ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00641

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 314 del 21/10/2014
Abbinamenti
Atto 1/00537 abbinato in data 11/11/2014
Atto 1/00609 abbinato in data 11/11/2014
Atto 1/00612 abbinato in data 11/11/2014
Atto 1/00614 abbinato in data 11/11/2014
Atto 1/00621 abbinato in data 11/11/2014
Atto 1/00624 abbinato in data 11/11/2014
Atto 1/00642 abbinato in data 11/11/2014
Atto 1/00648 abbinato in data 11/11/2014
Firmatari
Primo firmatario: TAGLIALATELA MARCELLO
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Data firma: 21/10/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 21/10/2014
RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 21/10/2014


Stato iter:
11/11/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 11/11/2014
Resoconto DELRIO GRAZIANO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 11/11/2014
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO PER L'ITALIA
Resoconto PRATAVIERA EMANUELE LEGA NORD E AUTONOMIE
Resoconto GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto CESARO ANTIMO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto PISICCHIO PINO MISTO
Resoconto RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto CALABRO' RAFFAELE NUOVO CENTRODESTRA
Resoconto RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BALDASSARRE MARCO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto COVELLO STEFANIA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/11/2014

ACCOLTO IL 11/11/2014

PARERE GOVERNO IL 11/11/2014

DISCUSSIONE IL 11/11/2014

APPROVATO IL 11/11/2014

CONCLUSO IL 11/11/2014

Atto Camera

Mozione 1-00641
presentato da
TAGLIALATELA Marcello
testo di
Martedì 11 novembre 2014, seduta n. 329

   La Camera,
   premesso che:
    nello scenario economico italiano, aggravato dalle conseguenze della crisi finanziaria, continua a porsi in primo piano la questione di un Paese ancorato a due differenti velocità di sviluppo, la cui più diretta evidenza sono sia l'inasprimento dei divari e delle divergenze tra le regioni settentrionali e quelle meridionali, sia le diseguaglianze interne alle stesse aree del Mezzogiorno;
    è un dato di fatto che le regioni del Sud del nostro Paese hanno subito con molta più forza i segni della crisi economica e lo evidenziano i dati relativi alla disoccupazione giovanile, come anche quelli relativi al reddito e alla povertà;
    le cause primarie possono essere rinvenute in una condizione complessiva del Mezzogiorno, che è data dalle infrastrutture, dall'impianto economico produttivo, dalla crisi imprenditoriale e che rende questi territori particolarmente vulnerabili;
    il rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno del 2014 ha rilevato che: «Il lascito della peggiore crisi economica dal dopoguerra è un Paese ancor più diviso del passato e sempre più diseguale. La flessione dell'attività produttiva è stata molto più profonda ed estesa nel Mezzogiorno che nel resto del Paese. Come temuto, gli effetti appaiono non più solo transitori ma strutturali: cambia la struttura produttiva, con un peso dell'apparato industriale sempre minore; la forte riduzione degli investimenti fa diminuire lo stock di capitale, che non venendo rinnovato perde in competitività; le migrazioni e i minori flussi in entrata nel mercato del lavoro contemperano la riduzione di possibilità di occupazione. Il Mezzogiorno appare collocarsi in un equilibrio statico di minore produttività, minore occupazione e quindi, inevitabilmente, minore benessere»;
    la distanza tra il Centro-Nord e il Sud non si limita al prodotto interno lordo pro capite, ma a tanti altri indicatori, come la continua migrazione delle forze giovanili verso altri regioni e verso l'estero, l'elevato numero di giovani che abbandonano gli studi (25,5 per cento contro il 16,8 per cento del Centro-Nord), gli studenti con scarse competenze in lettura e matematica (14,2 per cento rispetto al 7 per cento del Centro-Nord), l'irrilevante capacità di attrazione di investimenti dall'estero, il peso ancor maggiore rispetto al resto del Paese della burocrazia, dell'inefficienza istituzionale, della corruzione, della lentezza giudiziaria, dell'economia sommersa, sinanche del trattamento dei rifiuti;
    il rapporto Svimez presentato il 30 luglio 2014 descrive un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell'arretramento, con il divario di prodotto interno lordo pro capite che nel 2013 è tornato ai livelli del 2003, il crollo degli investimenti nell'industria, il calo dei consumi delle famiglie e dei tassi di iscrizione all'università, e nel quale il numero di occupati è sceso sotto la soglia dei sei milioni, il livello più basso dal 1977;
    nel Mezzogiorno d'Italia in cinque anni le famiglie assolutamente povere sono aumentate di due volte e mezzo, da 443 mila a 1 milione e 14 mila nuclei, e le previsioni 2014-2015 contenute nel rapporto di previsione territoriale Svimez 01/2014 confermano il trend negativo;
    negli anni tra il 2008 e il 2013 l'economia meridionale è calata di circa il doppio rispetto al resto del Paese (-13,3 per cento rispetto al -7 per cento del Centro-Nord), mentre negli stessi anni il Mezzogiorno ha subìto una caduta dell'occupazione del 9 per cento, quattro volte superiore a quella del Centro-Nord (-2,4 per cento); dei circa 985 mila posti di lavoro persi in Italia nello scorso sessennio, ben 583 mila sono nel Sud e l'impatto della caduta dell'occupazione è stato così forte da provocare un crollo dei consumi delle famiglie meridionali di quasi 13 punti percentuali (-12,7 per cento), più del doppio di quello registrato nel resto del Paese (-5,7 per cento);
    inoltre, a dispetto dei deboli segni di ripresa pur registrati in alcune parti d'Italia nel corso del 2013, nello stesso periodo la flessione dell'attività economica si è accentuata in Basilicata (dal -3,7 per cento del 2012 al -6,1 per cento), in Puglia (dal -2,9 per cento al -5,6 per cento), in Calabria (dal -2,1 per cento al -5 per cento) e in Molise (dal -1,8 per cento al -3,2 per cento), e restano stabili sui livelli negativi dell'anno precedente in Campania (-2,1 per cento rispetto a -2 per cento) e in Sardegna (-4,4 per cento rispetto a -4,3 per cento), mentre segnali di attenuazione della crisi rispetto al 2012 si sono avuti solo in Abruzzo (dal -2,7 per cento al -1,8 per cento) e in Sicilia (dal -4,8 per cento al -2,7 per cento);
    al contempo, i tassi di scolarizzazione, già molto inferiori nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, sono accompagnati da un aumento del tasso di abbandono dovuto alle condizioni di degrado sociale e familiare, mentre negative sono anche le evidenze in termini di «qualità» della formazione, dal momento che gli studenti che terminano la loro carriera accademica hanno notevoli difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro, determinando la cosiddetta fuga dei cervelli e la progressiva desertificazione del capitale umano;
    la ripresa del Mezzogiorno non dipende dall'entità dei trasferimenti pubblici ma dal grado di efficienza delle istituzioni e dalla capacità di mobilitare le risorse disponibili, determinando una crescita delle imprese e della loro capacità concorrenziale nei mercati, nonché ristabilendo una capacità di attrazione di capitali esteri, fondamentali nel processo di generazione del reddito, oltre ad essere lo specchio della credibilità internazionale di un Paese;
    in questo quadro, i fondi dell'Unione europea, pur mantenendo un ruolo centrale nell'ambito delle politiche di sostegno ad occupazione e sviluppo dei territori, non possono costituire l'unica risorsa, ma vanno inseriti in un piano più generale, governato da Stato, regioni ed enti locali, al fine di un migliore e più spedito impiego delle risorse disponibili;
    negli anni l'esistenza di distorsioni e malfunzionamenti all'interno del sistema a supporto delle attività produttive ha dato luogo alla riforma di alcuni degli strumenti esistenti e alla creazione del fondo per le aree sottoutilizzate, secondo una linea guida di concentrazione, basata sulla riduzione delle risorse e la loro assegnazione a poche e selettive politiche di sviluppo funzionali al raggiungimento di obiettivi nel lungo periodo, nel tentativo di «responsabilizzare» le imprese sulla qualità degli investimenti proposti e garantire una ricaduta efficace sul tessuto produttivo locale in termini di occupazione;
    tra le regioni meridionali, particolare attenzione merita la Calabria, che sta vivendo una crisi dell'occupazione particolarmente significativa che la condanna al record europeo di disoccupazione giovanile;
    i dati ufficiali ci dicono, infatti, che nella regione il 65 per cento dei giovani sotto i 25 anni non trova lavoro, contro la media nazionale del 26,2 per cento ed europea del 17 per cento, che il tasso di disoccupazione femminile è al 41 per cento, mentre il dato relativo alla disoccupazione totale è pari al 17,3 per cento, con un incremento annuo di quasi il 6 per cento; al contrario, il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni è il più basso tra le regioni italiane, attestandosi poco sopra al 37 per cento a fronte di una media nazionale del 55,1 per cento;
    la Calabria detiene, altresì, il triste primato del lavoro nero e irregolare, che sfiora il 28 per cento, con una differenza di circa 20 punti percentuali rispetto alla regione d'Italia più virtuosa in questo campo;
    secondo l'istituto di indagine Demoskopika, in Calabria nel 2013 poco più di 386 mila nuclei familiari – per un totale di quasi un milione di persone – vivevano in condizione di disagio economico, il che equivale a dire che circa il 48,6 per cento delle famiglie calabresi versa in uno stato di quasi o totale indigenza socio-economica;
    in modo analogo, anche la Campania ha visto negli ultimi anni un costante aumento della povertà e della contrazione della capacità di spesa della popolazione, che sta determinando uno stravolgimento del tessuto sociale;
    la base economica della Campania è stata gravemente condizionata e ridimensionata per effetto di fenomeni di crisi, contrazione produttiva e chiusura d'impianti, che trovano la prima e più evidente espressione nella crescita abnorme del ricorso agli ammortizzatori sociali, che è più che triplicato;
    la mortalità aziendale, che, nelle condizioni attuali, è arrivata a compromettere anche segmenti tradizionali e imprese di punta del sistema produttivo campano, non solo rappresenta un elemento che ha ricadute drammatiche dirette e indirette sull'occupazione e sull'offerta, ma, soprattutto, può pregiudicare seriamente la capacità di ripresa futura dell'economia regionale;
    in Campania, peraltro, pesano in modo particolare anche le difficoltà di bilancio di Napoli, ulteriormente aggravate dal taglio dei trasferimenti dal Governo centrale, difficoltà che compromettono seriamente il suo enorme patrimonio archeologico, architettonico e storico, come le impediscono di svolgere il suo ruolo come punto di riferimento per un vasto retroterra e come avamposto strategico al centro del Mediterraneo, lasciando scivolare la città sempre più verso il declino, testimoniato dalla perenne emorragia di residenti;
    la valorizzazione e il rilancio del Meridione d'Italia non possono prescindere dal rilancio del settore turistico, posto l'immenso patrimonio artistico, architettonico e culturale che detengono e che deve essere trasformato in ricchezza vitale attraverso cui creare occupazione, favorire lo sviluppo, applicare all'antico le nuove tecnologie, imprimere a ciò che è statico la velocità della modernità, aggiungere a ciò che è locale la dimensione della globalità;
    in questo ambito appaiono di fondamentale importanza sia il sostegno dell'imprenditoria legata al turismo, sia la tutela e la salvaguardia dei prodotti tipici e delle tradizioni locali di cui proprio il Meridione è così ricco, sia la salvaguardia ambientale e paesaggistica e il contrasto dell'abusivismo edilizio, anche attraverso un processo di riqualificazione delle coste realizzato con meccanismi premiali in ordine alla ricollocazione delle cubature;
    la gravissima crisi occupazionale che affligge le regioni meridionali non può essere affrontata solo con i programmi di sostegno ai giovani di derivazione europea, quali garanzia giovani o i progetti «neet», o attraverso il reimpiego o la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, soprattutto se si considera che si tratta di una regione con milioni di abitanti e, quindi, con centinaia di migliaia di giovani alla ricerca di un lavoro, ma necessita di interventi mirati e strutturali;
    l'analisi delle difficoltà strutturali che opprimono il Sud italiano, sia in termini di struttura produttiva che di assetto istituzionale, evidenzia una situazione complessiva di fragilità che impone la ricerca di radicali elementi di discontinuità nelle politiche di sviluppo;
    appare indispensabile ed urgente disegnare nuove e più efficaci azioni che consentano al Mezzogiorno di intraprendere un percorso di sviluppo, autonomo e responsabile, in grado di valorizzare i tanti elementi positivi comunque presenti in questi territori, al contempo dando nuovo slancio al tessuto economico e produttivo del Mezzogiorno,

impegna il Governo:

   a valutare l'adozione di un piano di azioni coordinate per l'intera area del Meridione, nell'ambito del quale prevedere ed attuare tempestivamente meccanismi di sostegno e di incentivazione, anche attraverso l'impiego di modalità di agevolazione fiscale, mirati a salvaguardare le strutture produttive esistenti e ad attrarre nuovi investimenti;
   ad adottare le iniziative necessarie a combattere efficacemente il gravissimo problema degli abbandoni scolastici, che, di fatto, priva questi territori anche della possibilità di investire nel futuro attraverso le giovani generazioni;
   ad individuare con rapidità quali comuni, tra quelli che ne abbiano fatto richiesta, abbiano i requisiti per costituire al proprio interno le zone franche urbane di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, al fine di rafforzare la crescita imprenditoriale e occupazionale delle micro e piccole imprese;
   ad elaborare un piano di monitoraggio delle risorse destinate dallo Stato e dall'Unione europea al contrasto della disoccupazione e agli altri programmi di sviluppo in favore delle regioni dell'obiettivo convergenza, al fine di verificare che esse siano effettivamente impiegate per i fini previsti e non siano disperse e al fine di contrastare la lentezza nelle procedure di spesa;
   ad individuare politiche atte alla conservazione e alla valorizzazione delle risorse naturali delle regioni, al fine di rilanciare il turismo e la produzione ed il commercio dei prodotti tipici;
   in questo ambito a valutare di assumere iniziative per l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, in collaborazione con soggetti privati, volti ad eliminare gli edifici sorti in seguito a fenomeni di abusivismo edilizio e a ripristinare i territori, con particolare riferimento alle fasce costiere;
   a promuovere una rapida individuazione degli interventi infrastrutturali di primaria importanza, anche ai fini del rilancio turistico, e ad individuare misure per garantire la loro tempestiva realizzazione;
   ad elaborare un programma per la messa in sicurezza dei territori e degli edifici, con particolare riguardo a quelli scolastici, per il recupero dei centri urbani, attraverso opere di restauro degli edifici storici, e per il completamento dei programmi già avviati nei settori dell'edilizia sanitaria, universitaria e carceraria;
   con particolare riferimento alla Campania, ad adoperarsi al fine di rilanciare i progetti per il centro storico, la metropolitana e il porto di Napoli, per Napoli est, per l'aeroporto di Salerno, per la valorizzazione e lo sviluppo dell'ex area industriale di Bagnoli e dell'intera area flegrea, nonché per ripristinare e restituire pienamente al pubblico i siti turistici di maggiore importanza, tra i quali Pompei e la Reggia di Caserta.
(1-00641) «Taglialatela, Cirielli, Rampelli».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

disoccupazione giovanile

protezione del litorale

statistica occupazionale