ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00237

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 115 del 11/11/2013
Abbinamenti
Atto 1/00201 abbinato in data 11/11/2013
Atto 1/00235 abbinato in data 11/11/2013
Atto 1/00236 abbinato in data 11/11/2013
Atto 1/00238 abbinato in data 11/11/2013
Firmatari
Primo firmatario: PAGLIA GIOVANNI
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 11/11/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
LAVAGNO FABIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2013
RAGOSTA MICHELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2013
PILOZZI NAZZARENO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2013
KRONBICHLER FLORIAN SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2013
MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2013
MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2013
BOCCADUTRI SERGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2013
DI SALVO TITTI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2013
PIAZZONI ILEANA CATHIA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2013


Stato iter:
26/11/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 11/11/2013
Resoconto PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
INTERVENTO GOVERNO 11/11/2013
Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/11/2013

DISCUSSIONE IL 11/11/2013

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 11/11/2013

RITIRATO IL 26/11/2013

CONCLUSO IL 26/11/2013

Atto Camera

Mozione 1-00237
presentato da
PAGLIA Giovanni
testo di
Lunedì 11 novembre 2013, seduta n. 115

   La Camera,
   premesso che:
    la legge delega 5 maggio 2009, n. 42, ha avviato un percorso di ridefinizione dell'assetto dei rapporti economici e finanziari tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, volto a completare, nell'arco di un quinquennio, il processo di valorizzazione del sistema delle autonomie territoriali, l'abbandono del sistema di finanza derivata ed il superamento del criterio della spesa storica in favore dei costi standard per il finanziamento delle funzioni fondamentali di regioni ed enti locali, anche al fine di realizzare un modello finanziario improntato al principio di responsabilità dei singoli livelli istituzionali e ad una maggiore autonomia di entrata e di spesa, nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale;
    l'approvazione della sopra citata delega, che risponde a un più ampio e coerente disegno evolutivo in senso autonomistico e federalistico dell'ordinamento della Repubblica, rappresenta un momento istituzionale di grande rilevo nel processo di riforma iniziato nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione e l'occasione storica per una razionalizzazione del sistema finanziario pubblico, in cui il federalismo fiscale è considerato un fattore di responsabilizzazione delle amministrazioni;
    il nuovo sistema di ripartizione delle risorse verso gli enti territoriali che ne deriva è basato su principi che dovranno regolare l'assegnazione di risorse perequative agli enti dotati di minori capacità di autofinanziamento e predispone gli strumenti attraverso cui sarà garantito il coordinamento fra i diversi livelli di governo in materia di finanza pubblica, ma anche sull'individuazione dei fabbisogni standard necessari a garantire, sull'intero territorio nazionale, il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e delle funzioni fondamentali degli enti locali;
    molti ravvisano che le criticità che gli amministratori locali stanno vivendo in questa fase di transizione al federalismo siano da ricondurre alla mancata e contestuale approvazione della cosiddetta Carta delle autonomie locali, la sola in grado di dare la risposta necessaria per realizzare quel federalismo istituzionale che definisca le competenze e le funzioni dei diversi livelli istituzionali ed evitare in futuro sprechi e sovrapposizioni;
    infatti, il mancato avvio del parallelismo tra federalismo fiscale e federalismo istituzionale ha creato in alcuni casi una situazione ingestibile. L'entrata in vigore anticipata dell'imu ne ha costituito un esempio, rispondendo a logiche solo marginalmente legate alla finanza dei comuni, quali gli obiettivi generali di risanamento del bilancio statale e quelli di ridistribuzione del carico fiscale, imponendo anzi agli stessi comuni vincoli di bilancio più stringenti e minori risorse a fronte di una maggior pressione fiscale gravante sulla collettività locale, e prevedendo, inoltre, una sorta di «coabitazione» con lo Stato sul medesimo cespite, regole di gestione complicate e influenza su una buona parte del fondo di riequilibrio, il tutto lasciando, peraltro, in ombra temi prioritari, come la scelta dello schema di perequazione da adottare e delle modalità con le quali utilizzare i fabbisogni standard;
    il sopra citato avvio anticipato della norma ha impresso una notevole modificazione all'impianto dell'intera imposizione municipale, così come delineata dal decreto sul federalismo municipale, stabilendo la riserva allo Stato di una quota del tributo locale mirata non solo a far riappropriare l'erario dell'intero gettito dell'Irpef sui redditi fondiari dei beni non locati, ma anche ad incrementarne l'entità rispetto alla situazione preesistente, mantenendo tutte le principali leve di comando del tributo;
    le imposte sulla proprietà immobiliare costituiscono il perno della fiscalità locale nella maggiore parte dei Paesi europei, poiché esiste un evidente collegamento fra la base imponibile (dettata dal valore dell'abitazione) e l'attività svolta dall'ente che riscuote il gettito. Inoltre, la possibilità per il contribuente di commisurare l'onere fiscale al beneficio ricevuto in termini di servizi pubblici locali rappresenta un importante incentivo a scelte di bilancio responsabili da parte degli enti e solamente grazie al rapporto diretto del contribuente con il proprio territorio e con la propria amministrazione è possibile attuare un fisco più oggettivo per tutti, marginalizzando le aree di evasione e di elusione;
    quanto premesso dimostra che, negli ultimi anni, in controtendenza rispetto al progetto federalista, complice soprattutto la crisi economica che ha imposto a tutte le istituzioni di farsi carico dell'equilibrio dei conti pubblici e del rilancio della crescita del Paese, si è registrato un incessante deterioramento delle relazioni tra Stato centrale ed istituzioni territoriali, anche a causa di politiche di austerity, che, attraverso la decretazione d'urgenza, hanno imposto tagli alle loro risorse, amplificato lo spazio d'intervento e l'ingerenza dello Stato, affossando, nei fatti, il federalismo fiscale delineato nell'articolo 119 della Costituzione e, più in generale, tradendo il più ampio progetto federalistico ispiratore della riforma del Titolo V della Costituzione;
    le sopra citate politiche hanno prodotto un «evitamento» degli enti territoriali ed una crisi istituzionale che rischia di mettere in discussione i modelli di autonomia e favorisce un progressivo e pericoloso accentramento, affidato, peraltro, quasi esclusivamente al controllo finanziario attraverso la riduzione della spesa, atteggiamento questo che, invece di premiare il comportamento autonomo e responsabile, accentua l'ingessatura dei meccanismi burocratici e pretende di governare il pluralismo sociale ed economico del Paese con norme centralistiche, imposte dall'alto;
    l'incessante logica dei tagli statali ai trasferimenti locali ha fortemente penalizzato e compromesso l'intero assetto delle autonomie locali che non riescono, a fronte di esigue risorse, a rispondere, con l'erogazione dei servizi essenziali di propria competenza, alle istanze ed ai bisogni sempre più complessi dei cittadini; pertanto, qualsiasi processo di riordino istituzionale, seppure necessario, rischia di essere fallimentare se costruito in un'ottica di ulteriore riduzione delle risorse a disposizione dei soggetti istituzionali periferici;
    le manovre economiche approvate dai governi Berlusconi e Monti hanno determinato, anche grazie alla centralizzazione delle risorse, peraltro aggravata dalle norme sulla tesoreria unica, effetti devastanti sul sistema finanziario delle autonomie locali, che solo per le province, ad esempio, hanno determinato, nel solo biennio 2011/2012, una riduzione di risorse strutturali per 915 milioni di euro, nonché di obiettivi del patto di stabilità interno per 1,5 miliardi di euro;
    a dispetto del vero federalismo e del principio di sussidiarietà, oggi le autonomie locali sono diventate una sorta di presidi democratici svuotati di poteri che contrastano da soli e senza adeguate risorse gli effetti della crisi e dei tagli operati dalle sopra citate manovre economiche. Infatti, il combinato disposto dei tagli alle entrate e delle regole del patto di stabilità interno ha prodotto effetti perversi e irragionevoli, come l'impossibilità a svolgere alcun ruolo a sostegno dello sviluppo locale, ad accompagnare i processi sociali e di mutamento che si producono nelle realtà locali e ad assicurare la continuità e la qualità dei servizi erogati alla cittadinanza;
    la stessa Carta costituzionale prefigura un federalismo fiscale di alto profilo, autonomistico ma nel contempo solidale, che garantisce la perequazione delle diverse capacità fiscali dei territori e prevede fondi speciali per le aree in situazioni di particolare disagio socio-economico;
    il superamento del sistema di finanziamento delle funzioni e delle competenze comunali, basato sulla finanza derivata, sia statale che regionale, è il principale obiettivo del processo di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, che prevede l'attribuzione ad ogni istituzione, «senza vincolo di destinazione», di risorse sufficienti a «finanziare integralmente le funzioni assegnate»;
    i Governi che si sono avvicendati all'indomani del varo della legge n. 42 del 2009, nell'attuare la relativa delega legislativa si sono discostasti dal solco tracciato loro dal Parlamento, disattendendo in tal modo le aspettative di quanti, credendo nello spirito riformatore della legge, guardano oggi ad essa come ad un'occasione mancata;
    il federalismo rischia di rivelarsi una gigantesca soluzione pasticciata, buona per tutti i gusti, dove tutti si riconoscono per quota a seconda di ciò che sono riusciti ad ottenere; un modello confuso di federalismo in parte «competitivo» (sul terreno del rapporto tra pressione fiscale e qualità dei servizi offerti), in parte «solidale e cooperativo» per far fronte ai divari persistenti in termini di reddito, servizi e infrastrutture e per garantire a tutti i territori uguali punti di partenza;
    dalla lettura dei decreti attuativi fino ad oggi varati dal Governo, emerge che il passaggio dalla finanza derivata alla finanza decentrata non sembra venire contestualmente supportato da una precisa ed attenta definizione delle cosiddette funzioni essenziali finanziabili. La stessa legge delega sul federalismo fiscale, infatti, sconta tale anomalia mal definendo i contorni del finanziamento delle funzioni degli enti locali, contorni, peraltro, non ben delineati neanche dal decreto di attuazione sul finanziamento delle funzioni di comuni, province e città metropolitane;
    fino ad oggi non si è voluto affrontare, come auspicato, né il tema delle diseguaglianze sociali né di quelle territoriali, queste ultime superabili solo grazie all'avvio di una reale perequazione infrastrutturale, versante, quest'ultimo, sul quale occorre agire se si vuole evitare che il federalismo diventi un'asticella che obbliga gli enti territoriali meno virtuosi a mettere tasse per raggiungere la soglia minima degli standard e dei servizi;
    è, inoltre, indispensabile rivedere il sistema fiscale definendo quale rapporto debba sussistere tra funzioni attribuite e risorse economiche necessarie al loro esercizio e prevedendo forme di autonomia impositiva per i diversi livelli che non ricadano, come oggi, soprattutto, sui redditi dei contribuenti;
    pur in presenza di un corpus normativo che ha sostanzialmente affrontato pressoché tutti gli aspetti indicati nella legge delega sul federalismo fiscale, essendo stati emanati circa nove decreti, il percorso attuativo del federalismo fiscale non può ritenersi completato, in quanto l'implementazione della nuova disciplina risulta particolarmente complessa come nel caso della mancata individuazione dei fabbisogni standard che, unita all'ancora non intervenuta definizione con legge dei livelli essenziali delle prestazioni, nei settori diversi dalla sanità, ove peraltro la vigente disciplina è risalente al 2001, rende fortemente incompiuto il nuovo assetto federalista;
    un altro rilevante tema concerne, infine, la mancata attuazione del meccanismo di coordinamento finanziario dinamico della finanza pubblica posto dal «patto di convergenza», di cui all'articolo 18 della legge n. 42 del 2009, che prefigura un complesso disegno concertativo multilivello tra Stato ed autonomie territoriali;
    la concreta realizzazione della finanza decentrata ha presentato in alcuni casi problemi tecnici di oggettiva complessità, che in molti casi hanno reso necessario, come nel caso dei fabbisogni standard, del funzionamento dei fondi perequativi per gli enti locali o dell'armonizzazione dei sistemi contabili la previsione di lunghi periodi transitori e di fasi di sperimentazione prima dell'entrata a regime;
    nella riformulazione dei parametri di virtuosità ai fini del patto di stabilità, la legge di stabilità per il 2013 prevede che, a partire dal 2014, si dovrà dare prioritaria considerazione alla convergenza tra spesa storica e fabbisogni standard;
    ad oltre dieci anni oramai dall'approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione, è necessaria una riflessione sull'assetto della Repubblica che coniughi unità e decentramento istituzionale, in cui i differenti livelli di governo operino in sinergia e non in contrapposizione, nella definizione di un punto di equilibrio che può e deve essere raggiunto anche attraverso un'adeguata individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale;
    l'attuazione del Titolo V della Costituzione, tuttavia, potrà svilupparsi compiutamente se, contestualmente al processo di attuazione del federalismo fiscale avviato dalla legge n. 42 del 2009, si procederà, con altrettanta coerenza e ampio confronto, all'attuazione degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, garantendo la necessaria armonia tra i due provvedimenti e tra questi e quelli ad essi collegati, riguardanti, in particolare, la legge di contabilità e finanza pubblica e l'attuazione della legge di ottimizzazione del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni;
    c’è necessità, innanzitutto, di garantire una forte governance complessiva al processo di attuazione del federalismo che coinvolga in modo paritario e leale le regioni e gli enti locali; di contro, senza una chiara sede di regia unitaria è forte il rischio di incagliare definitivamente la riforma del Titolo V della Costituzione;
    la questione cruciale è che il tema dell'autonomia non può essere declassato a semplice problema di risorse: l'attuazione del titolo V della Costituzione, avviato dalla recente legge sul federalismo fiscale, esige che si proceda tramite un ampio dibattito parlamentare e un confronto con gli enti locali che si coniughi con il dettato costituzionale di cui all'articolo 5 che recita: «La Repubblica, una e indivisibile, che riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento»,

impegna il Governo:

   nell'ambito di una razionalizzazione e riorganizzazione dell'assetto istituzionale del territorio e della distribuzione delle funzioni tra i diversi livelli di governo attraverso la compiuta riforma del Titolo V della Costituzione, ad ultimare il processo di riforma federalista, valorizzando le autonomie locali come istituzioni pubbliche in grado di garantire i diritti fondamentali dei cittadini, capaci di porsi come motore di sviluppo delle economie locali, salvaguardando e rilanciando il loro valore di prossimità territoriale rispetto alle domande espresse dalle comunità locali, anche in chiave di sussidiarietà;
   a respingere qualsiasi tentazione di arretramento rispetto al decentramento responsabile e partecipato delle scelte politiche da parte dei territori, garantendo loro non solo l'individuazione funzionale delle modalità di erogazione dei servizi, ma anche il controllo sociale sul modo di organizzarne e gestirne la spesa;
   a promuovere una revisione del sistema fiscale definendo, per gli enti locali, quale rapporto debba sussistere tra funzioni attribuite e risorse economiche necessarie al loro esercizio, prevedendo forme di autonomia impositiva per i diversi livelli, le cui storture non ricadano, come avviene oggi, sui redditi dei contribuenti;
   a ricondurre l'imposizione fiscale sugli immobili alla natura di tassazione municipale avente come finalità il finanziamento dei servizi comunali strettamente connessi al territorio su cui insistono i beni immobili che costituiscono la sua base imponibile;
   ad assumere le opportune iniziative anche normative, al fine di chiarire che l'intero ammontare del gettito in astratto riconducibile agli immobili di proprietà dei comuni e siti nei loro territori non concorre alla compensazione delle risorse comunali attraverso il fondo di riequilibrio di cui all'articolo 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011;
   nell'ambito della definizione dei livelli minimi e la conseguente definizione dei costi standard, a perseguire l'obiettivo complessivo di non penalizzare più attraverso il ricorso ai tagli lineari le esperienze degli enti virtuosi, ma a fare di queste esperienze punti di riferimento da diffondere anche nelle realtà meno concorrenziali sul versante dei costi e della qualità dei servizi.
(1-00237) «Paglia, Lavagno, Ragosta, Pilozzi, Kronbichler, Marcon, Melilla, Boccadutri, Di Salvo, Piazzoni».

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

L 2009 0042

EUROVOC :

politica fiscale

federalismo

decentramento

controllo finanziario

sistema di contabilita'

sistema di finanziamento

trasparenza amministrativa