ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01407

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 698 del 25/10/2016
Abbinamenti
Atto 1/01404 abbinato in data 25/10/2016
Atto 1/01395 abbinato in data 25/10/2016
Atto 1/01398 abbinato in data 25/10/2016
Atto 1/01399 abbinato in data 25/10/2016
Atto 1/01400 abbinato in data 25/10/2016
Atto 1/01402 abbinato in data 25/10/2016
Atto 1/01403 abbinato in data 25/10/2016
Atto 1/01408 abbinato in data 25/10/2016
Firmatari
Primo firmatario: OCCHIUTO ROBERTO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 25/10/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/10/2016
GULLO MARIA TINDARA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/10/2016
CRIMI ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/10/2016


Stato iter:
25/10/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO GOVERNO 25/10/2016
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 25/10/2016
Resoconto MONCHIERO GIOVANNI CIVICI E INNOVATORI
Resoconto RONDINI MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto CALABRO' RAFFAELE AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto BRIGNONE BEATRICE MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto NICCHI MARISA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto LENZI DONATA PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 25/10/2016
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 25/10/2016

DISCUSSIONE IL 25/10/2016

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 25/10/2016

NON ACCOLTO IL 25/10/2016

PARERE GOVERNO IL 25/10/2016

RESPINTO IL 25/10/2016

CONCLUSO IL 25/10/2016

Atto Camera

Mozione 1-01407
presentato da
OCCHIUTO Roberto
testo di
Martedì 25 ottobre 2016, seduta n. 698

   La Camera,
   premesso che:
    il servizio sanitario nazionale, dalla sua integrazione ad oggi, fa registrare una crisi progressivamente sempre più grave. La sua formula è divenuta inadeguata a soddisfare le esigenze dei cittadini e inidonea a sostenere il confronto con la domanda collettiva; sempre più spesso i cittadini non vedono soddisfatto il dettato costituzionale previsto dall'articolo 32 che tutela il diritto alla salute come fondamentale per l'individuo e interesse per la collettività;
    i dati economici relativi all'incidenza della spesa sanitaria in rapporto al prodotto interno lordo sono in costante diminuzione, e ad oggi, rispetto al 2010, sono diminuiti di ulteriori 4 decimali, con un depauperamento consistente delle risorse finanziarie e umane;
    come si evince dal documento finale, approvato all'unanimità nel luglio 2015 dalla Commissione 12a igiene e sanità del Senato, nonostante le contenute dimensioni della spesa sanitaria (in rapporto al prodotto interno lordo e in valore assoluto), il servizio sanitario nazionale è stato sottoposto negli ultimi anni a notevoli restrizioni (finanziarie, di personale, tecnologiche e strutturali), soprattutto nelle regioni sottoposte a piano di rientro, che hanno contribuito a contenere la spesa ma che stanno producendo effetti preoccupanti sulla capacità di erogare i servizi e sul funzionamento stesso, contribuendo ad alimentare le importanti disomogeneità presenti fra le varie regioni e di conseguenza l'equità del sistema;
    più in generale, nel corso delle audizioni si è più volte osservato come i piani di rientro abbiano avuto una connotazione eccessivamente economicistica, mentre avrebbero dovuto incidere anche sul riordino dei servizi; il solo controllo dei fattori di spesa non sempre sortisce effetti positivi in ambito sanitario. Per questa ragione, è auspicabile una revisione della natura dei piani di rientro, attraverso un recupero della centralità, delle politiche sanitarie;
    le regioni – in particolar modo quelle del Mezzogiorno – costrette ad aumentare le aliquote per ripianare i deficit della sanità sono esposte ad un maggior rischio di deprimere ulteriormente la propria economia. Per favorire la sostenibilità del ssn è auspicabile quindi promuovere la capacità delle regioni di raggiungere obiettivi non solo strettamente finanziari, ma anche di riqualificazione dei servizi;
    lo stanziamento che il Governo si appresta a stabilire nel prossimo disegno di legge di bilancio è ancora una volta insufficiente a garantire, universalmente e uniformemente, le prestazioni essenziali di assistenza alle persone; eppure, il bisogno di sanità è progressivamente crescente, innanzitutto per effetto delle dinamiche demografiche, relative all'aumento della popolazione anziana;
    l'invecchiamento della popolazione, soprattutto l'invecchiamento in buona salute, è un'importante conquista sociale e non può continuare ad essere considerato, come dimostrano rigorosi studi internazionali, un drammatico fattore di crescita della spesa sanitaria e una grave minaccia per la sostenibilità del sistema;
    il servizio sanitario nazionale è caratterizzato da ritardi ed insufficienze. I tempi che intercorrono tra richieste di prestazioni e visite specialistiche o indagini strumentali, in molte regioni superano, in media, i 280 giorni arrivando, per le Rmn, anche oltre l'anno, a fronte della normativa che fissa rigorosi termini entro i quali svolgere gli esami, al massimo in trenta oppure sessanta giorni;
    il rapporto Censis del luglio 2014 ha evidenziato che il 75 per cento delle famiglie che sono ricorse a visite specialistiche o a esami diagnostici a pagamento lo hanno fatto per i tempi eccessivamente lunghi delle liste d'attesa. Il 31 per cento ha rinunciato almeno una volta a visite specialistiche, esami diagnostici o a cicli di riabilitazione, per motivi economici;
    oltre alle migliaia di cittadini che spendono più di un miliardo di euro presso il privato, le recenti ricerche dell'Istat e del Censis hanno altresì individuato, che quasi undici milioni di cittadini sono costretti a rinunciare ad accedere alle cure pubbliche, per la loro impossibilità assoluta di corrispondere al Ssn i relativi ticket previsti; i ticket sanitari sono regionalmente concepiti e diversamente monetizzati e stanno progressivamente causando l'allontanamento dalle strutture pubbliche da parte dei cittadini, tanto da far emergere un fenomeno a dir poco assurdo: i ticket aumentano laddove il sistema funziona peggio, come per esempio nelle regioni sottoposte al commissariamento della sanità;
    il sistema sanitario nazionale, determinatosi via via in diversi decenni di attività, necessita di una riscrittura, dal momento che presenta stridenti contraddizioni e produce valori discriminati di servizio; esiste una vera e propria distorsione, all'interno della struttura aziendalistica propria del servizio sanitario nazionale: otto regioni (Lazio, Campania, Sicilia, Piemonte, Puglia, Calabria, Abruzzo e Molise) titolari delle competenze programmatorie o organizzative, risultano essere in piano di rientro; di queste otto, cinque (Lazio, Campania, Calabria, Abruzzo e Molise) sono commissariate da oltre sei anni; altre tre regioni (Veneto, Liguria e Sardegna) hanno, da qualche tempo superato il piano di rientro al quale sono state sottoposte;
    occorrerebbe, dunque, provvedere ad interventi immediati tendenti a garantire una sanità di qualità, diffusa ed estesa capillarmente in tutte le regioni, attraverso l'individuazione di percorsi alternativi agli attuali commissariamenti che hanno prodotto peggioramenti sistemici e addirittura espropriato le sedi legislative regionali delle loro attribuzioni costituzionali, più volte stigmatizzate dalla Consulta;
    una situazione di precarietà – vissuta dalle regioni col bilancio sanitario più disastrato sotto il profilo del debito pregresso che, nel loro insieme, contano oltre 20 milioni di abitanti – che ha causato alle stesse un indebitamento trentennale finalizzato al ripianamento dello stesso, con conseguente pagamento di ratei annuali restitutori per milioni di euro che sottraggono ai bilanci regionali risorse importanti, in quanto tali non altrimenti destinabili altrove;
    la debolezza economico-finanziaria che caratterizza il sistema sanitario del nostro Paese, si accompagna all'inadeguatezza del sistema a produrre prestazioni e servizi in regime di efficienza, efficacia e appropria il blocco del turnover, per esempio, ha determinato la riduzione media del 33 per cento delle dotazioni organiche, al punto che diventa impossibile garantire i livelli di assistenza, in particolare per la carenza di personale medico e infermieristico;
    nel servizio sanitario nazionale lavorano oltre 715 mila unità di personale, di cui 665 mila dipendenti a tempo indeterminato, 34 mila con rapporto di lavoro flessibile e 17 mila che fanno parte del personale universitario. A questo si aggiunge il personale che opera nello strutture privato (accreditate e non) e, più in generale, nell'industria della salute, fra i quali i 222 mila occupati nella filiera del farmaco (produzione, indotto e distribuzione);
    la sanità è quindi un settore ad alta intensità di lavoro, in gran parte molto qualificato. Il personale costituisce peraltro oggi uno dei fattori di maggiore criticità del sistema sanitario nazionale; la ragione è principalmente da ricondurre ai tanti vincoli imposti, sia, alla spesa sia alla dotazione di personale, in questi ultimi anni, in particolare nelle regioni, già richiamate, sottoposte a piano di rientro; tra i vincoli principali si annoverano: la riduzione della spesa rispetto al livello del 2009; il blocco totale o parziale del turn over, in particolare in caso di disavanzo sanitario; il blocco delle procedure contrattuali; il blocco della indennità di vacanza contrattuale (congelata al 2013); il blocco dei trattamenti accessori della retribuzione; il contenimento della spesa per il lavoro flessibile, la riduzione delle risorse per la formazione specialistica dei medici;
    un insieme di vincoli che hanno consentito una riduzione delle spese dal 2010 al 2013 di circa 1,5 miliardi di euro (e ulteriori 700 milioni di risparmio sono già previsti per i prossimi anni), ma hanno altresì prodotto una riduzione della capacità di risposta ai bisogni della popolazione (aumento delle liste di attesa e limitazioni dell'offerta soprattutto nella componente socio-sanitaria), un aumento dell'età media dei dipendenti (il 36 per cento dei medici ha più di 55 anni e il 30 per cento degli infermieri ha più di 50 anni), un incremento dei carichi di lavoro e dei turni straordinari di lavoro del personale, nonché una serie di problematiche tra cui un malessere diffuso tra gli operatori ed una sempre più diffusa abitudine a ricorrere a varie forme di outsourcing, elusive della normativa sul blocco;
    l'esperienza insegna che la prassi dell’outsourcing e del ricorso al lavoro flessibile, spesso necessario per garantire i servizi, si è rivelata per lo più illusoria quanto al contenimento della spesa e ha di fatto aumentato il precariato all'interno del sistema, anche in settori molto delicati dal punto di vista assistenziale (dal pronto soccorso alla rianimazione) e indebolito progressivamente la sanità pubblica, in ragione del crescente impiego di personale non strutturato, non appartenente al servizio, non destinatario di specifiche attività formative e non titolare di alcune importanti tutele (si pensi ad esempio alla tutela della maternità);
    in diverse, autorevoli sedi si è dibattuto circa la necessità di una revisione complessiva dei vincoli imposti al personale attraverso iniziative, anche legislative che favoriscano il ricambio generazionale (anche con forme di part time a fine carriera), preservino la dotazione di personale nei servizi strategici (servizi d'emergenza urgenza, terapia intensiva e subintensiva, centri trapianti, assistenza domiciliare e altro), limitino il blocco del turn over e più in generale evitino l'adozione di vincoli che producono effetti perversi, che riducono il personale dipendente ma aumentano il ricorso a personale precario e/o a servizi esterni molto spesso più costosi a parità di attività;
    è necessario dedicare specifica attenzione alla formazione di tutti gli operatori della sanità, dalla formazione universitaria all'aggiornamento del personale in servizio, in un'ottica sistemica o di medio-lungo periodo, evitando interventi frammentari e parziali, a partire dalla formazione specialistica del personale medico;
    anche le attività legate alla ricerca scientifica sono sostenute in maniera insufficiente: infatti, sono ulteriormente diminuite nel tempo, con un calo di 349 milioni solo nel 2014 e una diminuzione costante del 6 per cento, facendo dell'Italia uno dei Paesi che investe meno nella ricerca medica;
    anche il sistema universitario, tradizionalmente eccellente, risente dei continui tagli, operati anche sul posti di specializzazione;
    per quanto concerne la popolazione anziana, l'altissima frequenza di patologie neurodegenerative (Alzheimer, ictus esitati, vasculopatie) richiederebbe la presenza di centri di riabilitazione e cura adeguati e di un'assistenza domiciliare che è presente solo in pochissime regioni e non tutte le città; l'assistenza psichiatrica, a 38 anni dall'approvazione della legge n. 180 del 1978, meglio nota come legge Basaglia, è ancora fortemente carente, appunto che i centri diurni, pur essendo obbligatori, sono presenti solo sulla carta in almeno il 50 per cento del territorio nazionale;
    in ambito neuropsichiatrico, patologie di rilevanza come le ludopatie, in continua espansione fra tutte le generazioni, non trovano una risposta compiuta nell'offerta complessiva del sistema;
    sul tema delle malattie rare si registrano apprezzabili, anche se piccoli cambiamenti operati di recente: senza dubbio lodevole l'approvazione, nel mese di agosto 2016 della legge in materia di screening neonatali, che estende da 3 a 40 le patologie metaboliche ereditarie per le quali sarà svolta la ricerca nel sangue dei bimbi appena nati; nonostante ciò, le malattie rare faticano a trovare accoglienza nei Lea, anche e soprattutto in funzione della scarsa capacità di investimento sulla ricerca;
    l'organizzazione del sistema sanitario non ha ancora fornito risposte sufficienti in materia di hospice per malati terminali presenti solo a macchia di leopardo sul territorio nazionale, con gravi ripercussioni sull'inderogabile diritto alle cure palliative dei pazienti e sulle famiglie. Inoltre, è inaccettabile che esistano gravi ritardi nei tempi di attesa per le prestazioni chemioterapiche e radioterapiche, per gli interventi di chirurgia oncologica e per ogni altra attività diagnostica e terapeutica essenziale per la tempestiva cura di patologie che mettano a rischio la vita;
    sul fronte dell'assistenza territoriale, la dotazione di posti letto nelle strutture residenziali per anziani non autosufficienti risulta inferiore al limite stabilito (10 posti letto ogni 1.000 anziani) nella maggior parte delle regioni in piano di rientro: ad esempio, l'Abruzzo è a 5,4, il Lazio a 4,3, la Puglia a 5, la Calabria a 4 con punte negative di 1,3 in Sicilia e di 0,6 in Molise. Al contrario, il Piemonte vanta oltre 24 posti letto per 1.000 anziani. Critica la quota di anziani assistiti in ADI (inferiori al limite in Campania con il 2,8 per cento, la Puglia con il 2,2 per cento, il Piemonte con il 2,4 per cento, la Calabria con il 3,2 per cento e la Sicilia con il 3,7 per cento) e nella dotazione di posti in strutture hospice (livelli insufficienti in Abruzzo, Campania, Calabria e Sicilia);
    in ordine alle carenze strutturali degli erogatori di prestazioni sanitarie, non può non registrarsi la fatiscenza di nosocomi, in diversi casi realizzati durante il ventennio fascista, che non consentono una ricettività dignitosa, né tantomeno l'attivazione di procedure tecnologiche avanzate come la telemedicina. Per questa ragione, nell'ambito dell'integrazione dell'offerta tra pubblico e privato convenzionato, occorrerebbe meglio pianificare gli investimenti di eccellenza, recuperando per le nuove strutture pubbliche, i fondi dello stralcio dell’ex articolo 20 della legge, n. 67 del 1988 e, laddove possibile, i finanziamenti comunitari,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per garantire un finanziamento adeguato alle più attuali esigenze di funzionamento del servizio sanitario nazionale, da rapportarsi, prioritariamente, al fabbisogno epidemiologico reale insoddisfatto, che andrà rilevato sui diversi territori, con investimenti adeguati sia in conto capitale che di esercizio;
2) a valorizzare il finanziamento, in attesa che vengano perfezionati i costi e i fabbisogni standard, in rapporto all'andamento del prodotto interno lordo, all'anzianità degli assistiti, eventualmente considerando anche gli immigrati dimoranti, e agli indici di deprivazione socio-economica che caratterizzano la popolazione da assistere;
3) a valutare modifiche radicali all'attuale sistema della salute verificando, in proposito, ipotesi alternative all'aziendalismo, che ha comunque prodotto danni irreparabili nelle regioni commissariate e ovunque performance non soddisfacenti, fatta eccezione per quelle assicurate dai 49 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico – IRCCS, strutture di pregio del servizio sanitario nazionale;
4) ad assumere iniziative per individuare, all'interno dei provvedimenti finalizzati per all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, anche i livelli di assistenza sociale che andranno considerati insieme alle condizioni erogative cosiddette integrate, ai fini della determinazione del finanziamento relativo, nelle more della valorizzazione dei costi e fabbisogni standard di specie;
5) a predisporre, di concerto con le regioni, un piano straordinario di investimenti per l'ammodernamento dei presidi sanitari.
(1-01407) «Occhiuto, Russo, Gullo, Crimi».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

servizio sanitario nazionale

soppressione di posti di lavoro

indennita' e spese