ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00298

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 150 del 13/01/2014
Abbinamenti
Atto 1/00292 abbinato in data 13/01/2014
Atto 1/00303 abbinato in data 13/01/2014
Atto 1/00305 abbinato in data 13/01/2014
Atto 1/00310 abbinato in data 15/01/2014
Atto 1/00312 abbinato in data 15/01/2014
Firmatari
Primo firmatario: MARCON GIULIO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 13/01/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/01/2014
RICCIATTI LARA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/01/2014
MIGLIORE GENNARO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/01/2014
BOCCADUTRI SERGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/01/2014
LAVAGNO FABIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/01/2014
MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/01/2014
DI SALVO TITTI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/01/2014
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/01/2014


Stato iter:
15/01/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 13/01/2014
Resoconto PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CAUSI MARCO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto TRIPIEDI DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE
 
INTERVENTO GOVERNO 15/01/2014
Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 15/01/2014
Resoconto DI GIOIA LELLO MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO PER L'ITALIA
Resoconto ZANETTI ENRICO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto PISO VINCENZO NUOVO CENTRODESTRA
Resoconto MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto MUCCI MARA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto RIZZETTO WALTER MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CIPRINI TIZIANA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CORSARO MASSIMO ENRICO FRATELLI D'ITALIA
Resoconto GALGANO ADRIANA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto CAUSI MARCO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto GALLINELLA FILIPPO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto ROSTELLATO GESSICA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BECHIS ELEONORA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CHIMIENTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CANCELLERI AZZURRA PIA MARIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BARBANTI SEBASTIANO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto PISANO GIROLAMO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto ARTINI MASSIMO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BASILIO TATIANA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BENEDETTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BERNINI MASSIMILIANO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BIANCHI NICOLA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BRESCIA GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BRUGNEROTTO MARCO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BUSINAROLO FRANCESCA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CASO VINCENZO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CASTELLI LAURA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CECCONI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto COLONNESE VEGA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CORDA EMANUELA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CRIPPA DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto DA VILLA MARCO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto DAGA FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto FASSINA STEFANO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto DI BATTISTA ALESSANDRO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto DE LORENZIS DIEGO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto DALL'OSSO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto SEGONI SAMUELE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto FRUSONE LUCA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto GRANDE MARTA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto SPESSOTTO ARIANNA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto SIBILIA CARLO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto SARTI GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto DI VITA GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto DELL'ORCO MICHELE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto DELLA VALLE IVAN MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto LUPO LOREDANA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA
Resoconto SORIAL GIRGIS GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto D'UVA FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto MARZANA MARIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto LIUZZI MIRELLA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto GALLO LUIGI MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto OTTOBRE MAURO MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto BIANCHI STELLA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto PESCO DANIELE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto GRILLO GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto PARENTELA PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto VACCA GIANLUCA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto COLLETTI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto GALLI GIAMPAOLO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE
Resoconto BIANCONI MAURIZIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
PARERE GOVERNO 15/01/2014
Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 13/01/2014

DISCUSSIONE IL 13/01/2014

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 13/01/2014

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 15/01/2014

DISCUSSIONE IL 15/01/2014

NON ACCOLTO IL 15/01/2014

PARERE GOVERNO IL 15/01/2014

RESPINTO IL 15/01/2014

CONCLUSO IL 15/01/2014

Atto Camera

Mozione 1-00298
presentato da
MARCON Giulio
testo presentato
Lunedì 13 gennaio 2014
modificato
Mercoledì 15 gennaio 2014, seduta n. 152

   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito di un quadro di recessione globale, la zona euro mostra particolari difficoltà e il peggioramento dell'economia si è accompagnato a una crisi sociale senza precedenti, mentre si sviluppano movimenti xenofobi e antieuropei;
    l'Europa ha risposto alla crescente instabilità dei mercati finanziari imboccando la strada dell'austerità. A partire dalla primavera 2010, sono stati così varati programmi di riequilibrio dei conti pubblici ambiziosi, simultanei e concentrati in un lasso di tempo relativamente breve. Nei Paesi periferici il riequilibrio dei conti pubblici è avvenuto al prezzo di pesanti ricadute economiche e sociali (catastrofiche, nel caso greco), ed è stato parzialmente vanificato dalla recessione indotta dalle politiche di austerità;
    è sostanzialmente l'analisi delle cause profonde della crisi ad essere sbagliata. Essa viene fatta risalire alla «crisi dei debiti sovrani», mentre questi ultimi sono peggiorati a seguito della crisi e non viceversa. Nel biennio della grande recessione, l'aumento del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è stato nei Paesi periferici solo leggermente superiore alla media dell'Eurozona. La sfiducia dei mercati finanziari è stata innescata dai crescenti squilibri macroeconomici tra i sistemi produttivi più forti (Germania in primis), molto competitivi e in forte avanzo commerciale, e i Paesi periferici considerati – a causa di debolezze strutturali che sono andate aggravandosi negli anni duemila – meno capaci, in prospettiva, di onorare i propri debiti pubblici;
    per questi motivi è stato, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, un errore, nella XVI legislatura, inserire in Costituzione, con le modifiche all'articolo 81, il pareggio di bilancio come previsto dal cosiddetto fiscal compact;
    non si risolverà certo la crisi con le politiche di «austerità espansiva» che l'hanno provocata. Pensare che il taglio nei deficit pubblici possa essere compensato dall'aumento di altre componenti della domanda aggregata è una pia illusione. Come mostrato in studi e dall'esperienza pratica (si veda la Grecia), il moltiplicatore fiscale in una fase di recessione è positivo e l'austerità porterà, quindi, ad un calo del prodotto interno lordo maggiore del calo del debito, rendendo impossibile raggiungere l'obiettivo della riduzione del rapporto debito/prodotto interno lordo;
    diversi documenti dell'Unione europea testimoniano una transizione dei poteri dagli Stati nazionali all'oligarchia dell'Unione europea, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo una vera espropriazione della democrazia a favore di una tecnocrazia che risponde, di fatto, solo ai poteri finanziari ed a ristretti gruppi sociali che di tali politiche di austerità si stanno avvantaggiando in maniera scandalosa;
    tra il 1976 e il 2006, la quota dei salari (incluso il reddito dei lavoratori autonomi) sul prodotto interno lordo è diminuita in media di 10 punti, scendendo dal 67 al 57 per cento circa. In Italia è andata peggio: il calo ha toccato i 15 punti, dal 68 al 53 per cento (dati Ocse), un trasferimento di ricchezza a favore soprattutto del capitale finanziario, pari – in moneta attuale – a 240 miliardi di euro;
    di tale processo, si possono individuare sette tappe:
     a) innanzitutto, l'articolo 123 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea consolidato (1992-2007), il quale inibisce alla Banca centrale europea la funzione principale di ogni banca centrale, ossia quella di creare il denaro necessario per coprire i disavanzi del bilancio statale, ripagare i debiti pubblici giunti a scadenza, finanziare la spesa sociale e promuovere l'occupazione. Se gli Stati europei della zona euro hanno bisogno di denaro debbono rivolgersi alle banche private, pagando tassi d'interesse del 3-6 per cento, mentre le banche pagano alla Banca centrale europea un tasso dell'uno per cento. Allo stesso tasso il servizio del debito dello Stato italiano potrebbe ridursi di circa 20 miliardi di euro;
     b) il patto «Euro Plus» (25 marzo 2011) che impegna gli Stati aderenti (Eurozona e alcuni altri Stati) a realizzare i seguenti obiettivi: stimolare la competitività e l'occupazione; concorrere ulteriormente alla sostenibilità delle finanze pubbliche; rafforzare la stabilità finanziaria. L'articolato dei quattro obiettivi anticipava i contenuti delle controriforme che sarebbero poi state introdotte dai Governi Berlusconi e Monti, in particolare per quanto concerne la previdenza e il mercato del lavoro. Il patto suggeriva, inoltre, di eliminare i contratti nazionali di lavoro e di valutare anche la sostenibilità del sistema di assistenza sanitaria;
     c) la lettera del Commissario all'economia, Olli Rehn, inviata al Ministro dell'economia e delle finanze pro tempore Tremonti il 4 novembre 2011, nella quale con un «questionario» in 39 punti si compendiavano le richieste particolareggiate della Commissione europea al Governo italiano. Le corrispondenze tra il dettato della Commissione europea e le riforme del Governo Monti sono impressionanti (allungamento dell'età pensionabile; abolizione delle pensioni d'anzianità; spostamento dell'onere fiscale sui consumi e sulla proprietà immobiliare; riforma del mercato del lavoro, riduzione dei pubblici dipendenti);
     d) il «six pack» (cinque regolamenti ed una direttiva), entrato in vigore il 13 dicembre 2011, contiene misure per rafforzare la sorveglianza economica e fiscale di tutti gli Stati membri: una versione rivista e corretta del patto per la stabilità e la crescita della fine degli anni novanta. Prevede sanzioni praticamente automatiche (procedura di voto «rovesciata»: le sanzioni non vengono applicate solo se una maggioranza qualificata degli Stati membri vota contro) per i Paesi che non rispettano i limiti riguardanti il deficit di bilancio ed i piani da porre in opera, per ridurre, nell'arco di un ventennio, a non più del 60 per cento del prodotto interno lordo l'ammontare del debito. Più una serie di indicatori attestanti che i piani di rientro siano effettivamente in via di progressiva attuazione;
     e) il 2 febbraio 2012 è stato firmato il meccanismo europeo di stabilità (mes): una sorta di banca (capitale pari a 700 miliardi di euro a regime, 500 miliardi di euro per iniziare), atta a fornire – ponendo a ciò condizioni durissime – assistenza finanziaria agli Stati membri che presentino difficoltà di bilancio. L'Italia dovrà contribuire con 125,4 miliardi di euro, da versare in cinque rate annuali. Il meccanismo europeo di stabilità ha facoltà di chiedere prestiti alla banche private, per poi prestare denaro agli Stati che fanno domanda a un tasso che sarà inevitabilmente superiore a quello praticato dalle banche;
     f) il 9 febbraio 2012 la cosiddetta troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) inviavano al Governo greco un memorandum d'intesa sulle politiche economiche da adottare e quali condizioni per ricevere assistenza finanziaria. Un documento molto dettagliato che espropria il popolo greco della propria potestà politica ed economica, con misure eccezionalmente pesanti per i lavoratori ed i cittadini e che limita «massicciamente» (l'espressione è di Jean-Claude Juncker, Presidente dell'Eurogruppo) la sovranità di quel Paese;
     g) il 2 marzo 2012, veniva invece firmato il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, il cosiddetto «fiscal compact», che è entrato in vigore il 1o gennaio 2013. Si stabilisce che il bilancio pubblico consolidato deve essere in pareggio o mostrare un sopravanzo. Le regole debbono essere recepite «in modo vincolante e durevole» nella legislazione dei contraenti, «preferibilmente a livello costituzionale». Si prescrive che se uno Stato contraente presenta un debito pubblico superiore al limite fissato (il 60 per cento del prodotto interno lordo), esso ha l'obbligo di ricondurlo entro tale limite al ritmo di un ventesimo l'anno in media. Per l'Italia una riduzione pari a circa 50 miliardi l'anno per 20 anni: una meta impossibile da raggiungere pena la distruzione delle possibilità di avere una vita decente per il 90 per cento dei componenti di una o due generazioni di cittadini italiani. La Commissione europea verifica, valuta, soppesa, decide ed eroga le misure punitive (vere e proprie pesantissime ammende);
    tutte queste misure hanno accresciuto in misura notevole i poteri della Commissione europea, a paragone dei poteri sia del Parlamento europeo sia dei Parlamenti nazionali. Si è così instaurato un processo burocratico, nel corso del quale dei funzionari irresponsabili decidono di irrogare o meno sanzioni in base ad indicatori meccanicamente ed arbitrariamente stabiliti. Si affida poi alla Corte di giustizia europea nientemeno che il compito di regolare le vertenze tra gli Stati, laddove il suo compito dovrebbe limitarsi a sorvegliare il rispetto della legislazione dell'Unione europea;
    queste misure e le politiche di austerità stanno distruggendo l'economia europea sottraendole domanda interna, stabilità dei conti, occupazione e speranza. La stabilità dei conti pubblici, in questa crisi che tanto assomiglia a quella degli anni trenta, si nutre di crescita e l'austerità uccide sia la crescita che la stabilità;
    sono, inoltre, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, scellerate ed ottuse le normative ordinarie italiane a cui la Costituzione rimanda (la cosiddetta «legge rinforzata»: la legge 24 dicembre 2012, n. 243), che declinano i concetti della sostenibilità del debito pubblico con formule matematiche rigide ed arbitrarie derivanti, peraltro, da regole europee che non hanno valenza di trattato internazionale, perché approvate senza l'accordo di alcuni Stati membri come il Regno unito e la Repubblica ceca;
    come ormai rileva anche il Fondo monetario internazionale, oggi si sa che in realtà le politiche di austerity hanno accentuato la crisi, provocando un tracollo dei redditi superiore alle attese prevalenti. Una stretta violenta su entrata e spesa, che affonda le spese pubbliche d'investimento e comunque produttive, ha effetti depressivi sia sul breve che sul medio termine. È da considerare più efficace un percorso di stabilizzazione del debito più selettivo, stabile e controllato. Il Trattato di Lisbona non ha funzionato perché rimaneva l'asimmetria tra il controllo della moneta e il vuoto delle politiche fiscali, bancarie e di bilancio comunitario;
    tuttavia le autorità europee stanno commettendo un nuovo errore. Esse appaiono persuase dall'idea che i Paesi periferici dell'Unione europea potrebbero risolvere i loro problemi attraverso le cosiddette «riforme strutturali». Tali riforme dovrebbero ridurre i costi e i prezzi, aumentare la competitività e favorire, quindi, una ripresa trainata dalle esportazioni e una riduzione dei debiti verso l'estero. Questa tesi coglie alcuni problemi reali, ma è illusorio pensare che la soluzione prospettata possa salvaguardare l'unità europea. Le politiche deflattive attuate in Germania (tra il 2000 e il 2010 ha visto la mancata crescita dei salari nominali nell'ordine del 15 per cento, ossia inferiore rispetto alla crescita salariale media dell'Eurozona) e altrove, per far accrescere l'avanzo commerciale hanno, di fatto, contribuito per anni, unitamente ad altri fattori, all'accumulo di enormi squilibri nei rapporti di debito e credito tra i Paesi della zona euro. Il riassorbimento di tali squilibri richiederebbe un'azione coordinata da parte di tutti i membri dell'Unione europea. Pensare che i soli Paesi periferici debbano farsi carico del problema significa pretendere da questi una caduta dei salari e dei prezzi di tale portata da determinare un crollo ancora più accentuato dei redditi e una violenta deflazione da debiti, con il rischio concreto di nuove crisi bancarie e di una desertificazione produttiva di intere regioni europee;
    occorre essere consapevoli che, proseguendo con le politiche di «austerità» e affidando il riequilibrio alle sole «riforme strutturali», il destino dell'euro sarà segnato e l'esperienza della moneta unica si esaurirà, con ripercussioni sulla tenuta del mercato unico europeo. In assenza di condizioni per una riforma del sistema finanziario e della politica monetaria e fiscale, che diano vita ad un piano di rilancio degli investimenti pubblici e privati e contrasti le sperequazioni tra i redditi e tra i territori e che risollevi l'occupazione nelle periferie dell'Unione europea, ai decisori politici non resterà altro che una scelta cruciale tra modalità alternative di uscita dall'euro;
    nel quadro istituzionale sopra descritto, le politiche di austerità promosse dai Paesi dell'Unione europea, inclusa l'Italia, hanno portato ad una recessione che oggi ha dimostrato tutti i suoi effetti devastanti inducendo quegli stessi Governi a invocare la crescita come rimedio alla crisi e al problema dell'aumento della disoccupazione;
    ma le imprese aumentano la produzione, aumentando conseguentemente l'occupazione, solo se cresce la domanda o vi sono concreti elementi che indichino che essa crescerà;
    i 25 milioni di disoccupati nell'Unione europea al 2013 comportano una riduzione del prodotto interno lordo potenziale dell'intera Unione europea dell'ordine del 5 per cento l'anno, corrispondente a circa 800 miliardi di euro. Per l'Italia, si tratta di 80 miliardi di euro di ricchezza reale che non viene creata. Inoltre, la disoccupazione di lunga durata genera ulteriori costi derivanti dalla perdita di produttività del lavoro e comporta costi sociali quali povertà, perdita della casa, criminalità, denutrizione, abbandoni scolastici, antagonismo etnico, crisi familiari e tensioni sociali potenzialmente esplosive;
    il lavoro come diritto è solennemente sancito da tutte le carte fondamentali nazionali e sovranazionali, inclusa la Costituzione italiana che include, tra i principi fondamentali, non solo il riconoscimento a tutti i cittadini del diritto al lavoro, ma anche la promozione effettiva da parte della Repubblica delle condizioni che rendano effettivo questo diritto (articolo 4);
    è giunto il momento che il Governo italiano prenda l'iniziativa per sollecitare le istituzioni dell'Unione europea e gli altri Paesi membri dell'Unione europea affinché i trattati e il diritto dell'Unione europea vengano modificati nel senso di includere la lotta alla disoccupazione tra gli obiettivi principali delle politiche dell'Unione europea, più che il pareggio di bilancio;
    a tal proposito merita ricordare che nelle versioni consolidate del Trattato sull'Unione europea (Tue) e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue), l'espressione promuovere «un elevato livello di occupazione» ricorre pochissime volte. Inoltre, i testi rendono chiaro che essa non è un impegno dell'Unione europea, bensì dovrebbe essere l'esito dell'economia sociale di mercato fortemente competitiva, di stampo neo-liberale, che purtroppo l'Unione europea e le sue istituzioni (Banca centrale europea in testa) hanno promosso;
    di fronte alla vera e propria emergenza nazionale ed europea rappresentata dalla disoccupazione, occorre un'inversione di tendenza che abbandoni l'ideologia neo-liberale per contrastare i populismi crescenti, ponendo finalmente la piena occupazione come obiettivo della politica dell'Unione europea e che venga riconosciuto il principio che essa può essere perseguita efficacemente con politiche pubbliche;
    tra i piani su cui si potrebbe procedere andrebbero collocati integrazioni e modifiche del Trattato sull'Unione europea, nonché dello statuto del Sistema europeo di banche centrali (Sebc) e della Banca centrale europea, al fine di collocare la piena occupazione tra i fini preminenti dell'Unione europea e delle sue istituzioni finanziarie. Inoltre, alla Banca centrale europea andrebbe richiesto di includere tra i principi generali per le operazioni di credito a banche dell'Eurozona la condizione per cui un credito viene concesso soltanto se appare sicuramente promuovere l'occupazione netta nel Paese dell'ente richiedente,

impegna il Governo:

   a sostenere la radicale modifica del Trattato sulla convergenza dei bilanci, il cosiddetto «fiscal compact», una delle cause della recessione, concordando con i partner europei misure sostanziali a favore dello sviluppo sostenibile, a partire da un'europeizzazione non parziale del debito sovrano almeno per la quota che supera il 60 per cento del prodotto interno lordo, secondo le proposte avanzate da diversi economisti anche italiani, e a chiedere nell'immediato lo slittamento della scadenza per il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali e per l'avvio della riduzione dello stock del debito e/o l'esclusione di alcune spese per investimenti dai saldi del patto di stabilità;
   a proporre la realizzazione di una vera unione politica del continente in senso federale al fine di realizzare l'obiettivo degli Stati uniti d'Europa ed a sostenere il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo, giungendo anche all'elezione diretta del presidente della Commissione europea;
   a prendere le opportune iniziative al fine di modificare i meccanismi di cui alla cosiddetta «legge rinforzata», la legge 24 dicembre 2012, n. 243, con particolare riguardo alla definizione del saldo strutturale, alla cosiddetta «regola del debito» per quanto concerne i fattori rilevanti, alla cosiddetta «regola della spesa», alle modalità del monitoraggio da parte del Ministro dell'economia e delle finanze del livello della spesa, alla definizione di eventi eccezionali, alle norme concernenti gli enti territoriali, al ruolo dell'Ufficio parlamentare di bilancio che dovrà essere di supporto del ruolo democratico e sovrano del Parlamento;
   a proporre che si garantisca, come è stato deciso in favore della Spagna, la possibilità di un rientro più morbido e dilazionato nel tempo del debito sovrano, in quanto in particolare appare irrealistico per l'Italia il rientro dal 2015 di oltre 15 miliardi di euro all'anno attraverso dismissioni immobiliari;
   a concordare con gli organismi dell'Unione europea l'applicazione della golden rule che escluda dalle regole di spesa, introdotte dal patto di stabilità e crescita rivisto nel 2011, gli investimenti degli enti territoriali nei seguenti campi:
    a) politiche pubbliche per la creazione di occupazione;
    b) riqualificazione delle periferie attraverso piani di recupero;
    c) interventi di salvaguardia dell'assetto idrogeologico dei territori;
    d) messa in sicurezza degli edifici scolastici;
    e) recupero, salvaguardia e sviluppo del patrimonio artistico e ambientale;
    f) interventi di risanamento delle reti di distribuzione delle acque potabili;
    g) potenziamento del trasporto pubblico locale, con particolare riguardo al pendolarismo ragionale e al trasporto su ferro;
    h) interventi di risparmio energetico attraverso l'utilizzo delle energie rinnovabili;
   a proporre di rafforzare gli impegni degli Stati membri per raggiungere rapidamente una quota di energia da fonti rinnovabili pari al 20 per cento del consumo finale di energia e a definire un nuovo accordo che porti al superamento di tale quota entro il 2020, perché inadeguata alle esigenze energetiche dell'intera comunità, anche rispetto alla situazione di crisi e alla potenzialità di lavoro che gli investimenti in energia rinnovabile possono creare;
   a proporre l'utilizzazione, a livello europeo, di una quota del gettito della tassa sulle transazioni finanziarie, unitamente all'emissione di eurobond e project bond, per finanziare e promuovere l'occupazione giovanile e la riconversione ecologica del sistema produttivo;
   a proporre la ridefinizione del ruolo della Banca centrale europea come prestatrice di ultima istanza;
   a proporre un programma europeo, una sorta di «social compact», per lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale, la lotta alle disuguaglianze ed alla povertà, da concordare con gli altri partner continentali.
(1-00298) «Marcon, Paglia, Ricciatti, Migliore, Boccadutri, Lavagno, Melilla, Di Salvo, Pannarale».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

zona euro

debito

pareggio del bilancio

politica occupazionale

deflazione

alleggerimento del debito

bilancio dello Stato

disoccupazione a lungo termine

politica comunitaria