stesso appartamento;
   anche in molte aree dell'Africa la pressione dei gruppi fondamentalisti islamici è andata fortemente aumentando, con gravi conseguenze per la popolazione locale e, in particolar modo, per i non musulmani. Caso emblematico è quello della Nigeria, dove dal 2009 ad oggi si sono intensificati gli attacchi della setta islamica Boko Haram. Nel Nord a maggioranza islamica i fondamentalisti hanno distrutto o danneggiato centinaia di chiese e ucciso migliaia di persone, oltre 2 mila soltanto negli ultimi 12 mesi. Da una ricerca condotta nell'ottobre del 2012 è risultato che su 1.201 cristiani uccisi in odio alla fede durante l'anno, ben 791 avevano trovato la morte in Nigeria. Dal 2001 all'ottobre 2013 nel Paese sono stati uccisi 32 mila cristiani, di cui 12 mila tra il 2011 e l'ottobre 2013. Il Governo è stato più volte accusato di non aver saputo reagire in maniera adeguata, anche a causa della dilagante corruzione che caratterizza l'apparato statale;
   la cooperazione allo sviluppo è parte integrante della politica estera italiana ed è gestita dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri. La cooperazione italiana tiene conto di linee guida e impegni concordati nel più ampio contesto internazionale (Onu, Unione europea). In termini di priorità le iniziative sono focalizzate principalmente sul continente africano (Africa sub-sahariana), sui Paesi nei quali sono stati assunti importanti impegni internazionali (Afghanistan, Libano), nonché in aree nelle quali la presenza del nostro Paese ha radici profonde (America latina, Medio Oriente e Mediterraneo). In termini di aree tematiche e settori le priorità sono: l'ambiente e beni comuni, con particolare attenzione allo sviluppo rurale, all'agricoltura biologica o convenzionale, alla ricerca di fonti alternative e rinnovabili; le politiche di genere e, in particolare, l’empowerment delle donne, accanto ai tradizionali interventi sulla salute e sull'educazione;
   la maggior parte delle organizzazioni internazionali offre a laureandi e neolaureati la possibilità di effettuare tirocini, che comportano l'acquisizione di una certa familiarità con l'ambiente delle organizzazioni internazionali, l'esercizio pratico delle attitudini di flessibilità e apertura mentale, la continua pratica nelle lingue straniere. Il tirocinio, quindi, costituisce una prima reale opportunità per cominciare ad accumulare quell'esperienza lavorativa necessaria per una successiva occupazione più stabile nelle organizzazioni internazionali –:
   a conclusione del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, se non ritenga opportuno, nelle sedi istituzionali europee, richiedere l'istituzione di una giornata europea dei martiri cristiani per ricordare i cristiani del nostro tempo uccisi in odio alla fede;
   se non ritenga opportuno rendere il rispetto della libertà religiosa uno dei requisiti necessari alla concessione di aiuti a Paesi terzi, all'instaurazione con questi di relazioni di carattere economico, nonché infine ad esigere che parte degli aiuti destinati ad altri Paesi siano devoluti a progetti per la promozione delle minoranze religiose, con particolare attenzione all'educazione (esempio: borse di studio per appartenenti alle minoranze religiose);
   se non si ritenga utile organizzare con regolarità incontri tra rappresentanti del Governo ed esponenti delle minoranze religiose di diversi Paesi per acquisire informazioni dirette e poter realizzare interventi più efficaci;
   quali iniziative intenda porre in essere al fine di favorire periodi di tirocinio (stage) per giovani studenti o neolaureati all'interno di strutture internazionali, con molti vantaggi sul piano formativo, soprattutto nelle aree ad alta complessità socio-economica;
   quali iniziative intenda porre in essere al fine di valorizzare lo strumento della cooperazione internazionale allo sviluppo dell'Italia come contributo ai processi di pacificazione, tutela dei diritti e promozione della democrazia nei Paesi del Mediterraneo e in Medio Oriente, rafforzando le partnership con i Paesi del Mediterraneo per supportarne lo sviluppo economico e i diritti sociali;
   se non valuti opportuno favorire una visione condivisa e la collaborazione tra istituzioni e società civile per un'azione coordinata e coerente di cooperazione del «sistema Italia» nel Mediterraneo e in Medio Oriente;
   quali strumenti ritenga utile porre in essere al fine di contribuire all'identificazione di strumenti operativi per potenziare la cooperazione italiana allo sviluppo in Mediterraneo e Medio Oriente (tra cui progetti di co-sviluppo, crediti e altro);
   quali iniziative, anche di natura normativa, intenda porre in essere al fine di agevolare, nei diversi livelli dell'istruzione, lo studio storico ed introduttivo di tutte le religioni, al fine di creare un contesto culturale finalizzato alla riduzione progressiva di ogni discriminazione, almeno in Italia.
(2-00757) «Binetti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

gruppo religioso

discriminazione religiosa

cristiano