RAISI. -
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
- Per sapere - premesso che:
circa 70 laureati in giurisprudenza svolgono attualmente la pratica forense per l'esercizio della professione di avvocato e procuratore presso le avvocature territoriali dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale, analogamente a quanto avviene da tempo per l'Avvocatura dello Stato e per gli uffici legali di altri enti pubblici;
ai suddetti praticanti dovrebbero affiancarsene nei prossimi mesi altri 419, sulla base del bando per l'ammissione alla pratica forense presso l'avvocatura dell'Inps, pubblicato dallo stesso istituto in data 25 ottobre 2010;
come già avviene per gli attuali praticanti, il bando precisa che lo svolgimento della pratica avverrà «a titolo gratuito, senza oneri retributivi o contributivi a carico dell'Inps»;
la gratuità della pratica è in palese contraddizione con quanto previsto dal codice deontologico forense, che, all'articolo 26, dispone che l'avvocato riconosca al praticante «dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all'apporto professionale ricevuto»;
il richiamato codice deontologico forense prevede, all'articolo 1, che «le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e praticanti nella loro attività, nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi»;
il regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (recante norme relative all'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, che il bando dell'Inps richiama in analogia), contemplando all'articolo 24 la possibilità di compiere la pratica forense presso gli uffici della stessa, non presenta alcun riferimento al compenso dei praticanti, né ad un eventuale obbligo di gratuità dell'esercizio della pratica;
come riportato il 19 ottobre 2010 dalla testata telematica La Repubblica degli stagisti e ripreso da Il Fatto Quotidiano del 20 ottobre 2010, nel maggio 2010 alcuni praticanti presso l'avvocatura distrettuale Inps di Lecce hanno presentato all'istituto un'istanza di rimborso per le spese sostenute per lo svolgimento dell'attività e di un compenso proporzionato all'apporto professionale, in base alle previsioni deontologiche;
nella suddetta istanza si fa riferimento al fatto che, con delibera dell'istituto del 31 marzo 2010, alcuni dei richiedenti sarebbero stati abilitati al patrocinio legale, la qual cosa - ove confermata - evidenzierebbe come l'apporto professionale dei praticanti sia considerato rilevante e ormai imprescindibile dallo stesso istituto;
secondo le fonti di stampa sopra richiamate, a seguito dell'istanza, i firmatari della richiesta sono stati convocati dal dottor Francesco Miscioscia, direttore dell'ufficio Inps di Lecce, il quale avrebbe addotto a ragione della gratuità della pratica forense - e quindi della deroga alle norme deontologiche -- le limitate risorse economiche a disposizione dell'istituto, accompagnando alle sue argomentazioni una laconica riflessione su quanto sia consueto in Italia non riconoscere alcun compenso ai praticanti;
la violazione delle norme deontologiche forensi da parte di un'amministrazione pubblica come l'Inps, così come da parte dell'Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici, contribuisce a dequalificare il praticantato e a consolidare la convinzione - purtroppo molto diffusa nel mondo forense italiano - che la gratuità del praticantato sia una prassi ormai comunemente accettata e accettabile -:
se non ritenga opportuno intervenire, nell'ambito delle sue funzioni di vigilanza, sull'attività dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale, affinché l'istituto rispetti l'articolo 26 del codice deontologico forense, in ordine al compenso da riconoscere ai praticanti, e ritiri il bando per l'ammissione alla pratica forense presso la sua avvocatura pubblicato il 25 ottobre 2010, provvedendo a disciplinare diversamente lo svolgimento della pratica forense, eventualmente attraverso la previsione di un fondo compensi.(3-01310)