LAURA MOLTENI. -
Al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:
l'ultimo rapporto OSM dell'Istituto superiore di sanità ha rivelato che negli ultimi 10 anni il consumo di farmaci da parte degli italiani è aumentato del 60 per cento, con un incremento annuo pari al 5 per cento. Sempre nello stesso rapporto si legge che il mercato farmaceutico totale, comprensivo sia della prescrizione territoriale sia di quella erogata attraverso le strutture pubbliche, è stato di oltre 25 miliardi di euro, di cui il 75 per cento a carico del servizio sanitario nazionale;
è esperienza comune nella pratica medica che lo stesso farmaco somministrato alla stessa dose possa essere efficace nella maggioranza dei pazienti, ma scarsamente efficace e/o indurre effetti collaterali - a volte anche gravi - in alcuni dei soggetti trattati. Si stima infatti che i farmaci di maggior consumo (per esempio antipertensivi, ipolipemizzanti e antidepressivi) siano pienamente efficaci solo nel 25-50 per cento dei pazienti;
a fronte di una efficacia limitata negli ultimi anni si è osservato un progressivo e preoccupante aumento di reazioni avverse ai farmaci. Si consideri, per esempio, che negli Stati Uniti si raccolgono mediamente ogni anno quasi un milione di reazioni avverse: circa centomila sono definite di grado severo (in quanto richiedono ospedalizzazione e/o determinano danni permanenti al paziente), e di queste 15000 sono fatali. Analogamente, in Italia ogni anno la rete nazionale di farmacovigilanza dell'AIFA registra circa 20000 reazioni avverse da farmaci, con centinaia di eventi fatali;
da quanto sopra riportato emerge la necessità di ridurre la marcata variabilità nella risposta terapeutica e tossicologica associata ad un determinata terapia farmacologica, al fine di perseguire un uso più razionale e ottimale del farmaco e di contenere la spesa pubblica;
la farmacogenetica - una nuova branca della farmacologia - è una disciplina nata recentemente con l'obiettivo di studiare il potenziale ruolo di fattori ereditari nel determinare la risposta individuale ai farmaci. Negli ultimi anni sono state eseguite diverse ricerche in questo ambito, dimostrando come la farmacogenetica sia uno strumento fondamentale per predire quali pazienti potranno beneficiare appieno di un trattamento farmacologico (basti pensare agli studi eseguiti nel campo dell'oncologia con i nuovi farmaci biologici) e quali soggetti potranno sviluppare una grave tossicità (per esempio i test farmacogenetici per la sensibilità al farmaco anti-HIV abacavir o per l'anticoagulante warfarin) prima ancora di iniziare la terapia;
in Europa, diversi Paesi (Olanda, Inghilterra e Francia solo per citarne alcuni) hanno inserito già da qualche anno i test farmacogenetici all'interno dei servizi diagnostici forniti dalle strutture sanitarie pubbliche. L'implementazione di questi servizi anche nello scenario italiano potrebbe quindi favorire una reale personalizzazione della terapia farmacologica, con enormi vantaggi sia per il paziente che per il Servizio sanitario nazionale;
a titolo esemplificativo, si segnala che la regione Lombardia ha speso nel 2007 circa 5 milioni di euro di costi di pronto soccorso per la gestione di eventi avversi di tipo iatrogeno, a cui si sommano circa 15 milioni di euro di costi per l'ospedalizzazione dei pazienti che hanno avuto tali eventi. La maggior parte degli eventi avversi sono stati causati dal warfarin, un farmaco per il quale sono oggi disponibili due test farmacogenetici. L'applicazione di tali test avrebbe quindi permesso un risparmio per la regione Lombardia di oltre 10 milioni di euro;
i test farmacogenetici vengono sempre più frequentemente utilizzati per ottimizzare l'intervento terapeutico, ma nel nostro Paese essi hanno ancora una diffusione limitata. Questo in larga misura dipende dal vuoto legislativo che ha consentito ai test farmacogenetici, nel nostro Paese, di essere gestiti unicamente dal genetista, il quale, a fronte delle competenze mediche, spesso manca delle competenze necessarie ad affrontare un problema che in buona sostanza è farmacologico e non semplicemente genetico;
la farmacogenetica ha come oggetto principale il farmaco, il che la rende concettualmente e sostanzialmente diversa dalla genetica, che invece ha come oggetto la malattia. L'interpretazione del test farmacogenetico richiede, quindi, conoscenze specifiche e dettagliate nel campo della farmacologia, che spaziano dalla farmacocinetica alla farmacodinamica e alla tossicologia. Tali competenze sono peculiari ed identificano la figura del farmacologo;
questa situazione è stata originata dal fatto che in Italia la voce «test farmacogenetico» si ritrova, da un punto di vista normativo, unicamente nel testo riguardante l'autorizzazione al trattamento dei dati genetici rilasciata dal Garante per la protezione dei dati personali il 22 febbraio 2007 (poi prorogata fino al 30 giugno 2010). Questo fa si che i test farmacogenetici siano vincolati alle stesse regole rigide volte alla tutela del paziente e della sua privacy applicate ai test genetici. Tuttavia, l'applicazione di tali regole non trova un razionale logico per il test farmacogenetico, in quanto tale test non predice la comparsa di una malattia ma informa il medico prescrivente sulla terapia migliore da somministrare per ogni paziente;
le suddette regole riducono grandemente la diffusione del test farmacogenetico, spesso privando il medico di un test diagnostico importante per l'ottimizzazione della terapia in ogni paziente e il Servizio sanitario nazionale di uno strumento fondamentale per il contenimento della spesa farmaceutica pubblica;
date queste premesse si evidenzia la necessità di ridurre la marcata variabilità nella risposta terapeutica e tossicologica associata ad un determinata terapia farmacologica, al fine di perseguire un uso più razionale e ottimale del farmaco e di contenere la spesa pubblica -:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda farsi promotore di iniziative volte ad introdurre un'apposita disciplina normativa che regolamenti autonomamente i test di farmacogenetica rispetto ai test genetici e riconosca la figura del farmacologo quale attore fondamentale nella gestione dei dati farmacogenetici e nel counselling farmacogenetico, individuando quale interlocutore scientifico specifico nel campo dei test farmacogenetici la Società italiana di farmacologia.(4-08207)