ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA 3/01140

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 341 del 22/06/2010
Firmatari
Primo firmatario: DI PIETRO ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 22/06/2010
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 22/06/2010
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 22/06/2010
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 22/06/2010


Destinatari
Ministero destinatario:
  • RAPPORTI CON IL PARLAMENTO
Attuale delegato a rispondere: RAPPORTI CON IL PARLAMENTO delegato in data 22/06/2010
Stato iter:
23/06/2010
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 23/06/2010
Resoconto DI PIETRO ANTONIO ITALIA DEI VALORI
 
RISPOSTA GOVERNO 23/06/2010
Resoconto VITO ELIO MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (RAPPORTI CON IL PARLAMENTO)
 
REPLICA 23/06/2010
Resoconto DI PIETRO ANTONIO ITALIA DEI VALORI
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 23/06/2010

SVOLTO IL 23/06/2010

CONCLUSO IL 23/06/2010

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01140
presentata da
ANTONIO DI PIETRO
martedì 22 giugno 2010, seduta n.341

DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI e BORGHESI. -
Al Ministro per i rapporti con il Parlamento.
- Per sapere - premesso che:

nell'ambito del processo di conversione dei segnali televisivi al sistema digitale, avviato in Italia nel 2001 e che prevede il passaggio definitivo al sistema digitale entro il novembre del 2012, la legge finanziaria per il 2004 aveva previsto un contributo pubblico di 150 euro per ogni utente che avesse acquistato o locato un apparecchio per la ricezione di segnali televisivi digitali terrestri. Tale aiuto veniva successivamente rifinanziato anche con la legge finanziaria per il 2005 per un importo ridotto a 70 euro;

il finanziamento previsto nelle leggi finanziarie per il 2004 e per il 2005 per sovvenzionare l'acquisto di decoder per il digitale terrestre ammontava ad una somma complessiva pari a 220 milioni di euro;

successivamente, in data 11 novembre 2005, il Senato della Repubblica aveva approvato con voto di fiducia un maxi-emendamento del Governo al disegno di legge finanziaria per il 2006, integralmente sostituivo del testo originario del provvedimento, che, tra le numerose misure introdotte ex novo, ha previsto un finanziamento pubblico di 10 milioni di euro per l'anno 2006 a sostegno dell'acquisto da parte dei cittadini italiani di apparecchi decoder per il digitale terrestre;

a seguito delle denunce presentate da diverse emittenti satellitari - in particolare, Centro Europa 7 s.r.l. e Sky Italia s.r.l. - la Commissione europea ha avviato un procedimento formale di indagine e, nel 2007, ha qualificato il predetto contributo come aiuto di Stato a favore delle emittenti digitali terrestri che offrivano servizi di televisione a pagamento, in particolare servizi pay per view, nonché di operatori via cavo fornitori di servizi televisivi digitali a pagamento;

secondo la Commissione europea, ancorché il passaggio alla radiodiffusione televisiva digitale costituisse un obiettivo di interesse comune, il contributo risultava sproporzionato e non evitava distorsioni inutili della concorrenza. Infatti, non applicandosi ai decoder digitali satellitari, la misura non poteva essere considerata tecnologicamente neutra;

tale decisione imponeva, dunque, all'Italia di procedere al recupero, nei confronti dei beneficiari, dell'aiuto e dei relativi interessi;

a seguito di tale decisione la società Mediaset s.p.a., emittente di programmi digitali terrestri, ha restituito circa 6 milioni di euro e depositato un ricorso al Tribunale europeo di Lussemburgo, al fine di ottenere l'annullamento della decisione adottata dalla Commissione europea;

nella sentenza pronunciata in data 15 giugno 2010, il Tribunale europeo di Lussemburgo ha respinto il ricorso presentato da Mediaset s.p.a., confermando la decisione assunta dalla Commissione europea, ovverosia che le misure introdotte in Italia durante la XIV legislatura avrebbero consentito alle emittenti digitali terrestri e agli operatori via cavo, fra cui Mediaset s.p.a., di godere di un vantaggio rispetto alle emittenti satellitari;

infatti, per poter beneficiare del predetto contributo, era necessario acquistare o prendere in locazione un apparecchio per la ricezione di segnali televisivi digitali terrestri, ragion per cui un consumatore che avesse optato per un apparecchio che avrebbe consentito esclusivamente la ricezione di segnali satellitari non avrebbe potuto beneficiarne;

tale contributo, dunque, non avrebbe risposto al requisito della neutralità tecnologica. Inoltre, tale misura, anche se avesse indotto i consumatori a passare dal sistema analogico a quello digitale terrestre, allo stesso tempo avrebbe consentito alle emittenti digitali terrestri di consolidare la loro posizione sul mercato, in termini di immagine di marchio e di fidelizzazione della clientela;

il Tribunale europeo di Lussemburgo ha sancito, per la prima volta, che durante il II Governo Berlusconi, ovvero durante la XIV legislatura, le misure introdotte in Italia in materia di decoder hanno implicato un vantaggio indiretto per gli operatori del mercato della televisione digitale, come Mediaset s.p.a., ovvero l'azienda di proprietà della famiglia Berlusconi;

la società Mediaset s.p.a. ha annunciato, secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale e, in particolare, da un articolo apparso in data 16 giugno 2010 su il quotidiano la Repubblica, dal titolo «Illegittimi gli aiuti al decoder terrestre. I giudici UE: "L'Italia ha favorito un solo ricevitore. Mediaset sconfitta ricorrerà"», che, per l'appunto, presenterà un ricorso alla Corte di giustizia europea, che rappresenta il secondo grado di giudizio in sede comunitaria;

la concentrazione nella persona del Presidente del Consiglio dei ministri di enormi poteri politici, economici e mediatici ha determinato nel tempo un costante conflitto di interessi in capo al Presidente stesso, che, ad avviso degli interroganti, oltre a risultare gravemente ostativo ad ogni sereno e proficuo dibattito in ordine alle misure necessarie al Paese, mette gravemente in discussione la credibilità dell'Italia a livello europeo e internazionale;

ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 215 del 2004, «sussiste situazione di conflitto di interessi (...) quando il titolare di cariche di Governo partecipa all'adozione di un atto, anche formulando la proposta, o omette un atto dovuto, trovandosi in situazione di incompatibilità (...), ovvero quando l'atto o l'omissione ha un'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ovvero delle imprese o società da essi controllate» -:

se e quali iniziative, anche normative, il Governo intenda assumere per superare in via definitiva il conflitto di interessi che ha caratterizzato e continua a caratterizzare l'operato dell'Esecutivo e quali elementi, alla luce della decisione recentemente assunta dal Tribunale europeo di Lussemburgo, ritenga di dover riferire al Parlamento in ordine alle modalità di formazione e deliberazione delle citate leggi finanziarie varate durante la XIV legislatura, nonché all'effettiva osservanza alle disposizioni della legge n. 215 del 2004 in materia di risoluzione dei conflitti di interessi. (3-01140)
Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

L 2004 0215

EUROVOC :

accordo commerciale

beneficiario dell'aiuto

conseguenza economica

legislazione

mercato interno

moralita' della vita economica

restrizione alla concorrenza

societa' di servizi

televisione