ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01298

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 634 del 08/06/2016
Abbinamenti
Atto 1/01268 abbinato in data 29/06/2016
Atto 1/01283 abbinato in data 29/06/2016
Atto 1/01289 abbinato in data 29/06/2016
Atto 1/01293 abbinato in data 29/06/2016
Atto 1/01295 abbinato in data 29/06/2016
Atto 1/01301 abbinato in data 29/06/2016
Atto 1/01312 abbinato in data 29/06/2016
Atto 6/00256 abbinato in data 29/06/2016
Firmatari
Primo firmatario: PANNARALE ANNALISA
Gruppo: SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 08/06/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 08/06/2016
GALLI CARLO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 08/06/2016
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 08/06/2016
NICCHI MARISA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 08/06/2016
GREGORI MONICA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 08/06/2016
SCOTTO ARTURO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 08/06/2016


Stato iter:
29/06/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 29/06/2016
Resoconto TOCCAFONDI GABRIELE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ISTRUZIONE, UNIVERSITA' E RICERCA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 29/06/2016
Resoconto PISICCHIO PINO MISTO
Resoconto PASTORELLI ORESTE MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto LAINATI GIORGIO MISTO-ALLEANZA LIBERALPOPOLARE AUTONOMIE ALA-MAIE-MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
Resoconto PALESE ROCCO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto PETRENGA GIOVANNA FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto SANTERINI MILENA DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto BORGHESI STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto MOLEA BRUNO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto BINETTI PAOLA AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto PANNARALE ANNALISA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto PALMIERI ANTONIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto VACCA GIANLUCA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto GHIZZONI MANUELA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 29/06/2016

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 29/06/2016

NON ACCOLTO IL 29/06/2016

PARERE GOVERNO IL 29/06/2016

DISCUSSIONE IL 29/06/2016

RESPINTO IL 29/06/2016

CONCLUSO IL 29/06/2016

Atto Camera

Mozione 1-01298
presentato da
PANNARALE Annalisa
testo presentato
Mercoledì 8 giugno 2016
modificato
Mercoledì 29 giugno 2016, seduta n. 644

   La Camera,
   premesso che:
    per vivere in una società complessa come quella attuale, è indispensabile elevare il livello di formazione degli individui;
    il diritto allo studio universitario si manifesta nel nostro sistema giuridico come una delle declinazioni del principio generale di uguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, che impone alla Repubblica di rimuovere tutti quegli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono agli individui di sviluppare ed esprimere pienamente la propria personalità nella società civile. Questo principio trova inoltre il suo esplicito fondamento negli ultimi due commi del successivo articolo 34, laddove si afferma che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi economici, hanno il diritto di accedere ai gradi più alti dell'istruzione e della formazione e che la Repubblica deve garantirne l'esigibilità attraverso l'attribuzione, per concorso, di borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze;
    in seno alla stessa Assemblea costituente fu, infatti, osservato che: «Uno dei punti al quale l'Italia deve tenere è che nella sua Costituzione, come in nessun'altra, sia accentuato l'impegno di aprire ai capaci e meritevoli, anche se poveri, i gradi più alti dell'istruzione. Alla realizzazione di questo impegno occorreranno grandi stanziamenti; ma non si deve esitare; si tratta di una delle forme più significative per riconoscere, anche qui, un diritto della persona, per utilizzare a vantaggio della società forze che resterebbero latenti e perdute, di attuare una vera e integrale democrazia»;
    il diritto allo studio, oltre a rappresentare un diritto sociale costituzionalmente garantito, è dunque uno strumento per garantire i diritti inviolabili dell'individuo nelle formazioni sociali, al quale corrisponde un preciso dovere della collettività di assicurare a tutti i capaci e meritevoli uguali punti di partenza ed uguali possibilità di portare a compimento i percorsi formativi prescelti;
    eppure da alcuni anni in ambito europeo si va affermando un'idea di economia della conoscenza, ossia uno sviluppo del tessuto produttivo mirato all'estrazione di valore sulla base di una forte innovazione e dell'elevazione del livello generale di formazione, che sta portando alcuni Paesi membri, incluso il nostro, a smantellare il tradizionale meccanismo di assegnazione delle suddette provvidenze, in favore di un sistema nuovo, riservato a pochi eccellenti, attraverso un innalzamento dei soli criteri di merito ed un'aumentata competitività tra studenti;
    a rendere, inoltre, la formazione universitaria un percorso irto di ostacoli sono stati i continui e pesanti definanziamenti, nonché tutte quelle politiche scarsamente inclusive ed incapaci di rispondere alle esigenze della popolazione studentesca attraverso la pianificazione di servizi, agevolazioni ed interventi che, direttamente o indirettamente, contribuiscono a migliorare la condizione dei soggetti in formazione, siano essi residenti, fuorisede, italiani o stranieri;
    nel nostro Paese il diritto allo studio universitario non ha mai ricevuto quell'attenzione che invece meriterebbe, anche a causa di una legislazione che si è evoluta lentamente rispetto alle reali necessità e spesso in maniera confusa ed inadeguata. La stessa costituzionalizzazione del diritto allo studio non ne ha garantito in tutti questi decenni la piena ed immediata effettività, avendo conosciuto un significativo riconoscimento normativo solo dopo il trasferimento delle competenze a favore delle regioni avvenuto negli anni ’70, cui seguirono tuttavia una frammentazione ed una stratificazione di leggi regionali molto eterogenee tra loro perfino riguardo alla definizione di welfare studentesco, tanto da delineare l'assenza di una reale volontà politica di investire nell'accesso ai percorsi formativi e da sfociare in un mancato rispetto dello stesso principio di eguaglianza. A ciò si aggiunga che l'incapacità delle regioni di garantire l'esercizio del diritto allo studio è storicamente imputabile ad una serie di fattori, primo fra tutti quello delle inadeguate risorse finanziarie trasferite loro dallo Stato, risorse che per croniche difficoltà strutturali di bilancio le stesse regioni non sono state in grado di integrare attraverso fondi propri;
    d'altra parte, anche la successiva legge quadro, la n.390 del 1991, ha aggravato la confusione del contesto normativo, essendosi caratterizzata, da un lato, per l'attribuzione di funzioni importanti agli organi centrali dello Stato, nel tentativo di porre freno alla eterogeneità delle risposte locali, e dall'altro, per il trasferimento di alcune competenze dalle regioni alle università;
    successivamente, a seguito della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, e secondo il decreto legislativo n. 68 del 2012, il diritto allo studio universitario, non rientrando tra le materie attribuite in via esclusiva allo Stato né tra quelle di natura concorrente, si è collocato come ambito di competenza legislativa residuale delle regioni, competenza che, pur incontrando attualmente un limite molto importante imposto dall'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, e sulla base del quale lo Stato deve stabilire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, tra i quali rientrano a pieno titolo le provvidenze legate al diritto allo studio, può riprodurre quel quadro di interventi e di frammentazione normativa antecedenti all'approvazione della legge quadro n. 390 del 1991, capaci di inficiare il principio di uguaglianza sancito dal suddetto articolo 3 della Costituzione. Inoltre, lo stesso diritto, rimanendo in parte di competenza regionale, è soggetto alle incerte e fluttuanti disponibilità finanziarie delle singole regioni, con risultati tutt'altro che lusinghieri. Oggi infatti, grazie a strumenti di welfare studentesco di tipo assistenziale che, seppur fondamentali, non bastano alla promozione dell'autonomia del soggetto in formazione, solo pochissime regioni, quelle peraltro più virtuose, riescono ad attribuire a tutti gli idonei le borse di studio, mentre rimangono ancora inadeguati ed insufficienti rispetto al numero degli aventi diritto gli alloggi e le forme di reddito indiretto, come mobilità gratuita, mense agevolate, misure per l'accesso alla cultura e, laddove esistono, luoghi di aggregazione culturale sui territori;
    altro punto dolente è rappresentato dall'ottica assistenzialista con cui le amministrazioni hanno fino ad oggi gestito la materia, quasi che vigesse la logica della «beneficenza» piuttosto che l'obbligo, da parte delle istituzioni, di garantire un diritto. Lo stesso ruolo delle amministrazioni comunali, delegate dalle regioni all'assegnazione delle borse di studio, ha fallito gran parte degli obiettivi preposti e auspicati. In sostanza, la mancanza di parametri e principi comuni di riferimento ha fatto sì che vigesse l'arbitrio delle singole istituzioni di competenza che, invece di investire sulle vere priorità, hanno sempre considerato la questione del diritto allo studio come secondaria;
    sul fronte dei finanziamenti l'Italia, secondo quanto riportato dall'ultimo rapporto sull'educazione dell'Ocse, spende per l'università circa lo 0,9 per cento del proprio prodotto interno lordo, di cui solo una quota pari allo 0,04 destinata al diritto allo studio universitario; in secondo luogo, come rivelato dall'ultimo «Rapporto Istat sulla povertà nel nostro Paese», sono stimate in 2.737.000 le famiglie che si trovano in condizione di povertà relativa rappresentando l'11,3 per cento delle famiglie residenti. A fronte di questo scenario risulta desolante il confronto delle politiche economiche nazionali per il diritto allo studio con quelle degli altri Paesi europei, dove invece la presenza di un più forte stato sociale e politiche per l'accesso ai canali formativi hanno meglio garantito altissimi livelli di istruzione e formazione e, conseguentemente, migliori condizioni di vita: se l'80 per cento degli studenti italiani non riceve una borsa di studio, in Francia la percentuale è del 70 per cento; la percentuale scende al 60 per cento in Germania, mentre in Olanda addirittura al 4 per cento; rispetto alle residenze universitarie, in Italia solo il 2 per cento degli studenti ha diritto ad un alloggio, mentre in Francia la percentuale sale all'8 per cento, in Germania al 10 per cento, e in Svezia addirittura al 17 per cento. Si tratta di dati che chiariscono come in Italia vi sia uno dei tassi di abbandono universitario tra i più alti d'Europa, il 18,5 per cento, ben al di sopra di altri Stati come Olanda, pari al 7 per cento, o Gran Bretagna, pari all'8,5 per cento;
    dunque, accanto ad una normativa lacunosa, anche la scelta trasversale degli ultimi Governi di trascurare l'investimento in formazione superiore ha fatto sì che i fondi destinati dallo Stato al riconoscimento delle borse di studio siano sempre insufficienti a garantire la copertura totale degli idonei e che il diritto allo studio pesi ormai per oltre il 42 per cento sulle spalle degli studenti stessi che vi provvedono tramite la tassa regionale per il diritto allo studio, diventandone così essi stessi i principali finanziatori. Se si guarda, infatti, al decennio che va dal 2002 al 2012 si scopre che, a fronte di un numero quasi costante di studenti dichiarati idonei alla borsa di studio, una larga parte di essi, oltre 25.000, a causa della carenza di fondi è stata confinata nel limbo degli idonei che non l'hanno percepita, andando così ad allargare la platea dei cosiddetti «idonei non beneficiari», ossia di coloro che, pur soddisfacendo i requisiti di accesso sanciti dal bando dell'ufficio regionale competente, non ricevono alcuna borsa a causa dell'insufficienza delle risorse;
    poiché la concessione delle borse di studio è assicurata a tutti gli studenti aventi i requisiti di eleggibilità nei limiti delle risorse disponibili nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, lo stesso Stato, pur vincolando le regioni a versare per tale finalità il 40 per cento del contributo statale, non vincola in alcun modo se stesso allo stanziamento atto a coprire la spesa di tutte le borse in concorso, dimostrando in tal modo di non attribuire al diritto allo studio quel carattere inderogabile e prioritario che invece gli impone la Costituzione;
    a complicare la situazione interviene lo stesso meccanismo previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 9 aprile 2001 che, a garanzia del prioritario utilizzo delle risorse statali da parte delle regioni, prevede che le stesse possano ricorrervi solo dopo aver esaurito le proprie e quelle derivanti dalla tassa regionale per il diritto allo studio, pena la riduzione di pari importo della quota loro spettante del fondo integrativo;
    tutte le suddette carenze generano anche profonde sperequazioni tra le diverse zone d'Italia che si traducono nella penalizzazione degli studenti che provengono dalle aree più povere del Paese, in particolare dal meridione. Ogni anno, infatti, le università meridionali registrano una costante riduzione delle immatricolazioni e circa 29.000 diplomati al sud emigrano al Centro-nord per iscriversi a corsi universitari, una riduzione che ovviamente condiziona anche il numero dei laureati. Anche i criteri di riparto del fondo integrativo per la concessione delle borse di studio penalizzano in maniera evidente da oltre 13 anni il meridione, sottraendo ogni anno importanti risorse economiche agli studenti, il 75 per cento dei quali, pur essendo idonei non ricevono le agevolazioni per la prosecuzione dei loro studi;
    sempre l'Ocse, nel suo rapporto annuale «Education at glance», pubblicazione che analizza i sistemi di istruzione di 34 Paesi membri e li elabora con i dati relativi ai tassi di occupazione e disoccupazione per livello di studio, ha sottolineato la stretta correlazione tra il numero di laureati e lo sviluppo economico di un territorio e come la riduzione del numero dei laureati meridionali produca ripercussioni negative sulla situazione economica e culturale di quell'area del Paese;
    l'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, («Regolamento recante disciplina in materia di contributi universitari») stabilisce che la quota totale di contribuzione con la quale gli studenti concorrono alla copertura del costo dei servizi offerti dalle università non può eccedere il 20 per cento dell'importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato a ciascuna di esse. A causa della sensibile diminuzione delle risorse del fondo per il finanziamento ordinario, molte università a fronte di una conseguente diminuzione di risorse, per garantire il medesimo livello dei servizi, sono state costrette a superare tale limite (a volte fino ad elevarlo al 40 per cento) e ad elevare le tasse;
    in tutti i Paesi dell'Unione europea, tranne Italia e Grecia, esistono forme di reddito diretto per i soggetti in formazione. Si tratta di uno strumento che supera il modello assistenzialistico e rende lo studente libero e responsabile delle proprie scelte, favorendone la partecipazione e la creatività giovanile, stimolando l'opportunità di formarsi culturalmente al di là dei luoghi classici della formazione, in grado di slegare i soggetti in formazione dalla famiglia e dalla propria condizione sociale, imprimendo un'accelerazione alla mobilità sociale;
    quanto premesso promuove un modello sociale che rischia di esacerbare le disuguaglianze e di annullare ogni opportunità di autodeterminazione dei soggetti impegnati in percorsi di alta formazione,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa di competenza, relativa al diritto allo studio universitario, volta:
    a) alla definizione di un sistema di welfare studentesco nazionale che garantisca l'effettiva rimozione degli ostacoli di natura economica per gli studenti capaci e meritevoli, consentendo loro di accedere e completare i corsi di studio universitario;
    b) alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni connesse al diritto allo studio, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, capaci di abbattere le attuali disuguaglianze sociali e disomogeneità territoriali;
    c) all'adozione di un piano straordinario di finanziamenti strutturali per il diritto allo studio, al fine di raggiungere la copertura totale dei fondi destinati alle borse di studio da erogare a tutti gli idonei per risolvere definitivamente il diffuso ed inaccettabile fenomeno degli idonei non vincitori di borsa;
    d) all'ampliamento delle fasce di reddito degli aventi diritto alle provvidenze attualmente previste che al peggiorare della situazione economica si rivelano sempre più inadeguate;
    e) alla garanzia del pieno godimento dei diritti di cittadinanza agli studenti universitari anche attraverso misure di agevolazione della mobilità sui mezzi di trasporto pubblico, canoni calmierati per la locazione di immobili nel comune in cui ha sede l'ateneo, e assistenza sanitaria gratuita nella regione in cui ha sede l'università;
    f) ad un regime sperimentale che riconosca il reddito di formazione a tutti quegli studenti che vivono in condizioni economiche particolarmente disagiate;
    g) ad una più equa ripartizione della contribuzione studentesca attuata anche attraverso la previsione di una «no tax area» per quei soggetti con Isee al di sotto dei 20.000 euro, che, a causa di condizioni economiche disagiate, sono potenzialmente più esposti al rischio di abbandono degli studi;
    h) all'estensione agli studenti immigrati di tutte le agevolazioni riservate agli studenti di cittadinanza italiana in materia di diritto allo studio;
    i) all'istituzione della carta di cittadinanza studentesca al fine di favorire i consumi culturali;
    j) allo stanziamento di ulteriori risorse finanziarie finalizzate a rendere effettivo su tutto il territorio nazionale il diritto allo studio universitario.
(1-01298) «Pannarale, Giancarlo Giordano, Carlo Galli, Paglia, Nicchi, Gregori, Scotto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

diritto all'istruzione

assegno scolastico

riforma politica