Atto Camera
Mozione 1-00562
presentata da
FRANCESCO TEMPESTINI
testo di
martedì 15 febbraio 2011, seduta n.434
La Camera,
premesso che:
la missione Isaf in Afghanistan, deliberata con voto unanime delle Nazioni Unite e gestita in un contesto multilaterale, fu una scelta difficile ma doverosa all'indomani dell'11 settembre 2001, per contrastare le reti del terrorismo jihadista e assicurare la pace e la stabilità di un paese che ha tuttora un ruolo cruciale in un contesto regionale ancora molto precario;
nel corso di questi anni, tuttavia, le difficoltà che si sono registrate rinviano ai molti interrogativi ancora non sciolti su come affrontare il tema della democratizzazione, che, per quel che riguarda l'Afghanistan, rimandano alle particolari caratteristiche etniche e sociali della società afghana, che hanno reso da sempre difficile la costruzione di un vero Governo centrale;
tali difficoltà, insieme alla presenza di una corruzione endemica - fortemente esasperata dall'essere l'Afghanistan il principale produttore di oppio - hanno posto la comunità internazionale di fronte alla necessità di un ripensamento dei modi e delle forme attraverso cui conseguire i suoi principali obiettivi, la sconfitta del terrorismo e la stabilizzazione del paese, non ignorando l'esistenza di un oggettivo fattore tempo, anche in relazione alle opinioni pubbliche occidentali;
nessun processo di stabilizzazione può essere raggiunto senza un netto miglioramento del contesto regionale e un deciso coinvolgimento di tutti gli attori, dal Pakistan, all'India, all'Iran, che debbono diventare convinti protagonisti di questo processo di pace, indispensabile anche ai fini della loro stabilizzazione. In assenza di questi processi sarebbe molto difficile dare concreto seguito alla nuova strategia annunciata dal Presidente Obama, condivisa dalla comunità internazionale e dall'Italia, che prevede un graduale e progressivo ridimensionamento della presenza militare internazionale, dando così ufficialmente avvio ad una lunga fase di transizione;
la riduzione graduale e concordata, che dovrebbe iniziare dal luglio 2011, dovrà progressivamente comportare la trasformazione della missione militare italiana in una sempre più specifica attività di addestramento che favorisca l'accelerazione del processo di afghanizzazione e non sarebbe, pertanto, compatibile con il mero dislocamento delle Forze militari italiane in altre province dell'Afghanistan;
la cosiddetta exit strategy non può, però, tradursi in una sorta di fuga con conseguenze incalcolabili, tanto sulla popolazione civile, quanto sulla stabilità dei Governi dei paesi dell'area; è, perciò, indispensabile in questa nuova fase che si dia avvio, da un lato, ad una accelerazione di quel processo di governo e gestione della sicurezza del paese da parte degli stessi afghani; dall'altro, ad un'elaborazione di una strategia che si potrebbe definire del «doppio pedale», nella quale contestualmente al progressivo e graduale ridimensionamento delle forze armate, si preveda un rafforzamento deciso e consistente dell'azione politica, civile e sociale delle forze internazionali, con l'obiettivo di responsabilizzare il Governo afghano e le variegate componenti etniche e territoriali che compongono il paese;
in questo nuovo quadro appare, dunque, indispensabile, accanto alla leadership esclusivamente militare che dovrà progressivamente ridursi, rafforzare la leadership civile dell'Onu, al fine di contribuire a governare la difficile fase di transizione, aiutare il consolidamento delle istituzioni afghane e, soprattutto, sostenere ed indirizzare la trattativa tra le varie componenti della società afghana, comprese quelle rimaste sinora estranee al processo di State building e tra gli insorgenti disponibili alla trattativa di pace. Tale trattativa è, infatti, cruciale: chiama in causa anche i Governi dell'area, primo tra tutti il Pakistan, e dovrà condurre ad un accordo molto ampio e, al tempo stesso, innovativo dal punto di vista istituzionale, prendendo atto delle particolarità del paese;
la comunità internazionale sarà chiamata, anche in vista del progressivo graduale ritiro di alcuni contingenti nazionali, ad assumere le necessarie determinazioni; a questo fine è necessario che la coalizione possa agire con una strategia realmente unitaria, rilanciando il ruolo della Nato quale luogo di elaborazione di decisioni effettivamente condivise tra gli alleati, nell'ambito del mandato delle Nazioni Unite; in tale contesto il nostro Paese dovrà concorrere affinché, contestualmente alla graduale riduzione delle truppe, si preveda un forte rafforzamento degli interventi civili, al fine di conseguire l'obiettivo della stabilizzazione del quadro politico, civile e istituzionale dell'Afghanistan;
in occasione del graduale e progressivo ridimensionamento della presenza militare, occorre, altresì, ripensare, in una strategia di lungo periodo, ad un riequilibrio complessivo della quantità e qualità della nostra presenza nelle missioni internazionali all'estero, che tenga conto, in particolare, di quanto sta avvenendo nel Mediterraneo, un'area strategicamente prioritaria per gli interessi geo-politici del nostro Paese;
va ribadito in questa fase il diritto del Parlamento ad una discussione sulle linee della nostra iniziativa diplomatica nella regione ed il diritto ad un'informazione preventiva in merito ad ogni eventuale decisione politica di modifica sostanziale della consistenza quantitativa e qualitativa della presenza italiana; a questo fine si auspica che il Parlamento possa giungere quanto prima all'approvazione della proposta di legge quadro sulle missioni internazionali, al fine di dotarsi di strumenti finanziari certi per il loro finanziamento e di procedure definite con legge per la loro autorizzazione,
impegna il Governo:
ad adottare ogni iniziativa utile, per dare attuazione contestualmente al ritiro delle truppe e alla strategia che preveda un forte rafforzamento dell'azione politica e civile delle forze internazionali, con l'obiettivo di dare al Governo afghano e alle componenti della società civile afghana la possibilità di pervenire alla necessaria stabilizzazione del paese;
a farsi promotore nelle opportune sedi internazionali di una nuova impostazione del processo di institution building in atto in Afghanistan, che, rispettando le peculiarità civili, sociali ed etniche del paese, permetta di giungere a forme efficaci di intesa e di coinvolgimento di grande parte del popolo afghano;
ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi multilaterali volta a rafforzare la leadership civile dell'Onu, per consentire una più efficace gestione, coerenza ed efficacia degli interventi civili, compresi gli aiuti, nella fase di transizione che si aprirà con il previsto graduale ritiro delle truppe, per accompagnare e sostenere il Governo afghano nella riforma interna delle istituzioni e, in particolare, nella trattativa in atto con diversi segmenti degli insorgenti, che appare decisiva ai fini di allargare il consenso verso le istituzioni del paese;
a sostenere, specialmente in ambito dell'Onu, ogni iniziativa internazionale che favorisca la definizione di una complessiva strategia diplomatica regionale volta a promuovere forme di coordinamento e coinvolgimento di tutti i Paesi dell'area - a partire da Iran, Pakistan e India - per giungere alla convocazione in tempi brevi di una conferenza internazionale, in cui si possa valorizzare il ruolo di mediazione del nostro Paese e dell'Unione europea;
a continuare a coinvolgere il Parlamento su modifiche sostanziali dell'impegno italiano in Afghanistan;
ad adottare ogni iniziativa utile volta a sostenere quel percorso di riconciliazione con tutte le componenti afghane, anche tra gli insorgenti, disponibili ad abbandonare l'uso della violenza e tale da permettere al popolo afghano di cercare le soluzioni politiche atte a garantire l'equilibrio tra le tradizioni religiose e culturali e la crescita democratica;
a promuovere con forza il processo di afghanizzazione della sicurezza dell'area, aumentando le risorse disponibili all'addestramento dell'esercito e della polizia locale e incrementando il numero degli addestratori italiani inviati in loco, al fine di accelerare il trasferimento dei compiti di controllo del territorio;
a verificare l'efficacia, dell'azione italiana nel riformare il sistema giudiziario afghano, quale condizione per una lotta efficace contro la diffusa corruzione, ma soprattutto quale condizione per ristabilire un clima di fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche del paese;
ad adottare ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi internazionali, affinché, anche attraverso una maggior cooperazione con il Governo afghano, sia rafforzata una pianificazione e una conduzione delle missioni internazionali in Afghanistan che ponga la tutela dei civili e l'esclusione di cosiddetti danni collaterali come obiettivo prioritario e ineludibile, garantendo, altresì, nei casi di vittime civili, indagini trasparenti e chiare sul rispetto delle norme internazionali di diritto umanitario;
a stanziare più credibili risorse finanziarie dirette ad incentivare le attività di cooperazione civile presenti in loco, promuovendo - in accordo col Governo afghano - una rinnovata attenzione allo sviluppo locale, che garantisca la protezione dei civili attraverso la soddisfazione dei loro diritti primari, quali l'educazione, la salute, l'accesso all'acqua e al cibo, e ripensando radicalmente nuove strategie per affrontare il problema dell'oppio, alla luce del fallimento di quelle fin qui utilizzate, nella consapevolezza che occorre combattere anche il secondo e il terzo livello del traffico di droga, affrontando, quindi, in modo radicale il tema della corruzione e della collusione dei signori dell'oppio con gli apparati pubblici, politici e amministrativi, nonché le questioni dei loro collegamenti internazionali;
ad adottare ogni iniziativa utile, anche nelle opportune sedi internazionali, per la realizzazione di programmi in sostegno delle donne afghane e per la promozione dei loro diritti e, più in generale, a favorire progetti di cooperazione che stimolino i diversi settori della società civile afgana, per una ricostruzione del paese non solo materiale, ma anche morale e sociale.
(1-00562) «Tempestini, Rugghia, Maran, Villecco Calipari, Barbi, Colombo, Corsini, Gianni Farina, Garofani, Giacomelli, La Forgia, Laganà Fortugno, Losacco, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Narducci, Pistelli, Porta, Recchia, Rigoni, Rosato».