ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00108

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 626 del 26/04/2012
Abbinamenti
Atto 6/00106 abbinato in data 26/04/2012
Atto 6/00107 abbinato in data 26/04/2012
Atto 6/00109 abbinato in data 26/04/2012
Firmatari
Primo firmatario: DONADI MASSIMO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 26/04/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
DI PIETRO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
FAVIA DAVID ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
MURA SILVANA ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
ZAZZERA PIERFELICE ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
PIFFARI SERGIO MICHELE ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
MONAI CARLO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
CIMADORO GABRIELE ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
PALADINI GIOVANNI ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
FORMISANO ANIELLO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
PALAGIANO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
ROTA IVAN ITALIA DEI VALORI 26/04/2012
PORCINO GAETANO ITALIA DEI VALORI 26/04/2012


Stato iter:
26/04/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 26/04/2012
Resoconto CICCANTI AMEDEO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
 
INTERVENTO GOVERNO 26/04/2012
Resoconto POLILLO GIANFRANCO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 26/04/2012
Resoconto LA MALFA GIORGIO MISTO-LIBERAL DEMOCRATICI-MAIE
Resoconto NICCO ROBERTO ROLANDO MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto IANNACCONE ARTURO MISTO-NOI PER IL PARTITO DEL SUD LEGA SUD AUSONIA
Resoconto COMMERCIO ROBERTO MARIO SERGIO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD
Resoconto OSSORIO GIUSEPPE MISTO-REPUBBLICANI-AZIONISTI
Resoconto TABACCI BRUNO MISTO-ALLEANZA PER L'ITALIA
Resoconto BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI
Resoconto MORONI CHIARA FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Resoconto CICCANTI AMEDEO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
Resoconto SIMONETTI ROBERTO LEGA NORD PADANIA
Resoconto BARETTA PIER PAOLO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto CASERO LUIGI POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto ARGENTIN ILEANA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 26/04/2012

DISCUSSIONE IL 26/04/2012

DICHIARATO PRECLUSO IL 26/04/2012

CONCLUSO IL 26/04/2012

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00108
presentata da
MASSIMO DONADI
testo di
giovedì 26 aprile 2012, seduta n.626

La Camera,
rilevato che;
secondo il giudizio del Fondo monetario internazionale (FMI) racchiuso nei documenti del Word outlook e del Fiscal monitor illustrati a Washington, le misure di risanamento adottate dall'Italia non bastano a pareggiare il bilancio entro il 2013 perché deficit e debito pubblico crescono mentre ciò che manca è la crescita;
infatti, a causa dell'aumento del debito e nonostante le misure di austerità adottate, il pareggio di bilancio verrà rinviato al 2017. In particolare, il deficit sarà quest'anno del 2,4 per cento, ben oltre il previsto 1,6 per cento e il debito pubblico arriverà a toccare il 123,4 del PIL, rispetto al 120,1 del 2011, confermandosi il più alto dell'eurozona dopo quello della Grecia;
l'Italia è il fanalino di coda dell'eurozona che a sua volta resta il maggior freno alla crescita globale. Infatti, per il FMI il PIL globale nel 2012 crescerà del 3,5 per cento e quello degli Stati Uniti del 2,1 per cento mentre l'eurozona si indebolirà dello 0,3 per cento soprattutto a causa dell'arretramento dell'Italia dell'1,9 per cento e della Spagna dell'1,8 per cento;
ad avvalorare lo scenario di incertezza per l'Italia ci sono le previsioni di una ripresa assai precaria nel prossimo anno;
nel quarto trimestre del 2013 il PIL crescerà dello 0,7 per cento, difficile in tale prospettiva una riduzione della disoccupazione che nel 2012 sarà del 9,5 per cento arrivando al 9,7 nel 2013 raggiungendo così il dato peggiore nell'eurozona subito dopo la Spagna;
poiché la sovrapposizione fra recessione e indebitamento porta ad una spirale negativa sui conti pubblici, ciò che affiora dai documenti del FMI è la necessità da parte del Governo italiano di un decisivo taglio della spesa pubblica di dimensioni tali da scongiurare la ripetizione della crisi greca;
gli indicatori economici congiunturali riportati dal bollettino economico di Bankitalia appena pubblicato segnalano la prosecuzione della fase di debolezza della domanda interna; il PIL italiano ha frenato dello 0,7 per cento nell'ultimo trimestre del 2011 e probabilmente chiuderà il primo trimestre del 2012 con un risultato analogo;
secondo la Banca d'Italia ciò che pesa maggiormente in questa fase di incertezza è la disoccupazione, soprattutto tra i giovani: quasi 18 su 100 non hanno lavoro. La situazione delle famiglie non lascia sperare bene: il reddito a loro disposizione si è contratto di mezzo punto percentuale nel 2011, così che a fare i conti dal 2008 - anno di inizio della crisi - la loro capacità di spesa è crollata del 5 per cento. Di conseguenza si restringono i consumi con ripercussioni facili da immaginare per chi produce o commercia. Diminuisce di pari passo anche la propensione al risparmio. In tale quadro urge far ripartire il credito alle famiglie e alle imprese poiché l'economia reale ne ha un bisogno impellente per poter sostenere una crescita praticamente azzerata;
in controtendenza rispetto ai dati forniti dal FMI, il Governo Monti, con il suo primo Documento di economia e finanza (DEF), si dimostra più ottimista sostenendo che la contrazione dell'economia italiana sarà dell'1,2 per cento quest'anno (contro l'1,9 per cento valutato dal FMI) in peggioramento di 0,8 punti rispetto alle ultime stime di dicembre. Inoltre le stime del Governo sull'impatto della recessione sono leggermente migliori rispetto alle indicazioni arrivate dalla Commissione europea (-1,3 per cento) e anche rispetto al valore più alto della «forbice» di Banca d'Italia, che fissava un calo del PIL in termini reali dell'1,5 per cento;
secondo il DEF, per effetto delle manovre correttive varate nel corso del 2011, il miglioramento del deficit proseguirà, toccando quest'anno l'1,7 per cento del PIL per arrivare al «quasi pareggio» nel 2013 quando, con un prodotto in ripresa di mezzo punto, dovrebbe attestarsi attorno al -0,5 per cento. Il pareggio di bilancio è previsto solo tra il 2014 e il 2015;
a un giorno di distanza dall'approvazione definitiva da parte del Senato del Ddl costituzionale sul pareggio di bilancio, il DEF annuncia un peggioramento sostanzioso del debito pubblico che quest'anno sarà ancora in forte salita (+3,9 per cento) per attestarsi a quota 123,4 per cento sul PIL. Ed è proprio sull'aggregato del debito pubblico che arriva la notizia più negativa del DEF, infatti il 2012 anziché essere l'anno dell'inversione di tendenza, registra un ulteriore dato negativo. A spiegare questa rilevante differenza, secondo il Governo sono sostanzialmente tre fattori: i sostegni ai paesi dell'area euro, l'andamento previsto dal fabbisogno e il diverso quadro economico. Il rapporto debito/PIL torna a scendere nel 2013 (121,6 per cento) mantenendosi tuttavia su una soglia di oltre 5 punti superiore alle vecchie previsioni proprio per effetto degli interventi di salvataggio adottati in Europa;
l'effetto più intenso della crisi sull'economia reale è previsto per il mercato del lavoro, infatti, secondo il Governo quest'anno l'occupazione misurata in unità standard, si ridurrà dello 0,6 per cento con un tasso di disoccupazione atteso al 9,3 per cento. L'inversione di tendenza non arriverà prima del prossimo anno ma, nel frattempo, il costo del lavoro per unità di prodotto, indicatore chiave per la misura della produttività, risulterà ancora in crescita dell'1,7 per cento. In crescita anche i prezzi al consumo, con un indice armonizzato al 3 per cento nella media d'anno, in aumento rispetto al 2011;
ma la vera debolezza dell'economia italiana si misura con l'elevatissimo livello della pressione fiscale e con la continua crescita della spesa pubblica. Infatti, la pressione fiscale, dopo il picco toccato l'anno scorso (42,5 per cento del PIL) è prevista in ulteriore crescita al 45,1 per cento. Un vero record negativo che supera anche il 43,7 per cento toccato nel 1997 con l'introduzione dell'eurotassa. Ma l'innalzamento della pressione fiscale non si ferma fino al 2014 quando toccherà il 45,3 per cento del PIL; per quanto riguarda la spesa pubblica, si deve registrare un continuo aumento, nonostante il concentrarsi proprio quest'anno della coda dei tagli lineari disposti nella prima parte della legislatura in corso. In rapporto al PIL, la spesa totale delle amministrazioni crescerà quest'anno di 0,4 punti toccando quota 50,4 per cento, mentre dal 2013 è prevista un'inversione di 0,8 punti destinata a stabilizzarsi nel biennio successivo, con un calo al 49,1 per cento nel 2014 e al 48,7 per cento nel 2015, anno in cui comincerà a produrre effetti la riforma delle pensioni varata con il decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto Salva Italia;
considerato altresì che:
il presidente della Corte dei Conti nell'ambito dell'audizione sul DEF 2012, svolta presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, ha rilevato che: «il pericolo di un corto circuito rigore/crescita non è dissipato nell'impianto del DEF 2012-2015, impegnato a definire il profilo di avvicinamento al pareggio di bilancio in un arco di tempo molto breve. L'urgenza del riequilibrio dei conti si è tradotta, pertanto, inevitabilmente nel ricorso al prelievo fiscale, forzando una pressione già fuori linea nel confronto europeo e generando le condizioni per ulteriori effetti recessivi indotti dalle stesse restrizioni di bilancio. Con un consistente depauperamento dei benefici attesi e con il rischio di ricorrenti ma non risolutivi adeguamenti dell'intensità delle manovre correttive.»;
come rileva ancora la magistratura contabile: «nel quadro programmatico di finanza pubblica esposto nel documento, in presenza di un PIL nominale che non supererà lo 0,5 per cento nell'anno in corso, il 2,4 per cento nel 2013 e il 2,8 per cento nel 2014, l'equilibrio dei conti è affidato a interventi correttivi cumulativamente stimati in circa 50 miliardi nel 2012, più di 75 miliardi nel 2013 e oltre 81 miliardi nel 2014. La componente fiscale di tali interventi è altissima: circa 1,82 per cento nel 2012, quasi il 70 per cento nel 2013 e oltre il 65 per cento nel 2014. La pressione fiscale salirà dal 42,5 per cento del 2011 ad oltre il 45 per cento per l'intero triennio successivo. Il DEF stesso fornisce una stima degli effetti depressivi associati ad una manovra così intensa e, soprattutto, così concentrata sull'aggravio dell'onere tributario. Attraverso la compressione del reddito disponibile delle famiglie (che, in termini reali, risulterà in diminuzione in ciascuno degli anni dal 2008 al 2013) e degli utili delle imprese, l'impatto negativo delle manovre correttive nel triennio 2012-2014 sarebbe di ben 2,6 punti percentuali con riguardo al Pil, di 3,5 punti con riguardo ai consumi delle famiglie e di quasi 5 punti con riguardo agli investimenti fissi lordi. Prendendo a riferimento il 2013 - l'anno del «pareggio» - si può calcolare che l'effetto recessivo indotto dissolverebbe circa la metà dei 75 miliardi di correzione netta attribuiti alla manovra di riequilibrio»;
valutato inoltre che:
dopo il taglio delle pensioni, l'aumento delle accise e dell'Iva (tutte tasse indirette che colpiscono proporzionalmente in misura maggiore i ceti popolari), l'IMU sulla casa, la liberalizzazione del mercato del lavoro che toglie diritti ai lavoratori senza ottenere un solo posto di lavoro in più, siamo arrivati ai risultati descritti dal FMI, risultati a dire poco preoccupanti;
né il drastico prolungamento dell'età pensionabile, né le cosiddette liberalizzazioni, né il tentativo di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, hanno nulla a che vedere con la riduzione del debito pubblico italiano. Anzi, il rapporto debito/prodotto interno lordo è ancora cresciuto per via della recessione incalzante;
il Governo ascrive a suo merito l'avere ridotto lo spread dei nostri BTP con i bund tedeschi. Occorre in proposito fare un'operazione di verità. Non c'è dubbio che nel primo mese del Governo Monti lo spread tra i BTP italiani ed i bund tedeschi è sceso. Ma nelle ultime settimane ha ripreso ad attestarsi poco sotto i 400 punti;
infatti, ciò che ha veramente salvato l'Italia e l'euro dal default è stata la decisione presa dalla Banca centrale europea due mesi fa di immettere liquidità, con il programma long term refinancing operation, nelle banche europee, sia per comprare i titoli di Stato dei rispettivi paesi, sia per compensare le perdite subite. Oltre 1.000 miliardi di euro sono stati immessi ad un tasso dell'1 per cento nelle banche europee, circa 200 miliardi di euro in quelle italiane, salvandole dal fallimento e permettendole di acquistare una parte rilevante dei titoli di Stato in scadenza. Lo stesso entusiasmo delle borse di inizio anno ha una sola vera ragione d'essere: è l'oceano di liquidità determinato anche dal «quantitative easing» promosso dalla Federal reserve, in cui galleggia l'economia mondiale;
nel frattempo l'economia reale, quella delle famiglie e delle imprese non ha visto un euro, il credito è praticamente bloccato o a costi esosi;
dunque, sacrifici - a senso unico a carico dei ceti popolari - mentre il debito rimane inchiodato, anzi cresce, la disoccupazione aumenta, le tasse aumentano e calano i consumi. In definitiva, i problemi sono stati solo rinviati, e il peggio potrebbe ancora arrivare;
si è, infatti, instaurata nel nostro Paese ed a livello europeo una spirale perversa di politiche di austerità che incidono negativamente sulla crescita deprimendo il PIL, che a sua volta diminuisce le entrate dello Stato e ne aumenta le spese per fare fronte alla disoccupazione crescente;
le semplificazioni e le cosiddette liberalizzazioni - per lo più a carico delle lobby meno forti, perché poche banche, assicurazioni e professioni garantite sono rimaste sostanzialmente immuni dalle misure di riforma - e l'attacco ai diritti dei lavoratori, secondo gli stessi dati riprodotti dal Documento di economia e finanza, avranno effetti (sempre che li abbiano, cosa di cui si può fortemente dubitare) molto ridimensionati rispetto a quelli indicati in un primo momento dal professore Monti che pronosticava una crescita indotta da questi provvedimenti da qui al 2020 del 10 per cento del PIL;
in riferimento alle riforme varate da gennaio in poi, ovvero i due decreti-legge in materia di liberalizzazioni e semplificazioni, dal DEF emergono stime molto più prudenziali rispetto a quelle circolate nelle scorse settimane. Infatti, le due riforme dovrebbero produrre un effetto cumulato sulla crescita del 2,4 per cento nell'arco di nove anni (2012-2020) con un impatto medio annuo dello 0,3 per cento ipotizzato sulla base di una simulazione che, per quest'anno, le riforme siano operative a partire dal terzo trimestre;
rilevato altresì che:
il DEF 2012 è stato trasmesso ufficialmente al Parlamento in termini non consoni per un esame adeguato all'importanza del documento e soprattutto senza un fondamentale allegato, di preminente interesse della Commissione lavori pubblici, come l'allegato infrastrutture, giunto troppo tardi per poter essere realmente analizzato;
l'allegato infrastrutture contiene esclusivamente elenchi e tabelle che, fornendo il quadro riepilogativo della situazione di ogni singola opera, restituiscono un immagine desolante della programmazione economico-finanziaria italiana nel campo delle infrastrutture;
il lunghissimo elenco delle opere contenute nel programma infrastrutture strategiche fa smarrire, anche alla sola lettura, qualsiasi concetto di priorità realizzativa e dimostra in tutta evidenza come non si sia riusciti negli anni a far fronte ad impegni troppo ambiziosi, che risultano essere insostenibili dal punto di vista economico-finanziario e sociale, nonché ambientale;
nell'allegato 5 al programma delle infrastrutture strategiche, intitolato «Quadro riepilogativo», si apprende che il progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina è oggetto di istruttoria presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, lasciando intendere che la fattibilità di questa opera faraonica ed inutile sia ancora al vaglio del Governo, nonostante la decisione della Commissione europea, che già nel 2011 aveva scelto di non inserire il ponte tra i progetti prioritari delle grandi reti transeuropee per il periodo 2014-2020; nonostante l'approvazione, il 27 ottobre 2011, da parte della Camera dei deputati, della mozione presentata dal gruppo IDV, volta a destinare al trasporto pubblico locale le risorse previste per il ponte, nonché, da ultimo, la delibera del Cipe del gennaio 2012 che ha definitivamente dirottato su altri cantieri i 1.624 milioni di euro assegnati nel 2009 alla Società ponte di Messina e ancora non spesi;
dall'esame del DEF, e del PNR in particolare, non emerge un progetto organico di interventi diretti a restituire efficienza e funzionalità complessiva al settore delle infrastrutture e dei trasporti. Si riscontra al contempo una certa vaghezza delle azioni che si intendono perseguire;
le infrastrutture rappresentano uno dei principali elementi di competitività e sviluppo economico e il nostro Paese sconta in materia oggettiva punti di debolezza, che proprio la crisi ha fatto emergere in tutta la loro evidenza. Il primo è rappresentato da risorse pubbliche sempre più scarse: basti pensare che gli investimenti dell'amministrazione per opere pubbliche si sono ridotti tra il 2008 e il 2011 del 27 per cento (in valori costanti) e, come affermato nel DEF, sono destinati a ridursi ulteriormente nei prossimi anni. Il secondo punto di debolezza è costituito dalla incapacità del sistema di assicurare l'effettiva implementazione del Partenariato pubblico privato (PPP), a cui si continua ad affidare il compito, tra gli altri, di completare l'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria. Basti pensare che, a fronte di un sensibile aumento delle gare in PPP (che nel 2010 hanno raggiunto la soglia di circa 3000), le aggiudicazioni sono state nettamente inferiori (sempre nel 2010, poco più di 600) e la stragrande maggioranza delle operazioni che da esse discendono (si stima una percentuale intorno al 95 per cento) si perdono perché risultano non finanziabili. Tutto ciò accade a causa delle croniche, e ben note, deficienze del quadro normativo e amministrativo italiano, caratterizzato - come si legge anche nelle linee guida all'allegato infrastrutture - si da farraginosità dei processi decisionali e dall'instabilità delle risorse, ma soprattutto dall'assenza di una vera programmazione, da incertezza delle regole, dalla debolezza delle forme di controllo e, non da ultimo, dalla frequente inadeguatezza delle amministrazioni pubbliche ad impostare e gestire correttamente strumenti ben più complessi dei tradizionali appalti. Al di là di quanto già in minima parte operato con i decreti Salva-Italia e Cresci-Italia, non sono previsti interventi in tal senso;
nell'ambito dell'azione volta a massimizzare le scarse risorse pubbliche, manca qualsiasi riferimento alla qualità della progettazione (sia per le infrastrutture di interesse prevalentemente locali che per le grandi infrastrutture nazionali), aspetto che consente di ridurre le sospensioni dei lavori e le varianti, tutte attività molto costose. Tra le conseguenze della frequente lacunosità della fase progettuale va infatti annoverata l'incertezza sul costo finale dell'opera e quindi la possibilità che una competizione sui prezzi particolarmente accesa possa comportare maggiori rinegoziazioni o, qualora il costo per l'inadempimento del contratto sia contenuto, il mancato completamento dell'opera;
per rilanciare l'economia e il settore dell'edilizia privata, si punta, tra gli altri, sul Piano casa, senza riflettere sul dato che dopo due anni e mezzo di operatività, quel piano ha prodotto risultati modesti in quasi tutte le regioni. Non si è evidentemente proceduto ad effettuare un monitoraggio sui risultati ottenuti finora, prima di sostenerne ancora la necessità di attuazione, continuando purtroppo a non individuare le difficoltà del settore edilizio e dei fattori di rilancio;
non compare la questione relativa alla struttura aeroportuale italiana, nonostante si renda ormai necessaria l'esigenza di adeguare e rafforzare la capacità di traffico degli aeroporti più grandi, e al contempo di affrontare il problema di come trattare il caso degli scali che non conseguono il pareggio di bilancio;
in materia di crescita sostenibile, il programma nazionale di riforma prevede di intervenire su cinque aree: decarbonizzazione, gestione integrata del ciclo delle acque, sicurezza del territorio, bonifiche e parchi. Al di là dei pur condivisibili obiettivi (ridurre le procedure d'infrazione comunitaria e l'intensità di carbonio nell'economia, favorire le smart grids e l'eco-efficienza nell'edilizia, riduzione dei consumi d'acqua, prevenzione dei rischi idrogeologici e revisione degli usi del territorio) si deve rilevare che gran parte delle misure viene solo genericamente annunciata e non declinata nel dettaglio, di modo che non si rinviene l'auspicata svolta verso la green economy. Continuano a mancare, nel quadro degli interventi posti in essere per fronteggiare la crisi finanziaria, prospettive certe di investimento a lungo termine in materia di assetto idrogeologico del territorio, riduzione della produzione di rifiuti (fino a giungere alla cosiddetta opzione zero), abbattimento del consumo di suolo non urbanizzato ed effettiva bonifica dei siti contaminati. Manca, altresì, nel DEF, una chiara percezione della problematica giuridica connessa al danno ambientale, tenuto conto delle modifiche introdotte nell'ordinamento negli ultimi anni, ed alla cogente necessità di introdurre nel codice penale un apposito titolo dedicato ai delitti ambientali, al fine di pervenire ad un quadro sanzionatorio efficace e dissuasivo quale quello espressamente richiesto dalla normativa comunitaria. Si deve inoltre rilevare che, in relazione alla revisione del sistema di incentivazione delle energie rinnovabili, gli schemi di decreto predisposti dal Governo relativi al Conto energia per il fotovoltaico e per le altre fonti rinnovabili hanno destato forte preoccupazione tra i piccoli e medi operatori di un settore che contribuisce alla riduzione del prezzo dell'energia in bolletta ed ha creato un significativo indotto in termini occupazionali e di innovazione tecnologica anche in una fase recessiva come l'attuale. Manca, infine, ogni riferimento alla necessità di superare rapidamente alcune norme inopportunamente introdotte nel recente decreto semplificazione e sviluppo (decreto-legge n. 5 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 35 del 2012) in materia di controlli ambientali sulle imprese ovvero di quadro regolatorio della conformità paesaggistica e della valutazione dell'impatto ambientale di attività produttive strategiche, le quali, in fase applicativa, appaiono suscettibili di affievolire i presidi di vigilanza e tutela ambientale sul territorio;
considerato infine che:
nell'ambito del descritto quadro congiunturale non è pensabile una nuova manovra economica pesantemente recessiva, al contrario servono scelte coraggiose che permettano al nostro Paese, in tempi brevi, di ridare slancio alla crescita e di alleggerire la pressione fiscale sul lavoro. In una fase economica di crescita praticamente nulla come quella attuale, l'unico modo per diminuire la pressione fiscale è riuscire a ridurre la spesa pubblica corrente improduttiva in modo da annientare gli sprechi e individuare i possibili risparmi senza dover necessariamente ridurre la qualità dei servizi offerti ai cittadini,
impegna il Governo:
A. ad adottare politiche di bilancio che, in termini quantitativi si pongano i seguenti obiettivi:
1) l'adozione di un meccanismo automatico volto alla riduzione della pressione fiscale con contestuale utilizzo dei maggiori incassi rinvenuti a seguito dell'adozione di una seria politica di lotta all'evasione fiscale provvedendo altresì ad alleggerire il carico fiscale che attualmente grava sul lavoro e sulle PMI;
2) rafforzare le misure di contrasto all'evasione mediante il reinserimento del reato di falso in bilancio, di disposizioni relative all'abuso del diritto tributario ed il ripristino di una serie di efficaci norme di lotta all'evasione e all'elusione fiscale abrogate nel corso dell'attuale legislatura;
3) una riduzione strutturale della spesa pubblica improduttiva in modo da mantenere, se non addirittura aumentare marginalmente, la quota di spesa destinata agli investimenti e al riequilibrio infrastrutturale del Paese e ad un adeguato sistema di welfare;
4) accelerare l'attuazione della spending review in modo da attuare una decisa riduzione della spesa pubblica isolando gli sprechi ed individuando i settori dove risparmiare senza tuttavia ridurre la qualità dei servizi offerti ai cittadini;
5) bloccare, in via definitiva, il programma per la produzione e l'acquisto dei 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter;
6) adottare una efficace riduzione dei costi della politica, riducendo i livelli di governo (a partire dall'abolizione costituzionale delle province) ed il numero dei componenti delle assemblee elettive e delle giunte negli enti locali, decurtando le società partecipate dallo Stato e dagli enti decentrati e contenendo la proliferazione dei servizi «esternalizzati», riducendo altresì drasticamente le consulenze, provvedendo altresì alla ulteriore contrazione e alla revisione dei compensi per i rappresentanti politici, nonché l'abolizione dei rimborsi elettorali ai partiti, oltre che la progressiva eliminazione del ricorso agli arbitrati per quanto concerne le pubbliche amministrazioni; B. a mettere in essere una manovra straordinaria di finanza pubblica per abbattere lo stock del debito mediante:
1) l'attuazione di un programma di dismissioni di beni immobili di proprietà pubblica che eviti per un determinato periodo (ad esempio per un anno) il ricorso da parte del Tesoro per non creare nuovo debito. Tale programma deve attuarsi vincolando tutti i soggetti pubblici a cedere sul mercato gli immobili non strumentali e non sottoposti a vincoli ambientali e culturali. Si può prevedere per la sua attuazione il ricorso a forme di cartolarizzazione da parte della Cassa depositi e prestiti;
2) il conferimento degli introiti di tali dismissioni, per quanto concerne le somme derivanti dall'alienazione di immobili di proprietà delle amministrazioni centrali, al Fondo di ammortamento dei titoli di Stato, e finalizzare al ripianamento dei debiti delle autonomie locali, ove accertati, o alla spesa per investimenti delle medesime, per quanto concerne le somme derivanti dall'alienazioni di immobili di proprietà delle regioni e degli enti locali. Qualora non si realizzassero le dismissioni, i trasferimenti statali a qualunque titolo spettanti alle regioni e agli enti locali vanno ridotti di una somma corrispondente;
3) la cessione delle partecipazioni pubbliche nazionali e locali non ritenute strategiche; C. ad adottare azioni per stimolare la crescita ed integrare il Programma nazionale di riforma in modo da:
1) intervenire sul sistema sociale italiano al fine di ridurre le disuguaglianze e le disparità di trattamento. L'Italia è un Paese a bassa crescita economica, nel quale permane un grave problema di povertà, soprattutto nelle regioni meridionali, dove si conferma la forte associazione tra povertà, bassi livelli di istruzione, bassi profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro. Pesa la forte presenza della criminalità organizzata e la mancanza di legalità ed anche l'assenza in alcune aree dello Stato. La nostra scarsa crescita si è tradotta in un aggravamento delle condizioni sociali delle famiglie italiane. Una già grave rottura generazionale, prodotto da quindici anni di precarizzazione, è stata appesantita da un lato dalla mancanza di strumenti di sostegno al reddito per i periodi di non lavoro, dall'altro dal sistema pensionistico italiano che farà percepire ad un giovane neoassunto, dopo 40 anni di lavoro, il 40 per cento dell'ultimo stipendio. Appare dunque necessario per il rilancio dell'efficienza del sistema produttivo italiano e della crescita della produttività favorire una rinnovata coesione sociale ed una maggiore responsabilizzazione di tutti gli attori sociali;
2) intervenire con urgenza per assicurare a ciascun individuo e nell'interesse della collettività, secondo quanto prescritto dall'articolo 32 della Costituzione, parità di trattamento da parte del servizio sanitario in ogni parte d'Italia affrontando l'evidente problema della qualità e della disomogeneità sul territorio dei servizi sanitari. In particolare, è necessario eliminare gli innumerevoli scandali nella sanità soprattutto dove sono più forti le interazioni tra pubblico e privato, operando altresì una razionalizzazione della spesa sanitaria attraverso l'eliminazione di sprechi ed inefficienze delle strutture, anzitutto intervenendo sul diffuso malcostume della elargizione di posti di lavoro e concessioni in maniera clientelare. Per favorire una selezione di manager su un livello qualitativo più alto ed evitare degenerazioni nella gestione sanitaria, occorre intervenire con nuovi criteri di nomina dei direttori generali della aziende sanitarie locali;
3) adottare ogni iniziativa utile affinché venga assicurato che gli istituti di credito che beneficiano della garanzia di cui all'articolo 8 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, provvedano alla concessione del credito alle PMI ed alle famiglie, monitorandone l'attività, inclusi; limiti alla distribuzione dei dividendi e dei bonus a manager ed amministratori; riacquisto di strumenti di capitale di qualità inferiore e ristrutturazione di strumenti ibridi esistenti; provvedendo altresì ad aprire un confronto con gli istituti di credito e le loro associazioni rappresentative al fine di ottenere che una percentuale dei prestiti ricevuti dagli istituti di credito nazionali da parte della Banca Centrale Europea con tasso agevolato dell'uno per cento sia impiegata per erogare finanziamenti alle famiglie e alle piccole e medie imprese;
4) prendere le opportune iniziative per consentire alla Cassa depositi e prestiti, in considerazione del suo ruolo di soggetto finanziatore delle amministrazioni pubbliche, e in particolare di quelle locali, l'effettuazione di operazioni di cessione dei crediti scaduti ed esigibili degli enti locali, anche mediante cartolarizzazione degli stessi, con costi ed oneri finanziari a carico delle amministrazioni debitrici;
5) adottare ogni iniziativa utile alla netta separazione tra le banche d'affari (che si occupano di trading, investimenti ad alto rischio, speculazioni, acquisizioni e scalate) e le banche commerciali (che ovviamente pensavano ai depositi dei clienti, a concedere prestiti e a far fruttare i depositi attraverso investimenti conservativi), come primo passo fondamentale verso il superamento della crisi economica e finanziaria globale che continua a colpire pesantemente la vita delle persone e l'economia reale sia nel nostro Paese che altrove;
5) assicurare la continuità negli anni e l'estensione dell'attività di garanzia del Fondo rivolto alle piccole e medie imprese, di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, valutando la possibilità di incrementare in maniera consistente le risorse a disposizione del Fondo di garanzia, il tetto dell'importo del credito garantito e le percentuali sulle quali si applica la garanzia;
7) relativamente al settore delle infrastrutture e dei trasporti:
a) sostenere la legge di riforma del settore portuale, che, riconoscendo una maggiore autonomia finanziaria alle autorità portuali, e quindi un loro maggior ruolo nella selezione, nel finanziamento e nell'esecuzione degli investimenti nelle aree di competenza, potrebbe avere ricadute di rilievo anche nel mitigare i gap infrastrutturali, in particolare nei raccordi tra i porti e la viabilità terrestre a lungo raggio;
b) investire le limitate risorse pubbliche disponibili in opere infrastrutturali che siano realizzabili in tempi certi e con modalità sostenibili, sia in termini di vincoli di bilancio, che, soprattutto, dal punto di vista ambientale e sociale, procedendo innanzitutto a riequilibrare le risorse di provenienza pubblica tra quelle destinate alla costruzione di grandi opere e quelle devolute ad un programma nazionale di opere pubbliche di piccole e medie dimensioni, con particolare riferimento ad interventi di manutenzione in ambito stradale e ferroviario;
c) procedere senza indugi all'archiviazione del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina, non ritenuto prioritario neppure dalla Commissione europea;
d) adottare una sempre maggiore attenzione volta alla conoscenza delle caratteristiche di fondo della domanda di trasporto da parte delle imprese e delle famiglie, conoscenza che permetterebbe di disegnare incentivi o meccanismi di tariffazione più adeguati;
e) adottare provvedimenti utili al potenziamento e al rilancio del trasporto ferroviario regionale, interregionale e locale su tutto il territorio nazionale, in linea sia con gli indirizzi comunitari che riguardano la garanzia della coesione sociale e territoriale, che con il principio costituzionale secondo cui compete allo Stato determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, fra i quali rientra certamente anche quello alla mobilità;
8) avviare, in raccordo con le regioni, un piano pluriennale per la difesa del suolo nel nostro Paese, quale vera e prioritaria opera infrastrutturale in grado non solamente di mettere in sicurezza il nostro fragile territorio, ma di attivare migliaia di cantieri con evidenti ricadute importanti dal punto di vista economico e occupazionale;
9) a rivedere la normativa vigente al fine di confermare anche per i prossimi anni la detrazione del 55 per cento delle spese finalizzate all'efficienza e al risparmio energetico;
10) in materia di amministrazione della giustizia:
a) indicare chiaramente i tempi per riforme coerenti e positive di sistema che, intervenendo sulla struttura del procedimento e consultando gli operatori della giustizia, rimuovano gli ostacoli alla sua celere celebrazione, in modo da risolvere definitivamente i problemi legati alla ragionevole durata del processo, anche in ragione dei pressanti inviti rivolti al nostro Stato ad ottenere risultati concreti nel contrasto alle carenze strutturali dell'amministrazione della giustizia;
b) sostenere l'approvazione delle seguenti riforme: in materia di diritto societario, per rafforzare la punibilità degli illeciti in materia di società e consorzi e, segnatamente, del falso in bilancio; del processo civile; per l'accelerazione e razionalizzazione del processo penale ed in materia di prescrizione dei reati;
c) adottare ogni iniziativa necessaria per sostenere l'efficienza della giustizia, per l'istituzione dell'«ufficio per il processo» e la riorganizzazione dell'amministrazione giudiziaria, nonché in materia di magistratura onoraria;
d) sostenere l'approvazione dei provvedimenti giacenti in Parlamento in materia di «autoriciclaggio» e meccanismi di prevenzione applicabili agli strumenti finanziari; in materia di collaboratori di giustizia; in materia di scambio elettorale politico-mafioso; in materia di assunzione nella pubblica amministrazione dei testimoni di giustizia;
e) sostenere la celere approvazione dei disegni di legge, in avanzato stato di esame in Commissione giustizia del Senato, volti alla riforma dei meccanismi di alimentazione del Fondo unico giustizia, al fine, tra l'altro, di assegnare il 49 per cento della totalità delle somme, e non solo di una quota parte delle stesse, al Ministero della giustizia ed al Ministero dell'interno ed il rimanente 2 per cento al bilancio dello Stato, in modo da superare il regime di ripartizione delle risorse introdotto dal febbraio 2009 aumentando le dotazioni riservate alla Giustizia;
f) evitare, in sede di esercizio della delega per la riorganizzazione degli uffici giudiziari di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, ogni accorpamento e soppressione di uffici requirenti che possa portare ad un indebolimento del controllo di legalità sul territorio con un conseguente ed ingiustificabile arretramento rispetto alle azioni di contrasto al crimine e alla delinquenza comune;
g) mettere in atto ogni iniziativa volta al completamento degli interventi di informatizzazione e digitalizzazione del comparto giustizia nonché a provvedere a risolvere le problematiche relative alla gestione e alla consistenza del personale dell'amministrazione giudiziaria e penitenziaria;
h) assumere le opportune iniziative, anche attraverso il reperimento delle risorse necessarie, ai fini della promozione di politiche pubbliche incisive ed idonee alla prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione da attuare in particolare attraverso maggiore trasparenza nel procedimento amministrativo e nel rapporto con il cittadino e con gli operatori economici;
i) valutare le opportune iniziative, anche di carattere normativo e regolamentare, volte: (I) all'ampliamento del regime delle ineleggibilità ed incompatibilità, per i soggetti titolari di cariche elettive pubbliche e di Governo - centrali e periferiche - condannati per i reati di corruzione; (II) a prevedere l'impossibilità, per gli imprenditori condannati per i reati di corruzione, di avere rapporti economici con la pubblica amministrazione, con particolare riferimento al divieto di concorrere alle gare pubbliche per appalti, forniture e opere nella pubblica amministrazione, prevedendo analoghe misure per le persone giuridiche di cui sia accertata la responsabilità in tali ambiti; (III) a prevedere, per i dipendenti pubblici e i dipendenti degli enti pubblici, economici e non economici, l'incompatibilità assolute tra la condanna per reati di corruzione e la permanenza nei ranghi della pubblica amministrazione o degli enti di riferimento;
j) sostenere e favorire, per quanto di competenza, l'esame del disegno di legge Atto Senato 2164, presentato dal gruppo parlamentare «Italia dei Valori», sin da giugno 2011 dal titolo: «Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267»; D. ad adottare le opportune iniziative a livello internazionale volte a:
a) integrare il trattato sulla convergenza dei bilanci, il cosiddetto «Fiscal compact», concordando con i partner europei misure sostanziali a favore della crescita;
b) prevedere una parziale europeizzazione del debito secondo le proposte avanzate da diversi economisti anche italiani;
c) introdurre la tassa sulle transazioni finanziarie anche per riequilibrare il carico fiscale fra rendite e attività produttive ed attuare una riforma dei sistemi finanziari a partire dalla separazione delle attività bancarie commerciali e di investimento;
d) negoziare con la Svizzera, accordi bilaterali sul modello delle convenzioni fiscali sottoscritte dalla Confederazione elvetica con la Germania (10 agosto 2011) e la Gran Bretagna (24 agosto 2011) secondo il cosiddetto modello «Rubik», cercando di ampliare i meccanismi di informazione relativi ai clienti italiani degli istituti di credito svizzeri;
e) proporre, in parallelo al nuovo Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell'unione economica e monetaria, un rafforzamento delle politiche di coesione europea con misure e provvedimenti che delineano una vera unione politica del continente con un ruolo maggiore del Parlamento europeo, con una comune politica fiscale e finanziaria, con obiettivi comuni per lo sviluppo economico, sociale e culturale dell'area monetaria e ponendo su una base comune il finanziamento statale degli stati membri;
f) adottare politiche industriali di tipo nuovo su scala europea e nazionale da alimentare attraverso un rafforzamento del ruolo della Banca europea per gli investimenti;
g) ridefinire il ruolo della BCE come prestatrice di ultima istanza e prevedere l'emissione di eurobonds non solo per coprire una parte del debito di alcuni stati europei ma per realizzare alcuni progetti infrastrutturali continentali e finanziare la riconversione del nostro sistema produttivo verso la green economy. Servirebbe una maggiore democrazia nella governance europea (ruolo del Parlamento europeo). Nonché una politica di alti salari, in particolare in Germania;
h) promuovere la costituzione di un esercito europeo di pronto intervento con la riduzione delle spese militari nazionali;
i) promuovere insieme agli altri partner continentali azioni concrete per promuovere una crescita più forte, maggiore competitività e coesione sociale, indicando in tutte le sedi europee la chiara esigenza di un programma europeo:
1) che abbia chiare priorità di investimenti nelle infrastrutture, nella economia reale e nel rilancio, in particolare nei paesi dell'eurozona con bilance commerciali in forte attivo nei confronti degli altri partner europei, del mercato interno tramite una politica di ridistribuzione dei redditi che favorisca la domanda;
2) che avvii in Europa una trasformazione sociale ed ecologica del modello di sviluppo a partire dal settore energetico e da quello dei trasporti, con l'istituzione di una nuova catena di creazione di valori nei mercati-pilota del futuro;
3) che promuova un'iniziativa europea per combattere la disoccupazione giovanile.
(6-00108) «Donadi, Borghesi, Evangelisti, Di Pietro, Leoluca Orlando, Favia, Palomba, Di Stanislao, Mura, Barbato, Messina, Zazzera, Piffari, Monai, Cimadoro, Paladini, Aniello Formisano, Palagiano, Di Giuseppe, Rota, Porcino».