ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00094

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 532 del 11/10/2011
Abbinamenti
Atto 6/00092 abbinato in data 11/10/2011
Atto 6/00093 abbinato in data 11/10/2011
Atto 6/00095 abbinato in data 11/10/2011
Firmatari
Primo firmatario: BORGHESI ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 11/10/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
CAMBURSANO RENATO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
DI PIETRO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
CIMADORO GABRIELE ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
FAVIA DAVID ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
FORMISANO ANIELLO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
MONAI CARLO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
MURA SILVANA ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
PALADINI GIOVANNI ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
PALAGIANO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
PIFFARI SERGIO MICHELE ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
PORCINO GAETANO ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
ROTA IVAN ITALIA DEI VALORI 11/10/2011
ZAZZERA PIERFELICE ITALIA DEI VALORI 11/10/2011


Stato iter:
11/10/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 11/10/2011
Resoconto GIORGETTI ALBERTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/10/2011

NON ACCOLTO IL 11/10/2011

PARERE GOVERNO IL 11/10/2011

DICHIARATO PRECLUSO IL 11/10/2011

CONCLUSO IL 11/10/2011

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00094
presentata da
ANTONIO BORGHESI
testo di
martedì 11 ottobre 2011, seduta n.532

La Camera,
esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF) 2011;
premesso che:
l'articolo 10, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, prevede che:
«3. Il Governo presenta alle Camere una Nota di aggiornamento della Decisione di cui al comma 1, come risultante dalle conseguenti deliberazioni parlamentari, ogniqualvolta intenda modificare gli obiettivi di cui al comma 2, lettera e), ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica rispetto ai medesimi obiettivi che rendano necessari interventi correttivi.»;
tale norma indica espressamente due fattispecie - revisione degli obiettivi programmatici ovvero andamenti di finanza pubblica divergenti tali da determinare scostamenti rilevanti rispetto ai medesimi obiettivi - che nell'esperienza applicativa hanno determinato l'esigenza della presentazione di un aggiornamento del quadro di programmazione;
ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009, il DEF indica gli obiettivi di politica economica e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno per il triennio successivo. Essa reca, inoltre, quale importante novità rispetto al precedente DPEF, la definizione degli obiettivi programmatici articolati per i tre sottosettori del conto delle amministrazioni pubbliche relativi all'amministrazione centrale, alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza;
sono state riviste al ribasso le stime sul Pil italiano approssimandole (con ottimismo) a quelle formulate dei principali istituti internazionali e della Commissione Ue;
quest'anno la crescita del Pil si fermerà allo 0,7 per cento contro l'1,1 per cento della precedente previsione, mentre nel 2012 l'incremento è previsto allo 0,6 per cento contro l'1,3 per cento precedentemente ipotizzato;
il Fondo monetario internazionale ha recentemente previsto per l'Italia una crescita del Pil nel 2012 di appena lo 0,3 per cento, la metà dell'incremento indicato dal Governo. Per quanto riguarda il 2013 il Pil dovrebbe crescere - secondo la Nota di aggiornamento del DEF - dello 0,9 per cento e nel 2014 all'1,2 per cento. Da questi numeri emerge una realtà inquietante: a fine 2014 il Pil sarà ancora inferiore al livello del 2007. Il nostro Paese secondo queste previsioni non riuscirà a recuperare la perdita di Pil di oltre il 6 per cento accumulata nel 2008 e nel 2009;
il Governo stima che il peggioramento del ciclo non altererà l'obiettivo di deficit che resta fissato al 3,9 per cento del Pil. Evidentemente esso fa affidamento oltre che sui tagli di spesa disposti con le ultime due manovre di luglio ed agosto, anche su parte degli incassi dell'asta sulle frequenze tv, peraltro già anticipati con l'assestamento di bilancio mediante i soliti tagli al FAS. Nel totale, la nota di aggiornamento al DEF, conferma che la correzione totale dei conti pubblici, a regime (ovvero nel 2014) sarà di ben 59,8 miliardi. Sembrerebbero almeno tre gli elementi che hanno indotto il Governo a confermare gli obiettivi di deficit escludendo così, almeno per ora, il ricorso ad una nuova manovra correttiva: la certezza delle maggiori entrate connesse all'aumento dell'IVA (con un gettito pari a 4,2 miliardi l'anno per l'intero triennio); la riduzione dei «regimi di favore fiscale e assistenziale» per 4 miliardi nel 2012, 16 miliardi nel 2013 e 20 miliardi nel 2014 (al momento non attribuite nel conto in attesa di una puntuale definizione delle riduzioni per effetto della clausola di salvaguardia disposta con la manovra di luglio - decreto-legge n. 98). Ed infine, l'avanzo primario (il saldo di bilancio al netto degli interessi) che il governo prevede in crescita dello 0,9 per cento del Pil per quest'anno, al 3,7 per cento del 2012, fino al 5,7 per cento del 2014;
inoltre, il Governo, con una previsione ancora una volta fin troppo ottimistica, punta nel medio periodo su «meccanismi di tipo non-keynesiano» a supporto della crescita che propizieranno «un miglioramento delle aspettative degli agenti economici». Al riguardo il Governo cita alcuni futuri provvedimenti collegati alla legge di stabilità su «infrastrutture, liberalizzazioni e privatizzazioni ed interventi a favore del Sud». Il tutto, in presenza di un quadro macroeconomico che fa registrare un'inflazione pari al 2,6 per cento nell'anno in corso (in discesa all'1,8 per cento nel biennio successivo) e di un tasso di disoccupazione che oscilla tra l'8,2 per cento e l'8 per cento;
per quanto concerne i conti pubblici, la Nota di aggiornamento del DEF prevede che il deficit quest'anno si attesterà al 3,9 per cento del Pil; scenderà all'1,6 per cento nel 2012 e si arriverà al pareggio (o quasi) nel 2013, anno nel quale il deficit dovrebbe scendere allo 0,1 per cento. Anche sul deficit, però, le cifre previsionali del Governo differiscono da quelle del Fmi che ritiene che l'Italia nel 2013 chiuderà i conti con un deficit superiore all'1 per cento;
sul fronte del debito pubblico, la Nota indica nel 120,6 per cento il rapporto con il prodotto interno lordo per quest'anno. Nel 2012 il rapporto debito/Pil dovrebbe scendere al 119,5 per cento per poi diminuire al 116,4 per cento nel 2013 e al 112,6 per cento nel 2014. I Governi di centro sinistra avevano lasciato i conti pubblici con un rapporto debito/Pil poco sopra il 102 per cento. Le precedenti stime prevedevano dal 2011 al 2014 un rapporto debito-Pil del 120,0 per cento (2011), 119,4 per cento (2012), 116,9 per cento (2013), 112,8 per cento (2014);
la pressione fiscale registra un deciso aumento: si attesterà al 42,7 per cento nel 2011 per poi salire di oltre un punto (al 43,8 per cento) nel 2012, al 43,9 per cento nel 2013 e poi ridiscendere al 43,7 per cento nel 2014. Nelle precedenti stime il Governo indicava una pressione fiscale al 42,5 per cento per l'anno in corso, al 42,7 per cento per il 2012, al 42,6 per cento per il 2013 e al 42,5 per cento per il 2014;
il tasso di disoccupazione quest'anno sarà dell'8,2 per cento per poi scendere all'8,1 per cento nel 2012 e 2013 e attestarsi all'8 per cento nel 2014. Nelle precedenti stime il Governo indicava un tasso di disoccupazione superiore: l'8,4 per cento per il 2011, l'8,3 per cento per il 2012, all'8,2 per cento per il 2013 e all'8,1 per cento per il 2014. Ci si può chiedere come sia possibile che la disoccupazione sia più bassa rispetto a quella più alta della precedente stima nella quale era formulata una crescita del Pil molto più sostanziosa. A meno che la riduzione della disoccupazione non sia frutto dei provvedimenti di deregolamentazione del mercato del lavoro approvati nei mesi scorsi;
quello che è certo è che i consumi delle famiglie, in questo contesto, non aumenteranno anche a causa di un tasso troppo alto di disoccupazione e per l'aumento della pressione fiscale. Nella Nota, tra l'altro, è scritto: «i consumi delle famiglie sono attesi in rallentamento» e «la dinamica del mercato del lavoro nel medio termine potrebbe rappresentare un fattore di rischio per le decisioni di spesa delle famiglie»;
la nota di aggiornamento del DEF 2011 conferma l'intenzione del Governo di metter mano alla riforma fiscale e assistenziale entro il 2012. Si ricorda che «è prevista una clausola di salvaguardia che prevede, in caso di mancata riforma, la riduzione dei vigenti regimi di riduzione fiscale e assistenziale per un importo pari a 20 miliardi dal 2014». Viene poi anticipato che la ripartizione tra ministeri delle minori spese (per complessivi 7 miliardi) sarà definita con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri entro il prossimo 25 settembre». Impegno che, come si è potuto constatare, è stato del tutto disatteso rispetto alla tempistica contenuta nella presente Nota di aggiornamento al DEF;
le manovre approvate in luglio (decreto-legge n. 98) ed in agosto (decreto-legge n. 138) presentano - al di là della credibilità assai dubbia del raggiungimento dei saldi di finanza pubblica - un sicuro aspetta depressivo dei consumi e della produzione di beni e servizi, rendendo ancora più difficile il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati;
la situazione di emergenza ha fatto sì che la manovra approvata pesi in modo eccessivo sulle entrate, poiché per puntare maggiormente sui risparmi di spesa senza troppo intaccare la spesa produttiva sarebbe stata necessaria la messa a punto di riforme di carattere strutturale, che come tali comportano tempi lunghi di realizzazione ed esiti incerti;
non si è voluto da parte del Governo, nonostante la richiesta più volte avanzate da parte dell'Italia dei Valori, incidere in maniera efficace sui costi impropri della politica quali, ad esempio, la soppressione delle province e delle altre istituzioni intermedie inutili, la soppressione del vitalizio per i parlamentari nazionali e regionali, la drastica riduzione delle auto blu e delle spese per consulenza;
la mancanza di margini per interventi di sostegno allo sviluppo e la prospettiva di un aumento considerevole della pressione fiscale rendono quindi ancora più fosche le previsioni per la crescita dei prossimi anni, tanto da mettere in discussione il conseguimento degli obiettivi della manovra stessa;
la situazione quindi è tutt'altro che stabilizzata e le tendenze delle prossime settimane restano caratterizzate da estrema incertezza. Non è un caso che già si inizi a parlare dell'ipotesi di un'altra manovra a fine anno, con interventi di vario genere finalizzati a ridimensionare la consistenza dello stock di debito pubblico (operazioni di privatizzazione, imposta patrimoniale) o a rafforzare ulteriormente la correzione del deficit. Il nodo sta nei problemi dal lato della crescita che a loro volta si ripercuotono sull'evoluzione dei saldi di finanza pubblica. Affrontare l'andamento dei conti senza misure in grado di incidere sulla dinamica della produttività è come concentrarsi sui sintomi senza curare la malattia;
in ossequio alle regole europee e per ottenere l'appoggio dei mercati si annunciano obiettivi addirittura eccessivi sul deficit (il pareggio di bilancio negli ultimi venti anni non è stato conseguito da nessuna delle economie avanzate in condizioni cicliche normali, e solo sporadicamente da alcune in fasi di boom economico come alla fine degli anni novanta) e questo comporta un supplemento di restrizione fiscale rispetto a quanto sarebbe necessario per ricondurre il nostro rapporto debito/Pil su un sentiero di flessione (in sostanza un deficit strutturalmente intorno all'1.5-2 per cento del Pil basterebbe rispetto a tale obiettivo);
in questo contesto, la valenza taumaturgica data all'inserimento in Costituzione del principio del pareggio del bilancio appare eccessiva. Pur considerando una positiva incidenza di tale principio, in un contesto di forte crisi finanziaria, senza crescita, dover mantenere il bilancio dello Stato in pareggio potrebbe diventare una condizione inutile ai finì della sostenibilità del debito pubblico;
la difficile situazione ciclica, aggravata dalla correzione fiscale, a sua volta avrà conseguenze anche sull'evoluzione di medio termine dell'economia. In particolare perché negli ultimi anni il divario di crescita della produttività della nostra industria, specie rispetto a quella tedesca, ha continuato ad ampliarsi, e questo ha eroso ulteriormente la nostra posizione competitiva. Data l'attuale divergenza ciclica, anche il ciclo degli investimenti in Italia ripartirà con ritardo rispetto alle economie dove la ripresa è in una fase più avanzata, come la Germania;
nella quasi totale assenza di misure incisive di sostegno allo sviluppo, appare difficile quindi che la manovra si realizzi nella sua interezza e che il saldo di bilancio possa raggiungere il pareggio nel 2013. Peraltro la manovra è stata elaborata senza la pubblicazione di stime aggiornate della crescita del prodotto le quali infatti sono state ridimensionate nell'aggiornamento al Documento di economia e finanza (DEF);
nel frattempo, le stime di riferimento rimangono quelle contenute nel DEF di aprile, che già prospettavano una manovra di bilancio (ancora da specificare ma già quantificata dalle differenze tra il saldo tendenziale e il saldo programmatico) pari a circa 2.4 punti di Pil;
la concretizzazione della manovra con i due decreti estivi rivela però valori più elevati. In percentuale, rispetto al Pil nominale previsto ad aprile, si parla di una correzione di circa 3.4 punti, ben un punto in più rispetto alla previsione iniziale. A ciò si deve aggiungere che negli ultimi mesi il quadro macro internazionale è peggiorato. Partendo dal presupposto di una crescita molto più contenuta e degli effetti di ciò sulla manovra solo parzialmente contabilizzati, il pareggio di bilancio non sembra un obiettivo raggiungibile. Si tratta comunque di un intervento di entità considerevole, per cui l'indebitamento netto dovrebbe portarsi al di sotto del 2 per cento già nel 2013 pur non raggiungendo l'equilibrio tra entrate e spese;
a ciò si associa un Pil praticamente stagnante per tutto il periodo, una crescita vicina allo zero nel 2012 per rimanere comunque al di sotto dell'1 per cento negli altri anni. L'obiettivo del pareggio di bilancio non sembra peraltro raggiungibile nemmeno nel caso in cui si incorpori la manovra al suo valore facciale;
in base a quanto riportato nell'allegato III alla Nota di aggiornamento al DEF 2011, contenente il Rapporto annuale 2010 sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, nel capitolo III dedicato alle «politiche nazionali e politiche di sviluppo» emerge che le risorse per la politica regionale aggiuntiva, che rappresentano la parte preponderante della spesa destinata allo sviluppo del Mezzogiorno, «costituiscono una quota ridotta della spesa pubblica totale, infatti il volume di risorse speso annualmente ai fini della politica di sviluppo regionale, come ricordato anche dalla Banca d'Italia, ha rappresentato in media nel periodo 1998-2007, solo il 5,9 per cento della spesa pubblica primaria destinata al Mezzogiorno e l'1,8 per cento di quella italiana complessiva, con un consistente ridimensionamento nell'ultimo biennio (rispettivamente 4,4 e 1,4 per cento)»,
impegna il Governo:
sul piano nazionale:
a riformulare la Nota di aggiornamento al DEF 2011 al fine di introdurvi specifiche indicazioni aggiuntive circa le scelte di politica economica e di gestione della finanza pubblica funzionali - e coessenziali - al superamento della crisi in atto, al sostegno dell'economia, al rilancio dei consumi e degli investimenti necessari ai fini di una crescita reale del Paese ed in linea con le raccomandazioni di politica economica rivolte all'Italia dal Consiglio Europeo;
ad adottare una politica di sviluppo nazionale con una visione unitaria del Paese esigenza questa assoluta e imprescindibile per conciliare la sopravvivenza e la crescita dei sistemi produttivi più forti con la salvaguardia di una azione costante per la riduzione del divario di sviluppo tra Nord e Sud mettendo finalmente in pratica il più volte annunciato già nel lontano 26 novembre 2010 ma mai realizzato Piano nazionale per il Sud che è rimasto lettera morta facendo venire meno l'impegno politico e di indirizzo strategico al quale l'esecutivo stesso aveva puntato al fine di ridurre i divari territoriali;
a mettere in atto una seria politica di contrasto alla disoccupazione, con particolare riferimento al Mezzogiorno e a rafforzare ed estendere gli ammortizzatori sociali, anche in modo da garantire un carattere universale della protezione anche nei confronti dei lavoratori atipici;
ad impostare una manovra anticiclica per il biennio 2012-2013, che riduca la pressione fiscale, trasferendola almeno in parte dal lavoro, dalle famiglie, dalle imprese alla rendita speculativa e ai grandi patrimoni;
ad operare per la riduzione - e la redistribuzione tra i diversi soggetti economici e sociali - della pressione fiscale, a partire dalla restituzione del fiscal drag, attraverso un aumento delle detrazioni IRPEF per i carichi familiari nonché la riduzione dell'Irap per le imprese prevedendo altresì il pagamento dell'IVA al momento in cui si incassa e non in anticipo;
a dare conto, dettagliatamente, della reale consistenza del Fondo sociale per occupazione e formazione, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali nonché del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in base a quanto stabilito dal decreto-legge n. 185 del 2008;
già con il prossimo provvedimento legislativo in materia di sviluppo, a destinare una quota significativa degli introiti eccedenti i 2,4 miliardi di euro dell'asta per frequenze 4G, per interventi mirati allo sviluppo ed alla diffusione della banda larga nel nostro Paese, in linea con quanto recentemente rilevato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
a ripristinare i fondi per la scuola, l'università e la ricerca;
a sostenere l'innovazione con risorse certe recuperando il divario di produttività innanzitutto rispetto agli altri paesi europei, anche attraverso la cooperazione strategica tra le università e le PMI;
a promuovere, tramite adeguate politiche industriali, lo sviluppo dei settori produttivi a più alta intensità tecnologica e la riconversione ecologica del nostro sistema produttivo a partire dal sostegno alle fonti energetiche rinnovabili, alla mobilità sostenibile, all'agricoltura biologica ed alla filiera corta dei prodotti agricoli;
a prevedere il riavvio degli interventi di liberalizzazione dei mercati, allo scopo di ridurre le rendite di posizione e favorire la libera concorrenza fra imprese e diminuire i costi posti a carico del cittadino-consumatore;
a ripristinare la piena operatività agli strumenti automatici di incentivazione, quale il credito d'imposta sugli investimenti nel Mezzogiorno, la cui efficacia risulta vanificata dal ripristino dei tetti finanziari e dagli appesantimenti amministrativi connessi al meccanismo della prenotazione;
a sostenere il made in Italy e delineare specifici indirizzi per promuovere l'immagine dell'Italia all'estero, sia attraverso l'implementazione di strumenti efficaci a contrastare gli abusi di mercato e la contraffazione a garanzia delle imprese e a tutela dei consumatori, sia mediante il riassetto e la razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione;
ad aumentare la brevettabilità delle innovazioni italiane, considerato che molte delle innovazioni italiane non sono brevettate e ciò rappresenta un doppio handicap nella competizione globale, in quanto rende più facili le imitazioni e impedisce al contempo di incassare le royalties e moltiplicare il valore dello sforzo innovativo;
a incrementare la datazione del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale reperendo le risorse economiche necessarie anche attraverso la soppressione dei finanziamenti che il Governo ha stanziato sino ad oggi per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
a sostenere il finanziamento di opere pubbliche di piccole e medie dimensioni, anche attraverso l'esclusione dal computo dei saldi validi ai fini del rispetto del patto di stabilità interno delle spese per investimenti per i comuni virtuosi;
prevedere un contributo di solidarietà del 15 per cento del valore delle operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto legge 1o luglio 2009, n.78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 e successive modificazioni (capitali regolarizzati tramite lo scudo fiscale) al fine di raggiungere la percentuale del 20 per cento ormai stabilita per la tassazione delle rendite finanziarie;
a ripristinare le norme di contrasto all'evasione fiscale introdotte dal Governo Prodi;
a riferire sull'esito del recupero fiscale e quindi delle reali entrate derivanti da quanto previsto dai commi 5-bis e 5-ter, dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito con modificazioni in legge n. 148 del 2011, in materia di recupero delle somme dovute dai contribuenti che hanno aderito al condono fiscale 2003-2004 sulla base della legge n. 289 del 2002 e che non hanno pagato buona parte delle rate, secondo quanto già da tempo denunciato dalla Corte dei conti, anche a seguito di quanto sancito dalla Corte di cassazione che con la sentenza n. 19681, depositata il 27 settembre ultimo scorso, ha ribadito l'incompatibilità con la direttiva comunitaria, della sanatoria degli omessi versamenti IVA, prevista dalla norma sui condoni del 2002, che quindi risulterebbe inapplicabile. A tal fine, in base alla citata sentenza della Cassazione si chiede al Governo di recuperare l'IVA non pagata a seguito del condono del 2002;
a ridurre la quota di deducibilità per le sofferenze creditizie dallo 0,30 allo 0,20 per cento;
a tagliare effettivamente i costi impropri della politica, tramite misure quali la soppressione parziale delle province, in attesa della eliminazione nella nostra Costituzione dell'istituzione provincia, l'eliminazione del vitalizio per i consiglieri regionali, includendo in tale misura anche gli ex consiglieri regionali, la soppressione di tutti gli enti inutili e delle spese per consulenze e rappresentanza, nonché l'adozione di nuove regole per gli appalti e per l'intervento della Protezione civile e per combattere la corruzione;
a ridurre effettivamente la spesa pubblica, in attuazione del principio della spending review inserito nel decreto-legge n. 138 del 2011, convertito con modificazioni, nella legge n. 148 del 2011, tramite misure quali una riduzione dei consumi intermedi delle pubbliche amministrazioni, attraverso un taglio modulabile, soprattutto a carico delle amministrazioni centrali, la razionalizzazione delle strutture periferiche dell'amministrazione dello Stato, l'accorpamento degli enti di previdenza pubblica e il rafforzamento del ruolo della CONSIP, nonché mediante la riduzione delle spese militari, impegnandosi altresì a dare conto al Parlamento, entro il 30 novembre, dell'obiettivo raggiunto nell'ambito del programma di razionalizzazione e riorganizzazione della spesa pubblica;
a prevedere misure concrete volte a garantire nei tempi previsti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese, attuando nel nostro ordinamento tutte le indicazioni comunitarie sancite in materia;
sul piano europeo:
ad aprire con forza un negoziato per ottenere in sede dell'Unione europea una revisione del Patto di stabilità e crescita che non sia un nuovo pesante ostacolo allo sviluppo ridiscutendo i criteri di cui al Trattato di Maastricht, mettendo tra le priorità la questione occupazionale, nonché la funzione della BCE che deve essere più orientata allo sviluppo anziché al solo controllo dell'inflazione;
ad introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie (compravendita di titoli, azioni, obbligazioni, valute, e di ogni altro prodotto finanziario) valida per tutti paesi dell'eurogruppo (da proporre anche al G20) tra lo 0,1 e lo 0,5 per cento del valore scambiato e destinare il gettito di tale imposta (circa 100 miliardi di euro l'anno) a progetti europei di grandi infrastrutture, della ricerca, di progetti di conversione ecologica del sistema produttivo ad iniziare dal settore energetico e da quello della mobilità;
a proporre l'emissione di eurobond anche con la garanzia delle riserve auree delle diverse banche centrali per finanziare (unitamente al gettito della Tobin tax) progetti europei di grandi infrastrutture, della ricerca, di progetti di conversione ecologica del sistema produttivo ad iniziare dal settore energetico e da quello della mobilità;
a proporre il divieto delle vendite dei titoli di Stato e di altri prodotti finanziari allo scoperto e «nude» (naked short selling) per limitare le possibilità speculative;
a promuovere la costituzione di un agenzia di rating europea;
a sostenere l'armonizzazione fiscale europea ad iniziare dall'IVA;
a proporre la creazione di un Fondo monetario europeo;
a sostenere la costituzione di un esercito europeo di pronto intervento con la contestuale riduzione delle spese militari nazionali.
(6-00094) «Borghesi, Donadi, Cambursano, Evangelisti, Di Pietro, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».