ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01611

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 782 del 20/04/2017
Abbinamenti
Atto 1/01439 abbinato in data 21/04/2017
Atto 1/01603 abbinato in data 21/04/2017
Atto 1/01606 abbinato in data 21/04/2017
Atto 1/01613 abbinato in data 21/04/2017
Atto 1/01612 abbinato in data 21/04/2017
Atto 1/01631 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01634 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01635 abbinato in data 16/05/2017
Atto 6/00320 abbinato in data 16/05/2017
Firmatari
Primo firmatario: MAESTRI ANDREA
Gruppo: SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
Data firma: 20/04/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FARINA DANIELE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE 20/04/2017
COSTANTINO CELESTE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE 20/04/2017
MARCON GIULIO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE 20/04/2017
FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE 20/04/2017
CIVATI GIUSEPPE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE 20/04/2017
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE 20/04/2017


Stato iter:
16/05/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 20/04/2017
Resoconto CIVATI GIUSEPPE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 21/04/2017
Resoconto GIAMMANCO GABRIELLA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
PARERE GOVERNO 16/05/2017
Resoconto BOCCI GIANPIERO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
 
DICHIARAZIONE VOTO 16/05/2017
Resoconto LOCATELLI PIA ELDA MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto PALESE ROCCO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto SANTERINI MILENA DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto MENORELLO DOMENICO CIVICI E INNOVATORI
Resoconto VEZZALI MARIA VALENTINA SCELTA CIVICA-ALA PER LA COSTITUENTE LIBERALE E POPOLARE-MAIE
Resoconto MAESTRI ANDREA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
Resoconto RONDINI MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto ALLI PAOLO ALTERNATIVA POPOLARE-CENTRISTI PER L'EUROPA-NCD
Resoconto AGOSTINI ROBERTA ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA
Resoconto GIAMMANCO GABRIELLA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CARNEVALI ELENA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 20/04/2017

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 20/04/2017

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 21/04/2017

DISCUSSIONE IL 21/04/2017

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 21/04/2017

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 16/05/2017

NON ACCOLTO IL 16/05/2017

PARERE GOVERNO IL 16/05/2017

DISCUSSIONE IL 16/05/2017

RESPINTO IL 16/05/2017

CONCLUSO IL 16/05/2017

Atto Camera

Mozione 1-01611
presentato da
MAESTRI Andrea
testo presentato
Giovedì 20 aprile 2017
modificato
Martedì 16 maggio 2017, seduta n. 797

   La Camera,
   premesso che:
    il capo della polizia, intervenendo il 7 marzo 2017 in audizione presso la commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, ha evidenziato che il fenomeno migratorio non può più essere considerato come transitorio e passeggero, trattandosi invece di un fattore strutturale della nostra fase storica, aperta dalla caduta del muro di Berlino, che ha visto raddoppiare – secondo i dati di una rilevazione Onu del 2015 – le correnti migratorie provenienti dai Paesi meno sviluppati, fino a superare il tetto complessivo degli 80 milioni di persone. È la stessa rilevazione a sottolineare come la popolazione in movimento a livello mondiale possa essere stimata in 240 milioni di persone, circa un terzo delle quali, oltre 76 milioni, ospitato in Europa;
    le crisi e i conflitti di questi ultimi anni hanno amplificato quest'onda lunga, riportando il bacino del Mediterraneo al centro di una rinnovata via di fuga dai Paesi in crisi, aprendo nuove rotte ai flussi dei migranti;
    nel rapporto sul sistema Hotspot italiano, pubblicato nel mese di novembre 2016 da Amnesty International, si ricorda che centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini in fuga da conflitti, violazioni dei diritti umani e povertà, negli ultimi tre anni, hanno attraversato il Mediterraneo in cerca di un luogo sicuro o di una vita migliore. In assenza di canali sicuri e legali di accesso all'Europa, hanno viaggiato in maniera irregolare, con un considerevole rischio per le loro vite;
    infatti, nonostante i flussi migratori siano oramai un fenomeno strutturale e che i conflitti, le carestie e la violazione di diritti umani presenti in molti Paesi costituiscano notori fattori di aumento dei flussi, gli Stati dei Paesi più sviluppati, non sono in grado di approntare risposte adeguate, strutturali e attente a garantire la dignità delle persone migranti;
    l'approccio Hotspot, presentato a metà del 2015 dall'Unione europea come la principale risposta dell'Unione all'alto numero di arrivi nei Paesi membri del sud Europa, è la prova di quanto i leader europei incapaci di pianificare nel tempo a disposizione, e tanto meno di concordare, una necessaria riforma del sistema d'asilo in crisi dell'Unione europea, abbiano prodotto sostanzialmente «un rattoppo»;
    il rapporto di Amnesty International sull'approccio Hotspot ha un titolo eloquente ed emblematico: «Come le politiche dell'Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti»;
    la premessa fondamentale di tale approccio era quella di associare maggiori controlli sui rifugiati e migranti all'arrivo, con la distribuzione di una parte dei richiedenti asilo in altri Stati membri per un esame successivo delle loro domande di asilo. Controllo e condivisione delle responsabilità erano allora le parole chiave. Ad oggi, è chiaro che solo il controllo è stato messo effettivamente in atto, e a caro prezzo per i diritti di rifugiati e migranti, mentre molti pochi progressi sono stati fatti in materia di condivisione delle responsabilità; e, anzi, questo principio sta incontrando una crescente resistenza a livello politico;
    l'allestimento dei centri Hotspot e l'attuazione dell'approccio Hotspot sono stati raccomandati dalla Commissione europea a maggio 2015, come punto centrale della sua Agenda sulla migrazione e decisi dal Consiglio Ue a giugno 2015;
    gli Hotspot sono stati progettati per fornire un luogo in cui i rifugiati e i migranti arrivati irregolarmente potessero essere identificati velocemente, principalmente attraverso il rilevamento obbligatorio delle impronte digitali, esaminati per individuare necessità di protezione e in seguito selezionati al fine dell'esame delle richieste di asilo o del rimpatrio nei loro Paesi d'origine;
    una drastica diminuzione degli spostamenti irregolari di rifugiati e migranti verso altri Stati membri dell'Unione Europea, uno degli obiettivi chiave, doveva essere raggiunto tramite l'acquisizione delle impronte digitali, nella prospettiva di assicurare la possibilità di un loro rinvio, secondo il regolamento di Dublino, verso l'Italia o altri Paesi di primo ingresso. Per ridurre il peso che grava su tali ultimi Stati, tuttavia, a settembre 2015, è stato adottato un sistema di ricollocazione d'emergenza, che prevedeva il trasferimento progressivo di circa 160 mila richiedenti asilo (di cui 40 mila dall'Italia) verso altri Paesi dell'Unione europea, per esaminare lì le loro richieste di asilo;
    il Governo italiano ha cominciato ad attuare l'approccio Hotspot nello stesso mese, con la trasformazione in Hotspot del centro di prima accoglienza già esistente a Lampedusa e il dispiegamento di funzionari di diverse agenzie dell'Unione europea. Al momento, i centri Hotspot operativi sono quattro (Lampedusa, Taranto, Trapani e Pozzallo), mentre altri due sarebbero di prossima apertura in Sicilia (Messina e Palermo) e altri dovrebbero seguire entro fine anno;
    mentre la componente di solidarietà del piano Hotspot si è dimostrata ampiamente illusoria, gli elementi repressivi, concepiti per prevenire spostamenti verso altri Paesi europei e aumentare il numero dei rimpatri, sono stati attuati in modo aggressivo, con elevati costi in termini di diritti umani;
    nel rapporto sui centri di identificazione ed espulsione – aggiornato al gennaio 2017 – della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica si legge testualmente che il bilancio dell'approccio Hotspot, analizzando i dati e quanto emerso nel corso delle visite effettuate dalla Commissione, non può che considerarsi deficitario ed evidenziare un sostanziale fallimento del piano europeo: a fronte del raggiungimento di un tasso di identificazioni di oltre il 94 per cento non sono corrisposti risultati positivi in termini di persone ricollocate e persone rimpatriate. Alla fine di dicembre 2016, sono stati ricollocati dall'Italia in altri Stati membri solo 2.350 persone sul totale di 40.000 previste dal piano europeo, a fronte di 181 mila arrivi in Italia;
    l'approccio Hotspot è servito principalmente a riaffermare il sistema di Dublino, aumentando piuttosto che riducendo il peso sulle spalle dei Paesi di primo arrivo nel controllare i confini, proteggere i richiedenti asilo e tenere fuori i migranti irregolari. Mentre il numero degli arrivi in Italia è rimasto stabile, l'imposizione dell'approccio Hotspot ha, infatti, portato a un drastico aumento delle persone che richiedono asilo in Italia, mettendo a dura prova la capacità delle autorità di assistere in modo adeguato i nuovi arrivati;
    la ricerca di Amnesty International offre un quadro preoccupante: la riaffermazione di vecchi principi con modalità più aggressive sta portando a un aumento delle violazioni dei diritti umani – per le quali le autorità italiane hanno una responsabilità diretta, ma i leader dell'Unione europea hanno una responsabilità politica. Con toni più sfumati, le medesime violazioni emergono nel Rapporto della Commissione diritti umani del Senato della Repubblica;
    nel cercare di raggiungere «un tasso di identificazione del 100 per cento», l'approccio Hotspot ha spinto le autorità italiane ai limiti, e oltre, di ciò che è ammissibile secondo il diritto internazionale in materia di diritti umani. L'attuazione di misure coercitive per costringere le persone che non vogliono fornire le loro impronte digitali è diventata man mano la regola, attraverso la detenzione prolungata e anche l'uso della forza fisica. È in questo scenario che rifugiati e migranti che non volevano dare le impronte digitali hanno subito detenzioni arbitrarie e maltrattamenti;
    nonostante non ci siano dubbi che la maggior parte degli agenti di polizia abbia continuato a fare il proprio lavoro in modo impeccabile, testimonianze coerenti raccolte da Amnesty International indicano che alcuni hanno fatto uso eccessivo della forza e hanno fatto ricorso a trattamenti crudeli, disumani o degradanti, o addirittura alla tortura;
    il Rapporto della Commissione diritti umani del Senato della Repubblica ricorda che in una comunicazione della Commissione europea del 15 dicembre 2015 si chiedeva all'Italia di incrementare gli sforzi, anche a livello legislativo, per assicurare una cornice legale allo svolgimento delle procedure previste per l’Hotspot con particolare riferimento all'uso della forza per il rilevamento delle impronte nei confronti di chi si rifiuta;
    il ricorso all'uso della forza incide evidentemente sulla sfera della libertà personale e non si può prescindere da quanto previsto in questi casi dalle leggi italiane. La legge prevede espressamente le uniche ipotesi in cui le forze di polizia sono autorizzate a procedere in modo coattivo, cioè utile a vincere le resistenze passive del destinatario che non si trovi in stato di arresto o di fermo. L'articolo 349, comma 2-bis, del cod. proc. pen. consente esclusivamente, nei confronti di una persona sottoposta a indagini preliminari, il prelievo coattivo di capelli o saliva, comunque nel «rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione» del Pubblico ministero. Quella relativa al prelievo di capelli e saliva è l'unica forma di identificazione coatta contemplata dal legislatore. La questione è molto delicata, al punto che, già nel 1962, con la sentenza n. 30, la Corte costituzionale evidenziò che «spetta unicamente al legislatore, il quale, avendo di mira, nel rispetto della Costituzione, la tutela della libertà dei singoli e la tutela della sicurezza dei singoli e della collettività, potrà formulare un precetto chiaro e completo che indichi, da una parte, i poteri che, in materia di rilievi segnaletici, gli organi della polizia di sicurezza possano esercitare perché al di fuori dell'applicazione dell'articolo 13 della Costituzione e, dall'altra, i casi ed i modi nei quali i rilievi segnaletici, che importino ispezione personale, ai sensi dello stesso articolo, possano essere compiuti a norma del secondo e del terzo comma del medesimo articolo 13.». Poiché la legge vigente non prevede che le autorità di pubblica sicurezza possano fare ricorso all'uso di altre forme di coazione fisica per costringere una persona a sottoporsi ai rilievi foto-dattiloscopici, tale uso è da considerarsi illegittimo e penalmente rilevante;
    gli agenti di polizia hanno bisogno di istruzioni chiare sull'uso consentito della forza e deve essere assolutamente inequivocabile che l'uso della forza consentito è minimo. La resistenza prolungata deve essere gestita attraverso altre forme di risposta da parte delle forze di polizia, non con un maggiore uso della forza. Il monitoraggio di questa procedura deve essere rafforzato e le accuse di abusi devono essere indagate a fondo;
    la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, del 26 ottobre 2016 (Doc. XXII-bis, n. 8), come pure il rapporto della Commissione sui diritti umani del Senato hanno rilevato il trattenimento prolungato dei migranti nei centri Hotspot, oltre le 72 ore, ai fini identificativi in assenza di previsione normativa nel diritto interno;
    va ricordato che la direttiva 2013/33/UE prevede «il trattenimento in un centro di identificazione ed espulsione del richiedente asilo come extrema ratio» che può essere disposto o prorogato soltanto se nel caso concreto non sia applicabile più efficacemente nessuna tra le misure meno coercitive alternative al trattenimento indicate nell'articolo 14, comma 1-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998;
    l'istituto del trattenimento è, di fatto, una misura coercitiva che incide sulla libertà personale la cui natura giuridica si sostanzia in una forma di privazione della libertà, sia pure di natura amministrativa. Se il trattenimento è una restrizione della libertà personale, il suo regime è da ricondursi nel perimetro costituzionale dell'articolo 13 della Costituzione, con tutte le sue garanzie: dalla riserva di giurisdizione alla riserva di legge assoluta, da derogarsi solo in casi eccezionali, dalla durata della misura coercitiva alla tempistica per la sua successiva convalida. L'articolo 13, comma 2, della Costituzione prescrive che la restrizione della libertà personale è ammessa solo «per atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge». Deve quindi essere un giudice a stabilire la suddetta restrizione, motivando la propria decisione per far in modo che la detenzione non risulti costituzionalmente illegittima;
    secondo l'articolo 13 della Costituzione, non sono ammissibili settori della vicenda restrittiva in concreto impermeabili al sindacato del giudice. La Costituzione non esclude, tuttavia, che in casi di necessità e urgenza possano essere adottati anche dall'autorità di pubblica sicurezza provvedimenti provvisori di limitazione della libertà. Quindi solo l'eccezionalità delle circostanze, unita al requisito della tassatività e della non discrezionalità della decisione, possono giustificare la compressione del diritto alla libertà personale quando non viene disposta da un magistrato con atto motivato;
    nella sentenza n. 105 del 2001, la Corte costituzionale ha riconosciuto che il trattenimento «è misura incidente sulla libertà personale, che non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell'articolo 13 della Costituzione», determinando «anche quando questo non sia disgiunto da una finalità di assistenza, quella mortificazione della dignità dell'uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all'altrui potere e che è indice sicuro dell'attinenza della misura alla sfera della libertà personale»;
    con il decreto-legge n. 13 del 2017, di recente convertito, il Governo ha inteso legittimare i centri Hotspot introducendo l'articolo 10-ter al decreto legislativo n. 286 del 1998, con un mero richiamo al decreto-legge n. 451 del 1995 (cosiddetta «legge Puglia») ed ai centri governativi di prima accoglienza, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (cosiddetto «Hub»);
    esso, tuttavia, non contiene alcuna disciplina giuridica dei centri di primo soccorso ed assistenza (gli Hotspot della terminologia dei documenti della Commissione europea), né dei tempi nei quali il cittadino straniero da identificare può essere limitato nella sua libertà personale;
    né vale a sanare tale illegittimità il fatto che, teoricamente, il cittadino straniero possa sottrarsi all'identificazione, poiché tale comportamento determinerebbe l'integrarsi del «pericolo di fuga», presupposto per l'ordine di trattenimento in un centro di rimpatrio, ma non eliminerebbe l'incostituzionalità del periodo precedente, affidato alle mere modalità organizzative dell'autorità di pubblica sicurezza;
    va ricordato, in proposito, che, anche recentemente, l'Italia è stata condannata dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso Khlaifia versus Italia per il trattenimento illegittimo dei cittadini stranieri (violazione articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu), nel centro di accoglienza di Lampedusa e sulle navi divenute centri di detenzione in quanto non vi era alla base un provvedimento di un giudice che legittimasse tale detenzione, rendendo impossibile un ricorso effettivo (violazione dell'articolo 13 della Cedu);
    in tal senso, insoddisfacente è la scelta di non fornire alcuna disciplina dei centri definiti «punti di crisi» (centri Hotspot), per il cui funzionamento si rinvia a testi normativi che non contengono alcuna precisazione circa la natura di questi luoghi e le funzioni che vi si svolgono, in violazione della riserva di legge in materia di stranieri (articolo 10, comma 2 della Costituzione) e della riserva assoluta di legge in materia di provvedimenti restrittivi della libertà personale (articolo 13 della Costituzione);
    anche la normativa introdotta con il decreto-legge n. 13 del 2017 non appare coerente con le sollecitazioni provenienti dalle istituzioni europee e dal Consiglio d'Europa, che, in molte occasioni, hanno invitato l'Italia a disciplinare per legge le fasi di prima accoglienza e di identificazione dei migranti, come avviene in pressoché tutti i Paesi europei;
    muovendosi piuttosto nel senso della ulteriore destrutturazione della disciplina legale dei fenomeni, affidando al potere amministrativo di polizia la gestione di centri che sono, a tutti gli effetti, e per periodi di tempo spesso significativi, dei luoghi di privazione di libertà;
    l'approccio Hotspot ha anche richiesto l'introduzione di uno screening anticipato e rapido dello status di tutte le persone sbarcate nei porti italiani, per separare quelle considerate «richiedenti asilo», da quelle ritenute «migranti irregolari». Un processo di screening (pre-identificazione mediante la consegna di un modulo da compilare il cosiddetto «foglio notizie») non fondato su alcuna legislazione e fatto con troppa fretta – non appena le persone sono appena sbarcate, sono troppo stanche o traumatizzate dal viaggio per poter prendere parte in modo consapevole a questo processo, e prima che abbiano avuto la possibilità di ricevere informazioni adeguate sui loro diritti e sulle conseguenze legali delle loro dichiarazioni – rischia di negare a coloro che fuggono da conflitti e persecuzioni l'accesso alla protezione alla quale hanno diritto;
    la finalità della pre-identificazione rimane vaga: se il «foglio notizie», come viene detto, serve semplicemente a raccogliere le generalità dello straniero a fini operativi per le forze dell'ordine e per l'accoglienza nella struttura, basterebbe raccogliere queste, come tra l'altro avveniva in precedenza al momento dello sbarco, senza chiedere quale sia il motivo dell'arrivo in Italia. Anche se le autorità sostengono che quanto dichiarato nel foglio notizie può essere modificato successivamente per manifestare la volontà di chiedere protezione, appare difficile che si ricorra a tale possibilità non avendo cognizione delle conseguenze delle operazioni cui si viene sottoposti;
    la stessa Relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta ha puntualizzato la necessità di superare l'ambigua funzione della pre-identificazione che, da un lato, è semplicemente volta ad acquisire le dichiarazioni del migrante (generalità, età, nazionalità, e altro) e, dall'altro lato, finisce per assumere il decisivo ruolo di discrimine e di selezione – ancorché non definitiva – tra chi accede all'accoglienza e chi sarà destinato all'espulsione;
    sul punto la Commissione ha evidenziato che l'indicazione della motivazione del viaggio già all'atto dello sbarco trovava una sua ragion d'essere nella prassi italiana di inserire il fotosegnalamento direttamente nella categoria «richiedente asilo», prassi ritenuta illegittima dalle stesse istituzioni europee;
    l'enfasi posta dalle istituzioni e dai governi europei sul bisogno di aumentare le espulsioni ha portato a due sviluppi critici in Italia. Migliaia di ordini di lasciare il territorio nazionale sono stati consegnati a persone considerate «migranti irregolari», in seguito allo screening a giudizio dei presentatori del presente atto di indirizzo viziato menzionato sopra. Queste persone, in pratica, non hanno alcuna possibilità di ottemperare all'ordine, anche se volessero, a causa della mancanza di documenti e di soldi. Di conseguenza, sono rimaste nel Paese ma senza alcuna forma di assistenza, vulnerabili allo sfruttamento e agli abusi;
    anche la Relazione di minoranza della Commissione parlamentare d'inchiesta, a firma dell'Onorevole Palazzotto (DOC. XXII-bis n. 8-bis), ha evidenziato con chiarezza che l'approccio Hotspot costituisce un sistema che non rispetta il diritto interno ed internazionale in materia di rispetto dei diritti fondamentali della persona;
    le autorità italiane hanno, inoltre, negoziato nuovi accordi bilaterali, anche con governi responsabili di orribili atrocità, come il Governo sudanese. Sulla base di questi accordi, gruppi di persone considerate «migranti irregolari», ancora una volta in base al processo di screening sopra menzionato e senza un'adeguata valutazione dei rischi che il loro rimpatrio comportava, sono stati rimandati verso Paesi nei quali erano a rischio di maltrattamenti e altre gravi violazioni dei diritti umani;
    il recente decreto-legge n. 13 del 2017, già richiamato, che è intervenuto in materia di immigrazione non ha cambiato rotta, ma ha persistito in una prevalente ottica repressiva del fenomeno, con l'accentuazione degli strumenti di rimpatrio forzoso, attraverso alcune modifiche di dettaglio della disciplina del rimpatrio (come la previsione del trattenimento anche per gli stranieri richiedenti protezione non espulsi ma respinti, o l'allungamento del termine di trattenimento per coloro che hanno già scontato un periodo di detenzione in carcere), ma, soprattutto, con la decisione di dare inizio all'apertura di numerosi nuovi centri di detenzione amministrativa in attesa del rimpatrio (ora chiamati Centri di permanenza per i rimpatri, invece che centri di identificazione ed espulsione;
    da anni, risulta chiaro come un sistema efficiente di rimpatri non possa basarsi solo sull'esecuzione coattiva degli stessi, ma debba, in primo luogo, riformare le norme in materia di ingresso e soggiorno, aprendo canali di ingresso regolare diversi da quello, ora quasi unico, della protezione internazionale, così dando maggiore stabilità ai soggiorni, oggi resi precari da disposizioni eccessivamente rigide, riducendo così il ricorso all'allontanamento per ipotesi limitate e comunque incentivando i rimpatri volontari, con strumenti normativi e finanziari specifici;
    appare quindi necessaria una più ampia e organica revisione delle strategie di governo dei flussi migratori, con la rivisitazione delle norme del testo unico sull'immigrazione che impediscono un ordinato programma di regolarizzazione ed inserimento controllato dei migranti, prendendo atto del fallimento, sotto il profilo dell'effettività e della sostenibilità economica, di un approccio esclusivamente orientato all'allontanamento forzoso di soggetti le cui precarie condizioni sociali e civili interpellano, peraltro, il tema della garanzia dei diritti fondamentali,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per il superamento culturale e politico della detenzione amministrativa delle persone migranti, garantendo in ogni momento la loro dignità, i diritti fondamentali e il divieto di ricorso all'uso della forza al di fuori di quanto consentito dalla legge;
2) ad assumere iniziative per il superamento dell'approccio e dei centri hotspot, intensificando ogni tentativo in sede europea per individuare forme di prima accoglienza alternative, con regole più rispettose dei diritti dei migranti e prevedendo, in particolare, l'apertura di canali di ingresso regolare diversi da quello, ora quasi unico, della protezione internazionale, così dando maggiore stabilità ai soggiorni, oggi resi precari da disposizioni eccessivamente rigide, riducendo così il ricorso all'allontanamento per ipotesi limitate e comunque incentivando i rimpatri volontari, con strumenti normativi e finanziari specifici;
3) ad assumere iniziative per la revisione delle procedure operative standard (Standard Operating Procedures – Sop) applicabili negli hotspot per assicurare che nessuno illegittimo screening avvenga immediatamente dopo lo sbarco e che tutte le persone in arrivo abbiano accesso a informazioni sufficienti prima dell'esame della loro situazione, eliminando – in particolare – dal cosiddetto «foglio notizie» domande sul motivo dell'arrivo in Italia.
(1-01611) «Andrea Maestri, Daniele Farina, Costantino, Marcon, Fratoianni, Civati, Palazzotto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

diritti umani

asilo politico

diritto d'asilo