ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/01385

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 596 del 01/03/2012
Firmatari
Primo firmatario: BORGHESI ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 01/03/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 01/03/2012
MURA SILVANA ITALIA DEI VALORI 01/03/2012
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 01/03/2012
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 01/03/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 01/03/2012
Stato iter:
15/03/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 15/03/2012
Resoconto BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI
 
RISPOSTA GOVERNO 15/03/2012
Resoconto ROSSI DORIA MARCO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ISTRUZIONE, UNIVERSITA' E RICERCA)
 
REPLICA 15/03/2012
Resoconto BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 15/03/2012

SVOLTO IL 15/03/2012

CONCLUSO IL 15/03/2012

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-01385
presentata da
ANTONIO BORGHESI
giovedì 1 marzo 2012, seduta n.596

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:

un interessante articolo è stato pubblicato il 4 febbraio 2012 sull'autorevole International Financing Review (si veda ifre.com) e ripreso sul sito linkiesta dal giornalista economico Nicolò Cavalli, articolo che getta luce su un importante aspetto della composizione del debito pubblico del nostro Paese - e quindi sulla sua sostenibilità. Si tratta di capire, infatti, quanti derivati possiede il Ministero dell'economia e delle finanze italiano nel suo portafoglio;

come riportato quasi un anno fa da Wall Street Italia, il New York Times ha sostenuto che, a partire dal 1996, l'Italia avrebbe «truccato» i propri conti utilizzando derivati grazie all'aiuto di JP Morgan;

su questo argomento tutti i Governi succedutisi nel tempo hanno mantenuto uno scrupoloso silenzio, anche quando, il 19 dicembre del 2009, il Fatto Quotidiano aveva segnalato uno strano fenomeno: i tassi di interesse scendevano, ma lo Stato continuava a pagare sempre lo stesso tasso sullo stock di debito;

i dati Eurostat rivelano che il Ministero dell'economia e delle finanze italiano ha utilizzato massicciamente i derivati, in particolare dal 1998 al 2008, utilizzando cross-currency swap e interest rate swap, ma anche cartolarizzazioni. Ciò che si sa dai dati Eurostat è che l'Italia ha guadagnato su questi strumenti almeno fino al 2006, anno in cui la tendenza ha iniziato ad invertirsi e le perdite hanno iniziato a materializzarsi. Per gli anni successivi non esistono dati accertati, a causa dell'assenza di informazioni provenienti da fonti ufficiali;

la maggior parte delle stime sostiene che i derivati del Ministero abbiano un valore di circa 30 miliardi di euro, e molti banchieri sostengono che l'Italia sia il più grande utilizzatore sovrano di strumenti derivati. Il che non sarebbe un problema in sé, se non fosse che l'opacità informativa rischia di alimentare dubbi circa la sostenibilità di questo stock di contratti, in particolare in un momento in cui nessun Paese è bersagliato come l'Italia, con 29 miliardi di dollari di scommesse contrarie su oltre 7500 contratti di CDS;

la questione è tutt'altro che irrilevante: l'articolo di IFRE prende l'esempio di Morgan Stanley, che ha recentemente ridotto la sua esposizione in swap verso l'Italia di circa 3,4 miliardi di dollari. Se questo interest rate swap fosse stato ristrutturato e assegnato a un'altra banca, allora l'Italia non sarebbe stata particolarmente toccata dalla vicenda. Ma se lo swap fosse stato chiuso allora l'Italia avrebbe dovuto pagare almeno 2 miliardi di euro;

l'European Bank Authority riporta che l'Italia è esposta per 5,1 miliardi di euro in swap verso le banche europee, e questo non include quelle statunitensi, quelle svizzere né quelle inglesi. Se gli investitori decidessero di chiudere queste posizioni, che sono peraltro più costose con il nuovo regime regolatorio, l'Italia si troverebbe d'improvviso a dover pagare svariati miliardi di euro -:

quale sia la reale esposizione italiana al rischio sopra indicato e come possa incidere sulla tenuta dei conti pubblici italiani.
(2-01385)
«Borghesi, Donadi, Mura, Messina, Barbato».