ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01265

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 63 del 08/10/2008
Firmatari
Primo firmatario: MARCHI MAINO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 08/10/2008
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
ALESSANDRI ANGELO LEGA NORD PADANIA 08/10/2008
BARBIERI EMERENZIO POPOLO DELLA LIBERTA' 08/10/2008
CASTAGNETTI PIERLUIGI PARTITO DEMOCRATICO 08/10/2008


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 08/10/2008
Stato iter:
15/10/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 15/10/2012
DE STEFANO CARLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
Fasi iter:

SOLLECITO IL 17/06/2010

SOLLECITO IL 07/07/2011

RISPOSTA PUBBLICATA IL 15/10/2012

CONCLUSO IL 15/10/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-01265
presentata da
MAINO MARCHI
mercoledì 8 ottobre 2008, seduta n.063

MARCHI, ALESSANDRI, BARBIERI e CASTAGNETTI. -
Al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:

secondo il rapporto della polizia dell'epoca, il 7 luglio 1960, la Camera confederale del lavoro di Reggio Emilia proclamava lo sciopero generale provinciale. Iniziava la distribuzione di un manifesto ciclostilato che conteneva, fra l'altro, l'invito a partecipare a una manifestazione che avrebbe avuto luogo alle ore 17 nella sala Verdi della città. La decisione di scioperare era assunta in seguito ai gravi fatti avvenuti a Licata, ove nel corso di uno sciopero unitario erano stati uccisi due giovani lavoratori e a Roma, ove, nel corso di una manifestazione indetta dal Consiglio federativo della Resistenza erano stati caricati a bastonate i numerosi deputati e senatori presenti. Nel manifestino si protestava inoltre contro «l'attacco governativo alla Costituzione e alle libertà democratiche» e si invitavano i lavoratori e i cittadini reggiani a lottare uniti «per far cessare l'intervento della polizia nelle vertenze sindacali, per respingere i rigurgiti fascisti riaffermando i valori della Resistenza» e, infine, «per cacciare il governo Tambroni, per costituire un nuovo governo che accolga e risolva i problemi dei lavoratori»;

lo sciopero era proclamato dalle ore 12 alle ore 24 nei settori dell'industria, dell'agricoltura, del commercio e degli enti locali e fino alle ore 18 in quello degli autotrasporti;

sempre secondo il rapporto di polizia, nelle prime ore del pomeriggio del 7 luglio cominciarono ad affluire nella piazza Libertà, antistante la sala Verdi, gruppi di «attivisti» di sinistra, sicché la piazza ben presto fu gremita da circa duemila persone;

sappiamo come si concluse tragicamente quella manifestazione di protesta, nata all'insegna dei valori della Costituzione e della Resistenza;

secondo le imputazioni, formulate all'epoca dalla procura della Repubblica, «una guardia di pubblica sicurezza, addetta ad un idrante della polizia in servizio di ordine pubblico, contrariamente alle mansioni affidatagli e agli ordini ricevuti quel giorno, sparò un colpo di pistola nei confronti di Afro Tondelli uccidendolo»;

sempre secondo le imputazioni della procura, «un commissario di polizia, dirigente il servizio di ordine pubblico, omettendo per imprudenza, negligenza e imperizia di prescrivere agli agenti posti alle sue dipendenze le modalità di uso delle armi - genere di armi da usare e direzione del tiro - ordinò agli agenti di fare uso delle armi da fuoco, provocando così, per l'uso indiscriminato da parte di alcune guardie, la morte di Emilio Reverberi, Ovidio Franchi, Lauro Farioli e Marino Serri»;

il procedimento penale per questi reati (e per altre imputazioni per riunione sediziosa, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale a carico di numerosi dimostranti), celebratosi presso la seconda corte di assise di Milano, si concludeva con l'assoluzione del commissario per non aver commesso il fatto e con l'assoluzione della guardia di pubblica sicurezza per insufficienza di prove;

i morti del 7 luglio 1960 sono costantemente ricordati dalla comunità di Reggio Emilia come caduti in difesa dei diritti di libertà e democrazia;

nel corso di una delle commemorazioni pubbliche di questo ultimo decennio, la madre ottuagenaria di Ovidio Franchi, scomparsa nel 2003, richiesta di cosa la faccia ancora soffrire ha così esclamato: «Che non ci hanno dato ancora la risposta che vogliamo. Lo abbiamo capito, ma lo vogliamo sapere da loro (in cui quel loro è lo Stato, la Repubblica), da quelli che hanno mandato quelle persone a uccidere i nostri figli. Nessuno si è potuto difendere, loro non avevano armi. Avevano solo la coscienza di andare in piazza a dimostrare quello che pensavano. Purtroppo, anche oggi c'è ancora gente che è al nostro punto e si rischia ancora che accada qualcosa di brutto»;

nelle parole della mamma di Ovidio, come nel comportamento degli altri familiari delle vittime, non vi è traccia di odio, di risentimento, di vendetta. Vi è una dolorosa e legittima rivendicazione di giustizia morale riparatoria così come è venuta una lezione di impegno civile e di lotta per i valori di libertà, democrazia e giustizia sociale;

le vittime del 7 luglio 1960, causa la sentenza che assolse tutti gli imputati, non hanno quindi mai potuto avere giustizia;

sono, tra l'altro, di impedimento per la revisione del processo le norme del codice di procedura penale (articoli 629 e 632) che stabiliscono che la stessa può essere richiesta solo da chi abbia subito una condanna;

potrebbero però venire alla luce fatti nuovi che possano far riaprire anche d'ufficio le indagini e quindi provocare nuovi effetti sul piano giudiziario, nonché verificare le responsabilità del Governo Tambroni, del Ministero dell'interno e relativamente alla gestione delle forze dell'ordine;

a tal fine può essere d'ausilio la conoscenza di tutti gli atti, le informazioni, le comunicazioni, le disposizioni del Governo e, in particolare, del Ministero dell'interno, relativi a quelle vicende;

sugli stessi potrebbe essere stato apposto il segreto di Stato;

dal tempo di quei fatti sono già trascorsi quarantotto anni e quindi, ai sensi dell'articolo 39 (segreto di Stato) della legge 3 agosto 2007, n. 124, «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del Segreto», sono stati superati tutti i termini previsti per la durata complessiva del vincolo del segreto di Stato, sia quello ordinario di quindici anni previsto dal comma 7, sia quello massimo di trenta anni, a seguito di una o più proroghe del vincolo, previsto dal comma 8 -:

se su atti, documenti, notizie, attività o altre cose relative ai fatti del 7 luglio 1960 a Reggio Emilia sia stato apposto in passato il vincolo del segreto di Stato;

in caso di risposta affermativa al precedente quesito, di quali atti, documenti, notizie, attività o altre cose specificatamente e puntualmente si tratti, su cui possa oggi da chiunque vi abbia interesse essere fatta richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri di avere accesso agli stessi come previsto dal comma 7 dell'articolo 39 della legge 3 agosto 2007, n. 124.(4-01265)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata lunedì 15 ottobre 2012
nell'allegato B della seduta n. 703
All'Interrogazione 4-01265 presentata da
MAINO MARCHI

Risposta. - Con l'interrogazione in esame viene richiamata l'attenzione del Governo sui disordini avvenuti a Reggio Emilia il 7 luglio 1960 durante i quali persero la vita cinque manifestanti reggiani.
In particolare, si chiede di conoscere se sugli atti relativi a tale vicenda sia stato apposto in passato il vincolo del segreto di Stato.

Com'è noto, l'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 124 «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto» prevede che l'apposizione del segreto di Stato sia attribuita dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Sul punto, a suo tempo, è stato interessato anche il dipartimento informazioni per la sicurezza il quale ha segnalato che «la documentazione pertinente all'interrogazione di cui è in possesso l'AISE, non reca evidenza di pregresse apposizioni del segreto di Stato».

Quest'amministrazione ha anche disposto accertamenti per il tramite della prefettura di Reggio Emilia, dai quali è emerso che agli atti della locale questura «non risultano documenti sui fatti accaduti a Reggio Emilia, il 7 luglio 1960, sui quali sia stato apposto il segreto di Stato».


Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.
Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

L 2007 0124

EUROVOC :

accusa

codice penale

democrazia

ente locale

giovane lavoratore

ordine pubblico

polizia

procedura penale

sciopero

segreto di Stato

vittima