ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01525

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 751 del 01/03/2017
Abbinamenti
Atto 1/01545 abbinato in data 20/03/2017
Atto 1/01546 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01548 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01550 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01555 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01632 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01633 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01636 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01637 abbinato in data 16/05/2017
Firmatari
Primo firmatario: LUPI MAURIZIO
Gruppo: AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA
Data firma: 01/03/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
TANCREDI PAOLO AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA 01/03/2017
GAROFALO VINCENZO AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA 01/03/2017
VIGNALI RAFFAELLO AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA 01/03/2017
BOSCO ANTONINO AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA 01/03/2017
MISURACA DORE AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA 01/03/2017
SAMMARCO GIANFRANCO AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA 01/03/2017
SCOPELLITI ROSANNA AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA 01/03/2017


Elenco dei co-firmatari che hanno ritirato la firma
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma Data ritiro firma
RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 23/03/2017 28/03/2017
Stato iter:
16/05/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 20/03/2017
Resoconto CARBONE ERNESTO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto SORIAL GIRGIS GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE
 
ILLUSTRAZIONE 20/03/2017
Resoconto TANCREDI PAOLO AREA POPOLARE-NCD-CENTRISTI PER L'EUROPA
 
PARERE GOVERNO 16/05/2017
Resoconto MORANDO ENRICO ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
 
INTERVENTO GOVERNO 16/05/2017
Resoconto MORANDO ENRICO ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 16/05/2017
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO MISTO-UDC
Resoconto PALESE ROCCO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto SBERNA MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto CATALANO IVAN CIVICI E INNOVATORI
Resoconto FASSINA STEFANO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
Resoconto ALLASIA STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto TANCREDI PAOLO ALTERNATIVA POPOLARE-CENTRISTI PER L'EUROPA-NCD
Resoconto BORDO FRANCO ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA
Resoconto GIORGETTI ALBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto VALLASCAS ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BENAMATI GIANLUCA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 16/03/2017

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 20/03/2017

DISCUSSIONE IL 20/03/2017

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 20/03/2017

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 23/03/2017

RITIRO FIRME IL 28/03/2017

ATTO MODIFICATO IL 16/05/2017

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 16/05/2017

ACCOLTO IL 16/05/2017

PARERE GOVERNO IL 16/05/2017

DISCUSSIONE IL 16/05/2017

APPROVATO IL 16/05/2017

CONCLUSO IL 16/05/2017

Atto Camera

Mozione 1-01525
presentato da
LUPI Maurizio
testo presentato
Mercoledì 1 marzo 2017
modificato
Martedì 16 maggio 2017, seduta n. 797

   La Camera,
   premesso che:
    il 7 giugno 2014 sono entrati in vigore due regolamenti (il decreto del Presidente della Repubblica n. 85 e il decreto del Presidente della Repubblica n. 86 del 2014) sui poteri speciali (cosiddetti golden power) attinenti alla governance di società operanti in settori considerati strategici, applicativi della riforma operata con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, al fine di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale dei poteri speciali del Governo, che era stata oggetto di censure della Commissione europea e di una sentenza di condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea. I due regolamenti riguardavano l'individuazione degli attivi di rilevanza strategica e il regolamento per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali;
    per «poteri speciali» si intende la facoltà concessa al Governo di dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all'acquisto di partecipazioni. Tali poteri si applicano, in particolare, nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché di taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni; la normativa suddetta si ricollega agli istituti della golden share e action spécifique previsti rispettivamente nell'ordinamento inglese e francese;
    con la nuova normativa i poteri speciali nei comparti difesa e sicurezza nazionale sono applicabili a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica. Con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2014, n. 108, sono state individuate le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale rispetto alle quali l'Esecutivo: potrà imporre specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni; potrà porre il veto all'adozione di delibere relative ad operazioni di particolare rilevanza; potrà opporsi all'acquisto di partecipazioni, ove l'acquirente arrivi a detenere un livello della partecipazione al capitale in grado di compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale; potrà dichiarare nulle le delibere adottate con il voto determinante delle azioni o quote acquisite in violazione degli obblighi di notifica, nonché delle delibere o degli atti adottati in violazione o adempimento delle condizioni imposte;
    le disposizioni su sicurezza e difesa sono state estese, attraverso regolamenti, agli asset strategici nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, nei quali l'eventuale opposizione tout court all'acquisizione di partecipazioni si può esercitare solo nei confronti di un'azienda extra Unione europea; una volta individuati tali asset, l'Esecutivo può far valere il proprio veto alle delibere, agli atti e alle operazioni, ovvero imporvi specifiche condizioni. A carico dei soggetti interessati, gli obblighi di notifica sono estesi alle delibere, atti o operazioni aventi ad oggetto il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, la modifica di clausole statutarie riguardanti l'introduzione di limiti al diritto di voto o al possesso azionario;
    ulteriori diritti speciali in capo all'azionista pubblico sono stati previsti nella disciplina codicistica delle società, nonché, successivamente, nella legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), che ha introdotto nell'ordinamento italiano la cosiddetta « poison pill» (pillola avvelenata) che consente, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile riguardante società partecipate dalla mano pubblica, operanti in qualsiasi settore, di deliberare un aumento di capitale, grazie al quale l'azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione, vanificando il tentativo di scalata non concordata; quando la società in cui lo Stato detiene una partecipazione rilevante rientra anche tra le società privatizzate di cui alla legge n. 474 del 1994, la decisione di emettere questa « poison pill» influisce anche sull'efficacia dei tetti azionari, poiché, a partire dal momento in cui lo Statuto autorizza tali strumenti, la norma che prevede i tetti azionari cessa di trovare applicazione;
    da ultimo, l'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 2011 ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato, ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese; in questo ambito sono state definite «di rilevante interesse nazionale» le società di capitali operanti nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi;
    la normativa sulle offerte pubbliche di acquisto (Opa), fissata dal Testo unico della finanza (TUF), di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, ha, quale obiettivo principale, la tutela dell'investimento azionario da parte dei risparmiatori e degli investitori istituzionali italiani ed esteri rispetto alle decisioni degli azionisti di maggioranza; a questo scopo il legislatore ha stabilito che chiunque acquisti azioni oltre una certa soglia sia obbligato a lanciare un'Opa rivolta a tutti gli azionisti e che analogo obbligo si determini anche quando cambi la maggioranza assoluta all'interno di una società o di un accordo, pattizio che controlla una partecipazione già superiore alla soglia; l'attuale soglia unica del 30 per cento è efficace nel caso di società quotate a capitale diffuso in piccolissime quote, mentre non lo è quando, all'interno di una compagine azionaria frazionata, esista una società o un patto comunque dominante nelle assemblee;
    le direttive dell'Unione europea esigono che sia stabilita una soglia per l'Opa obbligatoria, ma demandano agli Stati membri la sua determinazione; in Europa uno Stato, l'Ungheria, ha due soglie a percentuali fisse, mentre quattro Stati (Spagna, Repubblica Ceca, Danimarca ed Estonia) hanno una soglia a percentuale fissa e un'altra a percentuale variabile, legata al controllo di fatto; in Italia, la precedente soglia unica al 30 per cento, infatti, venne a suo tempo individuata nella convinzione che avrebbe favorito il mercato del controllo laddove nessuno avesse avuto interesse a lanciare un'Opa. L'esperienza di questi ultimi 15 anni, invece, ha dimostrato che, molto spesso, il passaggio del controllo senza Opa ha favorito le rendite di posizione e penalizzato le minoranze azionarie, senza procurare vantaggi alle aziende, anzi non di rado gravandole di debiti ingenti legati al processo di acquisizione e non all'investimento operativo; il decreto-legge n. 91 del 2014, cosiddetto «decreto competitività», ha introdotto la doppia soglia Opa al 25 per cento per le società quotate, escluse le piccole e medie imprese che, invece, potranno scegliere di inserire nello statuto una soglia compresa tra il 20 per cento e il 40 per cento;
    per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, comunque definiti, la Commissione europea ha adottato un'apposita comunicazione (97/C 220/06) con la quale ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve comunque essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su «criteri obiettivi, stabili e resi pubblici» e se è giustificato da «motivi imperiosi di interesse generale». Riguardo a taluni settori di intervento, la Commissione europea ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, con esclusione di ragioni di carattere economico e purché conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia;
    inoltre, secondo la Commissione europea, «l'interesse nazionale», invocato come criterio di base per giustificare diversi di questi provvedimenti, «(...) non risulta sufficientemente trasparente e può, quindi, introdurre un elemento di discriminazione nei confronti degli investitori esteri e un'incertezza del diritto». Pertanto, la Commissione europea né nega l'applicabilità se non in connessione e in subordine ai criteri già individuati i quali sottostanno alle ulteriori limitazioni della proporzionalità e della durata nel tempo;
    i singoli Stati mantengono, in assenza di armonizzazione, un certo spazio discrezionale nel definire, nel rispetto dei vincoli posti dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, sia i settori strategici, sia le forme di controllo all'accesso della proprietà delle società operanti in tali settori. Ne deriva una frammentazione del mercato interno. Molti degli Stati membri hanno mostrato, in modo crescente negli ultimi anni, una significativa propensione a prevedere forme di controllo agli investimenti diretti stranieri nei settori strategici, anche se diversi sono i settori considerati strategici e le forme di controllo in concreto previste;
    procedure di infrazione in materia di golden share hanno riguardato la Francia, il Belgio, la Spagna, la Germania, il Portogallo e il Regno Unito. Dall'esame della giurisprudenza che ne è derivata, emerge che la Corte di giustizia europea, una volta rispettate le condizioni di massima individuate dalla Commissione europea, mostra prudenza nel sindacare previsioni statutarie restrittive della libertà di accesso del mercato. La misura nazionale è considerata restrittiva solo ove sia imposta in via imperativa da una norma nazionale. Viceversa, ciò non ricorrerebbe ove la normativa nazionale sia autorizzativa/dispositiva e rimetta di conseguenza alla libera scelta del privato l'adozione o meno di una misura che pur sia astrattamente idonea a limitare o restringere le libertà fondamentali;
    secondo la dottrina dalla giurisprudenza della Corte europea si deduce che «nessuna delle disposizioni di diritto societario comune neppure quelle che prevedono la facoltà, il cui esercizio è rimesso all'autonomia negoziale dei soci, di inserire nello statuto delle clausole che alterino il cosiddetto assetto di default modificando i quorum costitutivi e deliberativi oppure limitando i diritti di voto esercitabili in assemblea, oppure ancora creando strumenti in grado di spezzare il rapporto di corrispondenza tra entità del capitale posseduto e poteri amministrativi – può essere qualificata come restrizione della libera circolazione dei capitali»;
    il nostro Paese è da tempo soggetto ad una serie di acquisizioni da parte di competitor stranieri, sia comunitari che extra comunitari, che, con tutta evidenza, ne stanno riducendo la base produttiva, economica e, da ultimo, finanziaria. Non si disconosce la rilevante importanza, per il nostro Paese, dell'apporto dei capitali esteri, sia come significativo contributo alla crescita economica e all'occupazione, sia come segnale della fiducia degli investitori internazionali. Tuttavia, taluni aspetti di queste cessioni e di queste scalate azionarie mettono comunque in luce una problematica che dovrebbe essere valutata e risolta;
    secondo i dati elaborati a inizio 2017 dai consulenti di Kpmg, multinazionale operante nel settore della consulenza per le imprese e gli Stati, dal 2006 al 2016, la somma investita dagli investitori internazionali in Italia arriva a 200 miliardi di euro dal 2006. Gli stessi esperti considerano questa una cifra sottostimata perché non include l'acquisto di partecipazioni di minoranza o i chip comprati a Piazza Affari. Per Kpmg la cifra reale si spingerebbe sopra i 300 miliardi di euro. Un trend che, negli ultimi anni, ha subito una buona accelerazione con picchi di 27 e 32 miliardi di euro tra il 2014 e il 2015 e 19 puntati nell'anno appena concluso. Le operazioni relative al solo passaggio del controllo del capitale (acquisizioni) sono state 1.340 in dieci anni. Se si includono le quote di minoranza, il numero raddoppia. Nel 2016 gli investitori esteri hanno chiuso 240 operazioni su asset della Penisola, con una crescita del 19,4 per cento;
    in tale ambito, tra la fine del 2015 e il 2016, la Francia ha effettuato operazioni di acquisizione di quote in Italia per 5 miliardi di euro, tra la quota in Telecom Italia e quella appena spuntata in Mediaset. Dal 2006, la Francia ha acquisito quote d'imprese per circa 52 miliardi di euro comprando 185 aziende, 34 lo scorso anno. L'alta finanza italiana è sempre più francese. Unicredit ha da poco venduto, per poco meno di 4 miliardi di euro, la sua Pioneer (un'ottima società di gestione del risparmio con 200 miliardi di soldi italiani investiti sui suoi prodotti) alla francese Amundi. Non esiste, nel credito, un esempio in direzione opposta, cioè acquisizioni da parte di banche italiane in Francia. Basti pensare alle operazioni Bnl-Bnp e Cariparma-Credit Agricole. Ad oggi, le loro operazioni sul suolo italiano stanno generando buoni risultati. Ciò avviene senza grandi sforzi finanziari, visto che Bnp Paribas e Credit Agricole non hanno voluto contribuire al fondo Atlante;
    c’è una sproporzione evidente tra il controvalore delle acquisizioni fatte nell'ultimo decennio da aziende italiane in Francia e i numeri dello shopping francese in Italia. Kpmg calcola che, a fronte dei 52 miliardi di euro spesi dagli investitori francesi in Italia tra il 2006 e il 2016, gli italiani abbiano messo sul piatto appena 7,6 miliardi di euro, se si analizzano i trend dal punto di vista qualitativo, si può notare che le acquisizioni transalpine riguardano principalmente settori strategici come finanza, telecomunicazioni, tecnologia, media e lusso;
    dopo l'acquisizione del 23,9 per cento di Telecom, l'aggressività del gruppo francese Vivendi, società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni, è venuta di recente allo scoperto nei confronti di Mediaset. Causa scatenante dell'acquisizione del 28,8 per cento di azioni Mediaset da parte di Vivendi, sono state le azioni avviate dal gruppo italiano a seguito della disdetta unilaterale operata dalla multinazionale francese nel luglio 2016 di un accordo su Mediaset premium, sottoscritto ad aprile 2016. Tale scalata appare oggi essersi arenata grazie ad un complesso di fattori favorevoli e concomitanti: la decisa risposta della proprietà Mediaset alle pretese della controparte, le difficoltà finanziarie interne a Vivendi, le prese di posizione del Governo e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Giova rilevare che il gruppo Vivendi, tra Mediaset e Telecom, ha un portafoglio che, agli attuali prezzi di mercato vale 4,49 miliardi di euro, il che ne fa il terzo investitore francese a Piazza Affari dietro Bpce (5,23) e Lactalis (4,94);
    altro asset strategico nazionale che da tempo è oggetto di attenzione è Assicurazioni generali SpA, la cui ventilata acquisizione da parte del colosso assicurativo francese Axa appare avere conseguenze imprevedibili. Generali è uno dei primi proprietari immobiliari italiani, con un patrimonio di circa 24 miliardi di euro e detiene 500 miliardi di asset, di cui ben 70 investiti in titoli di Stato italiani. È una delle poche compagnie finanziarie italiane ad avere caratura internazionale, essendo presente in 60 Paesi, con 470 società e quasi 80.000 dipendenti. Oltre che quarta compagnia di assicurazioni a livello mondiale, Generali è anche il terzo gruppo industriale italiano, ha 113 miliardi di euro di fatturato e controlla le grandi partecipazioni e scheletri industriali, spine dorsali dell'industria italiana. Infine Generali è socio forte di Monte dei Paschi di Siena assieme ad Axa stessa;
    ulteriori preoccupazioni nascono se si osserva il board che attualmente governa Generali e, in particolare, la sua specifica attività nel nostro Paese. In questo contesto il capo azienda di Generali, Donnet, ha smentito le ricorrenti voci di una fusione con Axa, ma i dossier con progetti che vanno in questa direzione ingombrano le scrivanie delle società di analisi finanziarie e di advisoring finanziario; è anche circolata l'ipotesi di una vendita della divisione francese di Generali ad Allianz, che (eliminando in premessa le sovrapposizioni di mercato oggi esistenti in Francia tra Axa e Generali, con i relativi profili di trust) avrebbe favorito la strada alla fusione stessa;
    in tale quadro, il direttore generale del gruppo Alberto Minali costituisce una sicura garanzia; ma si deve pur rilevare come, anche in periodi recenti, la fisionomia culturale e della stessa struttura di Generali sia segnata da forti elementi chiaramente riconducibili alla Francia. Correttamente è stato osservato (Il Sole 24 Ore) che il risparmio degli italiani rappresenta una delle attività che più interessano la Francia;
    l'unico grande attore finanziario del mercato, (da oltre vent'anni di gestione con la migliore gestione della media del sistema ed un'invidiabile solidità patrimoniale) è Banca Intesa Sanpaolo. Ed è chiaro che un avvicinamento tra Intesa e le Generali costituirebbe, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'unica mossa in grado di prevenire l'inevitabile scalata. Tuttavia, Generali ha reagito alla sola notizia dell'interessamento alla fusione di Intesa, acquistando il 3,1 per cento della medesima. A metà febbraio circa, Intesa ha deciso di non proseguire su questa strada;
    differente la filosofia dei gruppi italiani che effettuano acquisizioni in Francia. Qui si tratta, per lo più, di azioni mirate nei settori meno strategici per lo Stato francese, storicamente protezionista nei riguardi delle proprie grandi imprese. Il Governo transalpino ha posto una serie di condizioni da quando si è ufficialmente aperta la trattativa per l'acquisizione di Stx France, controllata dalla coreana STX Offshore & Shipbuilding e dallo Stato stesso, da parte di Fincantieri. Parigi ha una quota del 33 per cento nella ex Chantiers de l'Atlantique. Ha diritto di prelazione sulle azioni ancora in mano ai coreani e, in virtù della legge sulle società strategiche, ha il potere di stroncare sul nascere qualsiasi operazione suscettibile di ledere gli interessi nazionali. Il Governo francese, ad avviso dei presentatori del presente atto, non si blinderà contro Fincantieri, ma ha i mezzi per ottenere un accordo vantaggioso e tutelare know how e occupazione;
    pur nella diversità dei vari contesti, le metodologie di scalata di questi asset sembrano seguire un copione prestabilito: rastrellamento di azioni, intese e acquisizioni strategiche, manovre di borsa, con l'obiettivo di affossare o gonfiare, a seconda delle esigenze, il valore del titolo; se necessario, lancio dell'offerta pubblica di acquisto e, infine, acquisizione. La Borsa non appare più come il luogo dove le imprese si finanziano, ma come il luogo dove si può perdere il controllo della propria impresa, senza che sia possibile intervenire, a causa della preponderante potenza finanziaria della controparte;
    il sistema bancario nazionale, da sempre perno centrale della capitalizzazione delle imprese nazionali, si trova nel cuore di una profonda crisi determinata dalla necessaria ristrutturazione e non è più in grado di capitalizzare le imprese. L'annoso problema dei crediti in sofferenza, eredità della recessione, ha eroso il patrimonio degli istituti. Le banche in questi anni hanno dovuto concentrarsi sempre più sul rafforzamento del loro capitale e in questo modo si è creato un vuoto. Le imprese, pertanto, si ritrovano o sottoquotate o sottocapitalizzate e il loro valore reale è superiore al valore di mercato: questa situazione è stata definita «capitalismo senza capitali»;
    secondo la relazione trasmessa al Parlamento «in materia di esercizio dei poteri speciali», dal Ministro per i rapporti col Parlamento e redatta dal Comitato di coordinamento per l'esercizio dei poteri speciali (periodo 3 ottobre 2014 al 30 giugno 2016), il golden power finora si è rivelato un'arma spuntata. Il bilancio appena pubblicato dal Governo mette in luce tutte le fragilità di una normativa che appare inadeguata in una fase storica dominata da un'ondata di investimenti esteri. Nel periodo, sono stati emanati solo 2 decreti con prescrizioni su 30 operazioni notificate, e mai si è arrivati a porre il veto. Circa il 47 per cento delle notifiche ha riguardato operazioni nel settore della difesa e sicurezza nazionale, il 23 per cento le comunicazioni, il 17 per cento l'energia, il 13 per cento i trasporti;
    secondo il Comitato, l'attuale meccanismo «entra in gioco in maniera tardiva e cioè solo a seguito di decisioni già programmate e/o assunte dalle aziende». Il rapporto «ritiene auspicabile perseguire obiettivi atti ad indirizzare ed accompagnare le scelte più importanti della vita di una società». L'obiettivo deve essere «(...) assicurare continuità alla protezione degli assetti strategici nazionali attraverso la tutela nei confronti di manovre acquisitive che sottendono all'obiettivo di sottrarre tecnologie e know how industriale e commerciale essenziale per la competitività del sistema Italia». «(...) Il mondo sta cambiando velocemente e anche gli strumenti di difesa devono aggiornarsi, come del resto stanno facendo competitor come Germania e Regno Unito». «(...) Lo squilibrio in termini di fusioni e acquisizioni (merger and acquisitions) è nei numeri e merita di essere approfondito»;
    il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, predisposto dal Governo pro tempore Monti, disponeva che i provvedimenti attuativi fossero aggiornati ogni tre anni. Quindi si apre proprio nel 2017 una finestra utile per aggiornare la normativa. Componenti del Governo hanno rilasciato alcune dichiarazioni (relative al periodo in cui l'operazione «Mediaset-Vivendi» era all'attenzione della pubblica opinione), per cui il golden power potrebbe essere esteso per campo di applicazione e per modalità di esercizio, ad esempio prevedendo una fase negoziale tra Governo e investitore straniero per confrontarsi sui piani. In entrambi i casi, il Governo punterebbe a ottenere garanzie su permanenza in Italia di asset produttivi strategici, competenze e posti di lavoro. Potrebbero essere fissati nuovi obblighi, in modo particolare per operazioni di fonte extra Unione europea o effettuate da imprese di Paesi che non rientrano tra le economie di mercato. Il Governo afferma che si valuta «(...) l'opportunità di introdurre una regolamentazione che incrementi gli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti, esaminando anche le normative vigenti in altri Paesi e nell'Ocse». Si ritiene possibile l'introduzione di una norma ispirata alla disciplina relativa alla Securities and Exchange Commission, l'autorità di Borsa americana, nella quale si impone all'investitore che supera l'acquisto del 5 per cento di fornire alla Consob un'informativa dettagliata sui piani di investimento, quanto meno in situazioni strategiche o di potenziale conflitto di interessi;
    assistere oggi alla cessione, alla svendita o al trasferimento di aziende centrali non solo per il loro portato economico in termini occupazionali e di sviluppo di indotto, ma persino operanti in settori definiti «strategici», come Telecom Italia, o, a suo tempo, Alitalia, mostra come, nell'attuale fase, l'azione dell'Esecutivo risulti ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo insufficiente rispetto alla fase di deindustrializzazione che sta attraversando il nostro Paese e che occorra adottare nuove e straordinarie misure a tutela del tessuto produttivo italiano, del risparmio degli italiani, del know how italiano e di conseguenza a tutela della base occupazionale nazionale. In questo quadro, i rischi connessi alla vicenda Assicurazioni Generali SpA-Axa-Unicredit, rappresenta un ulteriore salto di qualità, in quanto è in gioco il risparmio nazionale e il possesso di innumerevoli asset industriali;
    in conclusione, si valuta assai negativamente e si guarda con allarme la serie di acquisizioni estere elencate nella citata relazione, che, per questa parte, non copre l'anno 2016, ma si limita agli anni 2014-2015. Si riporta testualmente: «Nel 2014-2015 sono state acquistate da soggetti esteri tra l'altro imprese siderurgiche italiane (Acciaierie di Temi dalla Germania e di Piombino dall'Algeria), di telefonia (Telecom Italia dalla Francia e Wind dalla Russia), industriali (Pirelli dalla Cina, Italcementi dalla Germania, Indesit dagli USA), farmaceutiche (Rottapharm dalla Svezia, Sorin dagli USA, Sigma-Tau Pharma Ltd dagli USA e Gentium S.p.a. dall'Irlanda), finanziarie (Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.a. dagli USA, BSI – Banca della Svizzera Italiana dal Brasile), della moda e del lusso (Krizia dalla Cina, oltre a numerose operazioni negli anni precedenti da Francia e paesi arabi in particolare), alimentari (numerose operazioni di dimensioni minori), oltre agli acquisti di quote percentuali limitate ma significative in volume di investimenti di società industriali, finanziarie e bancarie da parte della State Administration of Foreign Exchange cinese e della People's Bank of China (ENI, ENEL, FCA, Telecom Italia, Prysmian, Mediobanca, Generali, Saipem, Terna, Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banca Monte dei Paschi di Siena)»,

impegna il Governo:

1) ad avanzare proposte di integrazione della legislazione vigente a livello comunitario, per completare la regolazione comunitaria sui poteri speciali, a tutela delle tecnologie e delle capacità industriali e occupazionali dell'Unione europea, anche in relazione alla competizione messa in atto da Paesi a sistema economico non di mercato;
2) ad operare affinché venga istituita una cabina di regìa europea sui poteri speciali, anche al fine di ridurre le asimmetrie tra i Paesi membri derivanti dal recepimento della direttiva europea in materia e dal concreto esercizio degli stessi in ciascun Paese;
3) tenendo conto della relazione del Comitato di per l'esercizio coordinamento per l'esercizio dei poteri speciali costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, a cooperare con i gruppi parlamentari per lo sviluppo di iniziative legislative che – nel rispetto della disciplina comunitaria in materia finanziaria e per la libera circolazione dei capitali – promuovano l'estensione della normativa sui poteri speciali dello Stato anche alle società nazionali operanti nel settore finanziario, dopo aver verificato se sia necessario e opportuno superare i limiti previsti dalla legislazione vigente, che considera i poteri speciali applicabili solo ai settori difesa e sicurezza, energia, Telecomunicazioni e trasporti, in analogia con quanto hanno stabilito da altri Paesi europei;
4) a procedere rapidamente alla attuazione di quanto disposto dal comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012,   n. 56, aggiornando la normativa per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica nel settore difesa e sicurezza nazionale;

5) ad assumere iniziative affinché siano rafforzati, per il soggetto che notifica l'operazione di acquisizione, gli obblighi di assoluta informazione e trasparenza, secondo le richieste del Comitato di coordinamento.
(1-01525)
(Ulteriore nuova formulazione)  «Lupi, Tancredi, Garofalo, Vignali, Bosco, Misuraca, Sammarco, Scopelliti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

sicurezza pubblica

partecipazione

offerta pubblica di acquisto