DONADI, DI PIETRO, EVANGELISTI, BORGHESI e FAVIA. -
Al Ministro per i rapporti con il Parlamento.
- Per sapere - premesso che:
il 17 marzo 1861 si riunì a Torino il primo Parlamento e venne proclamato il Regno d'Italia: era nata politicamente la nazione italiana;
l'articolo 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n 100, ha stabilito che il giorno 17 marzo 2011, ricorrenza della proclamazione dell'Unità d'Italia, fosse dichiarato festa nazionale;
lo stesso articolo ha previsto che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, siano disciplinate le procedure amministrative per il compimento delle attività previste per celebrare la ricorrenza di questa festa nazionale;
l'unica altra festa nazionale della Repubblica, quella del 2 giugno, è considerata giorno festivo agli effetti civili, giorno cioè nel quale si osserva il completo orario festivo e per il quale è fatto divieto di compiere determinati atti giuridici;
le celebrazioni di questa importante ricorrenza sono oggetto di dispute, perfino dentro lo stesso Governo;
il Ministro Gelmini ha dato l'indicazione che gli alunni quel giorno devono andare in classe, mentre diversi presidenti di regione (Lazio, Sicilia, Basilicata) hanno proclamato la volontà di chiudere le scuole il 17 marzo 2011, mentre l'Associazione nazionale dei presidi sostiene che le lezioni perse per «una celebrazione così importante» si potrebbero facilmente recuperare;
il Ministro Calderoli ha sostenuto che la proclamazione di tale data come giorno festivo sarebbe privo di copertura finanziaria;
il riferimento del Ministro Calderoli ad un supposto parere contrario della Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati del 23 giugno 2010 sul citato decreto-legge n. 64 del 2010 è in realtà una semplice osservazione nell'ambito di un parere complessivamente favorevole sul provvedimento. Peraltro, in quell'occasione il gruppo dell'Italia dei Valori aveva sollevato la questione di quale fosse il reale intendimento del Governo in merito alla celebrazione della giornata del 17 marzo;
in ogni caso si ricorda come il rinnovo delle amministrazioni locali nel mese di maggio 2011 vedrà la riduzione dei membri dei consigli provinciali e comunali, con un risparmio complessivo per l'anno 2011 di 93 milioni di euro, che avverrà con una decurtazione dei trasferimenti ordinari agli enti locali di pari misura, risparmi che confluiranno in un fondo istituito per interventi «urgenti e indifferibili nei settori dell'istruzione e per l'organizzazione degli eventi celebrativi»;
il presidente di Confindustria lamenta che si perderebbero ore di lavoro. Dietro l'argomento della signora Marcegaglia si sono nascosti gli esponenti politici contrari a festeggiare l'unità del Paese, ma che non hanno avuto il coraggio di dichiararlo apertamente;
al riguardo le parole giuste sono state espresse dall'ex Capo dello Stato, Azeglio Ciampi, che in una sua recente intervista ha dichiarato che «non è su queste cose che si possono fare rinunce»;
il Ministro Bossi è arrivato ad affermare che «la festa sarà percepita in modo diverso e diversa intensità a seconda dei luoghi» e che quel giorno si deve andare a lavorare. Anche il Ministro Sacconi si sarebbe espresso in senso sostanzialmente contrario alla festività;
i Ministri La Russa, Romani e Meloni, al contrario, sostengono che il 17 marzo deve essere un giorno festivo a tutti gli effetti. Come ha sostenuto il Ministro La Russa, «c'è un subdolo tentativo di declassare la festa dei 150 anni dell'Unità d'Italia e si vorrebbe farla diventare una festa di serie B»;
i simboli per le nazioni sono importanti e festeggiare questa ricorrenza come una vera festività rappresenta un simbolo irrinunciabile, una festa che deve ricordare a tutti i cittadini italiani di appartenere ad un'unica nazione. Lo si deve alle generazioni passate e a quelle future -:
se il Governo intenda prendere gli opportuni provvedimenti per celebrare il 17 marzo 2011 come giornata festiva a tutti gli effetti. (3-01467)