ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00571

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 441 del 28/02/2011
Abbinamenti
Atto 1/00510 abbinato in data 28/02/2011
Atto 1/00569 abbinato in data 28/02/2011
Atto 1/00572 abbinato in data 28/02/2011
Atto 1/00573 abbinato in data 28/02/2011
Atto 1/00574 abbinato in data 08/03/2011
Atto 1/00575 abbinato in data 08/03/2011
Atto 1/00576 abbinato in data 08/03/2011
Atto 6/00069 abbinato in data 08/03/2011
Atto 1/00584 abbinato in data 08/03/2011
Firmatari
Primo firmatario: PIFFARI SERGIO MICHELE
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 28/02/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 28/02/2011
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 28/02/2011
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 28/02/2011


Stato iter:
08/03/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 28/02/2011
Resoconto DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 28/02/2011
Resoconto VICO LUDOVICO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto MELIS GUIDO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto OLIVERIO NICODEMO NAZZARENO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto TORTOLI ROBERTO POPOLO DELLA LIBERTA'
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 28/02/2011
Resoconto VICECONTE GUIDO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ISTRUZIONE, UNIVERSITA' E RICERCA)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 28/02/2011

DISCUSSIONE IL 28/02/2011

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 28/02/2011

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 01/03/2011

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 08/03/2011

RITIRATO IL 08/03/2011

CONCLUSO IL 08/03/2011

Atto Camera

Mozione 1-00571
presentata da
SERGIO MICHELE PIFFARI
testo di
lunedì 28 febbraio 2011, seduta n.441

La Camera,

premesso che:

il capitolo delle bonifiche dei siti inquinati, e quindi del risanamento di aree fortemente compromesse, rappresenta uno dei più importanti aspetti delle politiche ambientali, sia per la sua valenza di necessaria tutela ambientale e sanitaria, sia per la sua valenza sociale e produttiva in quanto le aree bonificate, in particolare quelle industriali, possono diventare l'occasione di una rinascita, attraverso nuove iniziative imprenditoriali, agricole, residenziali, o la realizzazione di aree e attrezzature di interesse pubblico;

attualmente nel nostro Paese vi sono circa 15.000 siti di interesse regionale e 57 siti d'interesse nazionale. Questi ultimi rappresentano le zone maggiormente inquinate del nostro Paese, con un impatto rilevante sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ambientale, le cui procedure di bonifica sono attribuite al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

dai dati forniti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i siti d'interesse nazionale ricomprendono aree a terra e a mare per un'estensione pari a circa 700.000 ettari, corrispondenti al 3 per cento del territorio nazionale; tra i siti d'interesse nazionale rientrano oltre 3.000 soggetti privati proprietari delle aree, tra cui le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero;

sono aree del nostro territorio definite in relazione alle loro caratteristiche, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti e all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico. La maggior parte di questi siti è rappresentato da agglomerati industriali come quelli presenti in prossimità di grossi poli petrolchimici, tra cui quelli di Brindisi, Falconara Marittima, Livorno, Milano-Bovisa, Piombino, Porto Marghera, Priolo e Gela e altri, ma sono presenti anche aree industriali come Crotone e Bagnoli, o aree di particolare valenza naturalistica, tra cui le lagune di Venezia e Orbetello;

la bonifica dei siti d'interesse nazionale stenta fortemente a decollare, tanto che di questi siti finora nessuno ha potuto certificare l'avvenuta completa bonifica e quindi la possibilità di avvio di un recupero completo dell'area;

come ricordava il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella sua audizione alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati del 20 ottobre 2010, per ciascuno di tali siti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esamina e approva i progetti di messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica dei suoli e della falda; finanzia e realizza interventi di bonifica in aree pubbliche attraverso lo strumento dell'accordo di programma; gestisce il contenzioso amministrativo, civile e penale e stipula atti transattivi con i privati in materia di bonifica e danno ambientale;

al fatto che praticamente ancora in nessun sito d'interesse nazionale si sia potuta certificare la conclusione definitiva degli interventi di bonifica e ripristino certamente contribuiscono la farraginosità delle attuali procedure, la loro centralizzazione, la carenza di risorse finanziarie e i numerosi contenziosi conseguenti anche al fatto che all'interno di ciascun sito d'interesse nazionale ricadono interessi e proprietà sia di soggetti pubblici che privati;

la legge prescrive che i lavori di bonifica debbano essere a carico degli effettivi responsabili, secondo il condiviso principio comunitario per il quale «chi inquina paga». Troppo spesso per cercare di non farsi carico degli oneri di bonifica dei luoghi, si assiste a lunghi contenziosi e ricorsi ai competenti tribunali amministrativi regionali da parte dei soggetti privati che contestano le determinazioni e gli stessi decreti decisi in sede di conferenza di servizi, qualora questi ultimi impongano ai medesimi soggetti privati l'onere della messa in sicurezza e del ripristino dei luoghi;

il decreto-legge n. 208 del 2008 ha modificato le norme in tema di risarcimento del danno ambientale causato dai soggetti pubblici e privati che hanno inquinato il territorio. In particolare, l'articolo 2: introduce la possibilità di transazioni per la quantificazione degli oneri di bonifica e di ripristino; riconosce ad enti e soggetti interessati la possibilità di fare le osservazioni all'accordo transattivo, ma senza prevedere l'obbligo della risposta; prevede che la transazione tra lo Stato ed il privato responsabile dell'inquinamento «comporta abbandono del contenzioso pendente e preclude ogni ulteriore azione per rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino ed ogni ulteriore azione risarcitoria per il danno ambientale»;

detta norma sembra ridurre di fatto la possibilità, per gli enti locali e le popolazioni interessate di svolgere sul proprio territorio un ruolo attivo, sin dalla prima fase del procedimento di danno ambientale, contro chi inquina il territorio con conseguenze nocive per la salute pubblica;

un aspetto che è necessario rivedere è certamente quello legato alla non sempre efficiente gestione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle conferenze di servizi per la valutazione dell'iter e l'autorizzazione dei piani e dei progetti per la bonifica, tanto che andrebbe valutata la possibilità di spostare la gestione dell'iter di bonifica in capo alle regioni o ai comuni, garantendo in ogni caso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e agli enti tecnici nazionali il compito di supportare, verificare e indirizzare il procedimento;

è indispensabile, soprattutto in un ambito che riguarda l'inquinamento di un territorio e quindi i suoi effetti diretti e indiretti sulla salute dei cittadini, garantire la massima trasparenza e le informazioni sullo stato di avanzamento del risanamento ambientale nonché le informazioni utili a ricostruire l'iter di bonifica. Un ruolo fondamentale in questo senso lo dovrebbe infatti svolgere lo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche tramite il suo sito internet;

va ricordato il fenomeno, strettamente connesso al ripristino delle aree inquinate sottoposte a bonifica, che Legambiente ha battezzato come «Le mani dell'ecomafia sull'affare bonifiche». La movimentazione dei rifiuti prodotti dalle bonifiche dei siti industriali contaminati va infatti ad aumentare il lucroso business delle ecomafie. Da qui l'evidente necessità di rivedere i meccanismi di gestione delle operazioni di recupero dei territori;

troppo spesso, infatti, da una parte vengono avviate le necessarie azioni di bonifica di un sito, dall'altra i materiali inquinati rimossi vanno poi a finire nel nulla, scompaiono, contribuendo così a incrementare l'enorme quantità di rifiuti speciali che purtroppo sfugge sistematicamente ai controlli e che va a inquinare pesantemente qualche altra area del territorio;

se la normativa attuale sulla bonifica dei siti inquinati favorisce il trattamento sul posto per evitare la movimentazione dei rifiuti, in realtà molte delle bonifiche continuano a prevedere spostamenti sostanziosi e difficilmente controllabili, con il rischio concreto di contribuire, come si è visto, all'enorme business illegale dei rifiuti. Occorrerebbe, quindi, favorire maggiormente lo smaltimento dei rifiuti là dove sono prodotti, per poter verificare più facilmente i processi di trattamento;

se è improcrastinabile la necessità di rivedere alcune procedure riguardanti la gestione dei siti di interesse nazionale, e più in generale la velocizzazione delle procedure per il ripristino e la bonifica delle aree più inquinate già individuate e perimetrate, è altrettanto necessario avviare parallelamente un piano nazionale per procedere all'individuazione e al censimento delle tante aree oggetto di sversamenti abusivi e depositi illegali di rifiuti nocivi e pericolosi per la salute pubblica, la cui quantificazione è assolutamente sottostimata seppure sia fenomeno ben diffuso e conosciuto e che sfugge ancora al pieno controllo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e degli enti territoriali;

rimane ancora aperto, per esempio, e più che mai drammaticamente attuale - seppur ormai apparentemente dimenticato - il capitolo relativo al fenomeno dei traffici illegali dei rifiuti, con particolare riferimento alle cosiddette «navi dei veleni». Un fenomeno criminale conosciuto da tempo e tornato alla ribalta nell'estate del 2009, a seguito dell'individuazione, a largo delle coste calabresi, di un relitto di una nave che sembrava contenesse fusti di sostanze tossiche e di fanghi radioattivi;

peraltro la cronologia di affondamenti sospetti nelle acque italiane in questi anni è certificato e a dir poco inquietante; nel corso della XIII legislatura, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti approvava un documento sui traffici illeciti e sulle ecomafie, che disegnava un quadro inquietante sulla questione delle «carrette del mare» colate a picco, probabili mezzi di smaltimento di rifiuti tossici o radioattivi: 39 affondamenti sospetti di navi dal 1979 al 1995 e il forte dubbio che «non si sappia di altri, negli anni successivi, solo perché mancano indagini sulle cosiddette «navi a perdere»;

la medesima Commissione d'inchiesta, il 25 ottobre 2000, scriveva come ad alimentare il mercato illecito fossero anche le industrie a rilevanza nazionale ed internazionale, che utilizzavano la rete semiclandestina delle navi a perdere per ottenere uno smaltimento al minor costo, senza alcun controllo sulla destinazione finale del rifiuto;

detto allarme sul deposito incontrollato dei rifiuti e i conseguenti gravi rischi di inquinamento marino e costiero possono ugualmente essere estesi anche al territorio italiano;

si tratta di terreni e fiumi dove vengono scaricati abusivamente inquinanti di ogni genere in grado di produrre fenomeni di inquinamento profondo e dove spesso è possibile riscontrare l'esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità, o di patologie collegabili alla presenza nell'area dei suddetti livelli di inquinamento e contaminazione;

lo stesso recentissimo dossier del Wwf «fiumi d'Italia», del gennaio 2011, ha evidenziato in modo drammatico lo stato di inquinamento in cui versano il territorio e i fiumi italiani, e la conseguente urgenza di efficaci politiche di bonifica dei luoghi;

il rilevamento dei depositi o delle discariche abusive ha, per esempio, fatto emergere un problema estremamente grave e pericoloso: l'estrema diffusione sul territorio di eternit/amianto abbandonato, spesso nascosto nella vegetazione, semisommerso nel fango delle rive o ancora presente su baracche fatiscenti nelle aree di esondazione fluviale. Dei tratti fluviali censiti dal Wwf ben 12 sono interessati da depositi o presenza di eternit. L'eternit che si riesce a vedere, purtroppo, è solo una parte modesta di quello che probabilmente è stato disperso nell'ambiente. Lo smaltimento di questa sostanza - come ha sottolineato l'associazione ambientalista - costa troppo: rimuovere amianto compatto costa circa 10-15 euro a metro quadrato, ma, quando lo si trova in situazioni più complesse, come, ad esempio, per rivestimenti di tubi in una cantina, i costi lievitano vertiginosamente;

a seguito di questi fatti criminali, e purtroppo ben conosciuti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non ha finora mai predisposto, con il coinvolgimento degli enti locali, alcuna strategia efficace e credibile finalizzata ad avviare una seria e capillare indagine e un monitoraggio dei nostri territori, dei fiumi e delle coste italiane più a rischio, per individuare le aree più contaminate, incrociando a tal fine le informazioni di tipo sanitario, quali per esempio la presenza in determinate aree di eventuali picchi di forme tumorali o altre patologie collegabili a elevati livelli di inquinamento dell'ecosistema;

la prevenzione dei rischi per la salute rende quindi necessario il potenziamento e lo sviluppo di reti informative integrate: una mappatura delle aree contaminate e delle azioni di relativo risanamento, correlata con le banche dati territoriali relative alla prevalenza e all'incidenza delle patologie;

è del tutto evidente che, a monte di una vera politica di salvaguardia ambientale a difesa del territorio e della salute pubblica dall'inquinamento e di conseguenti efficaci interventi di monitoraggio e di bonifica delle aree maggiormente inquinate, rimane inevitabilmente la questione legata alle risorse finanziarie che vengono messe a disposizione dal Governo per tali scopi;

purtroppo, in questi ultimi tre anni, si è assistito sotto questo aspetto a una costante e pesante riduzione di risorse assegnate dalle ultime leggi finanziarie al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, di conseguenza, alle stesse politiche di bonifica dei siti. Si parla di un taglio secco in tre anni di circa 1 miliardo di euro della dotazione complessiva per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

si ricorda che l'ultima legge di bilancio per il 2011, approvata a fine 2010, ha stanziato per il programma 18.12 (tutela e conservazione del territorio e delle risorse idriche, trattamento e smaltimento rifiuti, bonifiche) 164,3 milioni di euro, con una riduzione di 81,1 milioni di euro, pari a un taglio di ben il 33 per cento rispetto al 2009. Peraltro la maggior parte della consistente riduzione degli stanziamenti del programma è dovuta all'azzeramento della dotazione del capitolo 7509 »Finanziamento di interventi urgenti di perimetrazione e messa in sicurezza, bonifica, disinquinamento e ripristino ambientale« (la cui dotazione nel bilancio assestato 2010 era pari a 40,1 milioni di euro), a seguito del venir meno della relativa autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 867, della legge finanziaria per il 2007, relativa ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia-Porto Marghera, nonché per gli interventi di risanamento del polo chimico Laghi di Mantova,
impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di predisporre delle semplificazioni e degli snellimenti nell'iter amministrativo nei procedimenti di bonifica e di recupero dei terreni dei siti di interesse nazionale, controbilanciando dette semplificazioni nelle procedure amministrative, con una necessaria intensificazione dei controlli ambientali in tutte le fasi relative al processo di bonifica dei siti;

a garantire l'adeguatezza delle strutture dell'Ispra, alla luce del fondamentale e ineludibile supporto di tale ente nelle attività direttamente e indirettamente riconducibili all'attività di messa in sicurezza dei siti inquinati e di bonifica delle aree;

a riconsiderare il ruolo dell'intervento pubblico nell'ambito dei siti di interesse nazionale, valutando la possibilità di assegnare la gestione dell'iter di bonifica dei siti di interesse nazionale in capo alle regioni o ai comuni, garantendo in ogni caso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e agli enti tecnici nazionali il compito di supportare, verificare e indirizzare il procedimento;

a prevedere, sin dalle prime fasi del procedimento previsto dall'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008, il diretto coinvolgimento degli enti locali e delle popolazioni interessate nella programmazione di attività di bonifica e di messa in sicurezza dei siti di interesse nazionale e al risarcimento del danno subito dal territorio e dalla salute pubblica;

ad assumere iniziative affinché una congrua parte dei proventi della transazione tra soggetto pubblico e privato, ai fini del risarcimento del danno ambientale sia destinata ai comuni e agli enti locali interessati;

a prevedere forme di incentivazione per quei soggetti privati che, nell'ambito del contenzioso e della prevista procedura stragiudiziale con il soggetto pubblico ai fini degli oneri di bonifica e di ripristino del danno ambientale, decidono di farsi carico in tempi brevi dei suddetti interventi di bonifica;

ad agevolare e rendere maggiormente conveniente - con politiche fiscali mirate - il recupero di un'area industriale abbandonata o sottoutilizzata in conseguenza di un inquinamento ambientale, rispetto alla scelta di nuovi insediamenti produttivi in nuove aree, anche alla luce del fatto che, almeno 37 dei siti di interesse nazionale a tutt'oggi individuati, sono potenzialmente interessati a piani di riqualificazione industriale e produttiva;

ad attivarsi per garantire la massima trasparenza e le informazioni sullo stato di avanzamento del risanamento ambientale nonché le informazioni utili a ricostruire l'iter di bonifica e di recupero dell'area, considerato che un ruolo fondamentale in questo senso lo dovrebbe svolgere il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche tramite il suo sito istituzionale;

ad avviare su tutto il territorio nazionale un efficace programma di controllo e mappatura - di concerto con gli enti locali - finalizzato all'individuazione di quelle aree e di quei siti inquinati a rischio ambientale e sanitario non ancora localizzati e censiti, oggetto di sversamenti e scarichi illegali di rifiuti tossici e nocivi, anche attraverso l'incrocio di informazioni di tipo sanitario, quali per esempio la presenza in determinate aree di eventuali picchi di forme tumorali o altre patologie potenzialmente collegabili a elevati livelli di inquinamento dell'ecosistema;

a valutare l'opportunità di prevedere per i suddetti fini maggiori risorse finanziarie, attualmente insufficienti, finalizzate agli interventi di individuazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino delle aree maggiormente a rischio ambientale e sanitario;

ad aumentare i controlli al fine di verificare che il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti a seguito di bonifica avvengano là dove questi sono prodotti, così da evitare la movimentazione difficilmente controllabile dei rifiuti stessi e da poter verificare più facilmente i processi di trattamento, riducendo il rischio concreto di favorire l'enorme business illegale dei rifiuti.

(1-00571)
«Piffari, Donadi, Borghesi, Evangelisti».