ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00056

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 420 del 19/01/2011
Abbinamenti
Atto 6/00055 abbinato in data 19/01/2011
Atto 6/00057 abbinato in data 19/01/2011
Atto 6/00058 abbinato in data 19/01/2011
Atto 6/00059 abbinato in data 19/01/2011
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 19/01/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 19/01/2011


Stato iter:
19/01/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 19/01/2011
Resoconto ALFANO ANGELINO MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 19/01/2011
Resoconto DI PIETRO ANTONIO ITALIA DEI VALORI
Resoconto NAPOLI ANGELA FUTURO E LIBERTA' PER L'ITALIA
Resoconto RAO ROBERTO UNIONE DI CENTRO
Resoconto MOLTENI NICOLA LEGA NORD PADANIA
Resoconto COSTA ENRICO POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BARANI LUCIO POPOLO DELLA LIBERTA'
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 19/01/2011
Resoconto ALFANO ANGELINO MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 19/01/2011

IN PARTE ACCOLTO E IN PARTE NON ACCOLTO IL 19/01/2011

PARERE GOVERNO IL 19/01/2011

DISCUSSIONE IL 19/01/2011

VOTATO PER PARTI IL 19/01/2011

IN PARTE APPROVATO E IN PARTE RESPINTO IL 19/01/2011

CONCLUSO IL 19/01/2011

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00056
presentata da
RITA BERNARDINI
testo di
mercoledì 19 gennaio 2011, seduta n.420

La Camera,
udite le comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150;
premesso che:
nella seduta del 28 gennaio 2009 la Camera dei deputati, previo parere favorevole del Governo, ha approvato una risoluzione presentata dai deputati radicali eletti nelle liste del Partito Democratico, nella quale si chiede che si dia finalmente corso ad una riforma organica della giustizia di carattere democratico e liberale, fondata su alcuni capisaldi, tra i quali: l'abolizione della obbligatorietà dell'azione penale, in modo da non assoggettate più la stessa all'arbitrio delle procure della Repubblica; una modifica ordinamentale basata sul princìpio della effettiva separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti; la responsabilizzazione del pubblico ministero per l'osservanza delle priorità fissate; la riforma del Consiglio superiore della magistratura che riconduca tale consesso all'originario ruolo attribuitogli dai costituenti, sottraendolo ai giochi di corrente e all'influenza del sindacato della magistratura; la reintroduzione di severi vagli della professionalità dei magistrati nel corso dei 40-45 anni della loro permanenza in carriera; la modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, con modalità tali da garantire ai cittadini ingiustamente danneggiati da provvedimenti del giudice o del pubblico ministero, di ottenere il risarcimento integrale dei danni direttamente dal magistrato, pur con la previsione di meccanismi volti ad eliminare il pericolo di azioni intimidatorie e strumentali; la revisione delle modalità di collocamento fuori ruolo dei magistrati e di attribuzione degli incarichi extragiudiziari, salvaguardando le contrapposte esigenze di non disperdere forza lavoro né, per contro, preziose professionalità; l'incompatibilità tra la permanenza nell'ordine giudiziario e l'assunzione di incarichi, elettivi e non, in rappresentanza di formazioni politiche; la promozione di una seria modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari; l'adeguamento numerico e la promozione di qualificazioni professionali degli organici del personale anche amministrativo; la notifica della natura dei termini processuali, con la previsione generalizzata di termini perentori e di sanzioni disciplinari per la loro inosservanza da parte dei magistrati; la radicale semplificazione delle modalità di notifica degli atti giudiziari; la definizione di tempi standard dei procedimenti civili e penali; la modifica delle procedure di nomina dei capi degli uffici e un potenziamento del ruolo gestionale del dirigente amministrativo dell'ufficio; una forte depenalizzazione ed una razionalizzazione delle fattispecie criminose;
nel corso della presente legislatura, i deputati radicali eletti nelle liste del PD hanno elaborato anche diverse proposte volte a tradurre in altrettanti articolati di legge i punti più rilevanti e salienti della predetta risoluzione;
di fronte a tali richieste, la maggioranza parlamentare ed il Governo, tramite esponenti di primo piano, si sono ripetutamente e pubblicamente espressi in favore delle aspettative per una riforma organica e liberale della giustizia, in particolare per quel che si riferisce agli assetti istituzionali della magistratura, sia mediante l'approvazione della risoluzione prima ricordata, sia, successivamente, nel corso di innumerevoli dichiarazioni ufficiali e interventi pubblici;
tuttavia gli impegni assunti dal Governo con il Parlamento, la pubblica opinione ed i cittadini italiani, sono stati mano a mano «differiti nel tempo», più o meno esplicitamente, fino al punto, oggi, da essere apparentemente accantonati nei fatti;
analogo atteggiamento ancorato alla conservazione dell'esistente e privo di stimoli riformatori si rinviene anche negli orientamenti di larghi settori dell'opposizione parlamentare, in parte ancora prigioniera della cultura del «partito dei giudici» ed appiattita sulle posizioni conservatrici dell'Associazione nazionale magistrati;
a catalizzare la politica giudiziaria in questi primi tre anni di legislatura non sono stati gli interventi di riforma organica e strutturale del nostro sistema giudiziario, bensì le ossessioni sulla sicurezza, il che ha portato all'emanazione del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125; del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38; della legge 15 luglio 2009, n. 94, rubricata «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»; e, infine, del decreto-legge 12 novembre 2010, n. 187, «Misure urgenti in materia di sicurezza», convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2010, m. 217;
le novelle legislative introdotte con i provvedimenti sopra richiamati sono tutte segnate in profondità dalla ideologia dell'efficientismo punitivo perseguito attraverso la riduzione delle garanzie, la compressione degli spazi di difesa; l'indebolimento del controllo giurisdizionale e la mortificazione del contraddittorio. In tale contesto, l'introduzione di nuove aggravanti e di nuove fattispecie di reato; la dilatazione, anche attraverso clausole di obbligatorietà, degli spazi operativi del giudizio direttissimo e del giudizio immediato; il «procedimento speciale» di pace per il reato di «ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato»; l'estensione delle ipotesi di carcerazione preventiva obbligatoria; la costruzione di un vero e proprio diritto penale della prevenzione; la proroga fino al 30 giugno 2013 dell'efficacia dell'istituto della cosiddetta «flagranza differita»; sono tutte misure che dipingono ad avviso dei sottoscrittori della presente risoluzione un quadro a tinte fosche nel quale i canoni essenziali del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, già pesantemente compromessi da un ventennio di erosioni inquisitorie, sembrano ormai divenuti una variabile secondaria mettendo con ciò in pericolo le garanzie individuali di derivazione liberal-democratica;
nella seduta del 12 gennaio 2010 la camera dei deputati, previo parere favorevole espresso dal Governo, ha approvato in parte la mozione n. 1-00288 presentata dai deputati radicali eletti nelle liste del Partito democratico e sottoscritta da quasi cento parlamentari aderenti a pressoché tutti i gruppi politici, con la quale l'attuale esecutivo si è impegnato ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad attuare, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi, che preveda la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale; l'introduzione di meccanismi in grado di garantire una reale ed efficace protezione del principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo, assicurando al detenuto un'adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei suoi diritti; il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge «Gozzini», da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dalla estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche nel procedimento penale ordinario; l'applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti; l'istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extra-comunitari, quale strumento per favorirne l'integrazione ed il reinserimento sociale e quindi ridurre il rischio di recidiva; la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento; la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest'ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza; l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti; il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione; l'applicazione concreta della legge 22 giugno 2000 n. 193 (cosiddetta legge «Smuraglia»); l'esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini; una forte spinta all'attività di valutazione e finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, nonché di aiuti alle loro famiglie, prevista dalla legge istitutiva della Cassa delle ammende;
sul fronte della politica penitenziaria, nonostante gli impegni assunti, ancora non sono state varate quelle urgenti misure necessarie ad affrontare il protrarsi della grave emergenza dovuta al sovraffollamento degli istituti di pena ed in grado di assicurare il rispetto della Costituzione e dell'ordinamento penitenziario all'interno delle carceri;
il «fantomatico» Piano carceri risalente al maggio 2009 si è trasformato in un «Piano fantasma» che ha prodotto, al momento, qualche padiglione rimesso in sesto all'interno di qualche istituto; si è arrivati così all'assurdità per la quale, mentre si dà il via alla costruzione di nuove carceri - peraltro in deroga alle principali norme edilizie - gli istituti nuovi già ultimati da tempo, non possono essere aperti per la carenza di personale di ogni tipo;
inoltre, la legge 1o dicembre 2010 n. 281, relativa alla esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno, sta dimostrando tutta la sua inutilità rispetto allo scopo per cui era stata pensata: deflazionare in modo significativo la popolazione ristretta in condizioni disumane nelle carceri. La maggioranza di Governo, che pure aveva varato all'unanimità in Consiglio dei ministri un disegno di legge che avrebbe rappresentato una inversione di tendenza rispetto alle politiche repressive adottate in questi anni sul fronte delle modalità di espiazione della pena, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto non ha né saputo né voluto difenderlo in Parlamento, lasciandolo - senza intervenire minimamente - letteralmente «saccheggiare» da una serie di emendamenti che lo hanno privato di ogni efficacia normativa;
secondo i dati ufficiali in Italia, l'arretrato pendente (compreso quello contro «ignoti») sfiora la cifra iperbolica di 5 milioni e mezzo di procedimenti penali (quasi sei milioni quelli civili), che sarebbero molti di più se solo negli ultimi dieci anni non si fossero contate ben 2 milioni di prescrizioni (nel nostro Paese secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero della giustizia si contano circa 200 mila procedimenti penali prescritti ogni anno), sicché solo con un provvedimento di amnistia capace di eliminare più della metà di questo vero e proprio debito giudiziario che lo Stato ha nei confronti dei cittadini si riuscirebbe a dare finalmente avvio a quelle riforme strutturali e organiche di cui il nostro sistema-giustizia ha un disperato bisogno,
impegna il Governo
a dare concreta ed immediata attuazione alla risoluzione n. 6-00012 approvata dalla Camera dei deputati il 28 gennaio 2009; nonché alla mozione n. 1-00288 nelle parti approvate dalla Camera dei deputati in data 12 gennaio 2010;
a valutare l'opportunità di aprire un dibattito che contempli anche iniziative volte alla concessione di un provvedimento di amnistia in grado di ridurre gran parte dell'arretrato pendente che attualmente soffoca l'amministrazione quotidiana della giustizia e che rischia di vanificare qualsivoglia riforma organica che il Parlamento decida di approvare.
(6-00056) «Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».