ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00915

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 602 del 12/03/2012
Abbinamenti
Atto 1/00869 abbinato in data 12/03/2012
Atto 1/00905 abbinato in data 12/03/2012
Atto 1/00912 abbinato in data 12/03/2012
Atto 1/00914 abbinato in data 12/03/2012
Atto 1/00918 abbinato in data 12/03/2012
Atto 1/00921 abbinato in data 12/03/2012
Atto 1/00925 abbinato in data 29/03/2012
Atto 1/00926 abbinato in data 29/03/2012
Firmatari
Primo firmatario: DI GIUSEPPE ANITA
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 12/03/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 12/03/2012
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 12/03/2012
ROTA IVAN ITALIA DEI VALORI 12/03/2012
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 12/03/2012
DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI 12/03/2012
PIFFARI SERGIO MICHELE ITALIA DEI VALORI 12/03/2012


Stato iter:
29/03/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 12/03/2012
Resoconto DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI
 
INTERVENTO GOVERNO 12/03/2012
Resoconto VARI MASSIMO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
PARERE GOVERNO 29/03/2012
Resoconto DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
DICHIARAZIONE VOTO 29/03/2012
Resoconto MISITI AURELIO SALVATORE MISTO-GRANDE SUD-PPA
Resoconto DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI
Resoconto DI BIAGIO ALDO FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Resoconto DELFINO TERESIO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
Resoconto CALLEGARI CORRADO LEGA NORD PADANIA
Resoconto BRATTI ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BECCALOSSI VIVIANA POPOLO DELLA LIBERTA'
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 12/03/2012

DISCUSSIONE IL 12/03/2012

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 12/03/2012

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 29/03/2012

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 29/03/2012

ACCOLTO IL 29/03/2012

PARERE GOVERNO IL 29/03/2012

DISCUSSIONE IL 29/03/2012

APPROVATO IL 29/03/2012

CONCLUSO IL 29/03/2012

Atto Camera

Mozione 1-00915
presentata da
ANITA DI GIUSEPPE
testo di
lunedì 12 marzo 2012, seduta n.602

La Camera,
premesso che:
con la direttiva 2009/28/CE, che supera le precedenti direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, rispettivamente in materia di elettricità da fonti rinnovabili e di biocarburanti, l'Unione europea ha implementato la propria politica in materia di riduzione dei gas serra, attraverso l'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili. In particolare, la citata direttiva mira ad istituire un quadro comune per la promozione dell'energia prodotta da fonti rinnovabili e, per ciascuno Stato membro, fissa un obiettivo per la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia entro il 2020;
il nuovo quadro normativo comunitario è finalizzato a concentrare lo sforzo in funzione del raggiungimento del già individuato obiettivo del cosiddetto «20-20-20», che prevede, entro il 2020: la riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra, il risparmio energetico del 20 per cento, l'innalzamento al 20 per cento del livello di consumo di energia da fonti rinnovabile;
la direttiva comunitaria 2009/28/CE, «Promozione dell'uso delle energie da fonti rinnovabili», ha ripartito l'obiettivo generale del 20 per cento da fonte rinnovabile tra tutti gli Stati membri secondo il principio del burden sharing, già utilizzato con il protocollo di Kyoto. La Commissione europea ha, infatti, fissato i singoli obiettivi nazionali, giuridicamente vincolanti, tenendo conto della situazione economica di ogni Stato. Con l'Italia è stata concordata una quota del 17 per cento di energia da fonti energetiche rinnovabili da raggiungere entro il 2020;
nel quadro delle politiche e delle misure nazionali finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica stabiliti nel Protocollo di Kyoto, è necessario individuare alcuni strumenti strategici per lo sviluppo e l'integrazione di filiere di produzione e di distribuzione di energie rinnovabili che siano in grado di produrre energia «pulita», limitando l'emissione in atmosfera di anidride carbonica e di altri gas ad effetto serra risultante dall'uso dei combustibili fossili;
nell'ambito del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili, il settore delle biomasse riveste un ruolo di primaria importanza. Sommando gli obiettivi di energia da fonti rinnovabili per il 2020, ripartiti in elettricità, calore/raffrescamento e trasporti, a tutte le biomasse solide (in larga parte biomasse legnose), gassose (biogas e biometano) e liquide (biocarburanti), viene richiesto di produrre il 44 per cento di tutta l'energia da fonti rinnovabili a fine decennio;
la scelta di investire sulle energie rinnovabili, soprattutto sulle biomasse, non è soltanto una scelta ambientale per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica; gli impianti di energia da biomasse, e in modo spiccato le biomasse forestali, il biogas ed in parte i biocarburanti, hanno la caratteristica di essere forme di produzione diffusa di energia la cui ricaduta economica sui territori è forte e continuativa. Il petrolio ed il carbone, ma anche l'uranio, rastrellano ricchezza dai Paesi di consumo e la trasferiscono ai luoghi di estrazione, lasciando l'inquinamento nelle zone di raffinazione e consumo. Viceversa, l'indotto generato sui territori dalle fonti rinnovabili è stabile e significativo. In Germania è stato valutato che le fonti rinnovabili di energia, incluso l'eolico, abbiano generato 450.000 nuovi posti di lavoro;
biomassa è un termine che riunisce tipi diversi di materiali, di natura estremamente eterogenea. In forma generale, si può dire che sono biomassa tutti quei materiali che hanno una matrice organica e che vengono prodotti in modo ciclico (rinnovabili) attraverso processi naturali (foreste e legno) o produttivi (agricoltura). Le biomasse possono essere costituite dai residui delle coltivazioni destinate all'alimentazione umana o animale (ad esempio, residui delle potature, paglia ed altro), da colture espressamente condotte per scopi energetici (ad esempio, produzione di biodiesel o alcol), da materiali legnosi e residui di origine forestale, da scarti di attività dell'industria agroalimentare o del legno (ad esempio, le vinacce dell'industria della vinificazione, la sansa dell'industria dell'olio, i trucioli o la segatura dell'industria del legno), da scarti delle aziende zootecniche (deiezioni solide e liquide), dalla parte organica dei rifiuti urbani o dai materiali di risulta delle operazioni di cura del verde (ad esempio, potatura siepi e viali alberati urbani, manutenzione aree ripariali);
non vi è una definizione univoca di biomassa, per la legge italiana. Solo nell'ambito dell'impiego delle biomasse per la produzione di energia elettrica vengono utilizzate definizioni più specifiche. L'articolo 2 del decreto legislativo n. 387 del 2003 riprende la direttiva 2001/77/CE e stabilisce che «per biomassa si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani». La definizione di biomassa ai sensi del decreto legislativo n. 387 del 2003 è stata ampliata dal decreto legislativo n. 28 del 2011, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE». L'articolo 2, lettera e), definisce la biomassa come «la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.» Quest'ultima è la definizione utile ai fini autorizzativi ed alla quale si attengono le normative locali;
ai fini energetici le biomasse si distinguono in:
a) bioliquidi: i «combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa»;
b) biocarburanti: i «carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa»;
c) biometano: il «gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo all'immissione nella rete del gas naturale»;
ciascuna delle biomasse sopra elencate porta con sé impatti ambientali che devono necessariamente essere valutati quando si scende dall'ambito delle scelte strategiche e si definiscono i criteri per effettuare le scelte migliori rispetto alle biomasse da impiegare e le tecnologie da utilizzare; i criteri in questione possono essere riassumibili in alcuni punti:
a) le biomasse devono generare ricchezza sul luogo di realizzazione dell'impianto, evitando che l'approvvigionamento della biomassa abbia un impatto ambientale insostenibile, anche in termini di incremento della viabilità;
b) a valutazione di compatibilità ambientale dell'impianto a biomassa deve tenere conto dell'intero ciclo produttivo;
c) gli impianti devono avere dimensioni proporzionate alla capacità produttiva del luogo di installazione (filiera corta), di cui sia garantita la tracciabilità e la compatibilità ambientale del trasporto;
d) devono essere privilegiati, attraverso semplificazioni autorizzative, tutti quegli impianti che utilizzano l'energia termica senza disperderla nell'ambiente;
il contributo delle biomasse alla produzione di energie da fonte rinnovabile è importante in quel mix energetico sostenibile che l'Italia dovrà utilizzare, contestualmente alle politiche di risparmio ed efficienza, per sostituire gradualmente le fonti fossili; ma il loro uso, in un'ottica di sostenibilità, non dovrà dare vita ad effetti distorsivi per l'economia agricola, negativi per gli equilibri ambientali e paesaggistici, o addirittura inefficaci per quanto riguarda il saldo delle emissioni dei gas serra;
uno sviluppo corretto delle agroenergie dovrebbe essere innanzitutto decentralizzato e integrato con le economie agricole locali e i contesti territoriali. Tuttavia, bisognerà evitare che tale decentramento produca, da una parte, un puzzle di norme e di criteri di valutazione e, dall'altra, una proliferazione di impianti che nulla hanno a che fare con l'agricoltura locale e con le risorse del territorio. A tale scopo, è utile che i criteri di calcolo della quota di produzione di energia da biomasse che ogni regione dovrà garantire per il rispetto degli obiettivi nazionali (cosiddetta burden sharing) siano basati sulle potenzialità effettive e sulle vocazioni agricole e forestali dei diversi territori, sia in termini di colture che di processi di produzione/trasformazione dedicati;
bisogna, quindi, favorire filiere che siano efficienti nell'uso del suolo agricolo e nella riduzione delle emissioni di carbonio gas serra, sostenibili dal punto di vista ambientale e paesaggistico e capaci di generare la massima ricaduta occupazionale in ambito locale, sia dal punto di vista delle imprese agroforestali che dal punto di vista dell'imprenditoria in generale; questi aspetti possono essere verificati tramite studi dedicati di analisi del ciclo di vita della biomassa (life cycle assesment) normati dalla serie ISO 14040; in questa prospettiva, la produzione dedicata di biomasse dal settore agricolo dovrebbe essere realizzata prestando attenzione ad aspetti di risparmio energetico e di uso razionale degli input produttivi. Il ricorso a tecniche agronomiche a basso input energetico e rispettose dell'uso del suolo, come, ad esempio, i sistemi di agricoltura conservativa, possono rappresentare una possibile via per la produzione sostenibile di biomasse agricole, specie se accompagnati da sistemi di agricoltura di precisione che consentono di impiegare in modo oculato e razionale i diversi input colturali necessari (fertilizzanti, fitofarmaci ed altro);
al fine di rispettare i principi di sostenibilità ed economicità, è necessario che si instauri un'interazione positiva tra impresa energetica e azienda agricola, evitando innanzitutto un meccanismo competitivo che vedrebbe crescere l'una a discapito dell'altra e garantendo, al contempo, una migliore gestione degli aspetti ambientali. Ad esempio, per gli impianti di piccole dimensioni che per proprie caratteristiche rispondono meglio ai principi di sostenibilità sociale, ambientale e paesaggistica, le possibilità di raggiungere un'adeguata efficienza economica sono legate alla capacità di radicarsi nel contesto produttivo locale e di creare un circolo virtuoso grazie all'abbattimento dei costi di produzione, recupero e trasporto della biomassa;
oltre alla combustione si possono avere altri usi energetici delle biomasse: ad esempio, la trasformazione chimica, in appositi digestori anaerobici, del materiale organico in biogas, ossia metano, da utilizzare per qualunque uso (produzione di calore ed elettricità o come carburante da trazione). Questa trasformazione è particolarmente efficace per tutti gli scarti e reflui di origine zootecnica, agricola ed alimentare ed è particolarmente adatta per i contesti agricoli intensivi di pianura caratterizzati da alta produttività;
esperienze già in atto nel contesto italiano stanno dimostrando come questi impianti riescano ad essere tecnologicamente ed economicamente sostenibili solo se riescono a superare determinate dimensioni strutturali. Questo comporta in diversi casi delicate implicazioni connesse all'approvvigionamento della biomassa, sia dal punto di vista della logistica (raggio di approvvigionamento) che del tipo di biomassa da impiegare. Spesso, infatti, l'alimentazione degli impianti richiede di estendere il raggio di approvvigionamento, cosa che solleva problemi di pressione sul traffico stradale e di emissioni e consumi energetici connessi all'uso dei mezzi di trasporto;
le biomasse residuali impiegate nell'alimentazione degli impianti di gassificazione vengono spesso integrate con massicce dosi di prodotti agricoli come il mais o altri cereali altamente energetici, che, in questo modo, vengono sottratti alla loro tradizionale funzione di alimentazione umana (food) o animale (feed). Tale situazione ricrea negli areali di produzione una competizione fra la funzione energetica (biomassa) e la funzione alimentare (food e feed) di prodotti come i cereali; competizione che si traduce in forti distorsioni di mercato che si ripercuotono sul costo di produzione di altre importanti derrate, come il latte e la carne;
di conseguenza, in alcune aree della penisola numerosi allevatori riscontrano notevoli difficoltà nell'approvvigionamento dei foraggi a prezzi competitivi. Questa situazione rischia, da un lato, di esercitare una pressione eccessiva sugli allevamenti e, dall'altro, di generare inaccettabili incrementi dei prezzi al consumo di diversi prodotti alimentari. Appare chiara, dunque, la necessità di prevenire questi problemi attraverso la predisposizione di appositi strumenti normativi che permettano di regolare il mercato delle produzioni agricole che possono essere destinate sia alla filiera energetica che a quella agroalimentare;
altra fonte di energie rinnovabili può essere rappresentata anche dai biocombustibili, da impiegarsi sia per la produzione di energia (bioliquidi) che per l'autotrazione (biocarburanti). Tali biocombustibili possono essere ottenuti anche attraverso la coltivazione di colture oleaginose come il girasole o il colza. Tali colture, per caratteristiche agronomiche, possono risultare particolarmente adatte in molti contesti agricoli marginali del nostro Paese, in quanto richiedono input energetici ridotti e cure colturali moderate. Come detto in precedenza, il piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili dispone che entro il 2020 l'84 per cento dell'energia utilizzata per i trasporti debba derivare da biomasse. Già ad oggi, nel 2012, vige in Italia l'obbligo di miscelare al 4,5 per cento i carburanti di origine fossile con carburanti di origine agricola;
non è ben chiaro quale strategia seguirà l'Italia per approvvigionarsi di questi ingenti volumi di biocarburanti, ma di sicuro questo rappresenterebbe un mercato in cui le (seppur modeste) quantità di biocombustibili prodotte nel nostro Paese potrebbero trovare facile collocazione. L'estrazione a freddo dell'olio dai semi di girasole o colza può essere oggi realizzata in modo facile ed efficiente. A tale proposito, la nascita di piccoli impianti consortili di estrazione potrebbe favorire la creazione di piccoli distretti energetici che troverebbero mercato nell'autoconsumo a livello locale o nella fornitura di prodotto energetico a strutture di consumo, come i già citati edifici di interesse pubblico;
in diversi contesti del territorio italiano le comunità locali si dimostrano ancora poco propense ad accettare impianti di conversione energetica delle biomasse. Tale preclusione è legata in parte alla disinformazione che porta a considerare questi impianti come fonti di inquinamento atmosferico e, in parte, al ragionevole timore di uso improprio delle strutture a fini di smaltimento dei rifiuti. Questa evidenza dovrebbe invitare ad ipotizzare delle campagne di educazione e sensibilizzazione che avvicinino i cittadini al tema delle energie da biomassa. Gli impianti, da parte loro, dovrebbero essere realizzati secondo criteri di sostenibilità economica, ambientale, sociale, paesaggistica e tecnica. Tali criteri, seppur di valore universale, hanno necessità di essere calati nelle molteplici realtà locali ritrovabili a livello nazionale. In tale ottica, maggiore ricerca e innovazione tecnologica sarebbero necessarie per trasformare in contributo reale alla crescita le potenzialità teoriche racchiuse nel concetto di biomasse e bioenergie,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative volte a differenziare le misure di sostegno, privilegiando le biomasse di scarto o a filiera corta entro 70 chilometri dall'impianto di produzione dell'energia/calore;
ad assumere iniziative volte a prevedere particolari incentivi per le aziende agricole che decidono di utilizzare per proprio consumo le biomasse autoprodotte, specie in quei contesti ad alte esigenze energetiche, come le serre, gli allevamenti zootecnici o gli impianti aziendali di trasformazione dei prodotti alimentari;
a costruire degli strumenti di controllo delle produzioni di biomasse agricole e delle relative filiere di conversione energetica per evitare che si verifichino deleterie distorsioni di mercato che potrebbero avere ripercussioni sulla competitività di alcune filiere agroalimentari e sui prezzi al consumo dei prodotti;
a mettere in atto iniziative volte ad evitare il rischio di abbandono delle pratiche agricole tradizionali, prevedendo che la produzione di biomasse o di energia da biomassa rappresenti per l'azienda agricola un'integrazione e non una fonte sostitutiva di reddito aziendale;
a favorire, ove tecnicamente ed economicamente possibile, la realizzazione di piccoli distretti o reti energetiche nelle aree rurali, favorendo la partecipazione attiva delle imprese e delle aziende agricole;
a rafforzare gli strumenti di controllo della sostenibilità ambientale ed energetica dei processi di produzione delle biomasse e dell'impatto paesaggistico/ambientale degli impianti.
(1-00915) «Di Giuseppe, Donadi, Borghesi, Rota, Messina, Di Stanislao, Piffari».