ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00164

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 65 del 05/08/2013
Abbinamenti
Atto 1/00220 abbinato in data 28/10/2013
Atto 1/00221 abbinato in data 28/10/2013
Atto 1/00223 abbinato in data 28/10/2013
Atto 1/00225 abbinato in data 29/10/2013
Firmatari
Primo firmatario: AIRAUDO GIORGIO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 05/08/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
LACQUANITI LUIGI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
MIGLIORE GENNARO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
DI SALVO TITTI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
MATARRELLI TONI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
PLACIDO ANTONIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
AIELLO FERDINANDO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
BOCCADUTRI SERGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
COSTANTINO CELESTE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
DURANTI DONATELLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
FARINA DANIELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
FAVA CLAUDIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
KRONBICHLER FLORIAN SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
LAVAGNO FABIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
NARDI MARTINA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
NICCHI MARISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
PIAZZONI ILEANA CATHIA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
PILOZZI NAZZARENO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
PIRAS MICHELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
RAGOSTA MICHELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
RICCIATTI LARA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
SANNICANDRO ARCANGELO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
SCOTTO ARTURO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
ZAN ALESSANDRO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013
ZARATTI FILIBERTO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/08/2013


Stato iter:
29/10/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 28/10/2013
Resoconto AIRAUDO GIORGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
INTERVENTO GOVERNO 29/10/2013
Resoconto DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
DICHIARAZIONE VOTO 29/10/2013
Resoconto BUSIN FILIPPO LEGA NORD E AUTONOMIE
Resoconto AIRAUDO GIORGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto NICCHI MARISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto PIRAS MICHELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto BURTONE GIOVANNI MARIO SALVINO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto ZAN ALESSANDRO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto LACQUANITI LUIGI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto CIMMINO LUCIANO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto SENALDI ANGELO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BIANCHI DORINA IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto PRODANI ARIS MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BENAMATI GIANLUCA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto SCOTTO ARTURO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto FARINA DANIELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto RICCIATTI LARA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto LAVAGNO FABIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto DURANTI DONATELLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
PARERE GOVERNO 29/10/2013
Resoconto DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 28/10/2013

DISCUSSIONE IL 28/10/2013

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 28/10/2013

ATTO MODIFICATO IL 29/10/2013

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 29/10/2013

DISCUSSIONE IL 29/10/2013

NON ACCOLTO IL 29/10/2013

PARERE GOVERNO IL 29/10/2013

RESPINTO IL 29/10/2013

CONCLUSO IL 29/10/2013

Atto Camera

Mozione 1-00164
presentato da
AIRAUDO Giorgio
testo di
Martedì 29 ottobre 2013, seduta n. 107

   La Camera,
   premesso che:
    l'industria manifatturiera rappresenta il comparto economico più esposto alla concorrenza internazionale già da lungo tempo. Ciò trova causa nelle caratteristiche tecniche delle varie industrie, nelle quali non vi sono situazioni di monopolio naturale, e, comunque, nei processi di liberalizzazione del commercio dei beni avvenuti, in sede comunitaria, fin dal 1957 e sostanzialmente progrediti negli anni Settanta e Ottanta e, in sede internazionale, con l'Accordo generale sulle tariffe ed il commercio (Gatt) del 1947 e l'istituzione dell'Organizzazione mondiale del commercio del 1994;
    la progressiva riduzione dei dazi e delle altre restrizioni tecniche agli scambi ha determinato il contesto istituzionale adatto perché si potesse realizzare il libero gioco dei mercati internazionali nel selezionare i produttori più efficienti in grado di offrire i prodotti migliori e più economici;
    la ragione di un simile contesto istituzionale poggia sul processo di specializzazione e divisione internazionale del lavoro e lo favorisce contribuendo ad adeguarlo nel tempo. Di qui i vantaggi comparati nel commercio internazionale per ciascuno dei Paesi che partecipano a tali organizzazioni e la storia economica contemporanea ha dimostrato la verità di queste affermazioni: il benessere misurato in termini di crescita del prodotto interno lordo dei Paesi che aderiscono alle organizzazioni di libero scambio nel mondo e, in particolare, all'Unione europea, è andato sempre crescendo, almeno fino ad oggi;
    l'attuale crisi non dovrebbe rimettere in discussione i risultati raggiunti negli ultimi cinquantanni;
    il processo di divisione internazionale del lavoro, alimentato dall'operare della concorrenza nel quadro del commercio internazionale, ha consentito nel nostro Paese la selezione di comparti industriali vitali e duraturi nei quali si sono affermate, come protagoniste principali, le piccole e medie imprese che hanno trovato nei distretti industriali un luogo di sviluppo particolarmente favorevole;
    accanto a queste sussistono, e non vanno trascurate, realtà imprenditoriali anche di grandi dimensioni operanti come player di rilievo mondiale nei settori meccanici, aeronautici, dei sistemi spaziali e satellitari, delle apparecchiature militari, dell'ottica, dell'alimentare, delle costruzioni e della moda;
    in ogni caso, il modello delle piccole e medie imprese che esportano ha rappresentato, e rappresenta tuttora, un pilastro, stabile nel tempo, dell'organizzazione industriale del Paese, sia in termini di numero di addetti che in termini di contributo al prodotto interno lordo e di capacità di creazione di valore aggiunto;
    l'affermazione, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, di questo modello industriale fondato sulle esportazioni fu dovuta non solo all'esistenza di radicate tradizioni di eccellenza in alcuni settori (tessile, ceramica, arredamento, scarpe e pellami, moda e meccanica di precisione), ma anche a precise scelte di politica economica orientate a fornire quantomeno un quadro infrastrutturale idoneo a consentire lo sviluppo di simili attività;
    successivamente, si sono però cominciati a manifestare i segni di una sofferenza specifica di tali settori da ricondurre, in una prima fase, non tanto alla pressione concorrenziale esterna, ma essenzialmente a inefficienze del sistema economico interno;
    si pensi ai costi dell'energia che queste imprese hanno dovuto sopportare, nel corso del tempo, comparativamente maggiori di quelli pagati dai loro concorrenti specie comunitari; si pensi ai costi indotti dal sistema burocratico sempre più farraginoso, ai costi imposti dal sistema fiscale, non solo in termini di carico complessivo in senso stretto, ma anche di gestione dei rapporti amministrativi con il fisco; si pensi, ancora, al progressivo deterioramento della dotazione infrastrutturale del Paese (vie e mezzi di trasporto, logistica in generale); si consideri l'assenza di reti di collegamento tra la formazione professionale, la ricerca e le imprese, tanto più necessarie proprio perché le imprese del settore possono non raggiungere quella massa critica per esperire da sole attività di questo tipo; infine, si consideri l'insieme delle politiche industriali degli anni Settanta e Ottanta sostanzialmente a sostegno delle grandi imprese;
    l'insieme di questi fattori ha causato evidenti svantaggi competitivi alle imprese italiane del settore. Inoltre, questi impedimenti hanno assunto ormai carattere strutturale e, nella crisi, aumentano il proprio peso e ad essi si è aggiunto il problema dell'accesso al credito;
    per un certo periodo, gli svantaggi competitivi sono stati in parte compensati dalle periodiche svalutazioni della lira;
    da quando, però, non è stato più possibile ricorrere a questo strumento, a causa del progredire dell'integrazione monetaria europea, l'industria manifatturiera italiana non è stata in grado di mantenere il passo e si è assistito ad una lenta ma inesorabile diminuzione della quota delle esportazioni nazionali sui volumi delle esportazioni mondiali;
    a questo esito ha contribuito, da ultimo, l'affermazione sulla scena del commercio internazionale di nuovi agguerriti protagonisti come, ad esempio, l'India e la Cina (quest'ultima entrata formalmente nell'Organizzazione mondiale del commercio solo nel 2001). Questi Paesi beneficiano di due ordini di vantaggi: hanno la possibilità di applicare alle merci importate tariffe doganali comparativamente più alte di quelle che possono essere imposte sulle merci che essi esportano. Possono contare su costi di produzione inferiori essenzialmente a causa del minor costo del lavoro e, in genere, dei processi produttivi, che spesso non soggiacciono al rispetto dei medesimi standard di tutela ambientale e della salute che, invece, sono imposti alle imprese comunitarie;
    tra gennaio ed aprile 2013, sono 4.218 le aziende in Italia che hanno chiuso a causa della crisi. Ben 58 di queste aziende hanno dichiarato fallimento proprio nella data dell'8 aprile 2013. Si tratta del 13 per cento in più di aziende chiuse nello stesso periodo del 2012, dopo che l'anno appena passato ha segnato il triste record di fallimento di 34 aziende al giorno, cioè 1000 al mese, per un totale di 12.442 imprese che si sono arrese alla crisi;
    nel 2013 si è, quindi, passati da 34 aziende chiuse al giorno alla media di 43 imprese al giorno che dichiarano fallimento;
    le 4.218 aziende fallite di gennaio-aprile 2013 vanno ad aggiungersi ai 45.280 fallimenti registrati fra il 2009 e il 2012;
    tali cifre dipingono un quadro ancora più fosco se si pensa che nel 2007 è intervenuta una riforma della legge fallimentare che ha escluso dall'ambito di applicazione le imprese più piccole, ma il risultato, nonostante il crollo iniziale dei numeri, è stato quello di tornare ai livelli precedenti al 2007;
    l'industria soffre, dunque, in qualunque settore di ogni regione italiana;
    la Lombardia, il Veneto, il Lazio e la Campania nel 2012 sono le regioni con il numero più alto di società fallite tra il 2009 ed il 2012, secondo i dati Cerved, ma le regioni più sofferenti, se si tiene conto del rapporto tra le società fallite e quelle con bilanci in attivo, sono il Friuli Venezia Giulia e le Marche. E il trend di fallimenti sembra peggiorare nel 2013;
    la classifica stilata da Il Sole 24 Ore del numero di fallimenti regione per regione dal 2009 al 2012 (Dati Cerved group) indica: 2.817 imprese fallite in Lombardia (in aumento nel 2012), 1342 imprese nel Lazio (in aumento nel 2012), 1076 imprese in Veneto (in calo nel 2012), 1014 imprese in Campania (in calo nel 2012), 952 imprese in Piemonte (in aumento nel 2012), 866 imprese in Toscana (in calo nel 2012), 856 imprese in Emilia Romagna (in calo nel 2012), 648 imprese in Sicilia (in aumento nel 2012), 573 imprese in Puglia (in calo nel 2012), 434 imprese nelle Marche (in aumento nel 2012), 307 imprese in Abruzzo (in aumento nel 2012), 289 imprese in Calabria (in aumento nel 2012), 266 imprese in Liguria (in aumento nel 2012), 265 imprese in Friuli Venezia Giulia (in aumento nel 2012), 260 imprese in Sardegna (in aumento nel 2012), 222 imprese in Umbria (in aumento nel 2012), 144 imprese in Trentino Alto Adige (in aumento nel 2012), 52 imprese in Basilicata (in calo nel 2012), 44 imprese in Molise (in calo nel 2012) e 15 imprese in Valle d'Aosta (in aumento nel 2012);
    secondo la classifica stilata da dati Cerved group, le 10 province con il più alto numero di fallimenti sono: Milano (4.378), Roma (3.622), Napoli (2.081), Torino (1.932), Brescia (1.200), Bergamo (1.039), Bari (1.036), Treviso (995), Firenze (941) e Padova (829). Mentre le province con la più alta incidenza di fallimenti risultano essere: Pordenone (5,9 per cento), Teramo (5,3 per cento), Ancona (4,9 per cento), Vibo Valentia (4,8 per cento), Verbano (4,5 per cento), Mantova (4,5 per cento), Rovigo (4,4 per cento), Catanzaro (4,3 per cento), Crotone (4,2 per cento), Udine (4,2 per cento);
    numerosissime, inoltre, le aziende in crisi operanti nel settore manifatturiero in Italia. Nel Nord-Italia, in Lombardia ad esempio: la Schneider di Guardamiglio, la Giannoni di Santangelo Lodigiano, la MAC, la Bessel, la E.R.C. la Bettini, la Bonaiti, l'azienda Eicasting, la RSI, la VMC, la Riva Acciaio, l'Algat, l'Alko Kober, la Beco, la Camusso Tubi, la Castelli Pietro, la Defremm, la Helman, la Lucchini, la M.D.S., la Faip, la Koch, la Manni Sipre, la Carlo Colombo, la Faital, la S.I.B., la CAME, la Doppio Vetro, la ATP, la Coven, la Autorotor, la Stiliac, la Veryflon, l'azienda Anghinetti, la VA.RE.L, la LTE Solution, l'ORT Italia (settore metalmeccanico), la Brandt Italia (settore elettrodomestico), l'Alnor (profilati in alluminio), Rubinetterie Flero-Teorema (rubinetterie), Consorzio Agrario, ex Polenghi ora Newalat, Spumador, Cantine Soldo, Azienda Agricola Lombarda, Caseificio Meneghini (settore agroalimentare), Coop. Serramenti Dolcini di Codogno (serramenti), Zucchi, Dresser Cubo gas, Dresser misuratori, valt logistic, techinick, alexia, Altex, Calzificio il Gabbiano, Tintoria Europea, Tintoria Sonia (settore tessile), Scarne Mastaf, CF Gomma, Fapes, Bienne, Dinoplast, Taba, Luben Plast, Fb Tecnopolymeri (settore della gomma-Plastica), Invatec, Dott, Tamoil, Coim, Solchim, Abibes (chimica), Sedileexport (legno), Monier, Fornaci Laterizi Danesi (laterizi) Nicma, Compass (indotto Iveco), Cabloelettrica, subfornitore della Fiat (elettrica), Brasilia (macchine da caffè), Sea, Riello, Herte, Siderval, ring mill, fic, valtecne (imprese varie). Nel Centro-Italia, e segnatamente in Abruzzo: la Pilkington (settore vetro), Ex Air One Manutenzione di Pescara, ex Micron (Microprocessori) di Avezzano, il Polo elettronico dell'Aquila (nel settore informatico), la Golden lady e la Sixty (nel settore tessile), la Solvay (nel settore chimico), la Real Aromi (produzione di liquori), la Honda (moto), la Cartiera di Chieti (produzione di carta). E, infine, in Campania, come la FOS-Fibre ottiche, la Treofan, l'Alcatel, l'azienda Amato, per non parlare del comparto ceramica, del comparto dell'agroindustriale (Conservieri-Pastifici-Scatolifici e trasformazione prodotti agricoli), del comparto metalmeccanico (Brollo-Landys e Gir-Ideal Standard Fatmel) e, infine, del settore tessile (MCM);
    venendo poi alla regione Puglia, si segnala come in quattro anni, dal 2009 al 2013, si siano perse, solo in questa regione, ben 2.360 attività manifatturiere, pari all'11,7 per cento in meno. Ne esistevano 20.146 e, oggi, sono solo 17.786, rappresentando il 23,6 per cento circa della totalità delle imprese artigiane (circa 75.376). È questo quanto emerge dalla prima indagine congiunturale sull'artigianato manifatturiero, condotta dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia, secondo cui il settore vacilla sotto i colpi della crisi, le aziende chiudono, la produzione è quasi ferma, la domanda interna è scarsa, le esportazioni frenano e l'erogazione del credito è sempre più rarefatta. In particolare, le ditte e le società che si occupano di confezioni di articoli di abbigliamento sono crollate del 27,9 per cento. Prima erano 2.668, oggi sono solo 1.923, con un saldo negativo di 745 unità. Le fabbriche di mobili sono diminuite del 24 per cento (da 915 a 695). Il saldo è negativo di 220 unità. In questo comparto sono comprese numerose attività che rappresentano quasi tutte le tipologie di mobili (soggiorno, letto, cucina, ufficio, materassi ed altri), con una prevalenza per le poltrone e i divani. L'industria del legno e dei prodotti in legno e sughero conta 401 attività in meno, pari al 17,3 per cento in meno (da 2.313 a 1.912). Il settore comprende imprese che svolgono attività molto diverse tra loro: si tratta, in prevalenza, di produzioni di infissi o altri manufatti di falegnameria destinati all'edilizia a cui si affiancano altre lavorazioni che vanno dal taglio e la piallatura del legno, alla produzione di semilavorati sino alla fabbricazione di imballaggi. Segue l'industria tessile che ha perso 110 imprese, con un tasso negativo del 16,9 per cento (da 652 a 542). Le fabbriche di «altri prodotti della lavorazione di minerali» sono diminuite del 9,7 per cento: da 1.276 a 1.152. Ce ne sono 124 in meno. Si contano 329 fabbriche di prodotti in metallo (esclusi i macchinari) in meno rispetto a quattro anni fa (da 3.504 a 3.175). In termini percentuali, il 9,4 in meno. Ciò racchiude, prevalentemente, le unità che operano nella produzione di elementi da costruzione affiancate da lavorazioni di trattamento e rivestimento del metallo; poco significativa la metallurgia. Nello stesso quadriennio (2009-2013), la stampa e riproduzione di supporti registrati scende di 65 unità, pari al 7,6 per cento (da 857 a 792). Le altre industrie manifatturiere si sono contratte, in media, del 6,7 per cento (da 2.003 a 1.869). Questo settore è residuale rispetto ai precedenti e, di conseguenza, è molto variegato: le produzioni più significative sono quelle della lavorazione di minerali non metalliferi (vetro, ceramica, pietre) e della cartotecnica (stampa e lavorazione della carta e del cartone). Da segnalare anche le produzioni di attrezzature mediche e dentistiche, le lavorazioni di gioielleria e oreficeria, l'installazione, manutenzione e riparazione di macchinari industriali. Nel complesso, in collusione, gli indicatori congiunturali più rappresentativi dell'artigianato (produzione, ordinativi e fatturato) evidenziano segni negativi, con un netto peggioramento negli ultimi trimestri. Le difficoltà di mercato hanno indotto numerose imprese ad avviare processi di trasformazione orientati verso produzioni a valore aggiunto maggiore. Negli altri casi, invece, si assiste ad una riduzione dell'attività produttiva in termini di volume della produzione e addetti impiegati. La provincia di Bari, se confrontata con le altre, ha sofferto in modo più intenso gli effetti della recessione. Le imprese manifatturiere del capoluogo regionale, infatti, sono diminuite del 13,9 per cento (da 9.209 a 7.926). Segue Lecce che ha perso 569 attività (-11,2 per cento), Foggia 252 unità (-9,8 per cento), Brindisi 157 aziende (-9,6 per cento) e Taranto 99 società (-6 per cento);
    accanto al preoccupante fenomeno dei fallimenti e delle crisi aziendali che stanno fiaccando il sistema delle imprese italiane, un nuovo fenomeno, per certi aspetti più allarmante, sta emergendo con evidenza: ovverosia il numero in costante crescita delle aziende che scelgono la via della liquidazione volontaria. Un fenomeno entrato con prepotenza dall'autunno 2012 nelle analisi del Cerved, il leader nel settore business Information, che ha rilevato come nel 2012 le chiusure di aziende con i conti in ordine siano state 45mila con un incremento del 16 per cento sul 2011. Quel che allarma è la progressione costante degli imprenditori che, di fatto, rinunciano ad andare avanti con la loro attività e gettano la spugna;
    in sostanza, ci si trova in presenza di aziende che hanno bilanci in ordine, come per esempio la Cagiva recentemente acquistata dagli austriaci, che non hanno ferite aperte sul fronte dell'eccessivo indebitamento e che, ciononostante, chiudono per svariati motivi legati alle difficoltà connesse al passaggio generazionale, alla volontà di aprire all'estero, ma anche e soprattutto a ragioni che derivano dalla sfiducia generalizzata degli imprenditori per le prospettive future;
    la debolezza del sistema industriale italiano dipende da molteplici fattori quali; gli eccessivi costi dell'energia; un sistema fiscale farraginoso e tendenzialmente spostato sulle imprese e sulle famiglie; un'insufficiente dotazione infrastrutturale con particolare riguardo ai settori del trasporto, della logistica e della banda larga; una burocrazia lenta e ridondante; uno scarso collegamento tra formazione, ricerca e imprese; un costo elevato dei servizi bancari, delle assicurazioni, delle professioni e dei servizi in genere; un mercato del lavoro ancora troppo caratterizzato da un'occupazione scarsamente posizionata nei settori tecnologici e della green economy, nonché infine il permanere di forti squilibri territoriali;
    ciò che impedisce realmente una sensibile ripresa del nostro Paese è per altro dovuta alla limitata incidenza dell'intervento pubblico;
    con riferimento al settore energetico: l'Italia deve stare al passo con gli ambiziosi obiettivi europei individuati nel pacchetto clima-energia e, dato che il Paese soffre di un gap consistente dovuto all'elevato costo dell'energia rispetto ad altri competitori europei, in tale contesto le micro e piccole imprese hanno un ulteriore svantaggio nei confronti delle imprese di più grandi dimensioni. Inoltre, il costo dell'energia è stato segnalato come elemento strutturale di debolezza anche del mercato dei filati e delle calze, laddove in Italia si paga circa il 20-30 per cento in più degli altri concorrenti e rispetto alla Francia quasi il doppio;
    per il rilancio del settore manifatturiero, particolarmente sentito è indubbiamente il tema del credito. Le banche sono, infatti, determinanti per rendere la crisi meno profonda e duratura, ma non si considera ancora raggiunto l'obiettivo di conciliare il necessario equilibrio economico e patrimoniale con il sostegno finanziario alle imprese. I punti più critici sono innanzitutto la quantità di credito, che attualmente viene allocata sull'economia reale, soprattutto sulle medie e piccole imprese e anche sulle famiglie, e il costo di tale credito;
    sul versante della fiscalità è stata da più parti sottolineata l'esigenza di misure eccezionali sul piano della riduzione del carico fiscale e contributivo, volte a garantire la sopravvivenza delle piccole e medie imprese;
    con riferimento alle problematiche relative all'effettiva implementazione dei distretti industriali nel nostro Paese, appare quanto mai necessario approvare provvedimenti volti ad agevolare le filiere produttive, in particolare per alcuni comparti, quali, ad esempio, il tessile-abbigliamento-calzaturiero, che risentono di situazioni di crisi «settoriali» precedenti a quella internazionale iniziata nella seconda metà del 2008;
    per quanto riguarda l'occupazione, il tema centrale è il sostegno al reddito in caso di perdita del lavoro e, più in generale, l'adozione di un progetto nazionale innovativo per il medio termine, nell'ambito del quale si possano individuare alcune priorità che puntino innanzitutto all'obiettivo primario della stabilità sociale e della valorizzazione della persona nel quadro di un intervento reale per il rilancio del Paese nel contesto europeo e internazionale, di cui la nota vicenda Ilva rappresenta un banco di prova di altissimo profilo, dalla cui risoluzione dipenderà il futuro non solo dell'Italia, ma probabilmente dell'intera costruzione europea di cui l'Italia è parte integrante, con l'annunciato piano europeo per l'acciaio ed il rilancio del settore manifatturiero;
    l'Italia è, inoltre, un Paese debole sotto il profilo dell'innovazione tecnologica, come emerge da alcune statistiche dell'Unione europea, soprattutto nei settori ad alta e medio-alta tecnologia. Un'ulteriore caratteristica distintiva del mondo italiano dell'innovazione è stata individuata nella debolezza della finanza specializzata per l'innovazione, una carenza di venture capital, per la quale si auspica un ruolo di maggior rilievo;
    dovrebbe essere, inoltre, sottolineata l'importanza strategica della ricerca e della formazione, per puntare sulla qualità dei prodotti e non sul semplice abbattimento dei costi di produzione; si propone, pertanto, la valorizzazione della ricerca universitaria, con particolare riferimento al trasferimento tecnologico e ai rapporti pubblico/privato;
    per quanto attiene alle problematiche relative alla semplificazione normativa, deve essere sottolineata la necessità di procedere sulla via della semplificazione normativa e amministrativa, attraverso uno snellimento burocratico effettivo ed efficace, prevedendo una fase finale in cui sia chiara la responsabilità della decisione, anche contro le indicazioni provenienti da altri enti;
    è emerso peraltro, e specie in questo ultimo decennio, il ruolo chiave della chimica per lo sviluppo economico e per il benessere, poiché dalla chimica sono rese disponibili in continuazione sostanze, prodotti, materiali innovativi e nuove soluzioni tecnologiche per tutti i settori economici. L'Italia, come previsto dall'Unione europea, deve promuovere un'industria chimica orientata alla sostenibilità. Per conseguire questo obiettivo, è necessario sostenere sia l'innovazione e la ricerca, che la qualità normativa e una corretta implementazione e applicazione della medesima. La chimica di base vive forti difficoltà, non solo a livello italiano, ma anche europeo. In Italia è stata incrementata la chimica fine, la chimica delle specialità, la chimica di formulazione, fondamentali perché più vicine al mercato. È, tuttavia, necessario intervenire per eliminare alcuni condizionamenti che pesano sulla chimica italiana per restituire competitività alle imprese attraverso: una politica industriale finalizzata a introdurre normative meno penalizzanti e in linea con quelle europee, la riduzione del costo dell'energia, le infrastrutture e il sostegno alla ricerca e, infine, l'avvio veloce di progetti di ricerca, con l'eliminazione delle barriere normativo-burocratiche che bloccano i programmi delle imprese;
    il settore delle macchine soffre di debolezze strutturali che rendono difficile la sperimentazione di idee coraggiose. E, dunque, indispensabile operare per rafforzare il sistema fieristico e di promozione all'estero, attraverso il coordinamento delle diverse iniziative, dando vita a un sistema di cooperazione comunitario, che aggreghi imprese costruttrici di beni strumentali, ma anche utilizzatori, centri di ricerca e università, finalizzato alla condivisione della conoscenza già esistente e allo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche;
    per quanto, infine, riguarda l'industria farmaceutica, si ritiene, in primo luogo, necessario incrementare gli investimenti delle imprese internazionali nel nostro Paese, un settore che non delocalizza ma, al contrario, può creare sviluppo,

impegna il Governo:

   ad adottare un programma nazionale che punti al rilancio del settore manifatturiero attraverso l'adozione di molteplici iniziative volte a:
   a) realizzare una politica energetica più concorrenziale, in linea con le direttive dell'Unione europea, fondata sull'efficienza e sul risparmio energetico, sulla diversificazione delle fonti, sulla riduzione dei combustibili fossili, sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, sul potenziamento delle infrastrutture;
   b) riallocare le energie lavorative sui livelli più alti della filiera produttiva e sui livelli più raffinati dal punto di vista tecnologico;
   c) ottenere un effettivo snellimento burocratico, in un contesto caratterizzato da un eccesso di leggi, scarsità o duplicazione dei controlli, sovrapposizione di competenze;
   d) ridurre il carico fiscale e contributivo per liberare risorse da destinare alla produzione e al lavoro;
   e) sostenere concretamente la domanda interna procedendo velocemente alle liberalizzazioni dei settori protetti;
   f) allentare il patto di stabilità interno per rilanciare, in particolare, il settore dell'edilizia, garantendo, al contempo, un migliore utilizzo dei fondi strutturali europei;
   g) modernizzare il sistema produttivo con lo sviluppo delle tecnologie ambientali e dei servizi sociali, settori che possono offrire interessanti sbocchi occupazionali;
   h) adottare con urgenza specifiche misure di rilancio della politica industriale, affinché Finmeccanica modifichi la propria strategia industriale attraverso investimenti ed anche con trasferimento di tecnologie dal militare al civile, fermando qualsiasi ipotesi di cessione degli asset civili, a partire da AnsaldoBreda, Ansaldo STS, Ansaldo Energia e BredaMenariniBus, così da garantire che le scelte della società vadano nella direzione dello sviluppo e del rilancio produttivo dei settori e degli stabilimenti che rappresentano un'importantissima risorsa strategica per il Paese;
   i) adottare con urgenza specifiche misure volte a riqualificare il trasporto pubblico, utilizzando BredaMenariniBus e Irisbus, evitandone la chiusura, come polo di sviluppo della mobilità pubblica, nonché a porre in essere ogni atto di competenza volto a far sì che la Fiat condivida e persegua pienamente e chiaramente con l'Esecutivo ed il Paese impegni concreti in Italia in termini di investimenti, prodotti, allocazioni di risorse e tutela dell'occupazione, al fine di non rischiare di perdere, come nel caso di Finmeccanica, importanti segmenti di produzione industriale in Italia;
   ad adottare specifiche iniziative normative volte a:
    a) rivedere la disciplina che prevede l'annullamento dell'imposizione fiscale per le attività che superano la soglia dei duecentomila kilowattora al mese, a discapito delle attività che operano al di sotto di tale soglia;
    b) sostenere la competitività delle imprese nazionali con una politica mirante a una maggiore differenziazione delle fonti energetiche e a ridurre, in particolare, il differenziale di costo del gas naturale (metano), rispetto ai competitori europei, che penalizza pesantemente le imprese industriali energivore;
    c) favorire la concorrenzialità nel mercato del gas e nell'accesso alle reti, per garantire una maggiore pluralità e differenziazione sul lato dell'offerta, in modo da ridurre il costo del gas, principale materia prima di molte industrie manifatturiere, in particolare di quella delle ceramiche;
    d) rendere più moderne e trasparenti le relazioni tra banche e imprese, consentendo alle singole aziende di beneficiare di condizioni dipendenti dalla propria qualità creditizia, senza dover scontare inefficienze di altri;
    e) garantire la sopravvivenza delle piccole e medie imprese anche tramite: 1) la sospensione degli acconti fiscali; 2) il versamento dell'iva a fattura incassata, in particolare nei contratti di subfornitura; 3) l'abolizione dell'Irap o, in subordine, la diminuzione della percentuale di acconto dell'Irap, la deducibilità totale degli oneri finanziari ai fini Irap, la previsione della deducibilità totale o parziale dell'Irap dall'Ires e dall'Irpef; 4) l'aumento della deducibilità degli interessi passivi ai fini Ires; 5) la revisione del patto di stabilità interno al fine di liberare risorse per gli investimenti degli enti locali; 6) gli sgravi fiscali per gli investimenti sui beni strumentali compresi la ricerca e l'innovazione; 7) il ridimensionamento della portata degli studi di settore, riguardo agli accertamenti automatici nei quali debbono concorrere più elementi, rivedendo i metodi di calcolo ed i moltiplicatori per tener conto del peggioramento dell'andamento dell'economia;
    f) tutelare le risorse umane, adottando provvedimenti premianti non solo verso le aziende che assumono, ma anche verso le aziende che mantengono inalterati i livelli occupazionali;
    g) sostenere il made in Italy, anche attraverso l'adozione di apposite iniziative, anche normative, volte ad introdurre l'etichettatura dei prodotti made in Italy con obbligo di codice a barre e certificazione igienico-sanitaria e di sicurezza dei prodotti provenienti da Paesi non facenti parte dell'Unione europea, incentivando, al contempo, l'aggregazione tra imprese al fine di intervenire sull'assetto dimensionale del tessuto produttivo;
    h) intervenire sull'Unione europea per promuovere, su scala mondiale, l'adozione di standard di reciprocità a livello sociale e ambientale, per evitare fenomeni di dumping, e affinché gli Stati membri del WTO rimuovano le barriere non tariffarie che ostacolano l'accesso ai mercati;
    i) promuovere un tessile «etico» per rilanciare i distretti del tessile attraverso il sostegno alle imprese che producono tipi di tessuto senza emissione di gas ad effetto serra, l'innovazione e la formazione, con particolare riguardo alla realizzazione dei «tecnopoli»;
    l) destinare maggiori risorse agli ammortizzatori sociali, con particolare riferimento ad interventi di prolungamento della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, alla cassa integrazione in deroga, soprattutto per le imprese artigiane, e ai contratti di solidarietà;
    m) rendere più spedite le procedure di accesso da parte delle imprese agli strumenti di sostegno del reddito;
    n) sostenere la domanda interna di consumo attraverso un'ampia defiscalizzazione dei redditi di lavoro e del salario di produttività;
    o) adottare maggiori interventi a favore dei giovani alla prima occupazione e del reimpiego di chi ha perso il lavoro, soprattutto attraverso iniziative di formazione;
    p) ridimensionare nel settore dell'innovazione tecnologica gli incentivi individuali, modesti ma diffusi, spostando le risorse pubbliche sulla costruzione di grandi reti di collaborazione con radicamento locale;
    q) rafforzare la finanza specializzata per l'innovazione, anche attraverso l'azione delle fondazioni bancarie più radicate nei territori;
    r) promuovere costantemente la ricerca universitaria con maggiori potenzialità di ricadute sull'innovazione economica, per aumentare le attività di spin off e il numero di imprese coinvolte nei processi innovativi con le università;
    s) prevedere incentivi premiali per le università che investono maggiormente nei rapporti con l'economia locale;
    t) promuovere la ricerca di frontiera con finanziamenti adeguati, concessi con rigorosa valutazione di merito;
    u) favorire la competizione tra progetti di aggregazione costruiti volontariamente da imprese e mondo dell'università;
    v) collegare maggiormente le università meridionali con le imprese, evitando la distribuzione a pioggia dei fondi europei;
    z) prevedere incentivi fiscali per il trasferimento tecnologico a beneficio delle imprese che investono in azioni di trasferimento di conoscenza scientifica e tecnologica di origine pubblica;
    aa) prevedere finanziamenti o cofinanziamenti di nuovi centri realizzati anche in partnership pubblico-privato, dotati di strutture di trasferimento tecnologico e di trasferimento di conoscenza ed operanti per la massimizzazione dei risultati della ricerca;
    bb) fare chiarezza nel campo delle società spin-off, superando la legge finanziaria per il 2008 che, all'articolo 3, comma 27, ha vietato alle amministrazioni pubbliche di costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, e di mantenere o assumere partecipazioni direttamente o indirettamente, anche di minoranza, in tali società;
    cc) modificare il codice della proprietà industriale al fine di consentire una migliore gestione dell'invenzione nella ricerca pubblica, tutelando gli inventori e aumentando la capacità di trasferimento, in linea con quanto accade negli altri Paesi;
    dd) rendere efficienti i procedimenti amministrativi, evitando il meccanismo dello spoil system che crea una stretta dipendenza dell'alta dirigenza dal potere politico, puntando alla separazione tra responsabilità politica e responsabilità amministrativa;
    ee) disciplinare ed affrontare in modo organico e risolutivo il fenomeno della cosiddetta obsolescenza programmata dei prodotti commerciali, ovvero quel fenomeno in forza del quale un bene tecnologico – hardware o software – è deliberatamente progettato dal produttore per durare solo per un determinato periodo, al fine di imporre la sua sostituzione con un nuovo prodotto, più efficiente e funzionale, la cui carica innovativa viene pianificata in precedenza;
   ad attuare quanto previsto dal presente atto di indirizzo anche attingendo eventualmente alle seguenti fonti di finanziamento:
    a) la tassazione progressiva sui grandi patrimoni immobiliari oltre gli 800.000 euro;
    b) l'aumento delle aliquote del prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento;
    c) l'aumento dei canoni di concessioni radiotelevisive;
    d) l'incremento del 15 per cento dell'aliquota dei capitali scudati;
    e) l'aumento della ritenuta sui redditi delle rendite finanziarie fino al 23 per cento;
    f) il definanziamento dei costi del programma F35, nonché i costi del programma di acquisto dei sommergibili, considerato che con riferimento a questi ultimi, dal Documento programmatico pluriennale per la difesa per il triennio 2013-2015, è previsto un impegno di spesa pari a circa 190 milioni di euro per l'anno 2013, a circa 152 milioni di euro per l'anno 2014 e a circa 113 milioni di euro per l'anno 2015, e che l'onere complessivo del programma è di circa 1.885 milioni di euro;
    g) l'adozione di nuove disposizioni per l'emersione di materia imponibile e contributiva con riferimento agli immigrati privi di permesso di soggiorno;
    h) l'eventuale soppressione di alcune misure di agevolazione fiscale eccessive e, comunque, non idonee ad incidere negativamente dal punto di vista redistributivo sul prelievo dei soggetti interessati, avviando, sin da subito, una seria ricognizione e revisione delle spese fiscali attuali, anche alla luce del fatto che l'ammontare complessivo degli effetti dei 263 regimi agevolativi indicato nell'allegato A del bilancio di previsione del 2013 è pari a 156.231 milioni di euro per il 2013, a 156.168 milioni di euro per il 2014 e a 155.423 milioni di euro per il 2015.
(1-00164)
 (Nuova formulazione) «Airaudo, Lacquaniti, Ferrara, Giancarlo Giordano, Migliore, Di Salvo, Matarrelli, Placido, Aiello, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Fratoianni, Kronbichler, Lavagno, Marcon, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

impresa in difficolta'

politica fiscale

industria di trasformazione

liberalizzazione del mercato

liberalizzazione degli scambi

piccole e medie imprese

politica di sostegno