ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00023

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 210 del 28/07/2009
Abbinamenti
Atto 6/00024 abbinato in data 29/07/2009
Atto 6/00025 abbinato in data 29/07/2009
Atto 6/00026 abbinato in data 29/07/2009
Atto 6/00027 abbinato in data 29/07/2009
Atto 6/00028 abbinato in data 29/07/2009
Firmatari
Primo firmatario: DONADI MASSIMO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 28/07/2009
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
DI PIETRO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
CAMBURSANO RENATO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
CIMADORO GABRIELE ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
FAVIA DAVID ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
FORMISANO ANIELLO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
GIULIETTI GIUSEPPE ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
MISITI AURELIO SALVATORE ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
MONAI CARLO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
MURA SILVANA ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
PALADINI GIOVANNI ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
PALAGIANO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
PIFFARI SERGIO MICHELE ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
PISICCHIO PINO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
PORCINO GAETANO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
RAZZI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
ROTA IVAN ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
SCILIPOTI DOMENICO ITALIA DEI VALORI 28/07/2009
ZAZZERA PIERFELICE ITALIA DEI VALORI 28/07/2009


Stato iter:
29/07/2009
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 29/07/2009
Resoconto PEPE MARIO (PD) PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto FARINONE ENRICO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto MARIANI RAFFAELLA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BURTONE GIOVANNI MARIO SALVINO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto TIDEI PIETRO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto POLLEDRI MASSIMO LEGA NORD PADANIA
Resoconto BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 29/07/2009
Resoconto CASERO LUIGI SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 29/07/2009
Resoconto SORO ANTONELLO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto VIETTI MICHELE GIUSEPPE UNIONE DI CENTRO
Resoconto CONTENTO MANLIO POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto GIORGETTI GIANCARLO LEGA NORD PADANIA
Resoconto BITONCI MASSIMO LEGA NORD PADANIA
Resoconto MARCHI MAINO PARTITO DEMOCRATICO
 
DICHIARAZIONE VOTO 29/07/2009
Resoconto IANNACCONE ARTURO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD
Resoconto BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI
Resoconto TABACCI BRUNO UNIONE DI CENTRO
Resoconto SIMONETTI ROBERTO LEGA NORD PADANIA
Resoconto BARETTA PIER PAOLO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto MARINELLO GIUSEPPE FRANCESCO MARIA POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto CIRIELLI EDMONDO POPOLO DELLA LIBERTA'
 
PARERE GOVERNO 29/07/2009
Resoconto CASERO LUIGI SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 29/07/2009

DISCUSSIONE IL 29/07/2009

NON ACCOLTO IL 29/07/2009

PARERE GOVERNO IL 29/07/2009

DICHIARATO PRECLUSO IL 29/07/2009

CONCLUSO IL 29/07/2009

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00023
presentata da
MASSIMO DONADI
testo di
martedì 28 luglio 2009, seduta n.210

La Camera,
esaminato il Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013;
considerato che:
in base alla legge di contabilità vigente (legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni), il Governo ha l'obbligo di presentare il Documento di programmazione economico-finanziaria, entro il 30 giugno di ogni anno, al fine di consentire alle Camere di esaminarne in tempi congrui i contenuti e assumere le conseguenti deliberazioni mediante l'approvazione di una risoluzione, definendo così l'entità della successiva manovra finanziaria e le ripercussioni che essa avrà sui saldi di finanza pubblica. Non si tratta di indicazioni di carattere meramente programmatico, ma di decisioni che assumono rilievo vincolante per la successiva sessione di bilancio: il procedimento legislativo di esame dei disegni di legge finanziaria e di bilancio dovrà infatti svilupparsi in modo coerente con le previsioni del Documento di programmazione;
anche quest'anno, il DPEF al nostro esame, oltre ad essere molto reticente sui reali impegni e sugli interventi previsti, è carente per quanto riguarda alcuni elementi essenziali, previsti dalla legge n. 468 del 1978, infatti, il Documento non corrisponde:
ai requisiti dell'articolo 3, comma 2, lettera f), della legge n. 468 del 1978, in quanto manca completamente «.....l'articolazione degli interventi, anche di settore, collegati alla manovra di finanza pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale, necessari per il conseguimento degli obiettivi di cui alle precedenti lettere.....con la valutazione di massima dell'effetto economico-finanziario attribuito a ciascun tipo di intervento in rapporto all'andamento tendenziale»;
ai requisiti dell'articolo 3, comma 4, della legge n. 468 del 1978 poiché non indica i disegni di legge collegati di cui al comma 1, lettera c), dell'articolo 1-bis della medesima legge, se non con riferimento al decreto-legge n. 78 del 1o luglio 2009, attualmente all'esame della Camera, prima dell'inizio formale della sessione di bilancio;
il Governo ha nuovamente operato una violazione delle prerogative del Parlamento cui l'articolo 81 della Costituzione attribuisce la funzione di indirizzo e controllo in merito alla destinazione e allocazione delle risorse pubbliche;
per l'intero 2009 viene stimata dal DPEF una riduzione del PIL del 5,2 per cento: il Governo è passato così dalla stima di crescita di quasi un punto percentuale (0,9) prodotta con il DPEF presentato lo scorso anno, ad una previsione dimezzata (0,5) a settembre scorso, per scendere, a febbraio 2009, al -2 per cento e poi, ad aprile, con la Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica (RUEF), accettare il dato del -4,2 per cento. Oggi il Governo ammette, così come era stato evidenziato dai principali centri di osservazione economica, che il PIL subisce un riduzione del 5,2 per cento rivedendo così tutte le stime di finanza pubblica che ne conseguono;
il Documento registra il calo verticale delle entrate tributarie, in parte certamente imputabili ad una forte ripresa dell'evasione e dell'elusione fiscale, che incide sui saldi insieme ad un vistoso incremento di spesa che non deriva da interventi anticiclici adottati per combattere la crisi: quegli interventi, infatti, sono stati estremamente modesti, giustificando tale parsimonia con la necessità di mantenere sotto controllo i saldi della finanza pubblica. Dei 22,8 miliardi di aumento della spesa corrente, prevista per il 2009, solo 3,2 miliardi derivano da interventi anticrisi. Tutto il resto, è conseguenza, in parte, della spesa pensionistica e, soprattutto, di una nuova impennata della spesa per acquisti di beni e servizi;
il Governo registra - e non potrebbe fare diversamente - il calo verticale delle entrate tributarie imputandone la causa alla crisi economica, insistendo nel sostenere il proprio strenuo impegno nella lotta all'evasione fiscale. Viceversa l'incidenza di un vistoso incremento dell'evasione è facilmente riscontrabile dalla lettura di diversi documenti. Ad esempio, la Corte dei Conti, nella relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2008, depositata in Parlamento in data 21 gennaio 2009, ha evidenziato forti perplessità in relazione alle iniziative intraprese dal Governo in materia di semplificazione e lotta all'evasione, in conseguenza delle quali si sono registrati importanti mancati introiti per il bilancio dello Stato;
le conseguenze di queste dinamiche si riversano sui saldi di finanza pubblica in maniera alquanto peggiorativa rispetto alle stime indicate nella RUEF. Particolarmente preoccupanti appaiono i dati relativi al saldo primario, destinato a collocarsi per la prima volta sotto lo zero e, di conseguenza, quello sulla crescita del debito che arriverà a sfiorare il 120 per cento del PIL nel 2010 (esattamente 118,2);
l'aggiornamento degli andamenti tendenziali degli aggregati di finanza pubblica, comprensivo degli effetti dell'assestamento di bilancio, determina una revisione del rapporto deficit/PIL di quest'anno al 5,3 per cento, in rialzo di 0,7 punti percentuali di PIL rispetto a quanto indicato nella RUEF, di -0,4 per cento nel 2010 e di -0,1 per cento nel 2011;
nel 2009 l'indebitamento netto tendenziale è previsto pari al -5,3 per cento del PIL, con un peggioramento di -2,6 punti di PIL rispetto al valore registrato nel 2008; l'avanzo primario tendenziale, pari al 2,4 nel 2008, è previsto negativo nel 2009 (pari al -0,4 per cento del PIL); la spesa per interessi viene prevista in crescita di 1 punto sul PIL; rispetto alle previsioni presentate nella RUEF l'indebitamento netto tendenziale della pubblica amministrazione mostra un peggioramento di 0,7 punti percentuali per il 2009. Il peggioramento del saldo rispetto alle stime di aprile deriva principalmente, dal lato della spesa, agli effetti riconducibili dal disegno di legge di assestamento per il 2009, inclusi negli andamenti tendenziali del conto economico della pubblica amministrazione. Il quadro tendenziale della PA incorpora gli effetti dell'assestamento e ricorda che tale provvedimento peggiora il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di circa 37 miliardi, determinando un incremento dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione in rapporto al PIL di 0,3 punti percentuali. In relazione a ciò, emerge che, così come rilevato dal Servizio di bilancio del Senato, il quadro informativo presentato dal DPEF non consente di valutare gli effetti finanziari associati al disegno di legge di assestamento, il quale non reca la valutazione delle misure proposte in termini di fabbisogno ed indebitamento netto. Pertanto per meglio ricostruire l'effetto del disegno di legge di assestamento sul conto economico della pubblica amministrazione il Governo deve fornire una valutazione più dettagliata - in particolare, la scomposizione tra componenti di entrata e di spesa - del peggioramento di 0,3 punti rispetto al PIL dell'indebitamento netto associato al disegno di legge di assestamento;
al fine di consentire una compiuta valutazione delle scelte di politica economica operate sarebbe opportuno che il Governo fornisse un quadro tendenziale a legislazione vigente non comprensivo dell'assestamento, nonché un quadro tendenziale dei conti di cassa del settore pubblico;
con il DPEF il Governo si impegna al pareggio di bilancio «non appena la ripresa sarà consolidata», ma sin da ora, al centro delle preoccupazioni del Governo dovrebbero esserci la necessità di controllare la spesa pubblica, dopo che la Banca d'Italia ha diffuso i dati sull'andamento del debito pubblico, in relazione al quale è stato registrato un nuovo massimo storico a maggio: 1.752,188 miliardi di euro, in crescita di circa 4 miliardi rispetto al mese precedente e in notevole salita rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso;
nell'anno in corso i consumi privati sono previsti in calo (-2,2 per cento). Sulle decisioni di spesa delle famiglie peserebbero, secondo il Governo, le condizioni sfavorevoli del mercato del lavoro e la contrazione della ricchezza finanziaria. Alla fine del 2008 la ricchezza delle famiglie è risultata in calo del 13,5 per cento rispetto alla fine del 2007. Questo calo influirà negativamente sui consumi reali delle famiglie per il 2009. Impatto negativo che secondo il Governo, sarà alleviato, dopo il mese di marzo del 2010 in seguito alla ripresa dei mercati finanziari;
i dati relativi al quadro tendenziale di finanza pubblica integrato con gli effetti del decreto-legge n. 78 del 2009, evidenziano una ricomposizione del conto che «non incide sul livello dell'indebitamento per gli anni 2009-2012, determinando solo nel 2013 una marginale riduzione del deficit per effetto di maggiori entrate tributarie e lievi minori esborsi per prestazioni sociali.» Pertanto, tenuto conto dell'andamento tendenziale, il Governo indica la necessità di una manovra correttiva sul saldo primario, pari a circa l'1,2 per cento del PIL, solo nel triennio 2011-2013;
nel quadro tendenziale del DPEF la pressione fiscale supera il 43 per cento del PIL nel 2009 e rimane sugli stessi livelli per tutto l'orizzonte temporale previsto. Si tratta di valori molto elevati, che collocano il nostro Paese ampiamente sopra la media degli altri Paesi dell'area euro;
inoltre, il carico fiscale incide in larga misura quasi unicamente sui redditi da lavoro dipendente e da pensione, redditi a cui si applicano aliquote molto alte a causa di un'ampia fascia di evasione fiscale tollerata e perfino incoraggiata che comporta una perdita di gettito di oltre 100 miliardi di euro l'anno;
con la Finanziaria 2007 il Governo Prodi mise in campo un primo pacchetto di misure per contrastare l'evasione, quali la riorganizzazione dell'anagrafe tributaria, la «tracciabilità» dei compensi dei professionisti, l'obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi, la tenuta dell'elenco clienti-fornitori, l'anagrafe dei conti correnti bancari, la lotta alle frodi IVA, la contabilità semplificata e agevolata per 950.000 imprese minori, il cosidetto «forfettone» per i contribuenti minimi con reddito inferiore a 30 mila euro. Con queste misure furono incassati 23 miliardi in più e nel contempo le entrate da ruoli e riscossioni coattive crebbero del 20 per cento;
dopo avere smantellato in meno di un anno tutte queste disposizioni, si rinnova da parte del Governo Berlusconi la scelta di ricorrere alla vituperata arma dei condoni, vecchio arnese della politica tributaria, che fu utilizzato a piene mani dal Ministro Tremonti nel biennio 2003-2004, con lo scudo fiscale inserito nel decreto anticrisi e con altre misure in preparazione;
risulta estremamente grave l'atteggiamento del Governo il quale con il presente DPEF rinuncia ad intervenire sui saldi specificando che non ci sarà alcuna manovra per rilanciare l'economia o per migliorare i conti pubblici nel 2010;
si tratta in realtà di una «non manovra» che si evidenzia in tutta la sua pochezza se si confrontano i saldi netti programmatici (risultanti della manovra di bilancio prevista) con i dati netti tendenziali (senza manovra): stesso indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni (- 5 per cento per il 2010) e stesso mancato incremento del PIL;
il quadro programmatico indicato nel DPEF non include alcuna informazione sui livelli e sulla composizione delle entrate e delle spese. Nel Documento si indica unicamente che, dal lato delle entrate, gli interventi correttivi tenderanno a rafforzare le misure di contrasto all'evasione ed elusione fiscale, mentre dal lato della spesa, si indicano interventi volti ad assicurare il rientro dei disavanzi sanitari regionali e a conseguire modalità più efficienti nell'erogazione dei servizi pubblici. L'assenza di informazioni sugli obiettivi per le entrate e per le spese rende impossibile valutare compiutamente il quadro programmatico delineato dal Governo e le scelte di politica di bilancio impostate e delineate nel DPEF e rende ancor più difficile valutare la potenziale efficacia dell'azione di contenimento;
all'elencazione della manovra programmatica dovrebbe inoltre essere associata la presentazione di una elencazione degli impegni a politiche invariate, quali ad esempio, i rinnovi contrattuali, i contratti di servizio e gli impegni internazionali, in assenza delle quali il quadro di programmazione non renderebbe pienamente la rappresentazione dell'azione di contenimento richiesta in via programmatica. Ad esempio, il conto tendenziale evidenzia un forte calo della spesa in conto capitale nel 2010. In particolare la spesa per investimenti - dopo essere salita del 6,3 per cento nel 2009 - scenderebbe del 6,6 per cento (escludendo gli oneri per il riacquisto degli immobili cartolarizzati nel 2002) riportandosi sul valore registrato nel 2006. In una fase congiunturale che rimarrà prevedibilmente delicata, sarebbe necessario mantenere questo sostegno del settore pubblico alla domanda aggregata;
il decreto-legge n. 78 del 2009, varato dal Governo per aggiornare la manovra impostata lo scorso anno con il decreto-legge n. 112 del 2008, secondo il DPEF non avrà alcun impatto netto sui saldi di finanza pubblica, mentre alle maggiori spese o minori entrate lorde disposte corrisponderanno altrettante misure per maggiori entrate o minori spese, in modo tale che l'entità netta complessiva degli interventi a sostegno dell'economia messi sin qui in atto dal Governo ammonta appena a circa 3 miliardi di euro;
le misure a favore dell'occupazione e per il potenziamento degli ammortizzatori sociali previste dal decreto-legge n. 78 del 2009 - oltre a non rappresentare risorse aggiuntive perché finanziate attraverso la riduzione del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto legge n. 185 del 2008 - non risolvono il problema della massa di lavoratori dipendenti o parasubordinati che non hanno diritto ad alcun trattamento in caso di sospensione o cessazione del rapporto di lavoro e consistono semplicemente in un intervento di proroga della possibilità concessa ai lavoratori in cassa integrazione di allungare ulteriormente la durata dei trattamenti loro riservati. Inoltre, tale misura non è di immediata applicazione. Infatti, ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 decreto-legge n. 78 del 2009 sarà necessario attendere l'emanazione di un decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che disciplini le modalità attuative della norma;
non solo, non si prevede niente per i lavoratori atipici, ma addirittura nella legge di conversione del decreto legge n. 78 del 2009 (articolo 1, comma 8-ter), si annullano i 100 milioni già destinati all'attuazione dell'istituto sperimentale di tutela del reddito, una tantum e nella misura del 20 per cento del reddito percepito l'anno precedente, per i collaboratori a progetto (peraltro sostanzialmente fallito visto che solo 1.800 lavoratori avevano presentato la domanda entro la data fissata del 30 giugno scorso), mentre si poteva prevedere una revisione delle condizioni per accedere a tale beneficio ed una sua estensione a tutte le forme di lavoro atipico, nonché un incremento del beneficio, attualmente davvero misero;
il DPEF non propone ciò che servirebbe veramente in Italia: una seria riforma degli ammortizzatori sociali.
si deve esprimere viva preoccupazione per l'assenza di una chiara impronta riformatrice dell'esecutivo soprattutto in relazione ai meccanismi di pensionamento, anche in relazione alle stime del DPEF che rilevano un vistoso incremento dell'incidenza della spesa pensionistica sul PIL che a causa della recessione, ma non dell'aumento della spesa in sé, crescerà di più di un punto percentuale, passando dal 14,2 per cento del PIL nel 2008 al 15,2 per cento, nel 2009;
il DPEF, pur dedicando un intero capitolo alla tendenza della spesa pensionistica, non propone alcun dettaglio al riguardo della riforma delle pensioni divenuta ormai essenziale;
mentre nel decreto anticrisi (n. 78 del 2009) si innalza l'età pensionabile per le dipendenti pubbliche, nello stesso decreto si prevede la «rottamazione» dei dipendenti pubblici, a discrezione dei dirigenti, al raggiungimento dei 40 anni di anzianità contributiva. Da un lato, dunque, si dice di voler tagliare la spesa previdenziale, dall'altro si opera in senso contrario, aumentandola;
in Italia, le donne subiscono gravi discriminazioni: nell'accesso al mercato del lavoro, nelle opportunità di carriera, nella crescente disparità salariale, nelle condizioni di lavoro, nel progressivo aggravarsi del lavoro di cura conseguente ai tagli ai servizi sociali;
la possibilità di andare in pensione a 60 anni non è un obbligo, ma una libera scelta che le donne possono compiere, così come, se lo desiderano, già oggi possono continuare a lavorare fino a 65 anni e oltre come i loro colleghi maschi;
il Governo mira ad eliminare il solo riconoscimento esistente oggi - quello pensionistico - del doppio lavoro che le donne quotidianamente svolgono;
è dunque necessario un welfare moderno, che consenta alle donne di lavorare, fare carriera ed essere madri. È necessario incentivare la crescita dell'occupazione femminile. È necessario operare attivamente per la parità salariale. E tutto questo prima, o al massimo nel mentre, si innalza in modo graduale e facoltativo l'età pensionabile delle lavoratrici del pubblico impiego;
emerge con chiarezza la volontà del Governo di scaricare i costi della crisi su lavoratrici e lavoratori, nel mentre si condonano i grandi evasori con le norme sul cosi detto «scudo fiscale»;
si esprime preoccupazione per l'assenza di politiche strutturali volte a favorire una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia. L'unico riferimento a tale questione è contenuto in mere enunciazioni di principio in evidente contrasto con gli interventi che l'attuale Governo ha adottato sino ad oggi che hanno, di fatto, peggiorato la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, citiamo ad esempio i tagli all'organico del corpo docente e la detassazione degli straordinari: una misura, quest'ultima, come noto, che può essere applicata solo nei confronti dei lavoratori uomini, che fanno, o che possono fare, gli straordinari e non certo alle donne con figli piccoli. Queste scelte hanno provocato l'effetto di bloccare il tasso di partecipazione femminile nel mercato del lavoro che quest'anno non è aumentato neanche di un punto percentuale. Si ricorda infine che sul tema della conciliazione lavoro e famiglia, durante la scorsa legislatura, con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), sono stati previsti vari interventi a sostegno della maternità e paternità soprattutto per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, come ad esempio l'estensione della possibilità di usufruire del congedo parentale ai lavoratori a progetto e le categorie assimilate (articolo 1, comma 788);
sorprende il fatto che all'interno del DPEF si affermino gravi inesattezze sulla fase di esame in Parlamento di alcuni disegni di legge quali: il disegno di legge delega in materia di lavori usuranti e riforma del processo del lavoro, collegato alla manovra di finanza pubblica, il disegno di legge sulle forme di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese ed, infine, il disegno di legge relativo alla regolamentazione del diritto di sciopero nel settore dei trasporti. Tutti provvedimenti il cui iter procede a stento;
il Documento di programmazione economico-finanziaria indica per la spesa sanitaria, per gli anni 2010 -2013, un tasso di crescita medio del 3,1 per cento, indicando nell'attuazione della cosiddetta legge sul federalismo fiscale lo strumento con il quale prevedere rigorose attività di individuazione dei costi standard dei servizi da offrire ai cittadini, al fine di generare - parallelamente alla diffusione territoriale delle «best practices» - economie di spesa significative le quali, seppur «prudenzialmente non inserite nella programmazione finanziaria», potrebbero assicurare la copertura dell'aumento della spesa citato per gli anni a venire. Per altro già dall'esercizio finanziario in corso la legge finanziaria per il 2009 (legge 22 dicembre 2008, n. 203), ha previsto una riduzione della missione n. 20 «Tutela della salute» di oltre il 15 per cento rispetto all'esercizio precedente;
le risorse destinate al contrasto alla crisi, sia sul versante del sostegno all'economia, sia su quello del sostegno sociale, sono state in gran parte reperite sottraendole ad altre destinazioni, con rilevante aggravamento delle sofferenze per i settori così privati di risorse, primo fra tutti il Mezzogiorno. Il DPEF, peraltro, non affronta minimamente il problema della disoccupazione nel Mezzogiorno, nonostante il recente rapporto Svimez rilevi che, dal 2004 al 2008, i disoccupati impliciti e gli scoraggiati siano aumentati di 424 mila unità, provocando un calo del Pil del 3,8 per cento;
l'antica questione meridionale sembra essere stata cancellata dall'agenda politica del nostro Paese: nel DPEF non esiste alcuna analisi o richiamo ai dati, sempre più allarmanti che riguardano la nostra economia nel Mezzogiorno. Il Sud è in agonia, lo dice con lucidità e fermezza l'ultimo Rapporto Svimez sullo stato dell'economia meridionale: il risultato del rapporto Svimez mette in luce un Mezzogiorno in recessione, colpito particolarmente dalla crisi nel settore industriale che da sette anni cresce meno del Centro Nord, cosa mai avvenuta dal dopoguerra ad oggi, senza che di questo il DPEF provveda a dire una parola. Le piccole e medie imprese sono più deboli rispetto a quelle del Nord, risultando penalizzate da infrastrutture insufficienti e di scarsa qualità e dalla difficoltà di accesso al credito. Le responsabilità di questo ritardo sono certamente storiche, tuttavia non possiamo non ricordare che a novembre 2008 il Governo ha finanziato tutte le misure adottate per fronteggiare la crisi togliendo risorse al Sud. Addirittura per fronteggiare i disavanzi dei Comuni di Catania e di Roma sono stati sottratti soldi dai Fondi FAS. Praticamente non ci saranno più risorse pubbliche nazionali per il Sud fino al 2015;
per il 2010, anno in cui secondo le stime del Governo dovrebbe palesarsi la ripresa, è impossibile attendersi una significativa inversione di tendenza se non interverranno urgenti iniziative di sostegno e di stimolo alla produzione e alla domanda, che il Governo si vede bene dall'indicare;
gli interventi normativi fino ad ora adottati dall'esecutivo per il comparto della giustizia, ed in particolare gli ingenti tagli finanziari operati - contrariamente a quanto sostenuto nel DPEF, laddove si afferma che si è provveduto ad un incremento di risorse - determineranno la vanificazione di ogni progetto di ristrutturazione del sistema, con particolare riferimento all'informatizzazione degli uffici, alla definitiva introduzione del processo telematico ed all'auspicata introduzione dell'ufficio per il processo, impedendo di provvedere alla spese primarie e quotidiane e considerato inoltre che un analogo riflesso negativo sul funzionamento delle attività sarà determinato anche per i servizi resi dalle forze dell'ordine sul territorio;
il DPEF elogia gli interventi varati dall'attuale Governo per il sostegno delle imprese, citando in particolare la norma prevista dall'articolo 5 del decreto-legge n. 78 del 2009 sulla detassazione degli utili reinvestiti in macchinari, ma nulla di concreto prevede per incrementare gli investimenti in ricerca e innovazione, nonostante l'esigenza di una seria politica pubblica che favorisca questi interventi sia diventata sempre più pressante ed urgente. La situazione è infatti realmente tragica. Anche il mercato ICT (Information and Comunication Technology) in Italia, l'unico che finora aveva sostanzialmente retto alla crisi economica mondiale, mostra segni di pesantissimi cedimenti. Un crollo della domanda che investe tutti i settori e che, nel comparto delle tecnologie, risente anche di un perdurante blocco alla modernizzazione, mettendo fortemente a rischio i germi di una rinascita che aveva fatto moderatamente sperare alla fine del 2008. Nel 2009 il calo della spesa nell'ICT sfiora il record negativo del meno 5,9 per cento, il peggior risultato dell'informatica italiana nella sua storia. A precipitare sono innanzitutto le telecomunicazioni (meno 11 per cento), seguite dalle banche (meno 9 per cento), dai trasporti e dall'industria (meno 4,9 per cento). E per la prima volta, il segno negativo si registra anche nel settore consumer (meno 3,5 per cento), quello che lo scorso anno era riuscito a sostenere l'information technology italiana, garantendo un ristrettissimo più 0,8 per cento;
nell'ultimo anno si sono manifestati in maniera evidente gli effetti di una crisi finanziaria che ha coinvolto la totalità dei Paesi occidentali, in particolare quelli maggiormente industrializzati, e molti Paesi emergenti;
i Governi occidentali, incluso quello italiano, di fronte alla grave crisi dei mercati finanziari sono intervenuti avendo a cuore soprattutto la stabilità del sistema del credito e di quello finanziario (interventi necessari anche se effettuati con delle modalità discutibili), mettendo a disposizione, a tal fine, ingenti risorse senza ottenere dalle banche garanzie su un futuro comportamento più corretto, senza prevedere le dovute tutele per i risparmiatori, senza predisporre adeguate misure per il credito a favore della piccole e medie imprese che, in particolare nel nostro Paese, rappresentano tanta parte del nostro apparato produttivo, e più in generale, senza definire un quadro di interventi in grado di rilanciare l'economia sulla base di un nuovo modello di sviluppo;
assistiamo già oggi a un profondo peggioramento dell'economia reale e dell'occupazione perché gli effetti della crisi si stanno propagando in tutto il sistema produttivo e dei servizi, mentre la situazione occupazionale peggiorerà in autunno;
l'aumento vertiginoso della cassa integrazione ed il calo degli investimenti pongono come priorità il rilancio dell'economia, dell'occupazione e il sostegno ai redditi delle classi popolari;
in Italia, metà della ricchezza è posseduta dal 10 per cento delle famiglie; una tale concentrazione di ricchezza favorisce la crescita degli investimenti speculativi e non produttivi che generano bolle finanziarie, mentre il calo dei consumi determina una pericolosa crisi dell'economia;
il DPEF nulla prevede al fine di promuovere la modernizzazione delle università italiane attraverso la cooperazione strategica tra università e piccole e medie imprese, nonostante in data 2 aprile 2009 la Commissione europea abbia presentato una comunicazione intesa a promuovere un nuovo partenariato per la modernizzazione delle università (COM(2009)158);
la legge finanziaria 2009 ha operato un taglio all'incirca di 131 milioni al Fondo unico per lo spettacolo (FUS) portando i finanziamenti al minimo storico. Tale Fondo era stato istituito per fornire sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi e imprese operanti in cinema, musica, danza, teatro, circo e spettacolo viaggiante, nonché per la promozione ed il sostegno di manifestazioni e iniziative di carattere e rilevanza nazionale in Italia o all'estero. Il mancato reintegro dei fondi penalizza fortemente l'intera industria culturale e cinematografica nazionale, che rappresenta un settore trainante dell'economia complessiva del Paese. Il settore dello spettacolo in Italia, conta all'incirca 250.000 lavoratori (artisti, autori, tecnici, truccatori, agenti, amministratori) e una tale scarsità di finanziamenti pubblici mette in serio rischio i livelli occupazionali dell'intero comparto;
si deve registrare l'assenza di una coerente e decisa politica di stimolo inserita nel quadro complessivo dell'azione di Governo in materia economica e finanziaria, la quale sembra invece orientata ad un percorso in cui la ripresa viene affidata al futuro traino delle altre economie ed alla conseguente rivitalizzazione delle esportazioni italiane, mentre la resistenza alle difficoltà attuali delle imprese dovrebbe essere assicurata da una nuova tolleranza verso l'evasione fiscale;
al di là del debito e del disavanzo che eserciteranno la loro influenza (negativa) sulle nostre politiche di bilancio (con conseguente aumento di pressione fiscale o tagli alle spese) il problema dell'Italia rimarrà quello di una crescita stentata, una stagnazione prolungata che a sua volta renderà molto più difficile, lungo e faticoso il superamento della crisi rispetto a quanto sarà possibile per gli altri Paesi europei;
il DPEF tace sullo scudo fiscale, ovvero sulla norma volta a favorire il rientro dei capitali depositati all'estero, inserita, con emendamento al decreto-legge n.78 del 2009, oltre a non dire nulla sulle misure necessarie in campo sociale;
nonostante la tardiva palese presa d'atto del Governo delle dinamiche recessive in corso, le stime fornite conservano la tendenza ad edulcorare la negatività dei dati: le misure correttive adottate in funzione anticiclica, contenute entro limiti estremamente esigui giustificati dalla preoccupazione per i vincoli di bilancio e di debito, non hanno avuto efficacia nel contrasto alla crisi e non hanno neppure permesso di arginare la deriva fortemente negativa della finanza pubblica;
appare del tutto inappropriata la valutazione esaltante che l'attuale Governo esprime con riferimento agli interventi attuati nel settore delle infrastrutture; interventi che il Governo contrappone con sfacciata evidenza ad un supposto immobilismo del precedente Governo Prodi;
non migliora la gravissima situazione di difficoltà nell'avanzamento anche delle più piccole opere, specie nelle regioni del Mezzogiorno;
il Governo ha finanziato tutte le misure adottate per fronteggiare la crisi togliendo risorse al Sud. Il conto che riporta lo Svimez è impressionante: 18 miliardi di fondi del FAS, risorse sottratte al Sud, alle quali se si aggiungono quelle per fronteggiare il terremoto in Abruzzo, si va ben oltre i 20 miliardi di euro. Praticamente non ci saranno più risorse pubbliche nazionali per il Sud fino al 2015. Il progressivo spostamento o allargamento verso il Nord di risorse e di politiche di sostegno, prima dedicate esclusivamente al Sud, contribuisce in modo decisivo al ritardo del Mezzogiorno, che oltre al confronto con il Nord, si manifesta con le altre aree deboli dell'Unione europea;
l'Allegato infrastrutture si configura come un mero catalogo di impegni privo di ogni garanzia sulla certezza dei tempi di avanzamento sia delle grandi che delle piccole opere. Per quanto riguarda l'Italia meridionale, nonostante si ribadisca l'impegno al completamento della Salerno-Reggio Calabria e venga sottolineata l'importanza strategica dell'asse ferroviario Napoli-Bari, della statale 106 Ionica, nonché degli hub portuali ed interportuali di Augusta, Brindisi e Taranto, appare contraddittoria la tempistica con la quale i finanziamenti potranno essere di fatto erogati. Con riferimento, ad esempio, al completamento dell'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria macro lotto 3-parte 4o, si rileva che nonostante per tale intervento sia stato autorizzato un finanziamento pari a 345 milioni di euro e 205,80 milioni di questi potranno essere assegnati solo dopo il 2001;
preoccupa l'incertezza dei dati relativi ai tempi di progettazione e di realizzazione di interventi connessi all'Expo 2015 di Milano, quali le linee metropolitane M4 ed M5, come pure i dati per attivare gli assi infrastrutturali strategici all'interno del Corridoio n. 5 (Lisbona-Kiev) il traforo del Fréjus, il traforo del Brennero (Corridoio n. 1), la Brescia-Bergamo-Milano (BRE.BE.MI), il terzo valico della Milano-Genova ed il completamento della TAV fino a Venezia;
appare inammissibile la decisione governativa di destinare 1,3 miliardi di euro per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ed ulteriori 904 milioni di euro per gli interventi a terra connessi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, quando queste stesse risorse potrebbero essere utilizzate, ad esempio, per affrontare l'emergenza del terremoto avvenuto il 6 aprile scorso in Abruzzo, o per adeguare la viabilità stradale in Sicilia e Calabria;
per quanto riguarda il progetto di ampliamento della banda larga, si considerano spropositate le stime su ipotesi di investimento di 1,471 miliardi di euro per lo sviluppo di reti telematiche di nuova generazione, dal momento che un iniziale finanziamento, stimato in ottocento milioni di euro, sarà nella realtà inferiore alla previsione iniziale;
impegna il Governo
a rivedere e completare il quadro programmatico per l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e per gli altri saldi di finanza pubblica, definendo in maniera puntuale l'articolazione della manovra in termini di entrate e di spese e fornendo altresì informazioni sulla composizione del saldo programmatico, con particolare riferimento alle grandezze riferite alla pressione fiscale e alle spese correnti sul PIL;
a porre in essere ogni atto di competenza volto ad estendere tutte le tipologie di ammortizzatori sociali, attuali e future, a tutti i lavoratori con contratti a tempo determinato o con altre forme di lavoro precario quando siano stati superati i 36 mesi di lavoro, comunque realizzati, nell'arco degli ultimi 5 anni;
a porre in essere ogni atto di competenza volto a valorizzare il confronto tra Governo e parti sociali, tali da consentire un indirizzo chiaro per una riforma strutturale del sistema di ammortizzatori sociali, che garantisca le misure adeguate sia a determinare l'estensione delle differenti tipologie di ammortizzatori sociali ai lavoratori che ancora non ne godono, sia a favorire il reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro;
ad attuare e finanziare in maniera adeguata, nel quadro della riforma degli ammortizzatori sociali, iniziative che tendano a colmare lo squilibrio tra il Nord e il Sud del Paese, attraverso forme di promozione dell'occupazione e di sostegno al reddito nelle regioni meridionali, in particolare nei casi di crisi occupazionale, anche assegnando sgravi fiscali a quelle imprese, in particolare piccole e medie, che assumono a tempo indeterminato e investendo risorse congrue per favorire iniziative imprenditoriali di microimprese da parte di giovani meridionali;
a prendere, dopo un confronto con tutte le parti sociali, le opportune iniziative per:
ritornare ai criteri di flessibilità per la parificazione uomo/donna contenuti nella legge n.335 del 1995, ed avviare una discussione approfondita sui coefficienti per i giovani;
sviluppare una vera politica di pari opportunità che investa nei servizi pubblici, che sostenga le donne nel mercato del lavoro, che dia risposte al lavoro di cura, che allevi le donne dal peso di un doppio lavoro obbligato in tutte le fasi della vita;
distinguere tra le lavoratrici e le madri lavoratrici che si prendono cura dei figli oppure le lavoratrici che si curano delle persone non autosufficienti, per le quali tali gravosi compiti si aggiungono agli altri carichi familiari, con una diversa e maggiore valorizzazione contributiva per i periodi di maternità e di congedo parentale;
ad adottare iniziative legislative realmente efficaci per incrementare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche attraverso misure a sostegno della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia, integrando con risorse economiche adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000, in modo da garantire su tutto il territorio nazionale alle persone e alle famiglie una migliore qualità della vita, con la qualificazione e il potenziamento della rete dei servizi degli enti locali;
ad intervenire con urgenza per sostenere il rilancio dei consumi ed in tale prospettiva ad introdurre già, entro il 2010, un'adeguata forma di detassazione capace di aumentare il potere d'acquisto dei redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, ad iniziare dalla restituzione del fiscal drag, dall'incremento delle agevolazioni fiscali per i carichi familiari e dalla maggiorazione delle deduzioni per i redditi da lavoro e da pensione;
ad adottare significativi interventi di razionalizzazione del sistema sanitario nel suo complesso, prevedendo al contempo il rinnovo contrattuale dell'intero comparto sanità, nonché ad indicare chiaramente la provenienza dei fondi necessari a far fronte al citato aumento della spesa sanitaria nazionale - stimato in oltre il 3 per cento annuo - specificando al contempo che, in attuazione della legge sul federalismo fiscale, non saranno ridotti i trasferimenti agli enti locali utili al mantenimento, in ogni caso, dei servizi e delle prestazioni offerte attualmente, garantite dai livelli essenziali d'assistenza;
a provvedere, in riferimento all'intero comprato della giustizia e della sicurezza:
al reperimento delle risorse adeguate per assicurare l'efficacia della riforma organica del processo sia civile che penale, con particolare riferimento all'auspicata introduzione del'ufficio per il processo, in modo da consentire agli uffici giudiziari di gestire il carico degli adempimenti e di superare i ritardi nella trattazione dei processi determinati per meri problemi procedurali e meramente formali;
ad incrementare i fondi dedicati al personale ed alle strutture di supporto delle forze dell'ordine, in modo da assicurarne l'ammodernamento e da consentire una più razionale presenza sul territorio nazionale, indispensabile per una efficiente lotta alla criminalità organizzata e diffusa;
a prevedere, nel comparto giustizia, un forte incremento di personale sia giudicante che amministrativo, con particolare riferimento ai servizi di cancelleria, assicurando inoltre un intervento urgente per garantire la verbalizzazione e la trascrizione degli atti presso tutti i singoli uffici giudiziari, quale passaggio fondamentale per lo svolgimento dei processi penali;
a reperire le necessarie risorse finanziarie per salvaguardare i livelli retributivi degli operatori delle forze dell'ordine, della giustizia e del settore carcerario, prevedendo l'ampliamento e l'ammodernamento delle strutture penitenziarie esistenti, assicurando anche l'attuazione dei piani e dei programmi a tal fine previsti nelle ultime leggi finanziarie;
a reintegrare le risorse destinate al Fondo unico giustizia destinate al Ministero della giustizia, consentendo così il pressoché totale autofinanziamento del sistema giudiziario, recependo tra l'altro le proposte avanzate dalla Commissione «per lo studio e la proposta di riforme e di interventi per la razionalizzazione, armonizzazione e semplificazione delle procedure processuali ed amministrative relative alle sanzioni pecuniarie da reato applicate a norma del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, alle spese processuali ed alla gestione dei beni confiscati ed in giudiziale sequestro nonché la verifica ed ampliamento delle forme di contrasto alla criminalità economica con riferimento particolare all'ambito di applicazione della responsabilità degli enti»;
ad inserire nel DPEF un resoconto puntuale sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, in coerenza con gli obblighi derivanti dall'attuazione del Protocollo di Kyoto e sui relativi indirizzi, come previsto dall'articolo 3, comma 2-ter, del decreto-legge n. 273 del 2004, indicando in particolare le proposte di modifica e di integrazione del Piano nazionale di assegnazione delle quote di emissioni che si rendano necessarie;
a promuovere la modernizzazione ecologica dell'economia, un vero e proprio «green new deal», tramite la riconversione dell'insieme delle attività produttive e dei servizi, basata sulla regolazione ecologica e contenente giacimenti d'impiego consistenti nelle energie rinnovabili, nell'edilizia, nei trasporti, in agricoltura, nella manutenzione, nel rifornimento dei materiali, nella riparazione, il riciclaggio, il commercio locale, la ricerca e l'innovazione o la protezione degli ecosistemi;
ad avviare un programma di lavori pubblici di immediata esecuzione dando la priorità ad un piano triennale per la messa in sicurezza, coibentazione e alimentazione con energie rinnovabili degli edifici scolastici;
a sostenere i processi di risparmio ed efficienza energetica nella produzione, nei trasporti e nel civile;
ad incrementare le risorse e gli investimenti per lo sviluppo dell'innovazione e della ricerca a favore delle piccole e medie imprese;
a promuovere lo sviluppo della cooperazione strategica tra università e piccole e medie imprese in coerenza con gli indirizzi dell'Unione europea anche attraverso l'individuazione di programmi tesi a costituire forme di partenariato strutturato per l'organizzazione dei cicli di istruzione;
per quanto concerne gli investimenti infrastrutturali, a porre in essere un'efficace selezione delle priorità e una pianificazione finanziaria da elaborare e aggiornare in funzione delle reali necessità del Paese assicurando un percorso di crescita delle risorse pubbliche ed indicando in modo certo, trasparente e puntuale gli impegni finanziari, provvedendo in particolare nel prossimo triennio:
a destinare all'emergenza del terremoto della Regione Abruzzo ulteriori risorse rispetto a quelle già disposte con il decreto-legge n. 39 del 2009, ivi comprese quelle attualmente previste, pari a 1, 3 miliardi euro, per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e gli ulteriori 904 milioni di euro per i conseguenti interventi a terra;
a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato sia ad incrementare sia ad accelerare l'erogazione delle risorse volte a garantire l'avanzamento dei lavori della autostrada Salerno-Reggio Calabria, dell'asse ferroviario Napoli-Bari, della statale 106 Ionica, nonché degli hub portuali ed interportuali di individuati dall'Allegato infrastrutture;
a velocizzare i tempi di progettazione e di realizzazione di interventi connessi all'Expo 2015 di Milano, quali le linee metropolitane M4 ed M5, come pure i dati per attivare gli assi infrastrutturali strategici all'interno del Corridoio n. 5 (Lisbona-Kiev) il traforo del Fréjus, il traforo del Brennero (Corridoio n. 1), la Brescia-Bergamo-Milano (BRE.BE.MI), il terzo valico della Milano-Genova ed il completamento della TAV fino a Venezia;
a destinare adeguate risorse per garantire la piena attuazione del progetto di ampliamento della banda larga, mantenendo fermo l'iniziale finanziamento di ottocento milioni di euro destinato a tal fine;
a fornire un quadro aggiornato e dettagliato delle risorse dei fondi FAS per il periodo 2007-2013 e a dare conto, dettagliatamente, della reale consistenza del Fondo sociale per occupazione e formazione, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, nonché del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in base a quanto stabilito del decreto-legge n. 185 del 2008 e dal decreto-legge n. 39 del 2009;
a rifinanziare adeguatamente il FAS restituendo le somme non utilizzate nella percentuale dell'85 per cento a favore dei territori meridionali;
ad adottare una politica di sviluppo nazionale con una visione unitaria del Paese al fine di conciliare la sopravvivenza e la crescita dei sistemi produttivi più forti con la salvaguardia di una azione costante per la riduzione del divario di sviluppo tra Nord e Sud, soprattutto in vista dell'entrata in vigore del federalismo fiscale. Dovranno quindi concretizzarsi a favore del Mezzogiorno - oltre alle misure già previste, ma non ancora attivate, quali le «zone franche urbane», che potrebbero avere un ruolo molto importante per promuovere lo sviluppo del Sud, o quelle già esaurite che il Governo dovrebbe prorogare, come i crediti di imposta per la nuova occupazione, che hanno prodotto risultati positivi - nuove misure, anche endogene, giocando tra l'altro sul ruolo che possono avere le università, dove andrebbe fortemente potenziata la ricerca, in collegamento con il sistema produttivo meridionale e dove andrebbe potenziata ancora più fortemente l'offerta di istruzione, anche nei confronti dei Paesi dell'area meridionale e orientale del Mediterraneo;
a rifinanziare in maniera adeguata il Fondo unico per il settore dello spettacolo;
ad utilizzare, per la realizzazione di tali programmi, le maggiori risorse derivanti:
1) dal recupero, con procedure semplificate ed immediate, dei 5,2 miliardi di euro delle somme non pagate relative ai condoni dell'anno 2001 e seguenti;
2) dal ripristino delle norme anti evasione abrogate da questo Governo, quali la riorganizzazione dell'anagrafe tributaria, la «tracciabilità» dei compensi dei professionisti, l'obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi, la tenuta dell'elenco clienti-fornitori, l'anagrafe dei conti correnti bancari, la lotta alle frodi IVA;
3) dal taglio dei costi e degli sprechi della politica, cioè il dimezzamento del numero dei parlamentari, l'abolizione delle province, la diminuzione del numero dei consiglieri delle municipalizzate e delle società partecipate dagli enti locali, la soppressione delle comunità montane, il taglio dei quattrocentomila stipendi o prebende e consulenze che ogni anno la politica distribuisce in Italia;
infine, in relazione all'attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale, quale occasione per rendere più efficiente la gestione delle risorse pubbliche e razionalizzare la spesa, sempre conservando il principio della solidarietà sociale, a voler precisare - in allegato al primo schema di decreto legislativo recante i principi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici - i fabbisogni complessivi in riferimento al quadro di finanziamento degli enti territoriali, della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, con l'indicazione puntuale delle possibili distribuzioni delle risorse.
(6-00023) «Donadi, Borghesi, Evangelisti, Di Pietro, Cambursano, Barbato, Cimadoro, Di Stanislao, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».