ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01299

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 635 del 10/06/2016
Firmatari
Primo firmatario: BUTTIGLIONE ROCCO
Gruppo: AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Data firma: 09/06/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BINETTI PAOLA AREA POPOLARE (NCD-UDC) 09/06/2016
BOSCO ANTONINO AREA POPOLARE (NCD-UDC) 09/06/2016


Stato iter:
22/06/2016
Fasi iter:

RITIRATO IL 22/06/2016

CONCLUSO IL 22/06/2016

Atto Camera

Mozione 1-01299
presentato da
BUTTIGLIONE Rocco
testo di
Venerdì 10 giugno 2016, seduta n. 635

   La Camera,
   premesso che:
    il diritto allo studio è riconosciuto dagli articoli 3 e 34 della Costituzione; nell'articolo 34 della nostra Costituzione è chiaramente affermato che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. I mezzi per rendere effettivo questo diritto non mancano: borse di studio, assegni alle famiglie e altri aiuti economici, servizi come collegi universitari, mense e altro;
    la Costituzione italiana stabilisce che tutti i cittadini hanno diritto all'istruzione e che a tutti deve essere data la possibilità di raggiungere i più alti livelli dell'istruzione. Per rendere effettivo il diritto di ogni persona ad accedere e frequentare ogni grado del sistema scolastico e formativo, Stato regioni ed enti locali promuovono interventi per rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e culturale a tale diritto. In seguito alla riforma costituzionale del 2001, in particolare le regioni esercitano funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e sperimentazione in tale materia, ripartiscono i fondi a favore delle province e definiscono le modalità di attuazione degli interventi, anche in relazione ad intese con enti locali e scuole;
    oltre a un concreto aiuto economico, il sostegno alle famiglie nel diritto allo studio prevede altre linee d'azione. Promuovere interventi a sostegno delle famiglie e dei ragazzi, vuol dire non solo rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono al pieno godimento di tali diritti, ma favorire la prevenzione e il recupero del disagio giovanile, sostenere la qualificazione del sistema formativo integrato per il diritto allo studio, prevenire casi di dispersione scolastica, vuol dire raccordare istituzioni e servizi educativi, scolastici e culturali. Ma, soprattutto, vuoi dire garantire a tutti pari opportunità di successo scolastico e formativo;
    oltre alle ragioni deontologiche, di etica pubblica e di rispetto dei diritti individuali, esistono valide ragioni utilitaristiche per supportare il diritto all'istruzione, anche universitaria. Tuttavia, a fronte di un ampio consenso sulla sua importanza, vi sono opinioni divergenti su come attuarlo: l'articolo 34, pur suggerendo alcuni strumenti attuativi («la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso»), lascia alcune questioni indeterminate: come sono definiti (e da chi) gli studenti «meritevoli ma privi di mezzi» a cui si deve garantire questo diritto; in che modo (e da chi) sono definiti gli importi delle borse di studio, e quali sono le altre provvidenze; ed è questo lo spazio che la politica deve occupare per elaborare risposte coerenti al contesto concreto in cui si trovano gli studenti, le loro famiglie e il mondo universitario;
    diritto allo studio significa centralità dello studente e centralità della scuola; è necessario che la scuola tenga conto delle ineguaglianze delle condizioni di partenza e in genere delle condizioni personali, familiari, ambientali, economiche, sociali e culturali degli alunni, e disponga pertanto di mezzi idonei a compensare per quanto possibile le suddette ineguaglianze, in misura inversamente proporzionale alle risorse dell'utenza;
    il rapporto OSCE sull'istruzione del 2015 rileva un quadro abbastanza grave sull'esiguo numero di laureati e sui bassi tassi di iscrizione all'università del nostro Paese. Infatti, l'Italia è tutt'ora indietro rispetto ai 34 Paesi più industrializzati del mondo;
    se da un lato il rapporto OSCE sull'istruzione segnala che il 20 per cento dei giovani italiani (più tre rispetto alla media) consegue una laurea a ciclo unico, dall'altro sottolinea che soltanto il 42 per cento dei diplomati opta per la prosecuzione degli studi intraprendendo un percorso universitario. Quest'ultimo dato pone l'Italia al terz'ultimo posto tra i Paesi OSCE dopo il Lussemburgo ed il Messico;
    tuttavia, la nota più grave del rapporto è, ancora una volta quella relativa alla percentuale di laureati nella fascia d'età tra i 25 ed i 64 anni. Infatti, in Italia tale percentuale si ferma al 17 per cento come il Brasile, il Messico e la Turchia. Ma a differenza di questi paesi, dove un laureato arriva a guadagnare anche il 160 per cento in più rispetto ad un diplomato, nella nostra Nazione aver conseguito un titolo di studio universitario fa mediamente innalzare lo stipendio solo del 43 per cento;
    il nostro Paese inoltre, pur avendo compiuto significativi miglioramenti negli ultimi dieci anni, ha deboli strategie dirette a far sì che i giovani laureati o diplomati entrino nel mondo del lavoro. Infatti il tasso di occupazione dei nostri laureati italiani è simile a quello di molti Paesi meno industrializzati;
    in Italia, pertanto, si riscontra una notevole difficoltà per i laureati di accedere ad una professione o ad un impiego;
    nel nostro Paese, altresì, si registra che solo un numero esiguo di diplomati scelgono di proseguire gli studi universitari. Infatti, il citato rapporto OSCE rileva un crescente disinteresse dei giovani italiani per la formazione, tanto che i dati del rapporto dimostrano anche un aumento della dispersione scolastica;
    risulta poi assai grave il fenomeno migratorio dei diplomati che in numero sempre più crescente ogni anno abbandonano le regioni del Sud per intraprendere i propri studi nel Centro o nel Nord del nostro Paese. Ciò determina un effetto economico e sociale negativo per il nostro Mezzogiorno che perde giovani talenti in grado di favorire la crescita e lo sviluppo delle regioni meridionali; regioni nelle quali, peraltro, si segnala un pesante calo delle immatricolazioni;
    sono sempre più urgenti risorse economiche che consentano di dare slancio a quell'ascensore sociale che ha visto emergere intelligenze brillanti e veri talenti per la ricerca anche tra persone di fascia economico-sociale più modesta, perché solo così è possibile interrompere quella catena che privilegia le persone che hanno alle spalle famiglie abbienti; il fondo di finanziamento ordinario delle università (Ffo), nato nel 1993, come veicolo di finanziamento « omnibus» non ha permesso di distinguere tra un finanziamento orientato al merito e il fondo destinato al funzionamento ordinario, per cui quest'ultimo ha assorbito completamente le risorse disponibili sottraendole al diritto allo studio per studenti meritevoli a basso reddito;
    con la cosiddetta riforma Gelmini (legge n. 240 del 2010), l'investimento destinato alle università si riduce drasticamente e il fondo di finanziamento ordinario diminuisce ai livelli di metà anni novanta; diminuisce il peso delle risorse attribuite dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a vantaggio della contribuzione studentesca e di finanziamenti di soggetti terzi, specie privati; in altri termini aumentano le tasse a carico degli studenti, che non solo si vedono privati degli aiuti economici di cui avevano goduto fino a quel momento sotto diverse modalità, ma debbono pagare a caro prezzo il loro ingresso in università. Questo cambiamento produce un significativo impatto territoriale, perché colpisce in particolare le università collocate nelle aree meno ricche del Paese;
    occorre rivedere l'intero meccanismo di finanziamento delle università, individuando anche formule di collaborazione con enti privati sotto forma di borse di studio, attivando anche fondi premiali destinati alla ricerca, sulla base di criteri di valutazione della ricerca, che rispondano di più ai moderni criteri di valutazione-accreditamento-finanziamento;
    in tale contesto si rileva come la legge di stabilità per il 2016 abbia incrementato il fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio agli studenti universitari. Sempre con la legge di stabilità sono state inoltre introdotte agevolazioni fiscali e contributive per coloro che usufruiscono di borse di studio erogate nel corso del programma Erasmus Plus;
    la stessa legge di stabilità ha incrementato il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (di 6 milioni di euro per il 2016 e di 10 milioni di euro dal 2017) destinato, tra l'altro, all'assunzione di ricercatori a tempo determinato. Inoltre viene istituito in via sperimentale il Fondo per le cattedre universitarie «del merito» con una dotazione di 38 milioni nel 2016 e di 75 milioni nel 2017 per il reclutamento straordinario a «chiamata diretta» e per un elevato merito scientifico di professori di prima e di seconda fascia,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, oltre alle misure già previste nella legge di stabilità, di assumere iniziative per incrementare il fondo per il diritto allo studio;
   a valutare l'opportunità di favorire gli studenti che si trovano in una situazione di disagio economico assumendo iniziative per l'introduzione di borse di studio specifiche per gli stessi;
   a valutare l'opportunità, in un futuro provvedimento, di ridurre le tasse universitarie in modo da favorire gli studenti in stato di disagio economico che vogliono iscriversi all'università;
   a valutare la possibilità di assumere iniziative per escludere dal calcolo dell'ISEE i trattamenti a sostegno del diritto allo studio come le borse di studio, i premi di studio, i premi di laurea, le borse per la mobilità internazionale e le altre provvidenze a sostegno del diritto allo studio.
(1-01299) «Buttiglione, Binetti, Bosco».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

diritto all'istruzione

assegno scolastico

prestazione familiare