ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01089

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 652 del 19/06/2012
Abbinamenti
Atto 1/01065 abbinato in data 27/06/2012
Atto 1/01075 abbinato in data 27/06/2012
Atto 1/01076 abbinato in data 27/06/2012
Atto 1/01088 abbinato in data 27/06/2012
Atto 1/01092 abbinato in data 27/06/2012
Atto 1/01095 abbinato in data 27/06/2012
Atto 1/01096 abbinato in data 27/06/2012
Atto 1/01097 abbinato in data 27/06/2012
Atto 1/01098 abbinato in data 27/06/2012
Atto 6/00111 abbinato in data 27/06/2012
Atto 1/01101 abbinato in data 27/06/2012
Firmatari
Primo firmatario: NUCARA FRANCESCO
Gruppo: MISTO-REPUBBLICANI-AZIONISTI
Data firma: 19/06/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
OSSORIO GIUSEPPE MISTO-REPUBBLICANI-AZIONISTI 19/06/2012
BRUGGER SIEGFRIED MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE 19/06/2012


Stato iter:
27/06/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 26/06/2012
Resoconto NUCARA FRANCESCO MISTO-REPUBBLICANI-AZIONISTI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 26/06/2012
Resoconto NICCO ROBERTO ROLANDO MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE
Resoconto DELLA VEDOVA BENEDETTO FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Resoconto MAGGIONI MARCO LEGA NORD PADANIA
Resoconto GALLETTI GIAN LUCA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
Resoconto LETTA ENRICO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto FRATTINI FRANCO POPOLO DELLA LIBERTA'
 
INTERVENTO GOVERNO 26/06/2012
Resoconto MONTI MARIO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 26/06/2012

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 26/06/2012

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 27/06/2012

RITIRATO IL 27/06/2012

CONCLUSO IL 27/06/2012

Atto Camera

Mozione 1-01089
presentata da
FRANCESCO NUCARA
testo di
martedì 19 giugno 2012, seduta n.652

La Camera,

premesso che:

la crisi finanziaria che attanaglia quasi tutta l'Europa è a tutti gli effetti una crisi economica che, inevitabilmente, porta con se effetti sociali dirompenti e in alcuni casi drammatici;

la progressiva finanziarizzazione dell'economia, che si è sviluppata fin dagli anni ottanta del secolo scorso, ha provocato effetti che ora mostrano le loro drammatiche controindicazioni. Le banche sono diventate delle società finanziarie attive su scala globale operanti a 360 gradi sui mercati finanziari di tutto il mondo: così facendo hanno perso la loro originale funzione che resta, almeno dovrebbe restare, quella di garanzia del credito per sostenere l'economia, gli investimenti, lo sviluppo. In virtù di questa loro finalità hanno svolto un ruolo cruciale per lo sviluppo economico del sistema capitalista;

allontanare la finanza dall'economia creando una entità virtuale separata dal valore reale dei beni ha creato una frattura difficile da ricomporre il cui prezzo si sta rivelando altissimo;

contemporaneamente, a partire dalla crollo del muro di Berlino, si è affermata la cosiddetta globalizzazione, un fenomeno che ha di fatto rivelato un mondo nuovo molto più grande del precedente, nel quale la dimensione nazionale è divenuta rapidamente insufficiente a governare il presente. Il destino del cittadino non si sviluppa più esclusivamente all'interno dello stato nazionale, ma è influenzato direttamente da avvenimenti e realtà anche molto distanti, che un tempo non avrebbero influito in maniera così diretta sulla sua condizione;

se si pensa all'allargamento dell'Unione europea verso i Paesi dell'est Europa, ebbene, solo pochi anni fa questi erano al centro di profondi conflitti interni, oggi, invece, sono diventati mercati appetibili per gli investimenti e le installazioni di aziende e multinazionali: molte aziende italiane hanno dislocato in quella regione le proprie produzioni;

lo stesso fenomeno con molta probabilità avverrà - in tempi più brevi - nei paesi arabi del Mediterraneo, coinvolti lo scorso anno dalla cosiddetta «Primavera Araba». Appare, cioè, evidente che oggi, a differenza di ieri, quello che accade al Cairo o a Belgrado ha una ricaduta immediata sull'Italia e, quindi, sulla vita quotidiana dei nostri concittadini. La globalizzazione finanziaria ha preceduto e forse accelerato questo percorso ma non ha delineato, perché non è il suo compito, una forma di governo di questa nuovo mondo globale. Governare, infatti, è compito della politica;

la politica deve, dunque, riappropriarsi del proprio ruolo. Il processo di unificazione europea nato certamente sotto la spinta di necessità finanziarie ed economiche deve essere governato politicamente;

si devono precisare i luoghi deputati alle decisioni sovranazionali e le istituzioni predisposte a farlo. Devono, cioè, essere chiarite le responsabilità e soprattutto deve essere definito con la massima decisione ed urgenza dove ed in capo a chi risieda la sovranità;

si è detto e si continua a dire Europa, ma non può essere il Fondo monetario internazionale né la Banca centrale europea ha delineare le scelte politiche dell'Unione. Urgono, perciò, scelte politiche assunte in comune dalle istituzioni preposte a delineare una politica comune. La rivendicazione di questo principio è il primo ma inevitabile passo verso la possibilità concreta di affrontare la crisi, che non è solo finanziaria né solo economica ma anche sociale e dunque politica;

spesso si è detto e si è auspicato che l'Europa deve riuscire a parlare con una sola voce. Ad oggi questo pare essere più che altro un augurio. Solo pochi giorni fa Bernard Cazeneuve, Ministro francese agli affari comunitari, ha dichiarato che gli eurobond non sono uno strumento per aggiungere debito a debito o per mutualizzare il deficit dei singoli Paesi, bensì solo un mezzo per assicurare il risanamento, che garantirà la crescita e posti di lavoro. Aggiunge anche che «senza solidarietà» finanziaria, per l'Europa non c'è avvenire. Contemporaneamente Wolfgang Schaenble ha dichiarato che prima degli eurobond all'Europa serve una reale unione fiscale, ribadendo pochi giorni dopo che a prescindere da come finiranno le elezioni in Grecia questa dovrà onorare fino in fondo il suo debito. E mentre dalla Spagna si invocavano fondi europei per le banche del Paese, dall'Olanda si ribadiva il rifiuto ad uno schema di garanzie europeo sui depositi. È evidente che una situazione del genere non può che creare dubbi e confusione e facilitare ogni tentativo di speculazione;

il risultato delle elezioni in Grecia rappresenta un segnale molto importante per il futuro non solo di quel Paese, ma dell'intero continente. A dimostrazione che la crisi greca non era e non è solo una crisi nazionale. Fino ad oggi, si è voluto affrontare ogni crisi come se fosse un caso singolo e nazionale e non - come invece dovrebbe essere - la crisi di un pezzo d'Europa; il prossimo Consiglio d'Europa è l'occasione per certificare un chiaro cambio di rotta in questo senso;

anche lo Stato più forte tra quelli europei, se rimanesse da solo, nella malaugurata ipotesi di un crollo dell'Europa, si troverebbe ad essere una piccola realtà nel panorama globale. Un'Europa veramente unita è l'unica possibilità di rilancio di ogni sua singola nazione appartenente, dalla più forte alla più debole;

l'Europa è una soluzione difficile quanto ambiziosa. Ma resta inevitabile. Ovviamente, comporta dei costi per tutti, si tratta di dover declinare la sovranità nazionale, inevitabilmente perdendone una parte consistente, come dall'altra parte sta già comunque avvenendo. Ciò sarà inevitabile, ma è impensabile che i Paesi deboli chiedano di distribuire il proprio debito a scapito di quelli più forti. Troppi Paesi, finora, compreso l'Italia, hanno vissuto per troppi anni al di sopra delle proprie possibilità;

il sacrificio deve, dunque, essere collettivo. Solo così il debito e la compartecipazione al debito, possono diventare una leva per futuri investimenti. Essi in particolare dovranno essere finalizzati e puntati allo sviluppo delle aree più depresse del vecchio continente;

il Mediterraneo, alla luce dei rivolgimenti avvenuti sulla sua sponda meridionale, deve diventare la frontiera del nuovo sviluppo e dei nuovi investimenti europei è questa l'area strategica dove investire per creare una Europa più forte e competitiva;

allo stato attuale, molti cittadini europei subiscono le gravi conseguenze della crisi, che come detto, è anzitutto una crisi politica perché sono mancate decisioni politiche comuni e strategiche;

appare, dunque, necessario affrontare definitivamente la prospettiva di una vera Unione federale, democratica e solidale al suo interno, ed il prossimo Consiglio Europeo deve dare risposte adeguate nel merito di questo sviluppo;

l'Italia sta facendo la propria parte. L'Unione europea deve fornire risposte politica adeguate finalizzate a forme di investimento solidale. È, quindi, necessario che gli strumenti di intervento, soprattutto nei mercati finanziari, siano potenziati e messi in grado di agire senza eccessivi ritardi. In questa ottica occorre prevedere forme di integrazione dei debiti pubblici nazionali ed anche di emissione di titoli di debito pubblico europeo perché i soli obiettivi del rigore finanziario e della riduzione del debito pubblico non esauriscono l'orizzonte della risposta europea alla crisi;

appare necessario vagliare con attenzione l'ipotesi avanzata per la creazione di un fondo europeo, il cosiddetto «european redemption pact», nel quale potrebbe confluire la parte eccedente il 60 per cento del Pil dei debiti dei Paesi europei che a loro volta si impegnerebbero a ripagare le passività con le loro entrate fiscali. Una soluzione complessa e forse tecnicamente impraticabile al momento, vista la profonda disomogeneità dei vari sistemi fiscali nazionali, ma che coglie, comunque, l'aspetto più profondo del problema andando nella direzione di una gestione condivisa del debito, al prezzo della perdita di una parte di sovranità da parte dei singoli Stati;

si è chiamati a costruire una vera e propria Federazione europea, capace di garantire un equilibrio democratico alla rappresentanza di Stati e popoli e di assicurare il principio di responsabilità del governo dell'Unione di fronte ai cittadini d'Europa. Le difficoltà che abbiamo di fronte sono l'occasione, l'opportunità per rilanciare l'Europa come realtà politica prima che finanziaria ed economica;

alla luce di quanto esposto in premessa ed in vista del prossimo Consiglio europeo del 28 e 29 giugno,
impegna il Governo:
a perseguire in sede comunitaria il rafforzamento del metodo comunitario, quale strumento centrale del processo di integrazione europea, riducendo il peso eccessivo del metodo intergovernativo e rilanciando, quindi, la prospettiva di un'Europa federale;

ad assumere le necessarie iniziative in sede europea affinché l'adozione di politiche di rigore di bilancio e di riduzione del deficit siano necessariamente contestuali al delinearsi di precisi impegni di investimento strutturale in chiave di sviluppo comune, collegando, quindi, l'azione di risanamento a quella per la crescita e ponendo distinzione delle due;

ad assumere iniziative per affermare la necessità di una sempre più stretta integrazione economica all'interno dell'Unione, in particolare con programmi specifici per l'avvio, nel breve periodo, di titoli di debito pubblico comuni dell'area euro;

a prevedere che si possa investire sulle grandi infrastrutture trans-europee attraverso il ricorso a specifici europroject finanziati da eurobond creando debiti europei per investimenti europei;

a prevedere la creazione di un fondo europeo di garanzia sui depositi bancari un sistema di sorveglianza comune sugli istituti di credito e un'agenzia europea di rating;

a promuovere una modifica dello statuto della BCE inserendo tra i suoi compiti anche quello di sostenere e promuovere politiche di investimento e sviluppo, sul modello della Federal Reserve, e di assolvere al ruolo di prestatrice di ultima istanza;

farsi promotore, infine, presso le istituzioni europee di un coordinamento dei diversi sistemi fiscali, allo scopo di poter contare su parametri di politica fiscale omogenei in tutta l'Unione.

(1-01089) «Nucara, Ossorio, Brugger».