ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01045

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 636 del 22/05/2012
Firmatari
Primo firmatario: CARRA ENZO
Gruppo: UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
Data firma: 22/05/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CARFAGNA MARIA ROSARIA POPOLO DELLA LIBERTA' 22/05/2012
VELTRONI WALTER PARTITO DEMOCRATICO 22/05/2012
PERINA FLAVIA FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO 22/05/2012
PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI 22/05/2012
MOFFA SILVANO POPOLO E TERRITORIO (NOI SUD-LIBERTA' ED AUTONOMIA, POPOLARI D'ITALIA DOMANI-PID, MOVIMENTO DI RESPONSABILITA' NAZIONALE-MRN, AZIONE POPOLARE, ALLEANZA DI CENTRO-ADC, DEMOCRAZIA CRISTIANA) 22/05/2012
COMMERCIO ROBERTO MARIO SERGIO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD 22/05/2012
DE BIASI EMILIA GRAZIA PARTITO DEMOCRATICO 22/05/2012
GIULIETTI GIUSEPPE MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO 22/05/2012
CAPITANIO SANTOLINI LUISA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 22/05/2012
FORMISANO ANNA TERESA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 22/05/2012
CARLUCCI GABRIELLA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 22/05/2012
PEZZOTTA SAVINO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 22/05/2012
BINETTI PAOLA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 22/05/2012
DELFINO TERESIO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 22/05/2012
VOLONTE' LUCA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 22/05/2012
LUSETTI RENZO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO 22/05/2012


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-01045
presentata da
ENZO CARRA
testo di
martedì 22 maggio 2012, seduta n.636

La Camera,

premesso che:

secondo i dati sulla condizione dell'infanzia elaborati negli ultimi anni dai più autorevoli istituti di ricerca l'Italia sembrerebbe aver dimenticato le problematiche riguardanti i bambini e le famiglie in cui vivono;

mentre in Europa i minori di 18 anni sono mediamente più esposti alla povertà di 4,3 punti percentuali rispetto al totale della popolazione, nel 2010, secondo l'Eurostat, in Italia il divario tra i minorenni a rischio povertà (24,7 per cento) e il totale della popolazione (18,2 per cento) raggiunge ben il 6,5 per cento ed è uno dei più alti d'Europa, inferiore soltanto a quello registrato in alcuni nuovi stati membri (Romania, Ungheria, Slovacchia) e in Lussemburgo;

le stime Eurostat considerano a rischio povertà i minori che vivono in nuclei familiari con un reddito inferiore al 60 per cento della media nazionale e presentano alcune differenze con quelle della Banca d'Italia che possono incidere sulla precisione dei risultati delle elaborazioni sulla povertà minorile, ma non possono alterare la validità complessiva dell'analisi;

le elaborazione fatte dall'Istat nel 2010, a partire dall'analisi dei consumi delle famiglie, confermerebbero tale tendenza, rilevando che i minori costituiscono appena il 16,9 per cento della popolazione, ma rappresentano il 22,6 per cento di tutta la popolazione in condizioni di povertà relativa (+5,7 per cento);

in termini numerici si tratta di circa 1 milione e 876 mila bambini e ragazzi che vivono in famiglie con una bassa capacità di spesa pro-capite, e sono ben 653 mila i bambini che non hanno la possibilità di accedere a un paniere di beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile;

un'elaborazione realizzata appositamente per Save The Children sui dati forniti recentemente dall'indagine della Banca d'Italia sui bilanci delle famiglie conferma il gap della povertà minorile in Italia e il generale aggravamento del fenomeno tra il 2006 e il 2010, in corrispondenza della crisi economica che ha colpito il Paese. Secondo tale analisi l'incidenza della povertà sui minori è maggiore di ben 8,2 punti percentuali rispetto a quella sul totale della popolazione: se il 14,4 per cento degli individui sono in condizioni di povertà, i minori poveri raggiungono il 22,6 per cento della popolazione di riferimento, il picco massimo registrato negli ultimi quindici anni;

oltre all'incidenza, è in forte aumento anche l'intensità della povertà (un dato percentuale che misura quanto il reddito disponibile equivalente sia mediamente inferiore alla soglia di povertà), passata dal 28,1 per cento del 2006 al 35,1 per cento del 2010 (+7 per cento), mentre nelle famiglie senza minori e cresciuta nello stesso arco di tempo di appena un punto e mezzo (dal 25,1 per cento al 26,7 per cento) e avrebbe conosciuto anzi una leggera flessione dal 2008 (-1,5 per cento);

i dati dell'analisi fornita da Save the Children segnalano che i bambini che vivono con un solo genitore sono quelli più esposti alla povertà e in queste famiglie l'intensità della povertà è maggiore di quasi dieci punti rispetto alle coppie con figli minori (43,6 per cento contro 34,4 per cento), con un aumento del 15 per cento rispetto a quindici anni fa e di quasi 8 punti percentuali rispetto al 2006, rendendo particolarmente critica la situazione di questa tipologia di famiglie;

in virtù della perdita del potere di acquisto e dell'aumento generalizzato dei prezzi, stanti le attuali retribuzioni, la povertà minorile è di gran lunga maggiore nei nuclei con 5 o più componenti e cresce con il crescere del numero dei minori presenti in famiglia;

per effetto dei bassi salari in entrata nel mondo del lavoro, è particolarmente significativo il dato relativo alla povertà minorile per classe di età del capofamiglia: se il maggior percettore di reddito ha meno di 35 anni, 1 minore su 2 (il 47,8 per cento) è povero, mentre per le fasce di età più alte il risultato si stabilizza intorno al 20 per cento;

a causa della compresenza dei principali fattori che determinano condizioni di povertà economica (una maggiore presenza di famiglie numerose, un basso tasso di occupazione femminile, una grossa percentuale di famiglie in cui nessun componente è occupato e un'alta incidenza di famiglie monoreddito) nelle regioni meridionali vi è una probabilità molto più alta di crescere in una famiglia povera;

oltre ai tradizionali indicatori economici, per misurare la povertà e il benessere effettivo dei bambini occorre considerare altri parametri quali: povertà di relazioni e di salute, cattiva alimentazione, carenze abitative, di servizi e opportunità educative; inoltre, occorre verificare se una famiglia impieghi le proprie risorse per coprire le necessità di tutti i suoi componenti, in primo luogo dei figli;

giudicare in base solo agli indicatori economici non è sufficiente, ma l'analisi multidimensionale degli indici di deprivazione rispetto ad alcuni bisogni fondamentali degli individui e delle famiglie con minori e alcuni indicatori alternativi a misura di bambino relegano il nostro Paese in fondo alle classifiche;

una ricerca compiuta recentemente per l'Istituto degli innocenti di Firenze sui dati Eu-Silc17, mirata a costruire un indice di povertà dell'infanzia a partire dall'analisi incrociata di 14 indicatori di deprivazione tarati sui bisogni specifici dei minori (vestiti di prima mano, scarpe, frutta fresca una volta al giorno, tre pasti al giorno, un pasto con carne o pesce almeno una volta al giorno, disponibilità di libri per ragazzi, svaghi, giochi, viaggi scolastici, vacanze, spazi idonei per studiare, e altro), colloca l'Italia nella parte media-bassa della classifica dei 27 paesi dell'Unione europea;

il 5,5 per cento delle famiglie con minori dichiarano di avere «difficoltà a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni»; per contro, l'incidenza dell'obesità nei bambini italiani è triplicata negli ultimi 25 anni ed è in continuo aumento a causa della cattiva alimentazione e di stili di vita sedentari. Secondo l'Ocse nel nostro Paese circa 1 ragazzo su 4 tra i 16 e i 17 anni sarebbe afflitto da problemi di sovrappeso e obesità. Un'indagine compiuta dall'Istituto superiore di sanità su un campione di 42 mila alunni della scuola primaria ha rilevato il 22,9 per cento di bambini in sovrappeso e l'11,1 per cento in condizioni di obesità;

l'Italia registra ancora un alto tasso di dispersione scolastica: il 18,9 per cento dei giovani tra 16 e 24 anni hanno conseguito soltanto il diploma di scuola media e non prendono parte ad alcuna attività di formazione, una quota nettamente superiore alla media europea (14,1 per cento e inferiore soltanto a quella di Islanda, Spagna, Portogallo e Malta. I dati provenienti dal sistema scolastico italiano indicano, inoltre, punteggi molto bassi nei test PISA sulle competenze cognitive dei quindicenni, alti tassi di ripetenza, numeri elevatissimi di alunni promossi con l'obbligo di assolvere ai «debiti formativi» in alcune materie;

le manovre economiche di questi ultimi anni hanno ridotto il livello dei trasferimenti sociali; peraltro in Italia la spesa per l'infanzia è da sempre una spesa residuale: si tratta per lo più di concessioni, bonus, misure una tantum, e solo raramente di investimenti, piani duraturi, servizi, affermazioni di diritti. Nel 2009 l'Italia investiva quasi 5 punti percentuali in più del prodotto interno lordo della propria spesa sociale nel comparto pensioni rispetto alla Germania (l'unico Paese europeo ad avere un indice di vecchiaia più alto del nostro), e appena l'1,4 per cento nel settore famiglie (contro una media dell'Unione europea del 2,3 per cento);

le iniziative a sostegno delle famiglie con minori varate negli ultimi anni (assegni di sostegno per le famiglie numerose, al nucleo familiare; cosiddetto bonus bebé, deduzioni fiscali per famiglie povere anche con bambini), hanno avuto una portata molto limitata e di scarsa efficacia;

nel momento in cui si reclama l'adozione di misure finalizzate alla crescita, il gap di investimenti dedicati all'infanzia segnala una debolezza strutturale sulla principale leva di crescita di una società ricca e sviluppata come quella italiana: il capitale umano;

la crescente attenzione che i Governi europei stanno ponendo sugli obiettivi di crescita rende ancora più centrali le politiche rivolte alla creazione di capitale umano, a partire dagli investimenti sull'infanzia, per sostenere lo sviluppo, tra le giovani generazioni, di capacità intellettive, emotive, decisionali che saranno fondamentali per la crescita del Paese;

lo stesso piano nazionale di riforme (PNR) 2012, oltre a stabilire un target di riduzione del numero di persone in povertà per l'Italia pari a 2.2 milioni di individui, ribadisce che «il capitale umano, come il capitale fisico, è pilastro essenziale per una crescita duratura»,
impegna il Governo:
a sollecitare, in sede europea, l'adozione di misure, nell'ambito della disciplina dei bilanci pubblici, che escludano dal cosiddetto fiscal compact le spese dedicate all'infanzia, alla scuola e alle famiglie con minori, in considerazione del fatto che gli interventi di cura e promozione della capacità relazionali e cognitive dei bambini sono da considerare come spese in conto capitale, perché capaci di creare un valore aggiunto nelle generazioni future;

ad assumere iniziative normative volte a prevedere, nell'ambito del riordino dell'attuale sistema delle agevolazioni fiscali, un rafforzamento del sistema attualmente vigente di detrazioni per i figli per i redditi bassi o medio-bassi;

a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre un sistema di voucher nominali fino ad un massimo di 30 euro al mese per i minori in famiglie con reddito equivalente inferiore ai 15.000 euro finalizzati ad acquisti di beni essenziali destinati all'infanzia e all'accesso a servizi culturali e sportivi che contribuiscano a colmare, almeno in parte, il divario di opportunità con i loro coetanei;

ad assumere iniziative, anche normative, per assegnare, nella prevista revisione del calcolo dell'ISEE, un maggior peso al numero di figli, alla condizione mono-genitoriale e ai nuclei familiari in cui entrambi i genitori lavorano (che, a parità di reddito, implica costi di gestione familiare superiori);

a considerare, al pari della scuola d'infanzia, l'asilo nido un diritto soggettivo, ancorché non obbligatorio, e rientrante a pieno titolo nel più complesso sistema dell'istruzione scolastica nonché a prevedere un piano di investimenti straordinario per gli asili che permetta di passare dall'attuale copertura dell'11,3 per cento al 33 per cento entro il 2020;

a valutare l'opportunità di creare aree ad alta densità educativa che prevedano progetti mirati: ad aumentare il tempo scuola finalizzato a garantire una offerta educativa di qualità lungo tutto l'arco della giornata; ad aumentare lo «spazio extra scuola» inteso come presidio territoriale capillarmente dislocato nei territori, in cui garantire osservazione, ascolto protezione e servizi differenziati non curriculari per bambini, adolescenti e famiglie; a stabilizzare percorsi di sostegno ed accompagnamento nella crescita con interventi precoci di prevenzione; a prevedere la presa in carico precoce ed integrata dei nuclei familiari multiproblematici e/o caratterizzati da esperienze di violenza intra-familiare;

a promuovere, in fase di rinnovo dei contratti collettivi nazionali, disposizioni specificamente rivolte alla Conciliazione dei tempi di vita lavorativa e familiare e a forme di incentivazione fiscale per incoraggiare ad investire in tali istituti;

ad assumere iniziative normative per realizzare un sistema di agevolazioni fiscali per le imprese per incentivare la messa in comune di servizi rivolti ai figli dei lavoratori (esempio asili nido, convenzioni per attività culturali e sportive, campi estivi, assicurazione sanitaria, voucher aziendali per baby-sitting, borse di studio ai figli dei dipendenti), che preveda la defiscalizzazione dei contributi delle aziende, per ciascun minore;

a valutare l'opportunità di assumere iniziative per istituire un fondo di garanzia statale sui prestiti concessi alle mamme in condizioni di disagio con reddito ISEE del nucleo familiare non superiore ai 35.000 euro;
(1-01045)
«Enzo Carra, Carfagna, Veltroni, Perina, Palomba, Moffa, Commercio, De Biasi, Giulietti, Capitanio Santolini, Anna Teresa Formisano, Carlucci, Pezzotta, Binetti, Delfino, Volontè, Lusetti».