ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00946

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 460 del 13/07/2015
Abbinamenti
Atto 1/00553 abbinato in data 13/07/2015
Atto 1/00945 abbinato in data 13/07/2015
Firmatari
Primo firmatario: BECHIS ELEONORA
Gruppo: MISTO-ALTERNATIVA LIBERA
Data firma: 13/07/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
ARTINI MASSIMO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 13/07/2015
BALDASSARRE MARCO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 13/07/2015
BARBANTI SEBASTIANO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 13/07/2015
MATARRELLI TONI MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 13/07/2015
MUCCI MARA MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 13/07/2015
PRODANI ARIS MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 13/07/2015
RIZZETTO WALTER MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 13/07/2015
SEGONI SAMUELE MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 13/07/2015
TURCO TANCREDI MISTO-ALTERNATIVA LIBERA 13/07/2015


Stato iter:
14/07/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 13/07/2015
Resoconto GIAMMANCO GABRIELLA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BINETTI PAOLA AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto SCUVERA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 13/07/2015
Resoconto DELLA VEDOVA BENEDETTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 13/07/2015

DISCUSSIONE IL 13/07/2015

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 13/07/2015

RITIRATO IL 14/07/2015

CONCLUSO IL 14/07/2015

Atto Camera

Mozione 1-00946
presentato da
BECHIS Eleonora
testo di
Lunedì 13 luglio 2015, seduta n. 460

   La Camera,
   premesso che:
    il matrimonio forzato, nell'accezione che ne dà la Forced Marriage Unit del Regno Unito, è «un matrimonio in cui uno o entrambi gli sposi non acconsentono (o, nel caso di adulti con disabilità cognitive o fisiche, non possono acconsentire) al matrimonio e viene esercitata una costrizione. La costrizione può includere la pressione fisica, psicologica, finanziaria, sessuale ed emotiva». Tale definizione include i matrimoni combinati allorquando non vi sia il consenso di una delle parti, oltre che i matrimoni precoci come strettamente correlati ai matrimoni forzati;
    il problema è affrontato come una forma di violenza contro le donne e l'indagine ha considerato forzato un matrimonio quando viene violata la libertà delle donne, con la consapevolezza che il concetto di libertà, come quello di consenso, implica il riferimento alla soggettività, al modo in cui ogni donna la percepisce e rappresenta per se stessa e a partire da sé;
    all'origine del fenomeno si trovano un insieme di fattori che riguardano: le norme sociali dominanti in un Paese o in una comunità; le strutture economiche e familiari; il «modello familiare» e i relativi valori che in esso sono riconosciuti quali oggetto di tutela dalle società e dagli Stati, ivi compresi quelli occidentali; le diseguaglianze di genere che assegnano alle donne un ruolo inferiore rispetto agli uomini, decurtando i loro diritti dentro la famiglia e nei più ampi sistemi sociali e culturali in cui vivono;
    non compaiono nella legislazione statale italiana riferimenti specifici al «matrimonio forzato», ma è tuttavia possibile ricorrere agli strumenti giuridici predisposti con valenza più generale e la crescente consapevolezza globale verso il fenomeno dei matrimoni forzati ha determinato un notevole aumento di studi, pubblicazioni, interventi e anche provvedimenti normativi a livello internazionale. La maggior parte di queste iniziative si basa su studi e indagini qualitativi, infatti i rari dati quantitativi sono riferibili soprattutto a rilevazioni di dati connessi all'erogazione di un servizio specifico, come è il caso del Forced Marriage Unit nel Regno Unito;
    per ragioni di natura metodologica è difficile, se non addirittura impossibile, quantificare con precisione il fenomeno dei matrimoni forzati a causa della concomitanza di alcuni fattori quali il grado di coercizione e di conseguenza del consenso, la carenza di basi di rilevamento e quindi la mancanza di rappresentatività statistica, e, soprattutto, il fatto che le persone coinvolte possono sentirsi stigmatizzate socialmente, tutti fattori che possono portare al rifiuto di cooperare, o a dare informazioni inattendibili al fine di proteggere la propria privacy;
    per quanto concerne il matrimonio forzato la resistenza delle vittime a denunciare membri della famiglia o della comunità pone un ulteriore ostacolo alla raccolta di informazioni attendibili, così come l'assenza di un certificato di nascita implica che la vittima stessa abbia difficoltà a provare di essere coinvolta in un matrimonio precoce e, di conseguenza, le stime del fenomeno che si trovano in letteratura, gli andamenti temporali e i profili delle vittime sono poco generalizzabili, anche perché le metodologie applicate e le relative inferenze non sono sempre appositamente disegnate per la rilevazione del matrimonio forzato nelle sue diverse forme;
    dalle indagini a livello nazionale o subnazionale emerge come il fenomeno si differenzi a seconda delle regioni o degli Stati dell'Unione europea dove si sviluppa e dunque può essere più o meno consistente, se non del tutto assente nel dibattito pubblico;
    alcuni Paesi hanno tentato di valutare l'ordine di grandezza del problema (Svezia, Germania, Gran Bretagna, Francia e Svizzera) e si è addivenuti a un quadro delle popolazioni a rischio, considerando dunque non solo la quota di presenza, ma anche quella del potenziale rischio e della consistenza di donne e giovani come gruppi più vulnerabili;
    sono orientamenti utili soprattutto nell'ottica di un'indagine più approfondita sulla valutazione del rischio nel nostro Paese; tenendo conto della distribuzione degli insediamenti delle comunità a livello regionale e degli scarsi dati a disposizione si cerca di combinare il dato della rappresentanza femminile con quello dell'indicazione del rischio potenziale tra le comunità presenti in Italia esposte al rischio (misurato dall'indicazione dell'Unicef e dalle ricerche empiriche); si trovano ai primi posti le comunità provenienti dai paesi del sud-est asiatico (Bangladesh, Pakistan, India, Sri Lanka), caratterizzate tuttavia da una limitata presenza di donne; da alcuni paesi africani (Senegal, Ghana, Nigeria, Egitto), anch'esse – a parte la Nigeria – caratterizzate da una bassa presenza femminile;
    la presenza differenziata delle diverse comunità a livello regionale consente la possibilità di specifici approfondimenti locali, anche perché nel complesso nazionale il peso di queste comunità non è alto, ma si concentra in alcune specifiche regioni o aree: le comunità provenienti da Marocco e Albania, presenti nella lista dei Paesi a rischio, sono le più numerose nel nostro Paese; si tratta di gruppi in cui la presenza di donne e di individui di seconda generazione è una componente importante;
    da un'analisi dei dati a disposizione è evidente che in Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte risiede più della metà di cittadini marocchini, mentre Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna ospitano quasi la metà dei cittadini albanesi, rendendo queste regioni aree di potenziale approfondimento, anche se la consistenza complessiva a livello nazionale ne rende comunque interessante uno studio più approfondito e analisi conoscitive di maggiore dettaglio andrebbero effettuate sia sulle comunità ad alta presenza femminile provenienti dai Paesi dell'est europeo (Ucraina, Macedonia), più esposte al rischio di matrimonio precoce nei Paesi di origine, sia su comunità provenienti dall'America latina (Brasile, Ecuador, Perù), anch'essi considerabili come Paesi in cui è presente la pratica del matrimonio precoce;
    affrontare il tema del matrimonio forzato o imposto implica interrogare le culture (ivi compresa quella italiana) in materia di famiglia, strategie matrimoniali e di tutti i fattori sociali, culturali, economici ed etici che costituiscono elementi importanti per l'espressione del consenso riguardo al matrimonio e al reticolo sociale che questi attiva, sia esso determinato da amore e libera scelta, oppure da accordo a un'unione;
    è necessario preoccuparsi dell'accesso delle donne ai beni sociali ed economici nelle diverse culture e della profonda e strutturale differenza tra i sessi, non solo per le culture «altre da noi», ma anche per il mondo occidentale e ciò implica considerare che, come afferma la politologa Carole Pateman: «le donne e le ragazze sono spesso esposte a gravi forme di violenza, tra cui la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stupro, il matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto «onore» e le mutilazioni genitali femminili, che costituiscono una grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze e il principale ostacolo al raggiungimento della parità tra i sessi»;
    bisogna inoltre considerare, come ricorda Pateman, la distinzione fra contratto e consenso, che quando una giovane donna acconsente (o rifiuta) di sottoscrivere un matrimonio combinato, acconsente (o rifiuta) di intraprendere questa forma di istituto matrimoniale; prendere parte a un contratto matrimoniale crea una nuova relazione coniugale e ciò rappresenta un esempio della differenza tra contratto e consenso; quando si acconsente, l'oggetto del consenso è preesistente e si acconsente a qualcosa. Il contratto relativo alla «proprietà sulla persona» è il veicolo tramite cui vengono riprodotti i rapporti di subordinazione nelle principali istituzioni della società moderna;
    affrontare il tema del matrimonio forzato comporta fare i conti con una limitazione della libertà degli individui e una prevalenza di usi, costumi, sistemi di valori collettivi che investe uomini e donne, tuttavia se la lettura avviene in una prospettiva di genere emerge immediatamente la radicale differenza che anche in questo caso caratterizza i destini delle donne, poiché è un fenomeno profondamente segnato da culture patriarcali e dinamiche di potere decisamente sfavorevoli al sesso femminile;
    per questo si è scelta un'ottica che valuti la differenza sessuale quale base di riflessione sui sistemi sociali e culturali in cui si vive e analizzi senza preconcetti le strategie e le tradizioni matrimoniali delle culture presenti in Italia ed interagenti con la nostra, quali quelle che provengono dalle migrazioni, elemento, quest'ultimo, che aumenta la complessità dell'analisi, contenendo in sé la necessità di considerare anche le dinamiche migratorie e come queste si intreccino con le strategie matrimoniali;
    è risaputo quanto sia delicato parlare di culture «altre» cercando di uscire da una prospettiva «eurocentrica» per guardare con rispetto e interesse (anche per l'apporto che ne può derivare) ad altre storie, altri saperi, altre tradizioni, ma tenendo fermi, da un lato, quei diritti umani fondamentali che garantiscono alle donne di essere e potere agire come libere cittadine nel proprio Paese, come in quello di accoglienza, e, dall'altro, il riconoscimento della differenza sessuale e lo squilibrio di «potere» che questa determina nelle società e in tutte le culture, quindi bisogna provvedere a un'equilibrata convivenza di valori che rispetti la nostra legge;
    va evidenziato che questo tema non vede il nostro Paese e le sue tradizioni così distanti da quelle che si accolgono attraverso i flussi migratori, dato che solo nel 1981 è stata abrogata la norma che permetteva il matrimonio riparatore in caso di stupro e che attualmente si può rilevare un aumento dei matrimoni (e delle gravidanze) precoci in particolare nel sud dell'Italia;
    è da ricordare che, come ben evidenzia l'indagine francese «Immigrées et filles d'immigrés: le recul des mariages forcés Enquête Trajectoires et Origines (2008)», l'intervento di una terza persona o delle famiglie nella scelta della sposa o dello sposo era praticata in Francia, come nel resto d'Europa, sino all'inizio degli anni Sessanta e che ancora oggi, in Italia, non si possono escludere pressioni nella scelta matrimoniale in caso di gravidanze precoci o di piccole comunità in cui sia fortemente presente l'elemento del controllo della sessualità femminile e dell'onore familiare;
    tuttavia l'esperienza dei centri antiviolenza fa emergere come il fenomeno delle spose bambine non sia sconosciuto nella cultura italiana, ancora di più se nella fenomenologia del matrimonio forzato si inserisce l'elemento della difficoltà a rompere il legame matrimoniale per pressioni familiari o culturali;
    con l'affidamento della ricerca finalizzata alla costruzione di una stima attendibile del numero delle donne e bambine vittime in Italia di matrimoni forzati, il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri ha scelto di avviare un percorso conoscitivo e di approfondimento in merito ad un tema delicato e complesso quale quello del matrimonio forzato, fenomeno che in Italia non è ancora divenuto oggetto di un discorso pubblico e politico e per cogliere il quale mancano spesso le categorie di lettura persino in servizi attenti ai bisogni delle donne;
    il matrimonio forzato è materia di raccomandazioni e direttive internazionali ed europee che hanno prodotto esperienze consolidate di intervento sia sul piano normativo e conoscitivo, sia riguardo alle azioni intraprese dagli Stati per prevenirlo e combatterlo e sono stati individuati gli elementi salienti del fenomeno: la definizione del fenomeno e la creazione di indicatori utili a effettuare una stima della popolazione a «rischio» e delle vittime, residenti in Italia, nonché la comparazione degli strumenti normativi a livello internazionale e comunitario con quelli presenti nel nostro Paese;
    se la finalità generale degli studi condotti in Italia è quella di offrire uno strumento utile per definire, conoscere e sviluppare azioni di prevenzione e contrasto del fenomeno, uno dei principi metodologici considerati come base è stato quello di porsi in una condizione di riflessione concettuale che permettesse di analizzare le differenti modalità e approcci teorici attualmente presenti nel dibattito internazionale sul matrimonio forzato;
    è tuttavia necessario individuare quali sono i campi di intervento in cui si inquadra il matrimonio forzato e lo studio realizzato nel 2013 da Women Living Under Muslim Laws, su incarico dell’Office of the High Commissioner for Human Rights, ha bene messo in luce come siano presenti una pluralità di ambiti in cui viene iscritta l'analisi del matrimonio forzato, evidenziandone i rischi concettuali da considerare adeguatamente nell'analizzare i concetti a cui ci si riferisce alla ricerca di una definizione e di una classificazione ed evidenzia che i principali sistemi di lettura del fenomeno appartengono al campo dei diritti umani, al ruolo del multiculturalismo, in particolare il suo rapporto con le norme basate sull'onore e al movimento contro la violenza verso le donne e la sua cornice concettuale femminista;
    il matrimonio forzato è considerato prima di tutto una violazione dei diritti umani ed è spesso concepito come una forma di violenza endemica, o maggiormente rilevante in particolari comunità, religioni e culture in particolare; nell'ambito delle indagini sulla violenza contro le donne, il matrimonio forzato è esaminato come forma di violenza di genere strettamente connessa al patriarcato, ai ruoli di genere e alla marginalizzazione delle donne rispetto alle posizioni di potere nella società;
    bisognerebbe procedere ad una ricognizione nazionale e internazionale per offrire elementi utili al raggiungimento della finalità sopra espressa, che valorizzasse il dibattito scientifico, politico e concettuale attivo sul tema e permettesse di enucleare le informazioni di base per formulare raccomandazioni utili allo sviluppo di azioni di prevenzione e contrasto;
    è necessario effettuare una ricognizione sulle indagini quantitative e qualitative più recenti o significative prodotte in Italia, in Europa o su mandato dell'Onu e dei suoi organismi, così da avere un quadro complessivo di riferimento che permetta: una prima definizione e qualificazione del fenomeno, allargato ai matrimoni precoci, combinati o di convenienza; la comprensione delle fonti statistiche disponibili mediante una lettura comparata delle normative in vigore in alcuni Paesi comunitari e dei vincoli posti dalla normativa internazionale al quadro normativo nazionale; una verifica della presenza del tema nelle normative regionali e le azioni sviluppate in Italia; l'analisi dei sistemi di aiuto adottati da quei Paesi europei che hanno scelto di sviluppare piani di azione nazionali o specifici interventi; l'analisi delle caratteristiche del sistema di intervento;
    gli ambiti teorici e di intervento sopra accennati (principalmente diritti umani, multiculturalismo, da declinato come intercultura, differenza sessuale e violenza contro le donne, ma anche salute e benessere psicofisico, rischio di schiavitù e sviluppo nell'ottica di azioni transnazionali in materia) sono tutti campi di azione da esplorare, privilegiando uno sguardo fortemente orientato al genere e una stretta connessione con la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne in ogni sua forma, ivi compresa la tratta, anche in considerazione della direttiva comunitaria inerente a questo fenomeno;
    in estrema sintesi, per ricondurre a unità quanto fin qui affermato, si può dire che un matrimonio è forzato quando contrasta la libertà femminile ma ben sapendo che quella stessa categoria è complessa e mobile, non può essere definita una volta per tutte, non può assumere un significato univoco poiché essa è legata al sistema di valori, all'esperienza, a un «calcolo» soggettivo del rapporto costi/benefici, e al livello di consapevolezza di sé e dei propri desideri che ciascuna donna ha raggiunto in quella fase del ciclo di vita;
    l'analisi degli studi internazionali sul tema offre la possibilità di osservare come negli stessi Paesi vi siano profonde differenze tra le aree di provenienza (rurale o urbana ad esempio), anche perché sono in corso importanti processi di trasformazione che finiscono per dare a quelle società, nonostante alcuni tratti dominanti, il carattere di un mosaico plurale che non permette di generalizzare la pratica o la tradizione dei matrimoni concordati e del controllo della sessualità femminile a un'intera popolazione oltre che l'appartenenza a una data religione;
    mentre le linee di indirizzo e i vincoli posti derivano dai trattati e dalle convenzioni internazionali, la normativa italiana in materia è composta da leggi regionali che si propongono di intervenire sul fenomeno con l'obiettivo di istruire un quadro generale così da fornire le indicazioni utili a introdurre nella normativa italiana i dati essenziali per facilitare gli interventi e aiutare le vittime e le potenziali vittime,

impegna il Governo

ad intraprendere e a finanziare azioni efficaci per combattere il fenomeno del matrimonio forzato che viola i diritti umani delle bambine, propugnando una campagna antipedofilia caratterizzata da un impegno anche più determinato quale quello profuso per la campagna contro le mutilazioni genitali femminili.
(1-00946) «Bechis, Artini, Baldassarre, Barbanti, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

matrimonio

diritti umani

partecipazione delle donne