ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00661

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 489 del 21/06/2011
Firmatari
Primo firmatario: DI PIETRO ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 21/06/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
CAMBURSANO RENATO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
CIMADORO GABRIELE ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
FAVIA DAVID ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
FORMISANO ANIELLO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
MONAI CARLO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
MURA SILVANA ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
PALADINI GIOVANNI ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
PALAGIANO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
PIFFARI SERGIO MICHELE ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
PORCINO GAETANO ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
ROTA IVAN ITALIA DEI VALORI 21/06/2011
ZAZZERA PIERFELICE ITALIA DEI VALORI 21/06/2011


Stato iter:
21/09/2011
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 23/06/2011

RITIRATO IL 21/09/2011

CONCLUSO IL 21/09/2011

Atto Camera

Mozione 1-00661
presentata da
ANTONIO DI PIETRO
testo di
martedì 21 giugno 2011, seduta n.489

La Camera,
premesso che:
le Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato hanno approvato il 18 marzo 2011 una risoluzione che ha dato mandato al Governo ad agire in base alla risoluzione 1973 dell'Onu sulla Libia autorizzandolo a mettere in campo le misure necessarie a proteggere i civili e a concedere l'uso delle basi militari in territorio italiano;
il Governo aveva sempre espresso di volta in volta posizioni diverse su come agire e che tipo di presenza garantire per consentire il passaggio della Libia verso istituzioni democratiche; infine, ha preso atto che quella che si era determinata era - con le parole del Ministro Frattini - «una situazione difficile sul terreno ed ecco perché occorre andare fino in fondo. Esclusa l'azione di terra, o colpiamo con singole azioni aeree i carri armati di Gheddafi o lasciamo consapevolmente e volontariamente uccidere civili a centinaia e a migliaia. Per questo non possiamo tirarci indietro la nostra leale collaborazione con gli alleati porterà un contributo decisivo»; in tal modo, dunque, il Governo con propria iniziativa ha deciso di ampliare la natura stessa della risoluzione di maggioranza approvata il 24 marzo 2011 alla Camera dei deputati travalicando i limiti della stessa verso un deciso coinvolgimento militare;
comunque, alle 17,45 del 20 marzo, in Libia è scattata l'operazione Odissey Dawn (Odissea all'alba) alla quale partecipano Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Italia, Spagna e Canada; in diretta applicazione delle decisioni di cui sopra sono partiti i primi bombardamenti dagli aerei francesi Rafale sul Paese, poi a seguire sono entrati in azione i missili Cruise statunitensi e i bombardieri inglesi;
da una prima stima dei costi finora sostenuti, si apprende che in 80 giorni di operazioni la guerra in Libia è costata alla Francia 87 milioni di euro secondo fonti ufficiali della Defense, somma che comprende tanto il costo del personale sul posto che il consumo delle munizioni: un missile di ultima generazione Scalp (missile da crociera aviolanciabile a lungo raggio) costa, per esempio, tra i 500 mila e gli 800 mila euro, mentre un'ora di volo di un Rafale è stimato in circa 13 mila euro; per in giorno medio di guerra degli Stati Uniti si calcolano costi intorno ai 130 milioni di dollari, ma il Pentagono ha prontamente annunciato la riduzione delle attività americane che consentiranno di ridurre la partecipazione dei propri aerei da combattimento nei bombardamenti e nel pattugliamento aereo sino a un terzo delle incursioni e di diminuire la spesa a 40 milioni di dollari al mese; a partire dal 31 marzo 2011, infatti, la NATO ha assunto ufficialmente il comando dell'operazione militare in Libia dalla mano degli Stati Uniti, con una cessione effettiva dal 4 aprile 2011;
naturalmente, di fronte alla riduzione della partecipazione americana alle operazioni, l'Europa sarà obbligata ad aumentare la propria;
per quanto riguarda il nostro Paese, invece, cifre certe non ne circolano, ma l'impiego di aerei e navi nel primo mese di guerra avrebbe raggiunto quasi 50 milioni di euro, la maggior parte dei quali per l'aviazione: i Tornado hanno eseguito infatti circa 1200 ore di volo e svariate sortite ciascuna del costo di 300 mila euro escluso l'eventuale lancio di missili anti-radar AGM-88 HARM (che costano circa 200.000/300.000 euro al pezzo); i restanti milioni sono stati spesi in carburante per le navi impiegate: la portaerei Garibaldi (che da sola potrebbe costare 130 mila euro al giorno), una fregata, il cacciatorpediniere Andrea Doria, il pattugliatore Borsini e la rifornitrice Etna, che consumano 350 mila euro al giorno di gasolio;
tra l'altro lo stesso Ministro della difesa La Russa, in una recente intervista, ha dichiarato che già sono stati spesi circa 500 milioni di euro (e dunque, entro la fine dell'anno si arriverebbe a 1 miliardo di euro) per il nostro impegno in Libia;
ovviamente, sul costo finale della missione libica influiranno due fattori: la durata delle operazioni e il consumo di bombe e missili i cui costi variano dai 30/40 mila euro per le bombe guidate a quasi un milione di euro per un modernissimo missile da crociera Storm Shadow;
non è ancora chiaro se il decreto-legge che dovrà assicurare il prossimo finanziamento semestrale per le missioni all'estero dovrà coprire anche le spese per la missione in Libia o se sarà necessario un provvedimento ad hoc; in ogni caso si tratta di spese non più sostenibili;
dal 20 marzo al 7 giugno 2011, i morti civili finora accertati a causa dei raid Nato sarebbero nell'ordine di centinaia (secondo fonti governative libiche 856 morti e oltre 4000 feriti); proprio nel corso di un raid aereo compiuto nella notte tra sabato 18 e domenica 19 giugno a Tripoli la Nato ha ammesso di aver ucciso per errore dei civili (pare 15 di cui tre bambini). In un comunicato, l'Alleanza Atlantica ha precisato che obiettivo dell'attacco era un sito militare di missili, ma «sembra che una delle nostri armi non abbia funzionato come previsto e abbia causato vittime civili», a riprova, ove mai ce ne fosse bisogno, che non esistono missili «intelligenti»;
secondo lo stesso Ministro degli affari esteri Franco Frattini, la Nato non può correre il rischio di uccidere i civili in Libia perché questo mette a rischio la sua credibilità; il Ministro ha anche dichiarato che «il limite per la missione è settembre, ma aldilà dei bombardamenti credo che una soluzione debba trovarsi molto prima»;
anche un fondamentale alleato dell'attuale maggioranza che sostiene il Governo ha da tempo dichiarato confermando e rafforzando recentemente tale posizione, che dalla Libia occorre andare via in tempi certi e rapidi;
occorrerà, inoltre, riaprire ancora una volta una riflessione sulla vicenda Afghanistan, sulla necessità di concludere un'avventura, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, spericolata e sbagliata, nata come «missione di pace» ma che si è trasformata in una operazione di contro guerriglia, di guerra «guerreggiata» di lotta contro fazioni con impiego di mezzi altamente aggressivi che hanno già ucciso indiscriminatamente troppe vittime civili;
da tempo, ci si chiede quale sia lo scopo di questa missione, chi si sta difendendo, qual'è il reale scenario politico dell'Afghanistan in questo momento, perché l'Italia sia ancora in un posto dove i soldati sono esposti al rischio della morte un giorno sì e l'altro pure e, soprattutto, fino a quando occorre restarci e con quali costi economici (è giusto ricordare che sono oltre 700 i milioni di euro annui che questa sola missione assorbe dell'intero ammontare riguardante il rifinanziamento delle missioni internazionali);
ciò a maggior ragione dopo che il 22 giugno 2011, il presidente americano, Barak Obama, annunciando un calendario di ritiro dall'Afghanistan più rapido di quanto richiesto dai comandanti militari, ha affermato che 10 mila soldati torneranno a casa entro la fine dell'anno e che altri 23 mila rientreranno entro l'estate del 2012;
a questo annuncio sono seguite le reazioni concordi con tale strategia dei capi di Governo e di Stato di Francia, Germania e Inghilterra; l'Australia ha invece fatto sapere che i militari resteranno fino al 2014 per poter completare la loro missione di addestramento dei soldati afgani; il presidente afgano Hamid Karzai ha accolto con favore l'annuncio del graduale rientro delle truppe Usa dal territorio afgano in quanto il loro ritiro non influirà sulla sicurezza e sulle operazioni già pianificate,
impegna il Governo:
a ridurre in tempi molto brevi l'impegno economico riferibile alla presenza italiana nella missione deliberata nell'ambito della risoluzione 1973/2011 dell'Onu e la partecipazione attiva del nostro Paese ai bombardamenti contro obiettivi sul suolo libico;
a porre, senza indugi, nelle sedi internazionali, l'esigenza di un riesame e di una modifica della strategia d'intervento di ristabilimento della pace e della democrazia in Afghanistan, avviando in tempi rapidi e certi un percorso di riduzione progressiva del nostro contingente militare in linea con quanto annunciato dall'alleato americano.
(1-00661)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Di Stanislao, Leoluca Orlando, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».